- 384 pagine
- Italian
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Icaro, il volo su Roma
Informazioni sul libro
Roma, 1928. Ruth Draper, attrice newyorkese, è una donna colta, indipendente, schiva. Si è votata al teatro come una vestale al tempio e non ha mai ceduto alle lusinghe dell'amore. Fino a quando, nella Città Eterna per una tournée, non incontra il giovane e fascinoso Lauro de Bosis. Dandy per eccellenza, poeta per vocazione, antifascista per scelta, aviatore per necessità, Lauro è un visionario ma è anche un uomo coraggioso capace di passare all'azione: con due amici infatti ha fondato un'organizzazione segreta che diffonde messaggi clandestini di propaganda contro il regime.Tra il giovanissimo Lauro e la matura Ruth, nonostante diciassette anni di differenza, scoppia un amore travolgente e tragico, che si cementa nella lotta al fascismo. Sullo sfondo, l'Italietta del regime, ma anche l'inquieto mondo dell'antifascismo in esilio, tra Parigi, Londra e Bruxelles e l'America divisa tra i fremiti del jazz, la cappa del Proibizionismo e la Grande depressione.Dopo Il caso Kaufmann, Giovanni Grasso torna a mescolare storia e invenzione, ricostruendo nei dettagli l'epopea e il ricco mondo di relazioni di un eroe dimenticato che fece tremare la dittatura: la sera del 2 ottobre 1931, a bordo di un piccolo monoplano, Lauro de Bosis sorvolò Roma, beffando clamorosamente il regime, prima di scomparire nel Tirreno al termine di un volo fatale compiuto in nome della libertà.
Domande frequenti
Informazioni
XX
Escludendo il sorvolo delle Alpi, che è sempre un azzardo, bisognerebbe, dalla Francia meridionale passando dal mare accanto alla Corsica o dalla Svizzera italiana sorvolando l’Appennino, volare direttamente su Roma. In questo caso sarebbe necessario avere un aereo grande e dotato di tanta autonomia. Che costa di più ed è più difficile da pilotare e da reperire.Altrimenti, con un aereo più piccolo, dovresti fare uno scalo da qualche parte, a metà strada, per fare rifornimento: a terra, su un’isola, se vai con un aereo normale. Ma in questo modo – non te lo nascondo – dovresti fare un altro atterraggio e un altro decollo, raddoppiando i rischi del volo e quelli di essere scoperto.Potresti optare per un idrovolante e fare rifornimento in mare. Dal punto di vista della segretezza dell’operazione sembrerebbe un’ipotesi più praticabile. Ma tieni presente che, invece, è molto più difficile per chi, in barca, dovrà individuarti e raggiungerti. È molto facile perdere le coordinate in mare, senza contare che le correnti, in pochi minuti, possono trasportare l’aereo anche molto lontano dal punto dell’ammaraggio.In un caso o nell’altro, è molto importante calcolare bene i venti e gli orari del decollo. Bisogna infatti arrivare all’obiettivo all’imbrunire. Se arrivi troppo presto, sarai visto, verrà dato l’allarme e diventerai facile preda per i caccia. Se arrivi troppo tardi, ci sarà meno gente in giro a raccogliere i volantini e poi, con il buio, diventerà molto più difficile orientarsi e tornare a casa.Ti dico con franchezza che, per compiere un’impresa del genere correndo un rischio ragionevole e avendo una buona probabilità di successo (che significa portare a casa la pelle), servirebbe un pilota molto esperto, con alle spalle almeno trecento ore di volo di cui almeno una cinquantina sul velivolo che verrà utilizzato per l’impresa.Se potessi verrei io in Francia. Non ti nascondo che ti accompagnerei volentieri. Sarebbe bello farlo insieme. Ma purtroppo mia moglie non sta bene e non posso lasciarla sola in questo momento.Il consiglio finale, spassionato, che posso darti è questo: scrivi i volantini da par tuo, stampali, assumi un bravo ed esperto pilota, pagalo bene, e lascia a lui il compito di volare su Roma. Tu sei un poeta e un leader politico. In guerra ci hanno insegnato che ciascuno deve fare la sua parte, secondo le proprie competenze e le proprie capacità. Perché devi correre rischi inutili? Se ti succede qualcosa, l’antifascismo perderà un punto di riferimento importante. La natura ti ha fatto dono dell’arma della parola. È molto più micidiale delle bombe. Usala e lascia eliche e motori a chi ne sa più di te.Resto a disposizione, con grande affetto,Eric
Che cos’è la febbre del volo? Te lo spiego io, che di pulcini ne ho visti tanti nella mia vita. È quell’impulso interiore, forte e trascinante al quale non resisti, che ti conduce a fidarti di un trabiccolo sgangherato con un motore a scoppio, per sfidare – per il solo gusto dell’emozione o perché hai una missione da compiere – le leggi della fisica. E così ti ritrovi sospeso nell’aria, a diverse centinaia di metri di altezza, sapendo che un tuo minimo errore, o un qualsiasi fottuto guasto alla delicata apparecchiatura di bordo, ha quasi certamente la contropartita di una morte orribile, spappolandoti al suolo, quando ti va bene, o bruciando come un cristiano ai tempi di Nerone se ti dice male. Certo, Pulcino, mi dirai: l’uomo ha sempre sfidato la morte, ha intrapreso esplorazioni in terre lontane, ha scalato montagne e attraversato ghiacciai, ha solcato i mari, ha guidato automobili sempre più veloci. Ma la fiducia cieca e dissennata che devi avere in quel cazzo di motore non la puoi paragonare né condividere con nessuno: marinaio, alpinista, esploratore o pilota di automobili che sia. Ti spiego: se sei in barca e finisci il carburante in mare, fratello mio, hai delle possibilità di salvarti. E comunque non affondi subito, galleggi. Magari non ti viene nessuno a salvare. Ma tu, nella tua cazzo di barchetta a motore con il serbatoio a secco, puoi almeno sperare e pregare che qualcuno ti salvi. Sai che non sei ancora morto! Magari lo sarai tra poco, magari ti mangerà uno squalo o un’onda ti rovescerà… Ma ancora non lo sai e continui a sperare! Se il motore della tua auto si blocca, se i freni non rispondono, magari non succede un cazzo, ti fermi su un prato. O magari vai a sbattere contro un albero: ma anche qui non è detto che tu debba morire per forza. Magari non ti fai nulla, magari ti rompi solo una gamba. Se sei appeso a una parete di roccia e manchi una presa o ti si stacca un appiglio e scivoli di sotto urlando, preghi Iddio che il chiodo regga e che la corda non si spezzi. Rischi, ma puoi ancora pregare e sperare.Quando invece decidi di salire a cavalcioni di uno di questi uccelli di legno e ferro e controlli la pressione dell’olio e la temperatura dell’acqua, sperando che non si alzino troppo quando sarai in volo, quando cioè non puoi più fare nulla; e quando questo uccello di legno e ferro si fa portare docilmente a tremila metri di altezza e poi, improvvisamente, ti molla; quando ti accorgi che hai finito il carburante, che i comandi non ti rispondono, che l’elica si blocca, che il motore si spegne, che l’ala si spezza, lo sai già che nessuno ti potrà aiutare. E, allora, pensaci bene prima di mettere il culo sopra questi uccellacci traditori. Pensa a quello che hai e che puoi perdere in un attimo: alla tua donna, al sorriso dei tuoi bambini, se ne hai, a tua madre, se è ancora viva, a un tramonto, alle cosce sudate delle ballerine del Moulin Rouge, a una nuotata al mare, pensa a quello che ti pare e piace. E, invece, se decidi ancora di salirci, le cose possono essere solo due: o non ci hai pensato bene, oppure lo hai fatto. Se non ci hai pensato bene, allora sei un pazzo scriteriato, un incosciente e meriti di morire perché la tua vita non vale un cazzo. Ma se invece ci hai pensato bene – come ci ho pensato e ci penso io tutte le volte – e continui a salirci e a scendere come in un ascensore, e ogni volta che quell’uccello prende il volo stai urlando di gioia, con il cuore in gola, e ridi come un fanciullo, pur sapendo che quella volta potrebbero averti mollato il biglietto senza ritorno, come tanti tuoi amici e colleghi che sono morti orribilmente, bruciati o spappolati… Perché è inutile che ti illudi: su dieci aviatori – in tempo di pace, dico, perché in tempo di guerra i morti nemmeno si contano –, su dieci aviatori, dicevo, almeno quattro non arriveranno alla pensione, né conosceranno i nipotini, e, guarda, non è nemmeno questione di fortuna, ma di statistica.Se, dico, nonostante tu sappia per filo e per segno tutto questo, continui a voler volare, e a farlo con gioia e allegria, allora, Pulcino mio, sei un vero farabutto, un maledetto figlio di puttana, un pazzo incosciente ancora più pazzo del primo. Ma è una pazzia che ti fa assomigliare agli dei.
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Icaro, il volo su Roma
- I
- II
- III
- IV
- V
- VI
- VII
- VIII
- IX
- X
- XI
- XII
- XIII
- XIV
- XV
- XVI
- XVII
- XVIII
- XIX
- XX
- XXI
- XXII
- XXIII
- XXIV
- XXV
- XXVI
- XXVII
- Ringraziamenti
- Copyright