Degli ebrei e delle loro menzogne
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Degli ebrei e delle loro menzogne

  1. 320 pagine
  2. Italian
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Degli ebrei e delle loro menzogne

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Il violento libello Degli ebrei e delle loro menzogne, pubblicato nel 1543 da Lutero (1483-1546), è diventato celebre nel XX secolo - molto piú che nel XVI - per l'uso strumentale fattone dalla propaganda nazista. Nella riflessione apertasi dopo Auschwitz sulle responsabilità e sui precedenti della Shoah, la cultura e la società europea sono state costrette a fare i conti con la lunghissima storia dell'antiebraismo cristiano, e nel mondo protestante Lutero ha costituito un termine di confronto obbligato. I risultati della discussione intorno al rapporto tra l'antiebraismo di Lutero e il moderno antisemitismo, raccolti nell'apparato critico che accompagna questa traduzione condotta sulla prima edizione tedesca dell'opera, offrono la possibilità di verificare i termini reali della questione, stimolando cosí la presa di coscienza delle forme larvate di razzismo che hanno accompagnato la lunga storia dell'Europa cristiana. «Lutero non è responsabile della Shoah... Il passato e il presente sono divisi da abissi profondi, i loro legami non sono quelli superficiali e grossolani che un facile e deresponsabilizzante determinismo è portato a vedere. Le differenze tra l'antiebraismo e poi antigiudaismo cristiano e l'antisemitismo razzista e nazifascista restano grandissime».

Adriano Prosperi

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858418789

1.

Mi ero davvero proposto di non scrivere piú nulla né sugli ebrei né contro di essi1. Ma poiché ho saputo che questa gente miserabile2 e incorreggibile non la smette di adescare anche noi, cioè i cristiani, ho deciso di dare alle stampe questo libretto, in modo da trovarmi fra coloro che hanno opposto resistenza al tanto velenoso progetto degli ebrei, e hanno messo in guardia i cristiani affinché si proteggano da loro3. Non avrei pensato che un cristiano potesse farsi ingannare dagli ebrei e farsi coinvolgere nella loro miseria4 e nella loro disperazione. Ma il diavolo è il dio del mondo, e dove non c’è la parola di Dio, egli non trova ostacoli, non solo tra i deboli, ma anche tra i forti. Dio ci aiuti, AMEN.
Grazia e pace nel Signore. Caro Signore e buon amico5, ho ricevuto uno scritto6 nel quale un ebreo ha un colloquio con un cristiano e si prefigge lo scopo di stravolgere i passi della Scrittura (che noi citiamo a sostegno della nostra fede, riguardanti il nostro Signore Cristo e Maria, sua madre) e di interpretarli in maniera del tutto diversa, pensando cosí di demolire i fondamenti della nostra fede. Su questo punto io do a lui e a voi questa risposta. Non è mia intenzione litigare con gli ebrei o imparare da loro come interpretare o comprendere la Scrittura. Tutte queste cose le conosco già da cima a fondo. Ancor meno io ho in mente di voler convertire gli ebrei, poiché ciò è impossibile e due eccellenti uomini, oltre ad altri, il Lirano7 e il Burgense8, cento e duecento anni fa, ci hanno descritto fedelmente l’oscena interpretazione degli ebrei e l’hanno confutata in modo veramente valido. Tuttavia con gli ebrei ciò non è servito proprio a nulla, e anzi, si sono via via induriti sempre di piú. Anche perché sono diventati talmente duri e insensibili, da non voler imparare neanche da quel terribile flagello che è un esilio lungo ormai piú di millequattrocento anni. E sebbene rivolgano incessantemente invocazioni e lamenti a Dio a tale scopo (almeno cosí credono), non riescono ancora a ottenere che venga fissato un termine per questo esilio. Se i colpi ricevuti – io dico – non sono serviti a niente, è dunque facile rendersi conto di come i nostri discorsi e le nostre spiegazioni possano servire ancor meno.
Perciò il cristiano sia soddisfatto e non stia a litigare con gli ebrei. Se però tu devi o vuoi parlare con loro, non dire altro che questo: «Sta’ a sentire, ebreo, tu sai che Gerusalemme e il vostro dominio, assieme al tempio e al sacerdozio9 sono stati distrutti ormai da piú di millequattrocentosessant’anni? Perché quest’anno, che noi cristiani indichiamo come il 1542 dalla nascita di Cristo, sono appunto millequattrocentosessantotto anni10, e si va dunque nei millecinquecento, da quando Vespasiano e Tito hanno distrutto Gerusalemme e cacciato gli ebrei». Su questa questioncina11 gli ebrei possono scannarsi e disputare finché vogliono.
Perché l’ira di Dio – cosí terribile – mostra anche troppo chiaramente che essi di certo devono sbagliarsi e avere imbroccato una strada falsa: questo lo capirebbe anche un bambino. Infatti non si può ritenere Dio tanto crudele da punire il suo proprio popolo cosí a lungo, in modo cosí atroce, cosí spietato e per di piú tacendo, non consolandolo né con parole, né con opere, senza stabilire un tempo, né un termine12. Chi potrebbe credere in un Dio del genere, sperare in lui, o amarlo? Perciò questo atto di ira dimostra che gli ebrei sono stati sicuramente rifiutati da Dio, che non sono piú il suo popolo, e che anche Lui non è piú il loro Dio. E andate a quel passo di Osea al primo capitolo13: «Lo Ammi14 Voi non siete il mio popolo, e io non sono il vostro Dio». Sí, purtroppo per loro è una cosa dolorosa e tremenda. Possono dare l’interpretazione che vogliono, noi abbiamo la realtà davanti agli occhi: ciò non può ingannarci.
E se in loro ci fosse un briciolo di ragione o di buonsenso, allora dovrebbero veramente pensare fra sé e sé: «Oh, Signore Dio, le cose vanno male per noi, la sventura è troppo grande, dura da troppo tempo, è troppo dura!», «Dio si è dimenticato di noi» etc. Io non sono certo un ebreo, eppure, sinceramente, non mi fa piacere pensare all’ira di Dio, che tanto spietata si è abbattuta su questo popolo, perché ne sono spaventato a morte. Quale dovrà essere all’inferno l’ira eterna contro i falsi cristiani e tutti gli empi? Suvvia, gli ebrei pensino ciò che vogliono del nostro Signore Gesú: noi vediamo che le cose vanno come Egli dice nel Vangelo di Luca al capitolo XXI: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da un esercito, sappiate allora che la sua devastazione è vicina … saranno infatti giorni di vendetta, e ci sarà gran miseria nel paese e ira su questo popolo»15.
Insomma, come ho detto, non disputare troppo con gli ebrei sugli articoli della nostra fede. Essi fin da piccoli vengono allevati con veleno e rancore contro il nostro Signore, cosicché non ci sarà alcuna speranza fino al momento in cui, alla fine, non diventeranno docili, per mezzo della loro miseria, e saranno allora costretti a riconoscere che il Messia è venuto ed è il nostro Gesú. Altrimenti è troppo prematuro – anzi, è del tutto inutile – disputare con loro sul fatto che Dio è trino, che è uomo, che Maria è la madre di Dio. Perché se nessuna ragione e nessun cuore umano possono accettare queste cose, ancor meno le accetta un cuore inasprito, avvelenato, cieco, come quello degli ebrei. Ciò che Dio stesso non corregge, con colpi tanto crudeli, noi non potremo correggerlo (come ho detto) né con parole né con opere. Mosè non riuscí a correggere il faraone né con le carestie né con i miracoli, né con le preghiere né con le minacce: dovette lasciarlo affogare in mare.
Cosí noi, adesso, per rafforzare la nostra fede, vogliamo trattare alcune delle rozze follie degli ebrei, sul loro credo e la loro interpretazione delle Scritture, poiché essi sparlano in modo davvero velenoso della nostra fede. Se poi ciò servisse a un qualunque ebreo per rinsavire, perché si vergogna, tanto meglio! Noi adesso non parliamo agli ebrei, ma degli ebrei e della loro condotta, affinché anche i nostri tedeschi possano essere edotti16.
1.1. [L’origine] Essi hanno un argomento17, sulla base del quale si vantano e si intestardiscono oltre misura: ovvero l’essere nati dalla stirpe piú elevata della terra, da Abramo, Sara, Isacco, Rebecca, Giacobbe, e dai dodici patriarchi, e cosí via, dal popolo santo d’Israele, come anche san Paolo riconosce, al capitolo IX dei Romani18, quando dice: Quorum Patres, cioè: «Essi discendono dai Padri, dai quali discende Cristo...» E lo stesso Cristo, nel Vangelo di Giovanni al capitolo IV, dice19: «La salvezza viene dagli ebrei». Per questo si vantano di essere nati piú nobili tra tutti, anzi, i soli uomini nobili sulla terra; noi (goijm), Gentili20, in confronto a loro e ai loro occhi non siamo esseri umani, e neanche degni di essere considerati da loro dei miseri vermi. Infatti noi non apparteniamo all’alta, nobile stirpe, non abbiamo la loro stessa origine, nascita e discendenza. Questo è uno dei motivi del loro orgoglio e vanto, a mio avviso il piú importante e forte.
Perciò Dio deve tollerare che essi – nelle loro scuole, nelle loro preghiere, nei loro canti, nei loro insegnamenti e in tutta la loro vita – si presentino davanti a Lui e stiano lí a tormentarlo per bene (parlo qui di Dio come se fosse un essere umano). Cosí Egli deve ascoltarli mentre si vantano, e lodano Dio, perché li ha distinti dai pagani, e li ha fatti nascere dai santi padri, ed eletti a essere il Suo santo popolo, e cosí via. E non c’è misura, né limite, al loro vanto sulla stirpe e la nascita carnale dai padri.
E inoltre, a completare la loro folle, stolta e furiosa insipienza, si vantano e ringraziano Dio, in primo luogo perché sono stati creati esseri umani e non bestie, in secondo luogo per essere ebrei e non goijm (Gentili), in terzo luogo perché sono stati creati uomini e non donne21. Queste buffonate non le hanno apprese da Israele, ma dai goijm. Infatti si legge nelle storie che il greco Platone avrebbe ogni giorno reso a Dio tali lodi e ringraziamenti – ammesso che una tale arroganza e blasfemia possano essere definite lodi di Dio – perché anch’egli lodava i suoi dèi per questi tre fatti: perché era un essere umano e non una bestia, un uomo e non una donna, un greco e non un non-greco o barbaro. Questo è il vanto di un folle e il ringraziamento di un barbaro bestemmiatore. Proprio come gli Italiani22, che credono di essere i soli veri uomini, e considerano il resto del mondo pura disumanità, anatre23 o topi, in confronto a loro.
Ora, nessuno può togliere loro il vanto della stirpe e dell’origine di Israele. Nell’Antico Testamento (e nessun ebreo vuole capirlo) essi, in guerra, hanno anche perso per questo alcune battaglie; tutti i profeti li hanno puniti per questo motivo (perché è una arrogante e carnale presunzione, priva di spirito e di fede), però poi – per la stessa ragione – sono stati anche uccisi e perseguitati. san Giovanni Battista li puní duramente per questo e disse24: «Non vi vantate di poter dire fra voi di essere la discendenza di Abramo. Io vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre», e non li chiamò figli di Israele, ma «razza di serpi». Oh, questo era troppo offensivo per la nobile stirpe e discendenza di Israele ed essi dissero25: «Egli ha il demonio». Perciò nostro Signore li chiama anche «razza di serpi». Cosí Giovanni al capitolo VIII26: «Se foste figli di Abramo, allora fareste le opere di Abramo. Voi siete figli del diavolo, quello è vostro padre». Questo – il fatto di essere non figli di Abramo, ma del diavolo – fu per loro insopportabile e ancora adesso non possono tollerarlo. Infatti, qualora dovessero rinunciare a questa loro gloria e ai loro argomenti, verrebbe a cadere e a modificarsi tutta la loro pretesa particolarità, che su quegli argomenti si fonda. E io credo che se il loro Messia (nel quale sperano) venisse e ponesse fine a queste loro vanterie e a queste argomentazioni, essi lo crocifiggerebbero e bestemmierebbero sette volte peggio di quanto non abbiano fatto al nostro, e direbbero anche che non era il vero Messia ma un demonio ingannatore. Perché il Messia che si sono immaginato, dovrebbe rafforzare e accrescere una siffatta presunzione carnale e arrogante sulla nobiltà di stirpe e di discendenza; dovrebbe cioè aiutarli a bestemmiare Dio, a disprezzare con scherno le Sue creature, anche le donne, che sono esseri umani e immagine di Dio, proprio come noi, e sono inoltre nostra carne e sangue, madri, sorelle, figlie, donne di casa, e cosí via. Infatti quelli – secondo il triplice ringraziamento di cui si è detto – ritengono Sara (in quanto donna) non cosí nobile come Abramo (in quanto uomo). Forse vogliono, in questo modo, onorare se stessi, in quanto nati per metà nobili, da padre nobile, e per metà non nobili, da madre non nobile! Ma lasciamo andare le follie e le scemenze.
[Confutazione] Vogliamo trattare di questa argomentazione e vanteria, e dimostrare in modo convincente (non agli eb...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Degli ebrei e delle loro menzogne
  3. Introduzione di Adriano Prosperi
  4. Nota al testo
  5. Degli ebrei e delle loro menzogne
  6. Paragrafo 1
  7. Paragrafo 2
  8. Paragrafo 3
  9. Paragrafo 4
  10. Paragrafo 5
  11. Il libro
  12. Copyright