Elizabeth the Queen
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La vita di una regina

  1. 640 pagine
  2. Italian
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La vita di una regina

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La vita della regina Elisabetta è epica e ineguagliabile: salita al trono a venticinque anni, è la sovrana più longeva d'Inghilterra; ha ricevuto re, primi ministri, principi, ambasciatori, artisti e celebrità, stringendo la mano da Mandela a Paul McCartney; nel corso del suo regno, ha assistito agli eventi che hanno plasmato la storia del XX e del XXI secolo. Ma chi è davvero Elizabeth Alexandra Mary, o meglio Lilibet (come la chiamavano in famiglia)? Pagina dopo pagina, con il racconto magistrale e impeccabile che l'autrice ci regala in questa biografia, seguiamo la regina bambina che corre nella campagna scozzese e che assapora un po' di vita "ordinaria" nei giri in metro clandestini con la tata; la vediamo tredicenne che si innamora di Filippo; ci facciamo sorprendere dalla sua risata piena di gioia che risuona per tutto il Palazzo; origliamo le conversazioni con Churchill sulle corse dei cavalli; la osserviamo quando si avventura in lunghe passeggiate o va a strappare le erbacce per calmare la rabbia e la preoccupazione e la sorprendiamo persino a fare la fila come tutti gli altri nei negozi di Ballater, un paesino delle Highlands. Tra episodi avvincenti, eventi che hanno cambiato la storia, colpi di scena, scelte personali sofferte e legami familiari problematici, ripercorriamo la sua vita scoprendone per la prima volta il lato più intimo, gelosamente custodito da una donna che in quasi settant'anni di vita sotto i riflettori non ha mai rilasciato una sola intervista. Dalle lettere private della regina, dalle conversazioni con le persone a lei più vicine e dai viaggi nei luoghi in cui Sua Maestà ha vissuto e tuttora trascorre il suo tempo, il resoconto onesto e imperdibile che fa luce su una donna tanto ammirata quanto sconosciuta.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788865976531
1

Un’educazione reale

La sua «determinazione» fu d’esempio per lei.
La principessa Elisabetta osserva suo padre leggere i documenti contenuti nelle valigie del governo, aprile 1942.
La principessa Elisabetta osserva suo padre leggere i documenti contenuti nelle valigie del governo, aprile 1942.
Fu un domestico, il 10 dicembre 1936, a dare la notizia a Elizabeth Alexandra Mary Windsor, che allora aveva dieci anni. Suo padre era diventato re quasi per caso, a soli quattro giorni dal suo quarantunesimo compleanno, dopo che il fratello maggiore, re Edoardo VIII, aveva deciso di abdicare per sposare Wallis Warfield Simpson, un’americana con due divorzi alle spalle. Edoardo VIII, che aveva ereditato il trono dopo la morte del padre re Giorgio V, regnò soltanto per dieci mesi ed era, come si diceva con pungente sarcasmo, «l’unico monarca nella storia ad aver abbandonato la nave dello Stato per diventare il terzo marito di una sgualdrina di Baltimora».
«Vuol dire che sarai tu la prossima regina?» domandò la sorella minore di Elisabetta, Margaret Rose (come veniva chiamata da bambina). «Sì, un giorno» rispose Elisabetta. «Poverina» commentò Margaret Rose.1
Pur trovandosi al centro dell’interesse pubblico e della stampa, le due principesse avevano condotto una vita protetta e isolata, circondate da governanti, bambinaie, domestiche, cani e cavalli. Avevano trascorso mesi idilliaci nella campagna inglese e scozzese, tra giochi e corse dietro alle foglie autunnali.2 La loro vivace tata scozzese, Marion «Crawfie» Crawford, era addirittura riuscita a far assaporare loro un pizzico di vita ordinaria, portandole di tanto di tanto in giro per Londra con la metro e l’autobus. Il più delle volte, comunque, le due sorelle erano rimaste all’interno del microcosmo della famiglia reale.
Prima dell’arrivo di Margaret, Elisabetta, nata nella notte piovosa del 21 aprile 1926, aveva trascorso quattro anni da figlia unica e piuttosto perspicace per la sua età. Nell’incontrare la principessa per la prima volta, quando aveva ancora due anni, Winston Churchill notò in lei «un’aria autoritaria e riflessiva, del tutto sorprendente per una bambina».3Secondo Crawfie, Elisabetta era «ordinata e metodica […] come suo padre», servizievole, desiderosa di fare del suo meglio e felice di avere dei compiti da sbrigare.4 Mostrava anche una precoce capacità di discernimento: una caratteristica che, più avanti, l’avrebbe aiutata a far fronte alle esigenze imposte dal ruolo. Sua cugina Lady Mary Clayton, di otto anni più grande, racconta: «Le piaceva immaginare di essere un pony o un cavallo. Se qualcuno la chiamava in quel momento, lei non rispondeva subito, e poi spiegava: “Non potevo parlare, ero un pony”».5
L’abdicazione provocò grande scompiglio nella famiglia, non solo perché si trattava di uno scandalo, ma anche perché infrangeva tutte le leggi che regolavano la successione. Il padre di Elisabetta, denominato «Bertie» (diminutivo di Albert), scelse di chiamarsi Giorgio VI, per veicolare un messaggio di stabilità e di continuità con il regno paterno. (Sua moglie, incoronata insieme a lui, si sarebbe chiamata regina Elisabetta.) Ma Bertie non era stato preparato per quel ruolo. Tra le lacrime parlò con la madre delle sue nuove responsabilità. «Non avrei mai voluto che accadesse una cosa simile» disse a suo cugino Lord Louis «Dickie» Mountbatten. «Non ho nemmeno mai visto un documento del governo. Sono solo un ufficiale di marina, è tutto ciò che so.»6 Il nuovo re era di natura riservata, fisicamente piuttosto fragile e logorato dall’ansia. Soffriva di una grave forma di balbuzie, che spesso gli provocava un senso di frustrazione tale da indurlo in accessi d’ira noti come gnashes, «digrignamenti».
Nonostante ciò era molto diligente, e si apprestò con determinazione a svolgere i propri doveri di re, assicurandosi che la sua piccola Lilibet, come veniva chiamata in famiglia, fosse pronta a prendere il suo posto, a differenza di quanto lo era stato lui. Con l’ascesa al trono del padre, la primogenita era diventata l’«erede presuntiva» e non ancora l’«erede diretta», poiché c’era la remota possibilità che i suoi genitori generassero un figlio maschio. Ma Elisabetta e Margaret Rose erano nate con un taglio cesareo, e a quei tempi una terza operazione sarebbe stata considerata troppo rischiosa per la madre. L’usanza voleva che in pubblico Lilibet si rivolgesse ai genitori chiamandoli «il re e la regina», anche se in privato erano ancora mamma e papà.
Mentre studiava per il suo ruolo nel film The Queen, uscito nel 2006, Helen Mirren guardò diverse volte una sequenza di venti secondi, che considerava molto significativa. «Nel video la regina ha undici o dodici anni» racconta Mirren, «ed esce da una di quelle grandi macchine nere. Ad attenderla ci sono uomini imponenti, e lei porge la mano con uno sguardo serio e coscienzioso. Sta facendo ciò che ritiene di dover fare, e lo fa in modo meraviglioso.»7
«Ho la sensazione che, dopotutto, quella preparazione sia probabilmente la risposta a molte grandi cose» disse la regina alla vigilia del quarantesimo anno di regno. «Si può fare molto se si è preparati adeguatamente, e io spero di esserlo stata.»8 Le fu impartita un’educazione piuttosto diversa dagli standard di oggi. Le donne della sua generazione e della sua classe sociale di solito erano istruite in casa, e si poneva l’accento sulle questioni pratiche piuttosto che su quelle accademiche. «Era insolito che una ragazza andasse all’università, a meno che non avesse spiccate doti intellettuali» racconta Patricia Mountbatten, cugina di Lilibet.9 Crawfie insegnava alla futura regina storia, geografia, grammatica, letteratura e poesia ma, secondo Mary Clayton, un’altra alunna di Crawfie, la scozzese era «un disastro in matematica».10 Altre istitutrici si occupavano di musica, ballo e francese.
Non ci si aspettava risultati eccellenti da Elisabetta, né il possesso di particolari doti intellettuali. Non aveva compagni con cui misurare i propri progressi, e nemmeno prove impegnative da superare. Quando Crawfie fu assunta, nel 1932, le fu chiesto innanzitutto di insegnare alle principesse, che allora avevano sei e due anni, a «scrivere in bella calligrafia».11 Elisabetta acquisì un tratto chiaro e fluido, al pari di sua madre e sua sorella, ma con ghirigori più marcati. Crawfie, tuttavia, sentì il bisogno di trasmetterle ulteriori conoscenze, «tanto velocemente quanto fossi in grado di instillarne».12 Fece conoscere a Lilibet il «Children’s Newspaper», che raccontava l’attualità ai bambini e che pose le basi per la futura comprensione delle notizie politiche del «Times» e della stazione radio della BBC, tanto che un consigliere di palazzo si trovò a osservare che, a diciassette anni, la principessa aveva già «una conoscenza eccellente dello Stato e dei fatti attuali».13
Nel periodo dell’adolescenza, una parte della giornata di Elisabetta era riservata alla «lettura silenziosa» dei libri di Stevenson, Austen, Kipling, le sorelle Brontë, Tennyson, Scott, Dickens, Trollope e altri autori del canone. Come riferisce Mark Collins, direttore della Commonwealth Foundation, i preferiti della regina, allora come oggi, erano i romanzi storici, soprattutto quelli che raccontavano delle «regioni del Commonwealth e i loro abitanti».14 Alcuni decenni dopo, quando si trovò a conferire un’onorificenza a J.K. Rowling per la serie di Harry Potter, la regina raccontò all’autrice che le numerose letture dell’infanzia «mi sono tornate molto utili, perché ora leggo piuttosto velocemente. E io devo leggere molto».15
Quando Elisabetta divenne la prima erede al trono in linea di successione, il programma di studi si fece più ampio e approfondito. Il suo principale tutor fu Sir Henry Marten, vicedirettore dell’Eton College, il prestigioso istituto maschile ai piedi della collina del castello di Windsor, i cui laureati erano chiamati old etonians. Marten aveva collaborato alla stesura di The Groundwork of British History, testo base per le scuole, ma sembrava tutto fuorché un arido accademico. Si trattava, invece, di uno scapolo di sessantasei anni con un viso rotondo e una lucida pelata, che era solito masticare pensoso un angolo del fazzoletto ed era noto per custodire nel proprio studio (tanto fitto di libri da somigliare, secondo Crawfie, a una grotta di stalagmiti) nientemeno che un esemplare di corvo. Sir Alec Douglas-Home, che sarebbe diventato il quarto primo ministro della regina Elisabetta II, descrisse Marten come «un insegnante sensazionale, audace, appassionato»,16 capace di dare un volto umano ai vari personaggi storici.
Dal 1939 Elisabetta, che allora aveva tredici anni, cominciò a recarsi allo studio di Marten due volte alla settimana, accompagnata in carrozza da Crawfie, per studiare storia e comprendere le complessità della Costituzione del Regno Unito. Inizialmente la principessa era molto timorosa e rivolgeva spesso lo sguardo implorante a Crawfie, in cerca di rassicurazione. D’altronde Marten riusciva a malapena a guardare Elisabetta negli occhi, e a volte si confondeva e la chiamava «signori», proprio come se avesse davanti a sé i suoi studenti dell’Eton College. Ma ben presto, come ricorda Crawfie, Elisabetta si sentì «completamente a suo agio con lui», e tra i due nacque «una splendida amicizia».17
Marten stabilì un programma di studi piuttosto rigoroso, fondato sullo scoraggiante saggio in tre volumi di Sir William Anson, The Law and Custom of the Constitution. La lista di libri comprendeva anche English Social History di G.M. Trevelyan, Imperial Commonwealth di Lord Elton e The English Constitution di Walter Bagehot, il testo di riferimento per l’interpretazione della Costituzione che sia il padre sia il nonno di Elisabetta avevano studiato. Marten incluse anche un corso di storia americana. «Non nasconderle niente» aveva detto a Marten Sir Alan «Tommy» Lascelles, segretario personale di re Giorgio VI, quando il professore gli aveva chiesto indicazioni su come istruire la principessa riguardo al ruolo della Corona nella Costituzione.18
A differenza della Costituzione americana, che è scritta ed espone con chiarezza ogni dettaglio, quella del Regno Unito è un cumulo di leggi, tradizioni non scritte e precedenti giudiziari. È del tutto malleabile e dipende esclusivamente da coloro che sono incaricati di emettere le sentenze e, quando le circostanze lo richiedono, modificare le leggi. Anson la definì «una sorta di struttura sconclusionata […] come una casa che è stata modificata dai vari proprietari che si sono succeduti».19 I privilegi e i doveri costituzionali della monarchia non sono chiari. La sua autorità è definita da ciò che il re non fa, piuttosto che da quello che fa. Il sovrano ha l’obbligo costituzionale di firmare tutte le leggi approvate dal Parlamento; l’idea del veto non è concepita, nonostante ve ne sia la possibilità teorica.
Elisabetta studiò il manuale di Anson per sei anni, sottolineando e annotando con cura alcuni passaggi di quel testo così denso. Stando a quanto raccontato da Robert Lacey, il biografo che esaminò i volumi sbiaditi conservati nella biblioteca dell’Eton College, la sovrana prese nota dell’affermazione secondo cui più la Costituzione è complessa, maggiori sono le garanzie di libertà. Nel passaggio in cui si descrive la monarchia anglosassone come «un assolutismo consultivo e solo potenziale», lei sottolineò le parole «consultivo» e «potenziale».20 Marten le illustrò il processo legislativo e la natura del potere parlamentare. Elisabetta si immerse così a fondo nello studio delle «minuzie procedurali» che, secondo Lacey, «sembrava stesse studiando per diventare presidente [della Camera dei comuni], e non regina».21 In seguito, i vari primi ministri sarebbero rimasti sorpresi dall’approfondita conoscenza, che traspariva da certe domande pungenti della regina, degli aspetti più sottili della Costituzione.
Quando Elisabetta compì sedici anni, i genitori decisero di assumere Marie-Antoinette de Bellaigue, una sofisticata viscontessa belga che aveva studiato a Parigi, cui assegnarono il compito di insegnare letteratura e storia francese. «Toni», come la chiamavano le due principesse, aveva standard piuttosto elevati e le obbligava a conversare in francese durante i pasti. Elisabetta acquisì una padronanza tale da impressionare gli stessi parigini, che poterono apprezzare «la disinvoltura e l’accuratezza» della sua parlata quando nel 1948, all’età di ventidue anni, la regina visitò la città.22
De Bellaigue si avvalse anche della collaborazione di Marten, che affidava a Elisabetta dei temi da svolgere in francese. L’istitutrice riferì in seguito che Marten aveva insegnato alla futura regina «a valutare tutti gli aspetti di un problema, ovvero a usare il [proprio] giudizio». Secondo de Bellaigue, Lilibet «aveva avuto da sempre una buona capacità di giudizio. Sapeva d’istinto qual era la cosa giusta. Era semplicemente se stessa, très naturelle. E il suo carattere era modellato da un forte sens...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. ELIZABETH THE QUEEN
  4. Prefazione
  5. 1. Un’educazione reale
  6. 2. Un matrimonio d’amore
  7. 3. La chiamata del destino
  8. 4. «Pronte, ragazze?»
  9. 5. Affari di Stato
  10. 6. Perfetta per la televisione
  11. 7. Nuovi inizi
  12. 8. Il rifugio della routine
  13. 9. La fine della magia
  14. 10. Il cerchio del silenzio
  15. 11. «Nemmeno per sogno!»
  16. 12. L’amore è nell’aria
  17. 13. La Iron Lady e la English Rose
  18. 14. Una relazione speciale
  19. 15. Fratture in famiglia
  20. 16. Annus horribilis
  21. 17. Tragedia e tradizione
  22. 18. Amore e dolore
  23. 19. Immagini in movimento
  24. 20. Un soldato nell’animo
  25. 21. Lunga vita alla regina
  26. Postfazione
  27. Epilogo
  28. Ringraziamenti
  29. Note
  30. Bibliografia
  31. Crediti fotografici
  32. Copyright