Io credo, noi crediamo
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Io credo, noi crediamo

Una riflessione inedita sulle radici della nostra fede

  1. 208 pagine
  2. Italian
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Io credo, noi crediamo

Una riflessione inedita sulle radici della nostra fede

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"Alle volte pensiamo che custodire la Tradizione significhi costruire un museo, un museo delle cose; e la Chiesa diventa un museo. No, la Tradizione è viva, non una collezione di cose, riti… è viva. E cresce, deve crescere, come la radice fa crescere l'albero perché dia fiori e frutti. Dobbiamo sempre tornare alla Tradizione per attingervi quel succo, quella linfa che fa crescere." Il Credo è la preghiera che contiene, distillata, la linfa vivificante della fede cristiana; per questo, dopo aver percorso, verso per verso, il Padre nostro e l' Ave Maria, in questa terza conversazione con don Marco Pozza Papa Francesco affronta le verità della fede, della speranza e dell'amore contenute nell'antico Simbolo degli apostoli. Il risultato è più di una semplice riflessione teologica, è una condivisione che nutre la vita cristiana: "il significato quotidiano, esistenziale, semplice eppure profondo, del nostro essere figli di Dio e dell'amicizia con i fratelli nella fede e con l'umanità intera". Leggere, vivere, pregare il Credo significa testimoniare la fede nel Dio creatore, nel Figlio che ha donato la vita per la nostra salvezza, nello Spirito Santo, nella Chiesa. Significa vedere attorno a noi - magari in un carcere, come racconta don Marco nella seconda parte del volume - quella risurrezione dei viventi che è la prova generale - la caparra, la dimostrazione - della risurrezione finale. Significa, soprattutto, affidarsi a un Dio "malato di misericordia". Nelle toccanti parole di Papa Francesco: "Immagino il momento in cui, nel tramonto della vita, mi avvicinerò a Dio, sedotto da quella bellezza, con animo umiliato, la testa china; immagino il suo abbraccio e il mio sguardo che si solleverà verso il suo. Non oserei guardarlo senza prima aver ricevuto il suo abbraccio".

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2020
ISBN
9788858699829

I

Io credo in Dio

Papa Francesco, vorrei mostrarle una foto a cui sono molto affezionato, scattata da mio padre più di trent’anni fa. Vi siamo ritratti mia nonna, mia mamma, mio fratello e io. Mia nonna era nata nel 1920. Credeva profondamente in Dio: ricordo che svolgeva tutte le sue attività, come zappare la terra o fare il bucato, pregando il rosario. Mia mamma è nata nel 1946. Una volta maggiorenne, si è trovata nel pieno della contestazione, quando nelle università e nei cortei studenteschi giovani come lei gridavano e scrivevano sui muri: la fantasia al potere! La sua generazione è cresciuta senza Dio. Mio fratello e io siamo nati negli anni Ottanta. A noi, alla nostra generazione, è stato proposto di vivere con una domanda: serve credere in Dio? In cent’anni, a casa nostra siamo passati dall’appendere l’immagine di Gesù anche nelle stalle, come segno di protezione, a mettere Dio tra virgolette: credo, non credo, perché dovrei credere? A me sembra la storia di un affetto che è venuto un po’ a scemare. Secondo lei, siamo destinati a essere gli ultimi cristiani?
Nella storia ci si è posti spesso questa domanda. Ciò che tu dici – che la cultura del tempo a volte allontana l’uomo dalle abitudini della fede – si è ripetuto tante volte. Con le persecuzioni, per esempio: durante l’impero romano sembrava che i primi cristiani sarebbero stati gli ultimi. Poi con tante proposte culturali. Pensa all’eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo, che ha ridotto il cristianesimo al rango di mera superstizione o rito di Stato: il sacerdote si mondanizzava, era il Monsieur l’Abbé della corte. C’è sempre stato un processo contro il cristianesimo. Contro perché il cristianesimo è perseguitato. Avrei la tentazione di dire va perseguitato; no, dico è perseguitato. È un tentativo – quello di annientarlo – dovuto al fatto che il cristianesimo rappresenta una minaccia: la minaccia del lievito alla farina, al pane che vuole restare azzimo. È una minaccia… Anche al tempo di Gesù era così: pensa alle calunnie sul suo conto, al processo, e poi alle persecuzioni dei primi martiri, a cominciare da santo Stefano, come ci racconta la Bibbia (cfr. At 7,51-60). Poi la storia romana, i tanti martiri… La storia del cristianesimo è una storia di persecuzioni, di tentativi per annientarlo. E di successi? No, di perseveranza. È vero che il cristianesimo non vive di successi. Quando vedo tante cose «gloriose» che l’arte ha prodotto, penso che siano ispirazioni che aiutano. L’arte ha voluto esprimere la verità cristiana. Ma la verità cristiana è nella perseveranza dei cristiani, una perseveranza contro la mondanità, ma nel mondo.
Nella mondanità della storia, il cristiano professa la sua fede con l’antica preghiera del Credo. Alle volte delle persone mi dicono: «Faccio fatica a credere in Dio». A me viene spontaneo rispondere con una domanda: «Ma a quale Dio fai fatica a credere?». Perché se Dio fosse solo un’idea, nemmeno io mi ci affiderei. Dio, invece, è una persona. Quanto conta l’immagine di Dio che un bambino si costruisce nell’infanzia e che in seguito, crescendo, coltiva o all’opposto rifiuta per tutta la vita?
Dipende da quale immagine di Dio facciamo vedere a un bambino: quella del Dio rappresentato a teatro, al circo, quella che emerge in storie meravigliose, o quella che assomiglia forse al lupo di Cappuccetto Rosso, che è crudele… Dipende da quale Dio gli facciamo vedere. Noi cristiani, quando pronunciamo il Credo, cominciamo con queste parole: «Io credo in Dio Padre». Ma poi facciamo vedere al bambino un Dio Padre, un Dio che lo ispiri a vivere da figlio? Me l’hanno ripetuto durante un recente viaggio in Madagascar: la fede vera è quella in Dio Padre. Basilio di Cesarea scrive, a proposito: «Il Dio dell’universo è Padre dall’eternità […] e la sua paternità, per chiamarla così, la possiede dall’eternità».2
C’è dunque anche una memoria affettiva della fede, come ce n’è una della propria storia personale o della propria genealogia?
Certo, «affettiva» nel senso buono della parola. La fede coinvolge tutto: le verità e l’affetto. Vedi, il nostro comandamento principale è l’amore, e l’amore è affettivo. Ma alle volte si affacciano certe teorie che parlano di Dio in termini astratti, ideologici, come di un’idea di perfezione, e cercano di dimostrare la sua esistenza come fosse un problema matematico. E queste idee tornano lungo la storia, si ripresentano come un ritornello; accanto a queste, tuttavia, vi è sempre il Dio predicato dai santi, che mostrano la semplicità del Vangelo. I santi sono i veri protagonisti del cristianesimo: uomini e donne che hanno capito cosa vuol dire credere in un Dio che è Padre, e non in un «dio-Mandrake» con la bacchetta magica.
Tra la propria fede e la propria esperienza di vita c’è quindi un legame profondo…
Sicuro! Per esempio, nella mia esperienza pastorale ho incontrato tante persone che non riescono a dire «Padre», non riescono a fare esperienza della paternità di Dio, perché purtroppo hanno avuto un papà che ha fatto loro del male o ha abbandonato la loro mamma e se n’è andato… avrebbero bisogno di un cammino di recupero, di – non so come si dice in italiano – sanazione [guarigione, N.d.R.].
Di ricucitura…
Di ricucitura, ovviamente; e di rinnovamento, perché le proprie esperienze contano.
Papa Francesco, quando professo il Credo con i miei ragazzi, in carcere, mi colpiscono le parole «Dio, Padre onnipotente, creatore», perché viviamo in un mondo che appare orfano della figura del padre, un mondo in cui il male sguazza e l’uomo è diventato la misura di se stesso. E infatti, alcuni di quei ragazzi sono stati condannati per omicidio. Come a dire: se l’altro mi è d’intralcio, lo elimino. Questo dilagare del male dice la presenza di Satana. «Credo in Dio», «rinuncio a Satana». Ma il bene e il male coesisteranno sempre nella storia, fino all’ultimo giorno?
Prima di risponderti e proseguire con questa riflessione su Satana, vorrei dirti che manca un quarto attributo di Dio: Egli è padre, onnipotente, creatore, ma anche redentore. Come ho più volte spiegato, la misericordia di Dio si attua nella redenzione, ovvero nella salvezza che ci è stata donata con il sangue del suo Figlio Gesù (cfr. 1Pt 1,18-21). La redenzione rappresenta il compimento della storia; e, allo stesso tempo, essa fa parte di un progetto cosmico, concepito da Dio fin da prima della creazione del mondo, come spiega Paolo: «Dunque uno solo è caduto e ha causato la condanna di tutti gli uomini: Adamo.Così, uno solo ha ubbidito: Gesù Cristo.Egli ci ha ristabiliti nella giusta relazione con Dio che è fonte di vita per tutti gli uomini. Per la disubbidienza di uno solo, tutti risultarono peccatori; per l’ubbidienza di uno solo, tutti sono accolti da Dio come suoi» (Rm 5,18-19). La parola «redenzione» indica la più radicale liberazione che Dio poteva compiere per noi, per tutta l’umanità e per l’intera creazione. Oggi l’uomo non ama pensare di essere liberato e salvato da un intervento di Dio, e si illude della propria libertà come di una forza per ottenere tutto. Ma in realtà non è così. Quante illusioni vengono vendute sotto il pretesto della libertà, ma quante nuove schiavitù si creano ai nostri giorni in nome di una falsa libertà! Ricordando san Paolo, il monaco Cassiano, all’inizio del V secolo, scrive: «Quanta differenza corre dunque tra colui che aveva bisogno di essere riempito di giustizia e Colui che invece ha tutto riempito con la sua giustizia».3
Dio è redentore…
Ma su questo torneremo dopo.
Certo.
Non sono sufficienti tre attributi per Dio.
Che bello!
La liturgia, in una delle preghiere del giorno di Natale, recita così: «O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti».4 Dio è più che onnipotente. Ma su questo torneremo. La tua domanda, ora, su Satana.
Nella nostra professione di fede esprimiamo anche la rinuncia a Satana, alle opere, alle seduzioni del demonio…
Ma non diciamo mai che seguiamo le seduzioni di Dio! Perché Dio non usa il linguaggio ingannevole di Satana. Satana appare nelle prime pagine della Bibbia perché è una realtà di cui tutti facciamo esperienza. Ciascuno di noi, al momento di operare una scelta, sperimenta dentro il cuore una lotta tra il bene e il male: da una parte qualcosa ci attira a fare il bene, come amare il prossimo, fare un’opera di carità o pensare una cosa bella; dall’altra qualcosa ci dice: no, non è quella la strada, non sarai felice, questa è la strada; e te ne fa vedere un’altra. Pensiamo ad esempio al racconto biblico del frutto proibito (cfr. Gen 3). La presenza di Satana è una realtà nella nostra vita cristiana, perché Satana è una realtà. Alcuni dicono: no, Satana non esiste, c’è in noi una tendenza ad andare anche verso il male, a causa delle nostre malattie materiali, spirituali o psichiche. È vero, noi siamo persone ferite, ma Satana esiste: è il Seduttore. La rinuncia a Satana e alle sue seduzioni viene presentata con un linguaggio diverso rispetto alla professione di fede. Dico «Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore, redentore» e non «Credo in Satana», perché non mi affido a Satana come un bambino si affida alla mano del papà. Io credo Satana, credo alla sua esistenza, ma non lo amo. Non dico «credo in», perché so che esiste, ma devo difendermi dalle sue seduzioni.
Mi ha sempre colpito che Gesù, nell’Ultima Cena, quando prega per i suoi discepoli, chiede al Padre la grazia di salvarli dalla mondanità: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua Parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,16-19). E la mondanità è l’atmosfera di Satana, che si muove nella mondanità, cioè lo spirito del mondo. Satana è così.

Un Dio che è amore

Anzitutto voglio dire a ognuno la prima verità: Dio ti ama. Se l’hai già sentito, non importa, voglio ricordartelo: Dio ti ama. Non dubitarne mai, qualunque cosa ti accada nella vita. In qualunque circostanza, sei infinitamente amato.
Forse l’esperienza di paternità che hai vissuto non è stata la migliore, il tuo padre terreno forse è stato lontano e assente o, al contrario, dominante e possessivo; o semplicemente non è stato il padre di cui avevi bisogno. Non lo so. Però quello che posso dirti con certezza è che puoi gettarti in tutta sicurezza nelle braccia del tuo Padre divino, di quel Dio che ti ha dato la vita e che te la dà in ogni momento. Egli ti sosterrà saldamente e, nello stesso tempo, sentirai che rispetta fino in fondo la tua libertà.
Nella sua Parola troviamo molte espressioni del suo amore. È come se stesse cercando diversi modi di manifestarlo per vedere se qualcuna di quelle parole può arrivare al tuo cuore.
Per esempio, a volte si presenta come quei genitori affettuosi che giocano con i loro figli: «Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia» (Os 11,4).
A volte appare colmo dell’amore di quelle madri che amano sinceramente i loro figli, con un amore viscerale che è incapace di dimenticare e di abbandonare: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).
Si mostra persino come un innamorato che arriva al punto di tatuarsi la persona amata sul palmo della mano per poter avere il suo viso sempre vicino: «Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» (Is 49,16).
Altre volte sottolinea la forza e la fermezza del suo amore, che non si lascia vincere: «Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace» (Is 54,10).
Oppure ci dice che siamo stati attesi da sempre, perché non siamo apparsi in questo mondo per caso. Prima ancora di esistere, eravamo un progetto del suo amore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele» (Ger 31,3).
Oppure ci fa notare che Egli sa vedere la nostra bellezza, quella che nessun altro può riconoscere: «Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,4).
O ci porta a scoprire che il suo amore non è triste, ma pura gioia che si rinnova quando ci lasciamo amare da Lui: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (Sof 3,17).
Per Lui tu sei realmente prezioso, non sei insignificante; sei importante per Lui, perché sei opera delle sue mani. Per questo ti dedica attenzione e ti ricorda con affetto. Devi avere fiducia nel «ricordo di Dio: la sua memoria non è un “disco rigido” che registra e archivia tutti i nostri dati, la sua memoria è un cuore tenero di compassione, che gioisce nel cancellare definitivamente ogni nostra traccia di male» (omelia nella Messa della XXXI Giornata mondiale della gioventù, Cracovia, 31 luglio 2016). Non vuole tenere il conto dei tuoi errori e, in ogni caso, ti aiuterà a imparare qualcosa anche dalle tue cadute. Perché ti ama. Cerca di rimanere un momento in silenzio lasciandoti amare da Lui. Cerca di mettere a tacere tutte le voci e le grida interiori e rimani un momento nel suo abbraccio d’amore.
È un amore «che non si impone e non schiaccia, un amore che non emargina e non mette a tacere e non tace, un amore che non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato» (discorso per la cerimonia di apertura della XXXIV Giornata mondiale della gioventù, Panama, 24 gennaio 2019).
Quando ti chiede qualcosa o quando semplicemente permette quelle sfide che la vita ti presenta, si aspetta che tu gli faccia spazio per spingerti ad andare avanti, per spronarti, per farti maturare. Non gli dà fastidio che tu gli esprima i tuoi dubbi, quello che lo preoccupa è che non gli parli, che tu non ti apra con sincerità al dialogo con Lui. Racconta la Bibbia che Giacobbe lottò con Dio (cfr. Gen 32,25-31), ma questo non lo allontanò dalla via del Signore. In realtà è Lui stesso che ci esorta: «Su, venite e discutiamo» (Is 1,18). Il suo amore è così reale, così vero, così concreto, che ci offre una relazione piena di dialogo sincero e fecondo. Infine, cerca l’abbraccio del tuo Padre celeste nel volto amorevole dei suoi coraggiosi testimoni sulla terra!

Credo in Gesù Cristo

La seconda parte del Credo riguarda la figura di Gesù: «Credo in Gesù Cristo suo unico Figlio…». Quando ero bambino, Papa Francesco, una volta mi arrabbiai con mia nonna. Avevo cinque anni. Io e mio fratello, il giorno prima, avevamo preparato il presepe, collocando tutte le statuine rivolte verso Gesù Bambino, e la sera eravamo andati a letto tutti felici. La mattina dopo, appena alzati, ci accorgemmo che la nonna aveva tolto proprio la statuina più bella, quella di Gesù. Per protesta, quel giorno non volli neanche andare a scuola. La nonna lasciò che sfogassi la rabbia, poi mi prese per mano e mi chiese: «Sai perché ho tolto proprio Gesù Bambino?». Le risposi: «Non lo so, ma non potevi togliere un qualunque pastore?». E lei: «No, ho tolto Gesù perché nascerà tra venti giorni. Vuole farsi desiderare da te…». Mi ritengo una persona fortunata, perché «desiderio» è stata la prima parola che ho collegato a Dio. Non so se la nonna avesse fatto un corso sulla nuova evangelizzazione, però mi par...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Io credo, noi crediamo
  4. La fede unisce
  5. I
  6. II
  7. Note
  8. Fonti
  9. Copyright