L'imitatore
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L'imitatore

La prima indagine dell'ispettrice Anjelica Henley

  1. 492 pagine
  2. Italian
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L'imitatore

La prima indagine dell'ispettrice Anjelica Henley

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Due serial killer sconvolgono Londra in una macabra gara al rialzo. Per l'ispettrice Anjelica Henley, della squadra Crimini Seriali, è il primo vero caso dopo molti mesi; un'indagine, all'apparenza, cucita su misura per lei. In una zona di Londra che conosce come le sue tasche, sulle rive melmose del Tamigi appestate da liquami stagnanti e olio motore, sono stati rinvenuti dei resti umani, disseminati lungo gli argini come pezzi di un puzzle da ricomporre. Una prima istantanea della scena del crimine lascerebbe intravedere la firma di Peter Olivier, omicida seriale noto alle cronache per la sua brutalità; un'ipotesi, tuttavia, inverosimile, dal momento che Olivier sta scontando sette ergastoli e che a sbatterlo dietro le sbarre è stata proprio Henley. Da qualche parte, là fuori, si nasconde un suo imitatore.Col passare delle settimane le vittime aumentano, i notiziari non parlano d'altro, la gente ha paura.
L'ispettrice Henley crede che la strada più rapida per risalire all'identità dell'assassino sia coinvolgere nell'indagine lo stesso Olivier, ma chiedere l'aiuto di un serial killer per catturarne un altro significa giocare con il fuoco: una scommessa azzardata e paradossale, che potrebbe fare dell'imitatore o della stessa Henley la prossima vittima.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2021
ISBN
9788831804806

1

L’importante era restare calma. Non fargli capire quanto le dava sui nervi. Ogni volta.
«Ora non ho tempo, Rob, faccio tardi al lavoro» disse, prendendo le chiavi della macchina dal tavolino.
«È proprio quello il problema, tu non hai mai...»
Lei si sbatté la porta alle spalle coprendo il resto della frase. Tanto sapeva già come finiva.
Tu non hai mai tempo. Il tuo lavoro viene sempre prima.
L’ispettrice Anjelica Henley, della Divisione Investigativa, si voltò a guardare la villetta a schiera con la porta azzurra pitturata di fresco e si domandò per l’ennesima volta come mai preferisse avere a che fare con stupratori e assassini piuttosto che con suo marito. Salì in macchina e si guardò nello specchietto: era uscita così di corsa che non aveva fatto in tempo a coprire la piccola cicatrice sulla guancia destra e i cerchi scuri sotto gli occhi. Lo squillo del cellulare interruppe l’aggiornamento sul traffico della BBC Londra, e sullo schermo comparve il nome STEPHEN PELLACIA.
«Dove sei?» le chiese, saltando i convenevoli.
«Buongiorno anche te. Sono sulla Deptford Broadway. Arrivo tra una decina di minuti» rispose lei.
«Non venire in ufficio. Vai in fondo a Watergate Street.»
«Perché?»
«Perché abbiamo un caso. Pezzi di cadavere sparpagliati in giro. Troppo presto per dire se la vittima è una sola. Ramouter è già per strada. Ti aspetta là.»
L’ispettrice inchiodò davanti a uno scooter che le aveva tagliato la strada. La tensione riaffiorò in un istante, un groviglio in tutto il corpo. «Mandi Ramouter?» Un inutile sforzo di attenuare la rabbia del tono. «Cosa ti fa pensare che...»
Pellacia la ignorò. «Ti giro i dettagli via mail.»
Anjelica sferrò un colpo al volante. L’ultima cosa che le serviva era ritrovarsi fra i piedi un pivello supergasato e completamente privo di esperienza.
Watergate Street, una laterale della trafficatissima Creek Road, in genere era tranquilla, ma alle 7:40 di quel mattino le porte delle case erano spalancate e i residenti erano usciti in strada per capire cosa ci facessero lì tutte quelle auto della polizia. I rami dei ciliegi formavano una volta che lasciava la via in una penombra strana, quasi crepuscolare, malgrado il sole battente. Anjelica parcheggiò di fronte a un pub, l’Admiral, a pochi metri dal cordone di polizia davanti al quale si era radunata una piccola folla.
L’agente Salim Ramouter, in tirocinio alla Divisione Investigativa, si trovava oltre lo sbarramento, poco lontano dai capannelli di curiosi. Era in giacca e cravatta: completo blu, camicia bianca e scarpe talmente lustre che abbagliavano, notò Anjelica. Acquisto recentissimo della squadra, anche se non nuovo in polizia, aveva l’aria «fresca» e non ancora contaminata dalla dura quotidianità di un investigatore sulle strade di Londra.
Pellacia le aveva detto che a seguire l’addestramento di Ramouter ci avrebbe pensato il sergente Paul Stanford. Lei stava aggiornando la scheda di un caso nel Crime Reporting Information System o CRIS, il sistema centralizzato di informazione sui reati di Scotland Yard, quando il capo glielo aveva presentato. A rivederlo, Ramouter le parve più alto di quel che ricordava, sul metro e ottanta, e portava la barba, che probabilmente si era fatto crescere per nascondere la giovane età.
Ramouter incrociò le braccia, poi le distese lungo i fianchi, infine giunse le mani dietro la schiena. Anjelica non apprezzava la sua ansia da novellino, ma del resto nemmeno lei emanava grande autorevolezza in jeans, scarpe da ginnastica, t-shirt di Wonder Woman e blazer pescato dal sedile posteriore della macchina dov’era rimasto per una settimana. Un abbigliamento buono per la sala operativa, ma poco consono al funzionario titolare di un’indagine su una scena del crimine.
«Buongiorno, ispettrice.» Ramouter le porse la mano. Anjelica lo ignorò.
«Dov’è il sergente Stanford?» gli chiese invece mostrando il tesserino al poliziotto in servizio d’ordine, che alzò il nastro segnaletico.
«Non saprei. A me hanno detto di raggiungerla qui e riferirle che l’agente Eastwood sta convergendo sulla scena al Greenwich Pier con una pattuglia di rinforzo e la Scientifica» replicò lui, che ritrasse la mano e la seguì. Si fermarono un attimo davanti al 15 di Nelson Mews: due tecnici della Scientifica con indosso le tute azzurre erano accovacciati a raccogliere reperti da terra, un terzo scattava foto del vialetto.
«Lo sai dove stiamo andando, vero?» chiese l’ispettrice mentre Ramouter posava la mano sul cancelletto.
«A parlare con il signor Matei, giusto?»
«Sì, e una volta finito con lui ti suggerisco di chiedere alla Scientifica un paio di copriscarpe per quando arriviamo agli scalini.»
Il 15 di Nelson Mews non era distante dai Watergate Steps, dove la strada si restringeva fino a diventare un vicolo acciottolato. Il percorso costeggiava un giardino pubblico. Una donna e una ragazza di origine cinese parlavano con un poliziotto.
«Quella è Heather Roszicky» la ragguagliò Ramouter. «Ha trovato il...»
«Lo so cos’ha trovato.»
Avanzando nel vicolo l’odore del fiume si faceva più intenso, un misto di liquami stagnanti e olio motore. Anjelica sentiva già l’acqua che si frangeva sulla riva di ciottoli. Un’ampia terrazza correva lungo il Borthwick Wharf, un tempo destinato alla conservazione e lavorazione delle carni e oggi trasformato in un complesso di appartamenti e spazi commerciali.
Su quella stessa terrazza comparve Anthony Thomas, quadro della Scientifica di lungo corso, intento a infilarsi un paio di guanti di lattice viola. Quando bisognava mettere in sicurezza la scena di un crimine, Anjelica si fidava solo di lui: pignolo, ma soprattutto leale.
Era passata un’eternità dall’ultima volta che avevano lavorato insieme. Da uno scomparto della mente affiorò invece un altro ricordo: l’immagine confusa di Anthony che la portava dentro una stanza e la sistemava al centro di un telo di plastica. La pelle d’oca per il freddo dell’aria condizionata. Le frasi che gli uscivano di bocca distinte a malapena. Si era sentita vulnerabile, mentre lui le raschiava sotto le unghie e la pettinava per far cadere le prove sul telo, e mentre il medico la visitava e segnava i tagli e i lividi su un foglio con sopra la sagoma di un corpo umano. Quella volta la scena del crimine era lei: rendersene conto l’aveva colpita con più violenza di quando il coltello le aveva trapassato lo stomaco. Era stata addestrata a essere l’inquirente, non la vittima.
«Non pensavo di vederti già sul campo» disse il tecnico. «Vieni a dare un’occhiata?»
«A quanto pare sì» rispose lei, sollevata che non si fosse dilungato sull’argomento.
«Ottimo, proprio come ai vecchi tempi» si limitò a dire Thomas, chinandosi per prendere dei copriscarpe dalla scatola lì a terra e porgendoglieli. «Chi è il tuo amico?»
Anjelica fece le presentazioni.
«Ah, un novellino. Ne ho uno anch’io» disse indicando un tizio impalato alle sue spalle con una macchina fotografica in mano, che si era già chiuso la cerniera della tuta fino al collo e faceva correre lo sguardo ansioso da lui ad Anjelica. «Un vero spasso, eh?» commentò con un sospiro. «Ti aspetto giù.»
«Vieni» disse l’ispettrice a Ramouter. «Andiamo a vedere di che si tratta.»
Anjelica osservò il busto coperto di tatuaggi che giaceva a un metro e mezzo abbondante dalle acque melmose del Tamigi, la pelle bianca che scintillava di goccioline. Era stato amputato all’altezza del collo e dei femori, e chiaramente messo di proposito tra i gradini ricoperti di muschio e i legni marci che un tempo sorreggevano il pontile. L’ispettrice aveva poche certezze: maschio, bianco, con la passione dei tatuaggi manga, gambe recise sotto l’inguine, braccia ai bicipiti. I tagli non erano netti e chirurgici come quelli che aveva visto qualche anno addietro. Era rimasta impietrita, la prima volta che si era trovata davanti braccia, gambe, testa e busto separati gli uni dagli altri e abbandonati sotto un ponte della ferrovia a Lewisham; da allora aveva imparato a temprarsi.
Si accovacciò, sentendo i polpacci irrigidirsi. La testa era stata mozzata appena sopra il pomo d’Adamo: c’erano schegge d’osso conficcate nella cartilagine increspata della trachea, visibile tra i muscoli lacerati e il sangue rappreso, il tessuto connettivo e quello adiposo, ingialliti, ricordavano il pollo crudo rimasto troppo a lungo fuori dal frigo. Si rialzò e fece un respiro profondo: il vento portava con sé un tanfo di marcio e salmastro, e Anjelica non trovava più gli scomparti mentali a cui ricorreva per tenere separata l’ispettrice salda e razionale dalla donna ferita e non ancora risanata che adesso era lì sulla riva del fiume.
Si allontanò e risalì i Watergate Steps. Provò a scuotersi di dosso il formicolio dovuto all’ansia, ma era impossibile scacciare il pensiero che quel busto fosse stato messo là, in quel modo, apposta per lei.

2

«Quanto tempo abbiamo prima che si alzi la marea?» Rivolta verso il fiume, Anjelica guardava le piccole onde che lambivano il pontile fatiscente. Diede un’occhiata all’orologio: erano passate quasi due ore dalla prima chiamata al 999.
«Ho controllato online, l’alta marea è alle 9:55» rispose Ramouter scavalcando uno pneumatico semisommerso, la tensione evidente negli occhi. «Alle 3:15 c’è stato il minimo, alle 6:32 è sorto il sole. Una finestra di tre ore, per mollare qua il poveraccio e sperare che qualcuno lo trovasse prima dell’alta marea?»
«Forse» concesse Anjelica. «Ma per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere stato abbandonato dopo l’alba, oppure chissà quanto tempo prima più a monte ed essere stato trasportato qui dalla corrente.» Scrutò la facciata di vetro del nuovo complesso sul Borthwick Wharf. Gli spazi commerciali e gli uffici che davano sulla terrazza vista fiume erano vuoti e privi di videocamere di sicurezza. Era improbabile che il consiglio di zona avesse esteso la propria copertura di videosorveglianza fin lì: quella parte di Deptford era trascurata da sempre.
«Qualcuno l’ha toccato?» chiese poi a Thomas, che era comparso al suo fianco.
«Che io sappia, la posizione è inalterata. La donna che l’ha trovato di certo non l’ha sfiorato. Anche Matei, l’operaio edile, sostiene di non aver toccato la gamba, che però sfortunatamente è coperta del suo vomito. E prima di venire qui ho dato un’occhiata alle braccia trovate più a valle. A vederle, almeno un cacciatore di tesori una tastatina gliel’ha data.»
«Quelli non mancano mai.»
Il vento era calato, e l’aria crepitava appena dell’elettricità proveniente dalla sottostazione nei pressi.
«Abbiamo circoscritto la zona di raccolta reperti al percorso diretto dal vicolo al punto in cui è stato rinvenuto il busto» riprese Thomas. «Dubito fortemente che chi ce l’ha portato abbia poi deciso di fermarsi da queste parti a bere un caffè.»
«Quello magari no, ma se prendiamo per buona l’ipotesi di Ramouter che il colpevole abbia abbandonato a bella posta i pezzi qua e là, si tratta di qualcuno che conosce il fiume come le sue tasche» ribatté lei. «Noi adesso ci facciamo due passi e vi lasciamo lavorare.»
«Dove andiamo?» chiese Ramouter.
«Raggiungiamo l’agente Eastwood.»
«A piedi?»
L...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’imitatore
  4. Prologo
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. 26
  31. 27
  32. 28
  33. 29
  34. 30
  35. 31
  36. 32
  37. 33
  38. 34
  39. 35
  40. 36
  41. 37
  42. 38
  43. 39
  44. 40
  45. 41
  46. 42
  47. 43
  48. 44
  49. 45
  50. 46
  51. 47
  52. 48
  53. 49
  54. 50
  55. 51
  56. 52
  57. 53
  58. 54
  59. 55
  60. 56
  61. 57
  62. 58
  63. 59
  64. 60
  65. 61
  66. 62
  67. 63
  68. 64
  69. 65
  70. 66
  71. 67
  72. 68
  73. 69
  74. 70
  75. 71
  76. 72
  77. 73
  78. 74
  79. 75
  80. 76
  81. 77
  82. 78
  83. 79
  84. 80
  85. 81
  86. 82
  87. 83
  88. 84
  89. 85
  90. 86
  91. 87
  92. 88
  93. 89
  94. 90
  95. 91
  96. 92
  97. 93
  98. 94
  99. 95
  100. 96
  101. 97
  102. 98
  103. 99
  104. 100
  105. 101
  106. 102
  107. Ringraziamenti
  108. Copyright