Il romanzo di formazione
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Il romanzo di formazione

  1. 304 pagine
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Il romanzo di formazione

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Willlelm Meister, Evgenij Onegin, Julien Sorel, Jane Eyre, Renzo Tramaglino, David Copperfield, Frederic Moreau: nel secolo d'oro della narrativa europea, da Goethe a Puskin, da Stendhal a Jane Austen, da Manzoni a Dickens e Flaubert, la gioventú sale prepotentemente alla ribalta quale suo nuovo protagonista: è la gioventú problematica e inquieta che nasce dallo sfaldarsi delle società tradizionali, divenendo figura simbolica alla quale la cultura occidentale si affida per rappresentare l'idea di modernità, con il suo carico di grandi speranze e illusioni perdute che l'Europa ottocentesca dovette imparare a percepire e leggere come fosse un romanzo.
In questo saggio storico-letterario, dove si discutono e approfondiscono le posizioni dei maggiori teorici sull'argomento, Moretti passa in rassegna alcuni termini-chiave della critica letteraria mettendoli in rapporto con le soluzioni ottenute in altri fondamentali campi disciplinari. La teoria narrativa appare cosí un possibile luogo d'incontro di aree scientifiche che vanno dalla filosofia della storia alla sociologia della vita quotidiana, dalla psicoanalisi alla storia sociale e delle idee. Completa la presente edizione (basata sul testo edito da Garzanti nel 1986), oltre a una nuova introduzione dell'autore, che fa il punto sul libro a partire dalle sue piú recenti ricerche, un am- pio saggio dedicato alla crisi del romanzo di formazione europeo tra otto e Novecento (Joyce, Kafka, Musil, Walser, Mann).

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858419038

I.

L’agio della civiltà

Bildungsroman. Attorno a questo termine aleggia un che di magnetico. In quell’irregolare distesa che chiamiamo «romanzo» esso si staglia come il piú visibile dei (pochi) punti di riferimento di cui si disponga. Svolge un ruolo centrale nelle indagini filosofiche sul romanzo, dall’Estetica di Hegel a Dilthey alla Teoria del romanzo di Lukács; lo si incontra nei grandi quadri storici di Bachtin e Auerbach; è ancora riconoscibile nei modelli di intreccio narrativo costruiti da Lotman. Ritorna, sotto varie dizioni («romanzo di formazione»; «di iniziazione»; «di educazione»), in tutte le maggiori tradizioni letterarie. Persino quelle opere che, con ogni evidenza, non sono romanzi di formazione, riusciamo a percepirle solo contro questo orizzonte concettuale: e parliamo cosí di «iniziazione mancata», o «formazione problematica». Espressioni di dubbia utilità, come tutte le definizioni in negativo: ma che testimoniano della presa di questa immagine sui nostri procedimenti di analisi.
Tale ipertrofia semantica non è frutto del caso. Benché infatti il concetto di Bildungsroman sia divenuto col tempo sempre piú approssimativo, è comunque chiaro che con esso cerchiamo di indicare una delle piú armoniose soluzioni mai offerte a un dilemma connaturato alla civiltà borghese moderna: il conflitto tra l’ideale dell’«autodeterminazione» e le esigenze, altrettanto imperiose, della «socializzazione». Da due secoli a questa parte, infatti, le società occidentali hanno riconosciuto al singolo il diritto a sceglier da sé la sua etica e la sua idea di «felicità»; a immaginare e progettare in libertà il proprio destino. Diritti enunciati nei proclami e incisi nelle costituzioni: ma non per questo universalmente realizzabili. Perché si danno, come è ovvio, aspirazioni in contrasto fra loro: e se la società capitalistica e liberal-democratica è senz’altro quella che meglio sa convivere con il conflitto, è egualmente vero che, in quanto sistema di rapporti sociali e politici, tende anch’essa ad assestarsi su un funzionamento prevedibile, regolare – «normale». Esige, come ogni sistema, accordo, omogeneità, consenso.
Come dunque far coabitare la tensione verso l’individualità, che è il necessario frutto di una cultura dell’autodeterminazione, con la tensione, opposta, alla normalità, che è il portato altrettanto inevitabile del meccanismo della socializzazione? Questo il primo aspetto del problema. Complicato, e reso ancora piú affascinante, da un’altra caratteristica della nostra civiltà. Pervasa da sempre di cultura giusnaturalistica, essa non può ammettere che la socializzazione si basi sulla mera ubbidienza all’autorità. Non è sufficiente che l’ordine sociale sia «legale»: deve anche apparire culturalmente legittimo. Deve ispirarsi ai valori socialmente riconosciuti come fondamentali – rispecchiarli, incoraggiarli, promuoverli. O quanto meno: cosí deve sembrare.
Non basta dunque, alla società borghese moderna, debellare le spinte che si oppongono alla «normalità» volta per volta prevalente: è anche necessario che il «libero individuo» percepisca – da cittadino convinto, non da suddito timoroso – le norme sociali come qualcosa di suo. Che le interiorizzi, amalgamando in una nuova unità coazione esterna e impulsi interiori: finché l’una non sia piú distinguibile dagli altri. Questo amalgama è ciò che chiamiamo per solito «consenso», «legittimazione»: e se il Bildungsroman ci appare a tutt’oggi come uno snodo essenziale della nostra storia, è giusto perché ha saputo rappresentarlo con una forza di convinzione, con una limpidezza ottimistica che non verrà mai piú eguagliata. Qui infatti, vedremo, non c’è conflitto tra individualità e socializzazione, autonomia e normalità, interiorità e oggettivazione. La formazione dell’individuo come individuo in sé e per sé coincide senza crepe con la sua integrazione sociale in qualità di semplice parte di un tutto. Sono due percorsi che si alimentano a vicenda, e dove la percezione dolorosa della «rinuncia» – da cui scaturirà la grande problematica psicologica e narrativa otto-novecentesca – è ancora inconcepibile. «L’agio della civiltà»: la legittimazione simbolica operata dal Bildungsroman può, forse, riassumersi in queste parole.
Il Bildungsroman come costruzione di una sintesi, dunque. Esso vanifica la precedente contrapposizione di Entwicklungsroman (romanzo dello «sviluppo», del soggettivo dispiegarsi di un’individualità) e Erziehungsroman (romanzo di un «magistero», di un’educazione oggettiva, e osservata dal lato di chi la impartisce). Il Bildungsroman come forma sintetica: eppure, procedendo nel lavoro, mi son reso conto che questa formulazione illuminava solo un aspetto delle opere in esame. Per aiutarci con un’analogia, è come se la struttura del Bildungsroman consistesse di due grandi figure piane parzialmente sovrapposte. L’area comune è l’area della sintesi in senso forte: dimensione centrale, ma che non esaurisce il disegno né, forse, aspira a farlo. Piú che raffigurare le due opposte tensioni dell’esistenza moderna come coestensive e isomorfe, la vocazione sintetica del Bildungsroman consiste nel presentarle come complementari. In organico equilibrio, certo, ma anche – o meglio: proprio perché – profondamente diverse e lontane fra loro.
Se l’area della sintesi costituirà pur sempre il punto d’avvio dell’analisi, la seconda e terza sezione di questo capitolo saranno dunque dedicate a oggetti decisamente differenti. Nella seconda mi occuperò di quegli aspetti della struttura narrativa che sottolineano la dimensione della «felicità» individuale: sarà lo spazio dell’armonia «estetica», della libera costruzione della personalità, dell’«intreccio» narrativo. Nella terza parte, l’altra faccia di tutto questo: il mondo della vigilanza sociale, delle diseguaglianze «organiche», della necessità, della «fabula».
Sono insiemi di valori diversi, assegnati ad aree diverse dell’esistenza, governati da modalità percettive e meccanismi narrativi diversi. Diversi, e distribuiti con una asimmetria magistrale: cosí accattivante da sembrar quasi subdola. Perché i valori e le esperienze che gratificano il senso dell’individualità sono continuamente in primo piano: ostentati, luminosi, pieni, essi vanno a formare il grosso del racconto: l’intreccio, appunto. Ma non esiste intreccio senza fabula: sarebbe una casa senza fondamenta. Questo potrà essere mille volte piú affascinante e apparirci come l’aspetto dominante dell’opera: quella però – ristretta logica compiuta in se stessa – ne resterà in ogni caso l’elemento determinante: meno visibile, ma di gran lunga piú solida.
Affiora cosí, oltre la sintesi organicista, quell’immagine incancellabile dal pensiero borghese – l’immagine dello scambio. Vuoi veder realizzati questi valori? D’accordo, ma allora anche questi dovrai accettare, perché altrimenti i primi non potrebbero esistere. È uno scambio, sí, e qualcosa si guadagna e qualcosa si perde. Che cosa, è quel che cercheremo di stabilire.
1.
1. L’anello della vita.
Mi persi in profonde riflessioni e, dopo quella scoperta, divenni piú calmo e nel medesimo tempo piú inquieto di prima. Una volta che avevo appreso qualcosa, mi pareva di saperne meno che mai, e avevo ragione, perché mi mancava il nesso [Zusammenhang], e in fondo è proprio questo che conta.
(Wilhelm Meister, 1, 4).
La presenza delle antiche opere d’arte a lui note lo attirava e lo respingeva in pari tempo. Egli non poteva far suo né abbandonare nulla di quanto lo circondava: tutto gli destava dei ricordi; vedeva l’anello intero della sua vita, ma esso ora gli stava davanti spezzato e sembrava non volersi piú saldare in eterno.
(Wilhelm Meister, VIII, 7).
All’inizio come alla fine del romanzo, il problema di Wilhelm è sempre lo stesso: non riesce a costruire un «nesso», a dare alla sua vita la forma di un «anello», e saldarlo. E se ciò non avviene, la sua esistenza rischia di restare incompiuta – anzi, peggio: insensata. Giacché «senso» e «nesso», nel Meister, sono una cosa sola: Dilthey, Goethe e la fantasia poetica:
Dando evidenza alla concatenazione causale di vicende e di azioni [l’opera poetica] fa rivivere i valori spettanti a un avvenimento e alle sue singole parti nella trama [Zusammenhang] di tutta la vita. L’avvenimento viene cosí sollevato al suo significato [...]. La genialità dei piú grandi poeti consiste appunto nel prospettare l’avvenimento in guisa tale che da esso si irradii la luce del rapporto tra la vita e il suo senso. La poesia ci apre cosí l’intelligenza della vita. Con gli occhi di un grande poeta noi scopriamo il valore e il nesso [Zusammenhang] delle umane cose1.
Zusammenhang: la doppia valenza di questo termine è un’ottima introduzione alla logica narrativa del Bildungsroman. Esso ci dice che un’esistenza è «sensata» se la concatenazione interna della temporalità individuale («la trama di tutta una vita») è al tempo stesso apertura all’esterno, reticolo sempre piú fitto di rapporti «con le umane cose». In questo quadro – osserva piú avanti Dilthey – si è veramente «se stessi» solo in quanto si esiste «für das Ganze», per il tutto2. Che il processo della socializzazione possa indurre delle crisi, o imporre dei sacrifici alla formazione individuale, qui, è inimmaginabile. Autosviluppo e integrazione sono percorsi complementari e convergenti, al cui punto d’incontro e di equilibrio si colloca quella piena e duplice epifania del senso che è la «maturità». Raggiunta la quale, il racconto ha realizzato il suo scopo e può senz’altro finire.
Per pervenire alla sintesi conclusiva della maturità, di conseguenza, non basta ottenere dei risultati oggettivi, quali che siano – imparare un lavoro, fondare una famiglia. Bisogna innanzitutto apprendere, come Wilhelm, a indirizzare «la trama della propria vita» in modo che ogni momento rinsaldi il proprio senso di appartenenza ad una piú vasta comunità. Bisogna usare il tempo per trovarsi una patria. Se non lo si fa, o non vi si riesce, abbiamo una vita sprecata: senza scopo, senza senso. Lo prova, negli ultimi libri, il destino di Aurelie, dell’Arpista – di Mignon:
«Cattiva bambina, non ti abbiamo proibito tutti i movimenti violenti? Senti come ti batte il cuore!»
«Lascia che si spezzi. Batte già da troppo tempo».
(Wilhelm Meister, VIII, 5).
Sono le ultime parole di Mignon. Per lei, lo scorrere del tempo – la trama come sequenza cronologica – non si è trasfigurato in una trama come sistema di relazioni, come anello. La sua nostalgia – «Conosci la terra dove fioriscono i limoni?» – è sintomo di una vita in cui nessun legame ha soppiantato il vincolo dell’origine: il tempo vi ha assunto la forma di un battito sempre uguale a se stesso. Forma meccanica, spossante, perché senza scopo e senza patria: la teleologia organicista del Bildungsroman la allontana da sé come fosse un rimbombo di morte. All’esterno del tutto non c’è una vita solitaria, amara, conflittuale: non c’è vita, di alcun genere.
All’interno, dubbio risarcimento, c’è qualcosa di piú della vita; o forse solo di piú roseo. Le ultime parole di Wilhelm:
Io non conosco il valore di un regno; ma so che ho raggiunto una felicità che non merito, e che per nulla al mondo vorrei cambiare.
(Wilhelm Meister, VIII, 10).
Sono, queste, anche le ultime parole del romanzo. L’anello si è chiuso, la vita ha trovato il suo senso: è il momento del cerchio, figura di un tempo che – raggiunto il suo scopo – continuerà sí a scorrere, ma senza piú né scosse né mutamenti. Figura dell’abolizione del tempo: Wilhelm – «una felicità che non merito, e che per nulla al mondo vorrei cambiare» – se ne augura con ingenuità infantile la pura e semplice scomparsa. Possibile mai – che la maturità parli il linguaggio della fiaba?
La trama «ad anello», o «a reticolo», è la piú significativa delle molte novità introdotte da Goethe nella seconda stesura del Meister. Nella Missione teatrale la trama aveva un andamento molto piú drammatico e sorprendente, e la figura di Wilhelm possedeva un’assoluta preminenza. Negli Anni di apprendistato lo scorrere del tempo si coagula invece in un grande continuum di profezie, ricordi e anticipazioni; mentre il rilievo crescente dei personaggi secondari conferisce alla «c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il romanzo di formazione
  3. Prefazione di Franco Moretti
  4. Il romanzo di formazione
  5. Il Bildungsroman come forma simbolica
  6. I. L’agio della civiltà
  7. II. Waterloo Story
  8. III. La prosa del mondo
  9. IV. La congiura degli innocenti
  10. «Un’inutile nostalgia di me stesso» La crisi del romanzo di formazione europeo, 1898-1914
  11. Elenco dei nomi e delle opere
  12. Il libro
  13. L’autore
  14. Dello stesso autore
  15. Copyright