Sull'hascisch
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Sull'hascisch

  1. 224 pagine
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Informazioni sul libro

Non si tratta però di un'involuzione solitaria, ma di esperimenti pianificati e documentati con intenzioni quasi scientifiche. Tra Ibiza e Marsiglia, in compagnia di alcuni amici, vengono cosí registrati gli effetti della droga: tutti materiali che avrebbero dovuto costituire «un libro estremamente importante sull'hascisch» (come Benjamin confida in una lettera a Gershom Scholem), ma di cui non si fece mai nulla, e che furono poi ricomposti da Jean Selz. Sull'hascisch è la testimonianza di una profonda esperienza artistica il cui fine non è l'amplificazione di una realtà supersensibile - come per De Quincey, Baudelaire, Huxley, Benn, Burroughs - ma la ricerca di uno stile.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858420478

Verbali

I.

Walter Benjamin:

Tratti principali della prima esperienza con l’hascisch

Scritto il 18 dicembre [1927] verso le tre e mezza di mattina
1. Spiriti aleggiano (sembra una vignetta) dietro la spalla destra. Senso di freddo in questa spalla. In questo contesto: «Ho la sensazione che oltre a me ci siano quattro persone nella stanza» (aggirata la necessità di contare anche se stessi).
2. Interpretazione dell’aneddoto di Potëmkin1 con la seguente spiegazione: suggestione è presentare a uno la maschera (del proprio volto, id est di chi la presenta).
3. Osservazione stravagante sulla maschera da etere che (ovviamente) ha anche bocca, naso ecc.
4. Le due coordinate dell’appartamento: cantinasolaio/orizzontale. Grande estensione orizzontale dell’appartamento. Fuga di stanze, dalla quale proviene la musica. Ma forse anche paura del corridoio.
5. Illimitata benevolenza. Vanificarsi dei complessi di paura nevrotico-compulsivi. Si dischiude il buon «carattere». Tutti gli astanti assumono la gamma del buffo. Al tempo stesso ci si compenetra con la loro aura.
6. Non solo dai volti, ma anche dagli avvenimenti si trae il buffo. Si cerca un pretesto per ridere. Del resto è forse solo per questo che molto di ciò che si vede appare «artificiale», come «esperimento»: affinché se ne possa ridere.
7. Evidenze poetiche tradotte in suoni; a un certo punto affermo che poco prima, nel rispondere a una domanda, ho usato l’espressione «lungo tempo» solo (per cosí dire) mediante la percezione di un lungo tempo nella consistenza sonora delle due parole. Questo io lo vivo come evidenza poetica.
8. Contesto; distinzione. Nel sorridere ci si sentono spuntare delle alucce. Sorridere e svolazzare affini. Tra l’altro si ha la sensazione della distinzione perché ci si sente come se in realtà non si penetrasse mai troppo in fondo, come se, per quanto si penetri in profondità, ci si muovesse sempre su una soglia. Una sorta di ballo in punta di piedi della ragione.
9. Colpisce molto la lunghezza delle frasi che uno pronuncia. Anche questo è connesso con l’estensione orizzontale e (probabilmente) con il riso. Il fenomeno dei passaggi è anche la lunga estensione orizzontale, combinata forse con la fuga nella lontana, minuscola prospettiva che si volatilizza. In tale piccolezza sta forse un momento che collega l’idea del passaggio con il riso. (Cfr. il libro sul dramma: potenza rimpicciolente della riflessione)2.
10. Molto fugacemente in un momento di ripiegamento su se stessi si manifesta qualcosa come una tendenza a stilizzare se stessi, il proprio corpo [alcune parole illeggibili].
11. Nessuna voglia di dare informazioni. Rudimenti di uno stato di distacco. Grande sensibilità per le porte aperte, il parlare ad alta voce, la musica.
12. Sensazione di capire molto meglio Poe. Sembrano spalancarsi le porte di accesso a un mondo del grottesco. Ma non volevo entrarvi.
13. Il tubo della stufa diventa un gatto. Alla parola zenzero, al posto dello scrittoio compare improvvisamente un negozio di frutta, nel quale subito dopo riconosco lo scrittoio. Me ne sovvenni 1001 notte.
14. Fastidio e difficoltà nel seguire i pensieri altrui.
15. Il posto in cui ci si trova nella stanza non lo si occupa con la stabilità abituale. All’improvviso – a me per un momento è accaduto – tutta la stanza può sembrar piena di gente.
16. Le persone con cui si ha a che fare (in particolare Joël e Fränkel) hanno una spiccata tendenza a trasformarsi un poco, non vorrei proprio dire a diventare estranee, ma a non rimaner familiari e ad assomigliare in certo qual senso a estranei.
17. Mi sembrava: Spiccata avversione a conversare su problemi della vita pratica, sul futuro, i dati, la politica. Si è confinati nella sfera intellettuale come talvolta alcuni ossessionati lo sono in quella sessuale; se ne è risucchiati.
18. Dopo con Hessel al caffè. Piccolo addio al mondo dei fantasmi. Cenni di addio.
19. Diffidenza per il cibo. Un caso particolare e molto accentuato della sensazione che si prova al cospetto di molte cose: «Non avrai per davvero questo aspetto!»
20. Lo scrittoio di H[essel], mentre egli parla di «zenzero», si tramuta per un secondo, in un negozio di frutta.
21. Stabilisco una connessione tra lo straordinario e continuo cambiare idea e il riso. Ciò dipende tra l’altro, per essere piú precisi, dal maggiore distacco. Inoltre questa insicurezza, che può giungere fino all’affettazione, è in un certo senso una proiezione all’esterno del solletichio interno.
22. È sorprendente come si ammettono assai impulsivamente e senza forti resistenze dei motivi inibitori radicati nella superstizione ecc. e che di solito non si menzionano facilmente.
In un’elegia di Schiller è detto: «L’ala dubbiosa della farfalla»3. Questo a proposito del nesso tra l’aleggiare e la sensazione del dubbio.
23. Si percorrono le stesse strade di pensiero di prima. Solo che sembrano disseminate di rose.
1 L’aneddoto di Potëmkin, uno degli Aneddoti di Puškin, è stato ripreso due volte da Benjamin: in apertura del saggio Franz Kafka (Scritti, II, pp. 196 sg.) e nel racconto Die Unterschrift (in «Prager Tagblatt», 5 settembre 1934, e in «Frankfurter Zeitung», 5 maggio 1934). Lo si ritrova inoltre, sotto il titolo Potemkins Unterschrift, in Spuren di Ernst Bloch.
2 WALTER BENJAMIN, Ursprung des deutschen Trauerspiels, a cura di Rolf Tiedemann, Frankfurt am Main 1969, p. 78.
3 Cfr. Der Spaziergang: «Mit zweifelndem Flügel | wiegt der Schmetterling sich über dem rötlichen Klee» [Con ala dubbiosa la farfalla si libra sopra il trifoglio rossastro].

II.

Walter Benjamin:

Trattati principali della seconda esperienza con l’hascisch

Scritto il 15 gennaio 1928, verso le tre e mezza del pomeriggio
Il ricordo è meno ricco, anche se lo sprofondamento è stato minore dell’altra volta. Per la precisione, ero meno sprofondato eppure piú dentro. Mi si sono inoltre fissate nella memoria piú le parti torbide, estranee, esotiche che quelle chiare.
Ricordo una fase satanica. Per me divenne determinante il rosso delle pareti. Il mio sorriso assunse dei tratti satanici: anche se piú il carattere del sapere satanico, della soddisfazione satanica, della quiete satanica che dell’agire satanico, distruttivo. Si accentuò la compenetrazione dei presenti nella stanza; essa divenne piú vellutata, fiammeggiante, oscura. Feci il nome di Delacroix.
La seconda percezione molto intensa fu il gioco con la camera accanto. In generale si comincia a giocare con le stanze. Si producono seduzioni del senso di orientamento. Ma ciò che da svegli si conosce solo nella spiacevolissima inversione prodotta volontariamente quando, viaggiando di notte su un treno con le spalle rivolte alla direzione di marcia, ci si immagina invece di essere nella posizione opposta o viceversa, tradotto dalla dinamica nella statica qui si può percepire come seduzione.
La stanza si traveste davanti ai nostri occhi, indossa, come un essere tentatore, i costumi degli stati d’animo. Ho la sensazione che nella camera accanto avrebbe potuto aver luogo sia l’incoronazione di Carlo Magno che l’assassinio di Enrico IV, sia la firma del Trattato di Verdun che l’assassinio di Egmont. Le cose sono solo manichini, e perfino i grandi momenti della storia mondiale sono solo costumi sotto i quali essi scambiano occhiate di intesa col nulla, con il basso e il banale. Essi rispondono all’ambiguo ammiccare del nirvana.
Il non essere affatto coinvolti in questa intesa costituisce la «soddisfazione satanica» cui si è accennato. Qui sta anche la radice della brama di approfondire a dismisura la complicità con il non-essere aumentando la dose.
Forse non è autoinganno affermare che in questo stato si sviluppa un’avversione per lo spazio aereo libero, per cosí dire uranico, che trasforma quasi in tormento l’idea del «fuori». Non è piú, come la volta passata, il cordiale e socievole permanere nella stanza per il gusto della situazione com’è, ma è invece un esserci intessuti, inviluppati piú fittamente, una tela di ragno nella quale l’accadere del mondo è sospeso qua e là come vuoti involucri di insetti cui è stata succhiata la linfa. Non ci si vuole separare da questa caverna. Qui prendono anche forma i rudimenti di un atteggiamento scortese verso i presenti, la paura che essi possano disturbarti, trascinarti fuori.
Ma anche questa ebbrezza, nonostante il suo fondamento depressivo, ha un suo esito catartico che, pur non essendo quello beato dell’ultima volta, ha però una sua inventiva e non è privo di bellezza. Solo il fatto che essa prenda forma nel calo dell’effetto, che in realtà fa assumere contorni piú precisi al contesto depressivo, potrebbe forse stare a indicare che l’aumento della dose ha una sua parte nell’ingenerare il carattere depressivo.
Doppia struttura di questa depressione: paura da una parte, e poi incertezza in un problema pratico che con essa è connesso. Una volta che si è avuto ragione di questa incertezza si individua all’improvviso un momento molto recondito di una tentazione compulsiva, assicurandosi in tal modo la possibilità di cederle un poco, nella prospettiva di liberarsene.
La fame come asse inclinato posto attraverso il sistema dell’ebbrezza.
La grande speranza, tendenza, aspirazione ad avvicinare il nuovo, il mai sfiorato nell’ebbrezza, questa volta non si realizza piú nell’aereo svolazzare, ma in un cambiamento discendente stanco, sprofondato in se stesso, disteso, ozioso, inerte. In questa discesa si pensa di sviluppare ancora una certa cortesia, una qualche attrattiva, di condurre seco gli amici con un sorriso orlato di scuro, per metà Lucifero e per metà Hermes traducens, non piú lo spirito e l’uomo dell’ultima volta.
Meno uomo, piú Daimon e Pathos in questa ebbrezza.
La cattiva contemporaneità del bisogno di esser soli e del voler rimanere con gli altri – una sensazione che si manifesta nella piú profonda stanchezza e che si dovrebbe studiare – si accentua. Si ha la sensazione di potersi abbandonare solo in assoluta solitudine e nella quiete piú profonda all’ambiguo ammiccare del nirvana, e tuttavia si prova il bisogno della presenza degli altri come figure di un bassorilievo che si spostano silenziosamente sul basamento del proprio trono.
La speranza come cuscino che si distende sotto di noi, prende ad agire solo ora, retroattivamente.
La prima ebbrezza mi ha fatto conoscere il momento sfarfallante del dubbio; il dubbio era in me stesso come indifferenza creativa. La seconda mi ha fatto invece apparire dubbie le cose stesse.
Operazione a un dente. Singolare spostamento della memoria. Ancora adesso non riesco a liberarmi dall’idea che fosse sul lato sinistro.
Tornando a casa, quando incontrai delle difficoltà nel chiudere la catenella della stanza da bagno, il sospetto: disposizione dell’esperimento.
Si ode la tuba mirans sonans, ma si cerca invano di spostare la lastra che copre il sepolcro.
È noto che se si chiudono gli occhi e si esercita su di essi una leggera pressione, sorgono delle figure ornamentali sulla cui forma non si ha alcuna influenza. Le architetture e le costellazioni spaziali che si vedono sotto l’effetto dell’hascisch, nella loro origine hanno qualcosa di affine con quelle. Quando e sotto quale forma esse compaiono, in un primo momento è del tutto indipendente dalla volontà, giacché esse prendono forma fulmineamente e senza preavviso. Poi, una volta che ci sono, entra in gioco la fantasia che opera piú coscientemente, per prendersi certe libertà con esse.
In termini molto generali si può dire che la sensazione del «fuori», è connessa con un certo senso di disagio. Dal «fuori» si deve tuttavia distinguere nettamente l’ambito, per quanto dilatato, della visione, che per la persona in preda all’ebbrezza da hascisch rispetto al «fuori» si configura esattamente come la ribalta rispetto alla strada fredda per chi si reca a teatro. Ma talvolta tra chi è in preda all’ebbrezza e il suo ambito di visione sembra esserci, per usare ancora questa immagine, una sorta di proscenio attraverso cui spira una tutt’altra aria, il «fuori».
La vicinanza della morte ieri mi si è formulata nella frase: la morte è tra me e la mia ebbrezza.
L’immagine dell’autoannessione: certe cose spirituali si fanno «sentire da sé», come di solito accade, poniamo, per un violento mal di denti ecc. Tutte le sensazioni, soprattutto anche spirituali, hanno una caduta piú rapida, e trascinano con sé le parole nel loro letto.
Questo «ambiguo ammiccare del nirvana» probabilmente non è mai diventato tangibile quanto in Odilon Redon.
Il primo grave danno che si produce è certamente l’incapacità di disporre per periodi prolungati. Studiando piú attentamente la cosa si rileva il fatto sorprendente che siamo in grado di disporre oltre la notte e le notti, ossia oltre i sogni comuni. È assai difficile disporre oltre i sogni (o l’ebbrezza) sotto l’effetto dell’hascisch.
Bloch mi ha voluto sfiorare leggermente il ginocchio. Percepisco il contatto molto prima che abbia luogo realmente e lo vivo come una violazione estremamente sgradevole della mia aura. Per capirlo occorre tener presente che tutti i movimenti sembrano acquistare piú intensità e programmaticità e che già in quanto tali sono percepiti come sgradevoli.
Postumi: forse un certo indebolimento della volontà. Ma col calare dell’effetto il momento della lievità prende il sopravvento. Forse che negli ultimi tempi (nonostante la frequente depressione) la direzione ascendente della scrittura, che in me non avevo mai osservato prima, è connessa con l’hascisch? Altro postumo: Tornando a casa metto il catenaccio alla porta, e quando nel farlo incontro una difficoltà, il mio primo pensiero (immediatamente corretto) è: disposizione dell’esperimento?
Se moralmente la prima ebbrezza è stata assai superiore alla seconda, l’intensità è però ascendente. Ciò significa all’incirca: la prima ebbrezza ha distaccato le cose inducendole a uscire dal loro mondo usuale, la seconda le ha molto presto collocate in un mondo nuovo – di molto inferiore a questo regno intermedio.
Sulle continue divagazioni sotto l’effetto dell’hascisch. Anzitutto l’incapacità di ascoltare. Per quanto non sembri conciliarsi con l’illimitata benevolenza nei confronti degli altri, in realtà è radicata in essa. Appena il nostro compagno apre bocca, ci delude immensamente. Ciò che dice resta infinitamente al di sotto di ciò che, se avesse taciuto, ci saremmo con tanta gioia e mille piaceri aspettati da lui. Egli ci delude dolorosamente allontanandosi dal supremo oggetto di ogni attenzione: noi stessi.
Quanto al nostro proprio deviare, distanziarci dall...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sull'hascisch
  3. Letteratura e haschisch di Alberto Castoldi
  4. Nota all’edizione italiana di Giorgio Backhaus
  5. Sull’hascisch
  6. Myslowitz – Braunschweig – Marsiglia Hascisch a Marsiglia
  7. Crocknotizen
  8. Verbali
  9. Nota all’edizione tedesca di Tillman Rexroth
  10. Appendici di Jean Selz
  11. Cronologia della vita e delle opere di Fabrizio Desideri
  12. Il libro
  13. L’autore
  14. Dello stesso autore
  15. Copyright