- 136 pagine
- Italian
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Clinica dell'abbandono
Informazioni sul libro
Questo libro di Alda Merini riproduce con alcune aggiunte il volume del cofanetto con videocassetta intitolato Più bella della poesia è stata la mia vita (Einaudi Stile Libero 2003). È una raccolta che riunisce testi scritti o dettati dalla poetessa negli ultimissimi anni.
Anche in questa fase recente, la poesia della Merini non è mai costruzione o elaborazione, ma illuminazione, accensione improvvisa, ossessivo girare intorno ad alcuni temi base come gli amori, i figli e, in particolare in questo libro, il rapporto con gli interlocutori-scrivani che sono divenuti i primi destinatari delle intuizioni della poetessa. Ci sono poi la Milano dei Navigli, il ricordo delle persone care ormai scomparse, da Vanni Scheiwiller a Maria Corti, la sofferenza e la solitudine come dati che accomunano ogni esistenza, la solidarietà umana e la vocazione a coltivare quanto di meglio offre la vita nei suoi dettagli quotidiani. «Si esce da questo libro - scrive Ambrogio Borsani nella sua introduzione - con la memoria di una scissione insanabile del linguaggio legato ai movimenti dell'esperienza». Ma questo linguaggio, il linguaggio della poesia, è anche consolatorio quando si scioglie «per generare il canto della vita».
Domande frequenti
Informazioni
Clinica dell’abbandono
(2000-2002)
La donna di picche
a Roberto DossiRitorna al vento della poesiache non ha speranzama vive giorno per giornocalcando le ossa di vecchie antichi profeti.Ritorna alle montagne ardentidella solitudineche ti bruceranno il corpoe la voce.Ritorna ai quotidiani tormentima sappi che la solitudineè l’unica donnache non ti abbandona.
Il mio grido era sopra di tecome un mantelloavrei voluto coprirtidal gelo della tua vitaed essere la tua fiamma d’amore.Invece in te si è destato il pericolonemico supremo dell’amoree hai avuto paura di scendere nell’infernopaura della tua resurrezione.E solo chi si amerànelle acque di un baciopotrà conoscere l’oceano del piacere.Tu hai capito che il mio volto è supremoma hai seguitato il volgocredendolo la fortuna.Ma la fortuna è bendatala fortuna è il canto dell’ombrache avvicina a Dio.
Il suo sperma bevuto dalle mie labbraera la comunione con la terra.Bevevo con la mia magnificaesultanzaguardando i suoi occhi neriche fuggivano come gazzelle.E mai coltre fu piú calda e lontanae mai fu piú feroceil piacere dentro la carne.Ci spezzavamo in duecome il timone di una naveche si era aperta per un lungo viaggio.Avevamo con noi i viveriper molti anni ancorai baci e le speranzee non credevamo piú in Dioperché eravamo felici.
Lamento spessocon te e con il ventodi un mio vaniloquio d’amoreche altro non èche la futile lamentazionedei manicomi spenti.Ahimè a quei teatri di vitadove morivano gli affettie già morti i diseredaticoloro che non ebbero una carezzaadesso sono tombe segreteper i centauri.
La mia disgrazia
La mia disgrazia è simile a un colibríche fugge dalle sbarre.La mia disgrazia è un serpente apertola mia disgrazia è una gamba divaricata sul sogno.Ahimè il piacere della carneè simile a una grande preghierache occupa gli spazi insonni.Credete alle preghiere dei poetiche invadono l’universocredete alle loro orge d’amorecredete ai loro atroci spasimi.La lussuria è un monumento segretoe pieno di silenzio.
Una poesia
Aspetto che ti cadano le alitu che vuoi fare l’angelo della mortetradendo i sentimenti.Ma le catastrofi degli angeli sono universalinon sono il pentimento di un reprobo.Tu come le farfalle e le cicognehai portato la nascita di un amoree hai rubato il mio bimboche era il canto di un poetadi una donna purache non voleva generare il tuo odio.
Fuga di volpe
A chi mi chiedequanti amori ho avutoio rispondo di guardarenei boschi per vederein quante tagliole è rimastoil mio pelo.
Sine titulo
a Francesco GandiniTu non sai niente della morteeppure ci stai pensando da molto tempoe divori nei libri la sapienzadi chi non è esatto.Un orologio abbiamo nella menteprecisione infinitae un discorso che parrebbe d’amoree sei nel dubbio se l’intelligenzaavrà un destino eternoo se va bene che io pensi all’animae alle rime.
Un amico
Cos’è un amico?Un ammasso di carnecon dentro un filo d’animache ti guarda con mille occhie ti senti perseguitato.Non è amore soltanto,è uno che ha capitoche il vero nemico dell’uomo è la vitae la vuole strangolare,e uccide anche te,per confusione d’amore.
Ora che vedi Dio
Se tu tacial di là del marese tu conoscil’ala dell’Angelose tu lasci la madre terrache ti ha cosí devastatoora puoi direche la terra del poverola terra del poetaè tutta insanguinata dalla solitudinee ora che vedi Dioriconosci in te stessoil fiore della sua lingua.
a Eugenio MontaleI tuoi acini d’oroi limoni perdutinel grembo di altre donneche ti hanno solo sognato.Capita anche a me, Maestrodi aver fatto l’amorecon quelliche non hai mai conosciuto.
O cielo che lo cerchi in segretoper ogni terrasenza darlo a vederecome se fosse un lago in cui morire.Non so che cosa direal mio unico confessoreche parla di paradisimai esistiti.
Oro e ferro corroso
Oro era il mio amore per tee ho avuto l’illusione che tu vedessitanti diamanti dentro la mia corona.Poi, consumata dal gelo,nella tua indifferenzasono diventataun ferro corrosodalla pietra.
Se tu avessi visto i miei cielie le mie religionie tutti i sarcofaghi della mia fedeavresti abbandonato tuttoper venire ad abitare con me povera.Ma poiché l’ambizioneè la culla dell’uomocontinuo a morirenel tuo silenzio.
C’è gente che prende il granitoper farvi bat...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Clinica dell'abbandono
- Introduzione di Ambrogio Borsani
- Nota del curatore di Giovanna Rosadini
- Clinica dell’abbandono
- Poemi eroici (1995-2000)
- Clinica dell’abbandono (2000-2002)
- Coda
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
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