Angeli
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Angeli

per i Bastardi di Pizzofalcone

  1. 256 pagine
  2. Italian
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Angeli

per i Bastardi di Pizzofalcone

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Informazioni sul libro

Aveva mani magiche, Nando Iaccarino, capaci di mettere a punto qualsiasi motore. Fuori della sua officina, pulita e ordinata piú di una stanza d'ospedale, facevano la fila gli appassionati di auto e moto d'epoca, perché quello che gli altri avrebbero buttato, lui lo riparava, sempre. Sapeva prendersi cura delle cose, Iaccarino. Ora lo hanno ucciso, e tocca ai Bastardi di Pizzofalcone scoprire chi è stato. Anche se ciascuno di loro sta vivendo un momento difficile, anche se ognuno ha le sue angosce, i suoi dolori, i suoi segreti. Anche se i grandi capi della questura, che proprio non li sopportano, sperano ancora di vederli cadere. Come succede perfino agli angeli.Luigi Palma, detto Gigi: vicequestore.
Angelo capo.Giorgio Pisanelli, detto il Presidente: sostituto commissario.
Angelo custode.Elsa Martini, detta la Rossa: vicecommissaria.
Faccia d'angelo.Giuseppe Lojacono, detto il Cinese: ispettore.
Angelo in bilico.Francesco Romano, detto Hulk: assistente capo.
Angelo vendicatore.Ottavia Calabrese, detta Mammina: vicesovrintendente.
Angelo del focolare.Alessandra Di Nardo, detta Alex: agente assistente.
Il sesso degli angeli.Marco Aragona, vorrebbe essere detto Serpico: agente scelto.
Angelo dalla faccia sporca.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
ISBN
9788858437797

XLII.

Alla fine la pioggia arrivò. Dopo tanti mesi di caldo, c’era voglia di tessuti pesanti e del fragore del vento.
Ma arrivò in grande stile, come una bufera che schiaffeggia d’acqua le finestre e fa pensare con un po’ d’inquietudine a chi è stato colto per strada.
I bambini si trasferirono al chiuso. C’era una stanza dei giochi, per la verità antiquati: mattoncini in plastica e tappeti componibili in gomma, cose che non andavano piú bene nemmeno per i bimbi di tre anni, figurarsi per quelli di sette-otto. Ma la ricreazione era la ricreazione e pioveva forte, quindi qualcosa si doveva comunque organizzare.
Marida e Giovannino se ne stavano per conto loro. Il mondo lo guardavano in maniera diversa, e dunque fortuna che si erano ritrovati. Non risultavano piú divertenti per i compagni, che avevano smesso di irriderli dicendo fi-dan-za-ti, fi-dan-za-ti. Erano liberi di ritirarsi sul loro pianeta.
Guardando i rivoli sul vetro che tremava per il vento, Marida disse: ma secondo te, gli angeli quando piove si bagnano?
Giovannino considerò la questione e rispose: secondo me, o se ne volano sopra le nuvole e aspettano che finisce di piovere, o sono come gli uccelli, e l’acqua scivola sulle piume senza bagnarli. Secondo me.
Marida si mise a riflettere su quale delle due idee le piaceva di piú.
Lojacono era seduto alla scrivania, il foglio spianato davanti.
La pioggia dava spettacolo dietro di lui, scuotendo la finestra. I colleghi commentavano, rammaricandosi per il clima come se l’estate non fosse durata tanto a lungo. Ma che pretendete, diceva qualcuno, allora trasferitevi ai Tropici, cosí l’acqua la vedete solo sotto forma di mare.
A guardarlo, Lojacono meditava, o sognava. Seduto a schiena dritta, gli occhi da cinese sul foglio che aveva di fronte, immobile. Poteva essere un complemento d’arredo: statua di poliziotto pensante.
Una lettera, disse fra sé. Incredibile. Nel tempo delle email e degli Sms, di WhatsApp e di Messenger, una lettera di carta. Portata con la posta dalla questura, Ammaturo che dice: questa è per te, e tutti che lo sfottono perché è strabico e gli chiedono: per te chi, e il per te sei proprio tu, Lojacono, una busta chiusa con l’intestazione della procura.
Una lettera, che assurdità. E che vigliaccheria. Nemmeno un servo si licenzia per lettera. A un servo che ha lavorato con coscienza, al badante di un padre morto che non giova piú, al portiere di uno stabile sostituito da un citofono, si riservano due parole, no? Li si fissa negli occhi, si dice loro: grazie, abbiamo avuto momenti belli, ma non ci servi piú. Almeno questo, si dice. Non si risolve tutto con uno stupido foglio di carta.
Perdonami, c’era scritto. Non ce l’avrei fatta guardandoti in faccia, non ho questa forza, c’era scritto. Non sai quante volte ci ho provato in questi mesi, c’era scritto.
Quindi, elaborava la mente del poliziotto, c’è premeditazione. Quindi era un argomento risolto da mesi. Quindi avevi già deciso mentre eri a letto con me, e mi stringevi e respiravi forte e dicevi amore, amore, amore.
Devo farlo, c’era scritto. Devo seguire la mia strada, nemmeno sapevo che la mia richiesta sarebbe stata accolta, erano in tanti a essersi candidati per quel posto a Brescia, c’era scritto. Quindi, elaborò, lo hai chiesto tu. Non ti è stato imposto. Lo hai chiesto tu, mentre io ancora pensavo a come avremmo potuto organizzarci per vivere insieme, alla luce del sole. Lo hai chiesto tu.
Se mi vuoi bene, c’era scritto, lasciami andare. Te ne prego, non sottopormi al dolore di doverti dire addio, c’era scritto. Quindi, elaborò Lojacono, ancora una volta il problema sei tu. Ancora una volta non ci si deve porre la questione di chi viene lasciato con una lettera, un foglio di carta con l’intestazione della procura addirittura, meno di un servo o di un badante, ma del dolore che proveresti tu a doverlo fare in presenza, ad avere il coraggio di dire basta, non ti voglio piú nella mia vita, e non perché tu mi abbia fatto qualcosa, no, ma perché sei tu.
Non ti cercherò, no, pensò Lojacono dietro l’espressione impenetrabile, mentre l’acqua scuoteva la lastra. Te ne puoi andare a Brescia, a Stoccolma o a Timbuctú, dottoressa Piras, e tante felicitazioni per la tua brillante carriera. Ti auguro notti insonni in cui sentirai questa stessa pioggia e ti chiederai se hai fatto bene, a scrivere questa lettera di merda, o se hai fatto il piú grande errore della tua vita.
E tieniti stretto il lavoro, pensò, perché hai solo quello. Io invece ho una figlia, una persona che esisterà ancora quando non ci sarò piú. Sí, ho una figlia di cui occuparmi.
Magari, pensò, con l’aiuto di una zitella acida.
Marida, dopo aver riflettuto, disse: magari gli angeli non si vogliono bagnare. Magari cercano rifugio da qualche parte, proprio come facciamo noi.
Giovannino non toglieva gli occhi dalla finestra. Gli piaceva vedere come si distorceva il mondo fuori, attraverso l’acqua.
Forse, disse. Ma devono trovare il posto giusto, perché certe volte dentro sembra di stare al riparo, e invece ci piove ancora peggio.
Palma ruppe il silenzio, ed era insolito, perché dopo l’amore restava a lungo a guardarla, sfiorando la pelle di lei, risalendo la curva dei fianchi fino all’incavo del seno pacificato dopo la passione.
Era un territorio riservato, quel tempo. Il momento dei pensieri teneri, della consapevolezza di essersi trovati per caso dopo essersi cercati per tutta la vita.
Ti devo dire una cosa, disse.
La frase gli uscí con una vena di dolorosa malinconia che l’allarmò. Sotto la mano sentí la pelle di lei fremere, i muscoli irrigidirsi.
Che mi devi dire?
La domanda le eruppe con un tremito, come quella di un imputato che teme una sentenza, come quella di chi pensa di essere arrivato in cima e invece c’è un’altra curva.
Lui tacque. Poi disse: non ce la faccio, a pensare a un’altra mano addosso a te. Questa idea mi perseguita, mi opprime, mi uccide. Non riesco a dormire, il sangue mi circola a cento all’ora, mi passano davanti agli occhi migliaia di immagini.
Ho avuto tante storie con donne sposate, disse. Non mi faceva nessuna impressione sapere che tornavano dai mariti. Mi divertiva, anzi, e sono consapevole che questa cosa fa schifo, mi pento di averlo pensato: ma tu, tu sei la punizione per tutto questo. Perché ogni volta che te ne vai, io mi sento impazzire.
Lo capisco, amore mio. Lo capisco. E non ti nego che mi muovo in un arcipelago di scuse e di pretesti, perché per lui questo rapporto, questo matrimonio esiste ed è lí, su un piano inclinato che va verso un futuro piatto e indefinito. È difficile prometterti qualcosa, ma io sono già tua. Perché ho un cuore solo.
Lui la baciò. Ma era consapevole che quella risposta non lo liberava dal macigno che lo schiacciava ogni notte.
Giovannino ci pensò su, e disse: ma se poi cercano riparo, significa che gli angeli durante la pioggia non lavorano? Quindi noi rimaniamo senza protezione?
Marida scosse il capo, decisa: no, questo sicuro no. Ti ricordi quello che ha detto suor Giovanna? Gli angeli ci sono sempre. Sempre.
Giovannino disse: sí, certo che mi ricordo. Però, se devo dire la verità, io a volte non sento proprio nessuno. E credo che me ne accorgerei, se ci fosse un angelo, no? Almeno sentendo le ali quando arriva. Io i piccioni, nel parco della villa, li sento sempre, quando arrivano.
Buonasera, disse Aragona.
Aveva studiato la posizione per ore, pianificando il profilo giusto davanti allo specchio. La questione era però di difficile soluzione, perché la filmografia consultata si esprimeva in maniera univoca sul fatto che l’atteggiamento piú affascinante per un uomo era da seduto.
In piedi, non c’era niente da fare: anche il piú glamour degli attori sembrava, nella migliore delle ipotesi, un manichino. Da seduti si poteva giocare col gomito, con la mano sotto il mento, soprattutto con un allusivo accavallamento delle gambe. E soprattutto si sapeva dove mettere le mani, le quali da alzati erano invece un impaccio.
Per la verità, il truce Pisanelli, interrogato sull’argomento, aveva commentato che un fesso è un fesso qualunque posizione assuma, e che quale che fosse la finalità della ricerca – e lui, aveva precisato, non intendeva conoscerla – sconsigliava di fondare sull’estetica qualsiasi forma di approccio, specie se si intendeva giungere al fatidico momento vestito in quel modo. Ma Aragona riteneva l’anziano collega retrogrado, paleolitico e privo di senso estetico, con un pensiero molto lontano dal giudizio che avrebbe emesso una ragazza moderna e sensibile al fascino del nuovo.
E d’altra parte, gli stivaletti western con elaborata traforatura cuoio chiaro su cuoio scuro a punta viola, i pantaloni al polpaccio di coloratura digradante dall’arancione al giallo, il bomberino celeste cielo sulla camicia a motivi zoologici da foresta pluviale, erano il dettame di ogni rivista di moda statunitense, come di certo la cariatide pensionata ignorava, e come non sarebbe sfuggito alla moderna ragazza del terzo millennio.
Data la pioggia battente, Aragona non avrebbe potuto farsi trovare seduto sulla panchina all’esterno del portone; e all’interno dello stesso, non c’era un posto dove accomodarsi. Portarsi una sedia avrebbe fatto troppo custode, e sarebbe stato complicato vendere l’incontro come fortuito: la ragazza era perspicace, e non le sarebbe sfuggito che è difficile che uno si porti dietro una poltrona, se passa per caso in un androne. Per cui alla fine si era appoggiato al muro, con una gamba incrociata sull’altra e le braccia conserte, in equilibrio su un solo piede. Una posizione che lo faceva ondeggiare. In attesa di Nadia, si domandava come facessero gli aironi a trascorrere intere ore cosí.
Per fortuna la ragazza arrivò con qualche minuto di anticipo, scrollandosi di dosso la pioggia che le aveva rotto l’ombrello peggiorandole l’umore. Al saluto di Aragona, che non aveva visto, sobbalzò con un’imprecazione che lui trovò molto sexy.
Lo squadrò, e si soffermò sulla scarpa sollevata chiedendogli se per caso avesse calpestato una cacca.
Aragona, che – stoico – stava sopportando in silenzio l’insorgere di un drammatico crampo al polpaccio, tentò il gesto di togliersi le lenti alterando il precario equilibrio fondato sulle braccia conserte. Dovette puntare l’altro piede al suolo, perdendo il fascino dell’arto accavallato e restando a gambe aperte e occhiali in mano.
Disse: oh, ma che fortunato caso incontrarti qui. Stavo appunto uscendo per un’indagine molto complessa di cui non posso dirti niente, è sotto copertura. Ma ci tenevo a vederti prima. Non si sa mai come va a finire, in questo dannato mestiere.
L’infermiera fece scorrere le pupille sulla mise dell’agente scelto e disse: sotto copertura, immagino nel mondo del circo, vero? Il caso del clown assassino, credo di averne letto. Dovevi dirmi qualcosa?
Aragona non appannò il sorriso e disse: no, mi chiedevo, ma era solo un pensiero, dato l’esito positivo della cosa della bambina, che per inciso se non c’era Romano a trattenermi lo aprivo in due quel vecchio pervertito dell’avvocato, insomma, anche come riconoscimento personale del lavoro fatto, mi chiedevo, ma era ripeto solo un’idea, se per caso, ma se non ti va me lo dici e io capisco, sia chiaro, perché non sono uno invadente, e allora volevo sapere se…
Nadia si passò una mano sul viso, chiedendosi dove avesse sbagliato per ritrovarsi lí. E disse: senti, diciamoci subito una cosa, il locale lo scelgo io e tu paghi il conto. E non vieni vestito cosí, perché non posso correre il rischio di incontrare qualcuno che conosco e perdere la faccia, qu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Angeli
  4. I.
  5. II.
  6. III.
  7. IV.
  8. V.
  9. VI.
  10. VII.
  11. VIII.
  12. IX.
  13. X.
  14. XI.
  15. XII.
  16. XIII.
  17. XIV.
  18. XV.
  19. XVI.
  20. XVII.
  21. XVIII.
  22. XIX.
  23. XX.
  24. XXI.
  25. XXII.
  26. XXIII.
  27. XXIV.
  28. XXV.
  29. XXVI.
  30. XXVII.
  31. XXVIII.
  32. XXIX.
  33. XXX.
  34. XXXI.
  35. XXXII.
  36. XXXIII.
  37. XXXIV.
  38. XXXV.
  39. XXXVI.
  40. XXXVII.
  41. XXXVIII.
  42. XXXIX.
  43. XL.
  44. XLI.
  45. XLII.
  46. Il libro
  47. L’autore
  48. Dello stesso autore
  49. Copyright