L'avvenire di un'illusione
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L'avvenire di un'illusione

  1. 160 pagine
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L'avvenire di un'illusione

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Tutte le dottrine religiose sono pertanto per Freud, sulla scia dei Lumi, illusioni indimostrabili, ma anche inconfutabili. Freud non si occupa però qui del loro eventuale contenuto di verità, a lui interessa averne riconosciuto la natura psicologica di illusioni. Le credenze religiose sono da considerarsi pertanto come l'inevitabile risultato della dipendenza e del timore infantile nei confronti dell'autorità parentale: il sentimento religioso ha fondamentalmente origine nel bisogno infantile di protezione e si proietta in un Dio trascendente che protegge le creature da ogni tipo di pericolo. Tuttavia Freud ritiene che sia possibile per l'umanità progredire, superando le paure e i conflitti delle origini: lo studio dell'uomo, la ricognizione dell'essenza umana in tutta la sua complessità, a cominciare dall'intreccio tra la mente e il cuore, offrirà l'antidoto indispensabile all'alienazione religiosa.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858418314

Introduzione

«Il sentimento è il sogno ad occhi aperti;
la religione è il sogno della coscienza
desta; il sogno è la chiave dei misteri
della religione».
LUDWIG FEUERBACH
1. Il romanzo familiare di Freud.
Nel 1928 Freud pubblica sulla rivista «Imago» un breve scritto di quattro pagine intitolato Un’esperienza religiosa e redatto alla fine del 1927, subito dopo la pubblicazione di L’avvenire di un’illusione. Si tratta della riflessione scaturita dalla lettura di una lettera inviata a Freud da un medico americano. Costui era stato sollecitato a scrivere allo psicoanalista, ormai universalmente famoso, dopo essere venuto a conoscenza del contenuto di un’intervista rilasciata nel 1926 da Freud al popolare giornalista americano George Sylvester Vierek e che aveva avuto negli Stati Uniti un’ampia diffusione.
Il nucleo centrale dell’intervista riguardava l’eventuale credenza di Freud circa la sopravvivenza dopo la morte. Quando il medico americano lesse la risposta di Freud, dura e inequivocabile, fu sollecitato a scrivergli allo scopo di confidargli un’esperienza personale risalente all’epoca della fine dei suoi studi:
Le scrivo questa lettera per raccontarLe un’esperienza che mi è capitata nell’anno in cui finivo i miei studi di medicina, presso l’Università di X. Mi trovavo un pomeriggio per caso nella sala delle autopsie, quando fu portato e deposto su un tavolo anatomico il cadavere di un’anziana signora. Il volto della donna era talmente dolce e delicato (this sweet faced woman) che ne ricevetti una grande impressione e subito mi balenò il seguente pensiero: No, Dio non esiste: se un Dio esistesse non permetterebbe mai che una cosí cara vecchia signora (this dear old woman) sia portata nella sala anatomica1.
Nel corso dei giorni seguenti – aggiunge il medico – Dio illuminò la mia anima dandomi la certezza che la Bibbia è la parola di Dio, che tutto ciò che viene insegnato su Gesú Cristo corrisponde a verità e che Gesú è la nostra unica speranza. In seguito a questa limpidissima rivelazione ho accolto la Bibbia come l’autentica parola divina e Gesú Cristo come mio personale Salvatore. Da allora Dio si è rivelato ancora a me per molti infallibili segni. Mi appello alla Sua benevolenza, caro collega (brother physician) pregandola di rivolgere i Suoi pensieri a questo importantissimo argomento. Le assicuro che se Ella se ne occuperà con mente sgombra, Dio illuminerà la Sua anima svelandoLe la verità come ha fatto con me e con tanti altri…2.
Può forse meravigliare che Freud non abbia semplicemente cestinato la missiva, ma era solito approfittare anche delle occasioni piú trascurabili per tornare sui propri pensieri e sulle proprie convinzioni. In questo caso si trattava del rapporto tra fede e incredulità, del problema centrale dell’origine del sentimento religioso, con il corollario del bisogno infantile di protezione e della proiezione in un Dio trascendente che custodisse le creature dalla miriade di pericoli interni ed esterni.
Freud risponde quindi al suo corrispondente che era stato lieto di apprendere come grazie a una simile esperienza egli fosse riuscito a convalidare la sua fede. «Quanto a me, Dio non aveva mai fatto tanto, mai mi aveva fatto udire una simile voce interiore, e – considerata la mia età – se non si affrettava sarei rimasto fino alla fine, e non per colpa mia, quel che ero stato sempre: un infider jew»3.
Considerando il contenuto della lettera, Freud ritiene che il cadavere della vecchia donna, nudo o sul punto di esserlo nella sala settoria, avesse ricordato al giovane uomo sua madre, destando in lui
la nostalgia materna derivante dal complesso edipico, e subito tale anelito è completato da un senso di indignazione rivolto contro il padre. L’idea di padre e quella di Dio non sono ancora, in lui, molto lontane una dall’altra, la volontà di annientare il padre può da un lato farsi cosciente sotto forma di dubbi sull’esistenza di Dio e dall’altro volersi legittimare al cospetto della ragione sotto forma di sdegno per il maltrattamento subito dall’oggetto materno4.
Subito dopo la pubblicazione su «Imago» di Ein Religiöses Erlebnis, Theodor Reik, sempre attentissimo all’interesse di Freud per la religione, tenne una conferenza all’Istituto di Psicoanalisi di Vienna a proposito di questo breve esercizio di analisi. Reik inizia evidenziando come il materiale sul quale si basa l’interpretazione freudiana sia molto scarso, ma afferma anche che Freud ha fatto bene a prendere come epicentro la sala di anatomia patologica con il cadavere nudo di un’anziana donna. La notevole interpretazione di Freud è stata oggetto di critiche proprio perché la povertà del materiale non consente conclusioni cosí esaurienti a proposito dei processi psichici vissuti dal giovane medico americano, per di piú in assenza delle sue associazioni. Reik ritiene tuttavia che, malgrado questo limite evidente, Freud abbia con lucidità ed efficacia individuato il legame psichico tra l’impressione provocata dalla vista della salma e la successiva conversione religiosa. Si deve ammettere che, al fine di realizzare un’analisi psicologica, sarebbe stato certamente preferibile possedere informazioni piú esatte ed esaurienti sulla misteriosa conversione. A questo proposito è giusto ricordare, a sostegno della serietà di questi pionieri nello studio del funzionamento della psiche, che Freud e Reik fanno entrambi riferimento al ponderoso lavoro sulla conversione religiosa scritto dal neuropsichiatra italiano Sante De Sanctis e pubblicato a Bologna nel 19045.
Alcuni degli elementi minori sfuggiti all’analisi piú generale di Freud possono essere approfonditi. Da dove viene la profonda impressione suscitata dal corpo nudo della donna? Freud dice che la vista della vecchia donna nuda risveglia la fissazione all’immagine materna. Il ricordo della madre fa nascere sentimenti insieme di tenerezza e sensualità. Se poi si considera che la salma giaceva sul tavolo anatomico, si può ragionevolmente dedurre che nel giovane medico fosse anche presente una forte componente sessuale sadica. Tale elemento sadico, trasformato in aggressività intellettuale, arriva poi a mettere in dubbio la divinità. Quando, alla vista del corpo, la sua mente fu colpita dal pensiero dell’inesistenza di Dio, non si trattava solamente del desiderio verso la madre completato dalla rivolta contro il padre, ma c’era anche un trasferimento dell’impulso sadico verso l’oggetto originario dell’infanzia.
Per lo studio psicologico del fenomeno di conversione religiosa, non c’è dubbio che questo brevissimo saggio freudiano ha costituito un decisivo passo avanti. Passo che tuttavia Freud aveva lungamente preparato; anzi, se si deve risalire ai motivi dell’interesse di Freud per la genesi delle rappresentazioni e dei sentimenti religiosi, non si può fare a meno di riferirsi ad alcuni aspetti della vita affettiva di Freud e di quello che è stato definito il suo romanzo familiare.
In questa direzione è fondamentale riprendere il testo della lettera che Freud inviò all’amico e confidente, oltre che unico interlocutore scientifico nell’ora della ‘creazione’, Wilhelm Fliess il 15 ottobre 1897. Si tratta della lettera nella quale Freud asserisce di aver individuato, attraverso l’autoanalisi, la legge generale dello sviluppo psichico, quella dell’Edipo. Lettera posteriore di circa un mese e mezzo rispetto a quella in cui dichiara di non credere piú ai «suoi neurotica» e, nella spiegazione genetica delle nevrosi, abbandona la teoria della seduzione a favore di quella della fantasia inconscia. Nella lettera del 15 ottobre Freud fa riferimento al fatto che l’autoanalisi è la cosa piú importante che abbia tra le mani e da cui si aspetta risultati preziosi. Poi rievoca la figura della sua bambinaia Monika Zajíc, una cattolica osservante, per quanto incoerente, ma anche l’unica persona che abbia indotto Freud nella sua prima infanzia a pratiche e rituali di tipo religioso, portandolo con sé in chiesa e parlandogli di Dio e dell’inferno. Fu poi licenziata perché si era resa responsabile di un furto e reclusa in carcere per dieci mesi. Quando Monika lasciò la casa, Freud aveva due anni e mezzo. A tratti, le parole scritte a Fliess rievocano l’atmosfera dell’esperienza narrata dal giovane medico americano:
Se la donna scomparve tanto improvvisamente, mi sono detto, allora qualche impressione del fatto dev’essere rimasta dentro di me. Mi sovvenne una scena che da venticinque anni mi torna in mente di tanto in tanto senza che mai fossi riuscito a capirla. Io piangevo disperatamente perché non riuscivo a trovare mia madre. Mio fratello Philipp (di vent’anni piú vecchio) mi aprí una guardaroba (Kasten), ma quando vidi che mia madre non era neppure lí dentro piansi ancora di piú, finché ella comparve sulla porta, fragile e bella. Che cosa può significare tutto ciò? Perché mai mio fratello mi avrebbe aperto la guardaroba pur sapendo che mia madre non era lí dentro e che quindi non avrebbe potuto calmarmi? Adesso capisco. Io devo averlo pregato di farlo. Quando non potei vedere mia madre lí dentro, ebbi paura che fosse svanita come la mia bambinaia poco tempo prima. Devo aver sentito dire che la vecchia era stata rinchiusa, o piuttosto ‘messa in guardina’ (eingekastelt), dato che già allora mio fratello Philipp era amante di queste espressioni umoristiche, com’è ancora oggi che ha sessantatre anni. Il fatto che io mi riferissi a lui dimostra che sapevo della parte che egli aveva avuto nella scomparsa della mia bambinaia6.
Poco piú avanti nella stessa lettera Freud afferma che in lui è nata un’idea di valore generale e dice di aver trovato in se stesso l’innamoramento per la madre e la gelosia verso il padre. Ciò che ha riconosciuto per sé ritiene però che possa assumere un valore universale per la prima infanzia. La stessa dinamica la trova espressa nella tragedia Edipo Re di Sofocle, ed è quella che ci fa restare agganciati alla trama «ma la saga greca si rifà a una costrizione che ognuno riconosce per averne avvertita in sé l’esistenza. Ogni membro dell’uditorio è stato, una volta, un tale Edipo. In germe e in fantasia e, da questa realizzazione di un sogno trasferita nella realtà, ognuno si ritrae con orrore e con tutto il peso della rimozione che separa lo stato infantile da quello adulto»7.
Per comprendere la relazione tra il romanzo familiare di Freud e la sua teoria sulla genesi delle rappresentazioni religiose, è necessario ricordare alcuni dati di fatto e alcune associazioni e congetture che Freud fece durante la sua autoanalisi (la piú difficile tra quelle da lui condotte) e poi di seguito nella sua lunga vita. Quando Sigismund venne alla luce il padre Jacob aveva quarantuno anni e la madre Amalia Nathanson doveva ancora compierne ventuno. Non solo però lui era tanto piú vecchio, ma aveva già tre figli, due maschi – Emanuel e Philipp – entrambi piú grandi di Amalia, e una femmina – Marie – di un solo anno piú giovane, avuti dal primo matrimonio.
Jacob apparteneva a una famiglia di ebrei osservanti originari della Galizia. Desideroso di emanciparsi e di assimilarsi, si trasferí a Freiberg in Moravia dove si dette al commercio, divenne presto un seguace dell’Haskalah, la corrente dell’Illuminismo ebraico, e abbandonò i costumi e le regole tradizionali del popolo ebraico. Anche Amalia proveniva da una famiglia emancipata e aderente alle idee illuministe, residente a Vienna. La voglia di prendere le distanze dalla religione e dalle pratiche dei Padri spiega la tolleranza verso la possibile influenza della bambinaia cattolica sul piccolo Freud, ma anche l’educazione impartita in famiglia improntata a completa laicità. Forse solo il pranzo della Pasqua ebraica è rimasto nelle abitudini dei Freud. Jacob conosceva bene la Bibbia e anche l’ebraico. In questa lingua scrisse sulla sua Bibbia un’iscrizione in occasione della nascita del piccolo Sigismund (solo dopo qualche tempo modificato in Sigmund), con tanto di nome di chi l’aveva circonciso. Inoltre, Jacob aveva l’abitudine di leggere il Libro Sacro in compagnia del giovane figliolo, il suo secondo primogenito, come era solito dire. In occasione del trentacinquesimo compleanno del suo figlio prediletto gli regalò un esemplare della Bibbia illustrata da Philippson. Non deve sorprendere dunque che Freud sia stato un buon conoscitore del Vecchio e del Nuovo Testamento, e neppure che abbia trascorso gli ultimi cinque anni della sua vita a studiare e a tentare un’interpretazione della figura di Mosè e dell’origine del monoteismo nella cultura umana.
Dall’Interpretazione dei sogni, dalle lettere e dagli scritti autobiografici si possono trarre informazioni importanti sui personaggi piú rilevanti della famiglia che aiutano a comprendere il filo che tiene insieme Totem e tabú, opera dedicata all’origine della religione, e L’avvenire di un’illusione, incentrata invece sulla critica della religione.
Del padre, Freud ha scritto che era stato un uomo di profonda saggezza e di fantastica spensieratezza, un essere singolare, capace di felicità, pieno di decoro e dignità, dotato di senso dell’umorismo ma anche di uno spiccato scetticismo sulle vicende della vita; un uomo che raccontava storielle ebraiche ogni volta che intravedeva la possibilità che la loro morale si adattasse alle singole situazioni. Freud si identificava con lui e diceva di essere fisicamente, ma anche spiritualmente, la sua copia. Nella famiglia Jacob era il patriarca onnipotente che decideva su tutto e su tutti, ma ciò non gli impediva di avere un rapporto speciale con Sigmund, che probabilmente ne divenne presto consapevole.
Appena compiuti quaranta anni, nel mese di giugno d...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'avvenire di un'illusione
  3. Introduzione
  4. Il contesto del movimento pscicoanalitico. 1912-1929
  5. L’avvenire di un’illusione
  6. Il libro
  7. L’autore
  8. Dello stesso autore
  9. Copyright