Spiagge straniere
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Spiagge straniere

Saggi 1993-1999

  1. 184 pagine
  2. Italian
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Spiagge straniere

Saggi 1993-1999

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Raccolti per la prima volta in volume alcuni saggi e le recensioni pubblicate sulla «New York Review of Books», in cui J. M. Coetzee, nella veste di lettore esigente e raffinato propone, in una prosa chiara e diretta, letture esperte e al tempo stesso non convenzionali che insegnano ad apprezzare la grandezza senza lesinare attacchi graffianti. Un'opera che aiuta a capire il rapporto di un grande autore con la letteratura altrui e che apre inattesi squarci di comprensione per la sua stessa opera creativa. «Una domenica pomeriggio dell'estate del 1955, all'età di quindici anni, mentre gironzolavo per il giardino di casa, alla periferia di Cape Town, chiedendomi cosa fare, essendo allora la noia il problema principale dell'esistenza, sentii una musica dalla casa accanto. Fino a quando la musica durò, rimasi paralizzato, non osavo neppure respirare. La musica mi parlava come mai aveva fatto prima.
Stavo ascoltando una registrazione del Clavicembalo ben temperato di Bach. Ne appresi il titolo molto tempo dopo, quando familiarizzai con quella che a quindici anni conoscevo solo - nel modo sospettoso e a volte ostile, tipico dei ragazzi - come "musica classica"...
La mia non era una famiglia di tradizioni musicali. Nelle scuole che frequentavo non si offriva alcuna istruzione musicale, né l'avrei scelta se mi fosse stata offerta: in colonia la musica classica era roba per femminucce...
Poi ci fu il pomeriggio in giardino, e la musica di Bach. Dopo di che cambiò tutto. Un momento di rivelazione che non definirò di tipo eliotiano... ma tuttavia di grande significato nella mia vita: stavo per la prima volta vivendo l'effetto del classico».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858420195

Gordimer e Turgenev

I.
In un discorso del 1975, Nadine Gordimer parlò delle pressioni e delle richieste che la polarizzazione razziale impone agli scrittori sudafricani, pressioni e richieste avvertite in maniera particolarmente acuta dagli scrittori neri. Da un lato, lo scrittore nero (Gordimer usa il maschile) deve sentirsi libero di esprimere «un’opinione profonda, intensa e personale», «la verità cosí come la vede». Dall’altro, quelli che condividono la sua stessa sorte e che lo considerano portavoce si aspettano che il talento personale venga subordinato agli imperativi politici e che si scriva nel «gergo della lotta»1.
Sebbene il discorso derivasse la sua urgenza, a me pare, dalla sensazione di sentirsi lei stessa dilaniata nelle due direzioni, Gordimer aveva scelto di concentrarsi sul dilemma dello scrittore nero. Questi deve mantenere la sua libertà: perché solo da una posizione di libertà, afferma Gordimer, sarà in grado di offrire il suo prezioso «dono» alla lotta di liberazione. Cita Jean-Paul Sartre: «Lo scrittore è qualcuno che è fedele a un sistema politico e sociale senza però smettere mai di contestarlo»2.
Per Gordimer il russo Ivan Turgenev, con il romanzo Padri e figli (1862), rappresenta l’esempio piú alto di scrittore che, pur continuando a criticare e contestare le strategie dei progressisti, sia riuscito per tutta la vita a tenersi fedele alla causa della riforma sociale. Per avere presentato il suo eroe, Bazarov, in tutta la complessità della sua vicenda umana, Turgenev dovette subire l’ira e il disprezzo dei giovani radicali russi, che fino ad allora l’avevano considerato il loro campione e si sentivano ora pugnalati alla schiena. Per quanto deluso dalla loro reazione, Turgenev non si scompose. Come artista, disse, aveva il dovere di seguire la verità. «In quel caso specifico, la vita, secondo me, era proprio cosí, e volevo soprattutto essere sincero e veritiero». E altrove: «Solo chi non sa fare di meglio si sottomette a un dato [cioè prefissato] tema o svolge un programma»3.
Il discorso del 1975 è stato l’ultima occasione in cui Gordimer ha esplicitamente proposto agli scrittori neri il modello di uno scrittore europeo. Quattro anni dopo avrebbe completamente rivisto la sua posizione. In Sudafrica c’erano due culture, avrebbe detto, una bianca e una nera. Era finita l’epoca in cui la cultura bianca poteva imporre i suoi standard come universali. «Per l’artista nero, in questa fase del suo sviluppo, l’importanza sociale è il criterio supremo. È quello con cui la sua gente giudica la sua opera e la sua gente è l’autorità suprema». Per quanto bene intenzionato possa essere lo scrittore bianco «Il suo ordine di esperienza, in quanto bianco, differisce completamente da quello dei neri». Perciò non è nella posizione giusta per consigliare o indicare modelli – e qui chiaramente include se stessa4.
Sebbene Gordimer non abbia mantenuto a lungo un simile tono di radicale ermetismo culturale, le riserve espresse riguardo all’imposizione o anche solo al suggerimento di modelli europei sono rimaste. «I bianchi devono imparare ad ascoltare»5, scrisse nel 1982, ripetendo le parole udite dal poeta Mongane Serote. E per molti versi, dal 1976 in poi, Gordimer ha passato il tempo ad ascoltare o a dare retta. Stando ben attenta a non dire agli scrittori neri chi devono leggere e chi devono imitare.
E tuttavia nel saggio del 1984 Il gesto essenziale Gordimer ritorna alla Russia dell’Ottocento. In che modo, si chiede, lo scrittore sudafricano nero può riconciliare le esigenze della sua comunità con quelle della verità artistica? Per rispondere ricorre a Vissarion Belinskij: «Non preoccuparti dell’incarnazione delle idee. Se sei un poeta, la tua opera le conterrà … se segui liberamente la tua ispirazione, sarà sia morale sia nazionale»6.
Si tratta di un consiglio banale, come la stessa Gordimer si sarà resa conto. E allora perché citarlo? Mi pare che la chiave possa trovarsi nell’autorità di chi parla: l’autore, Belinskij fu «il grande mentore degli scrittori rivoluzionari russi dell’Ottocento»7.
Gordimer ha ragione, o quasi. Il critico e redattore Belinskij, per la sua luminosa intelligenza, integrità di principî e per una certa audacia espressiva, lasciò il segno su due generazioni di scrittori russi: la generazione di Herzen (nato nel 1812) e di Turgenev (nato nel 1818) e quella di Černyčevskij (nato nel 1828) e di Dobroljubov (nato nel 1836).
L’influenza di Belinskij su Turgenev fu particolarmente profonda. Turgenev lo conobbe nel 1843, quando aveva venticinque anni e Belinskij trentadue. Belinskij fu per lui un amico importantissimo – secondo alcuni una figura paterna. Il termine mentore usato da Gordimer non è inesatto. Sotto la sua influenza, Turgenev lanciò, in opere giovanili come Il possidente e Memorie di un cacciatore, un feroce attacco alla classe dei proprietari terrieri, cui faceva riscontro una visione partecipe e alquanto sentimentale dei contadini. Padri e figli fu dedicato alla memoria di Belinskij. Nelle Reminiscenze letterarie, pubblicate nel 1868, venti anni dopo la morte di Belinskij, Turgenev si mostra ancora cosí preoccupato di equilibrare il rapporto di potere con Belinskij da cercare di schierarlo dalla propria parte, facendone cioè un liberale moderato filo-occidentale, mentre all’inizio della carriera era stato lui schierato come radicale dalla parte di Belinskij8.
E tuttavia, in fin dei conti, la caratterizzazione di Belinskij fatta da Gordimer crea una falsa impressione. Herzen e Turgenev non sono scrittori rivoluzionari; mentre Černyčevskij e Dobroljubov, pur avendo espresso punti di vista rivoluzionari o quanto meno radicali, restano scrittori mediocri. Per dirla in altri termini: fa piú onore a Belinskij che il suo credo estetico-politico di responsabilità sociale e di realismo sociale sia stato seguito da Turgenev, piuttosto che da Černyčevskij. La figura storica di Turgenev è superiore a quella di Černyčevskij, e anche di Belinskij. La scelta di Gordimer, nel 1984, di proporre il nome di Belinskij piuttosto che quello di Turgenev, mi pare possa spiegarsi col fatto che mentre Belinskij è credibile come protorivoluzionario, Turgenev non lo è affatto9. Gordimer aveva bisogno di questo passaggio da Turgenev – e quel che Turgenev rappresentava – a Belinskij, e a quel che lui rappresentava, come aggiustamento necessario prima di tornare alla letteratura russa dell’Ottocento e sostenerne la rilevanza per il Sudafrica negli ultimi anni dell’apartheid10.
Uno dei paradossi dei quattro interventi critici di Gordimer di cui ho parlato, apparsi negli anni in cui gli scrittori africani cominciavano a volgere le spalle ai modelli occidentali, è il continuo riferimento all’Europa per modelli e indicazioni: in particolare a quegli influenti critici di sinistra che l’avevano aiutata a orientarsi quando ancora stava cercando la sua strada di intellettuale-scrittrice; e alla Russia dell’Ottocento, in cui gli scrittori – non sempre di loro spontanea volontà – si trovarono all’avanguardia del mutamento sociale, subendo la censura, la prigione e l’esilio per quel che scrivevano (qui dovremmo ricordare che, nel 1852, persino il patrizio Turgenev, in conseguenza del necrologio scritto per Gogol´, fu arrestato e condannato agli arresti domiciliari nella sua tenuta).
Scrivere è un’attività solitaria, scrivere in opposizione alla comunità in cui si è nati lo è ancora di piú. È comprensibile che Gordimer, in quanto scrittrice di opposizione in Sudafrica, sia andata a cercare e si sia appropriata di precedenti e antecedenti storici dovunque li trovasse.
Quanto alle motivazioni per cui Gordimer abbia scelto da un lato di dare ascolto, accettare e persino approvare il rifiuto dell’Europa da parte degli scrittori neri (tesi), mentre dall’altro affermava la propria fedeltà a un’autorevole tradizione europea politico-letteraria (antitesi), continuando tuttavia a sostenere una totale comunanza di intenti con i colleghi neri (sintesi), si può solo dire che queste sono complesse. Viene da credere che abbiano molto a che vedere con le due componenti di pubblico immaginario cui Gordimer si rivolgeva, almeno all’epoca: l’intellighenzia radicale, prevalentemente nera, in Sudafrica; l’intellighenzia liberale, prevalentemente bianca, fuori dal Sudafrica; ciascuna delle quali ascoltava (cosa di cui lei era ben consapevole) con un orecchio quello che lei diceva loro, e con l’altro ciò che diceva agli altri.
Come Gordimer riesca a gestire il suo pubblico diviso è di per sé un tema interessante, ma non è di questo che intendo occuparmi. Vorrei invece tornare a Turgenev, al vero Turgenev e a quello di Gordimer, alla Russia di Turgenev e al Sudafrica di Gordimer. Cosa significa porre in relazione la Russia di Turgenev col Sudafrica di Gordimer? Ci aiuta a capire qualcosa dei duri anni dell’apartheid accostare l’incapacità degli ultimi zar, da Alessandro II a Nicola II, di abolire gradualmente il sistema feudale e occidentalizzare il paese, e allo stesso tempo tenere a bada la rivoluzione, ai vani sforzi delle amministrazioni Vorster e Botha di de-etnicizzare la politica, modernizzare l’economia e portare il ceto medio nero nell’elettorato tenendo allo stesso tempo a bada la rivoluzione? È utile far corrispondere il 1905 o il 1917 (a seconda della propria visione del futuro) all’accordo del 1990 in Sudafrica? Nel riflettere su queste domande si dovrebbe tenere presente che ciò che si conosce della Russia dell’Ottocento fuori della Russia deriva per lo piú dai romanzieri russi, e soprattutto da Turgenev, proprio come gran parte di ciò che si conosce del moderno Sudafrica fuori del Sudafrica viene dagli scrittori sudafricani, e soprattutto da Gordimer.
II.
Ivan Turgenev è noto ai lettori di tutto il mondo, inclusa Gordimer, come risulta dai suoi saggi, soprattutto in quanto autore di Padri e figli (1862). Questo romanzo, controverso fin dal suo apparire, fece capire al pubblico che poteva dirsi finita una fase della storia russa e che, benché ancora mal compresa, stava per cominciare una nuova era. Padri e figli fu argomento di discussione in tutta la Russia, non solo fra gli intellettuali ma fra tutta la popolazione alfabetizzata. L’autore fu fatto oggetto di minacce anonime, fu complimentato (a volte da persone che disprezzava), e anche attaccato11. Scrive Isaiah Berlin: «Nessuno, in tutta la storia della letteratura russa, e forse della letteratura in generale, è stato cosí aspramente e continuamente attaccato, dalla destra come dalla sinistra»12.
Turgenev fu colto di sorpresa dalla virulenza di queste reazioni. Tuttavia, va detto a suo merito, non esagerò nel ruolo di vittima innocente. Fin da quando aveva cominciato a scrivere il libro si era reso conto di muoversi su un terreno pericoloso, e aveva attentamente calcolato i rischi che correva. Chiese a diversi colleghi di leggere il manoscritto che, sulla base di consigli a volte contrastanti, sottopose a ripetute modifiche13.
Quello che Turgenev non poteva prevedere era che il dibattito intorno al diritto all’insurrezione, messo in scena dai suoi personaggi Bazarov e Pavel Petrovič Kirsanov nel 1859, anno fittizio in cui è collocato il romanzo, avrebbe assunto un diverso colore, una volta letto e attualizzato dopo il maggio 1862, quando a San Pietroburgo si erano verificate varie manifestazioni e incendi dolosi che aprirono la strada a un’ondata di violenza e di terrorismo14. A questo punto, la questione se Turgenev fosse a favore o contro Bazarov si tradusse inevitabilmente in quella della sua posizione nei confronti della rivoluzione, o a un livello leggermente piú sofisticato, nella questione di che cosa rappresentasse Bazarov.
In altri termini, appena pubblicato, Padri e figli fu superato dalla storia. Contro i suoi desideri, Turgenev si trovò a essere, sulla scena politica contemporanea, divulgatore di u...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Spiagge straniere
  3. Ringraziamenti
  4. Spiagge straniere
  5. Che cos’è un classico?
  6. Robinson Crusoe di Daniel Defoe
  7. I Diari di Robert Musil
  8. Dostoevskij: gli anni miracolosi
  9. La narrativa di J. L. Borges
  10. A. S. Byatt
  11. L’ultimo sospiro del Moro di Salman Rushdie
  12. Amos Oz
  13. L’epopea dei harafish di Naguib Mahfouz
  14. Gordimer e Turgenev
  15. L’autobiografia di Doris Lessing
  16. Le memorie di Breyten Breytenbach
  17. Il libro
  18. L’autore
  19. Dello stesso autore
  20. Copyright