Il libro tibetano dei morti
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Il libro tibetano dei morti

AA.VV., Giuseppe Tucci

  1. 272 pagine
  2. Italian
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Il libro tibetano dei morti

AA.VV., Giuseppe Tucci

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Informazioni sul libro

Il libro tibetano dei morti è una delle più imponenti opere della cultura di tutti i tempi, uno dei testi della spiritualità orientale che ha avuto maggiore influenza anche sul pensiero occidentale. Risale all'VIII secolo d.C. e raccoglie l'insegnamento sulla vita e la morte predicato dalla semi-leggendaria figura del grande maestro Padmasambhava, sulle esperienze dell'anima cosciente nell'intervallo di tempo che, secondo la cultura buddhista, sta fra la morte e la rinascita.
Un testo fondamentale per chi voglia andare al cuore della tradizione spirituale orientale, qui riproposto nella sua prima traduzione italiana direttamente dal tibetano a opera di uno dei più grandi orientalisti del nostro Paese.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2020
ISBN
9788858699591
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici

IL LIBRO DELLA SALVAZIONE DALL’ESISTENZA INTERMEDIA

Libro I

L’ESISTENZA INTERMEDIA NEL PIANO IDEALE (ka)

IL LIBRO DELLA SALVAZIONE

INVOCAZIONE

Onore ai maestri, ai tre corpi:1 al corpo essenziale, l’infinita manifestazione ’Od dpag med (pr. Ö pa mè), al corpo di co-fruizione Padma (pr. Pemà), dio che appare sotto forma placata e irata, al corpo apparizionale Padma ạbyuṅ gnas (pr. Pemà ciungné), il protettore delle creature.

INTRODUZIONE

Quando non si ricorre a questo trattato

Di questo grande (trattato) sulla liberazione che (conduce a salvamento solo) che lo si ascolti, (e descrive) il metodo di salvazione dall’esistenza intermedia valido per gli yoghin,2 tre sono le cose da considerare.
Quanto al primo punto, nei riguardi della salvazione delle creature, anzitutto viene l’esperienza graduale delle spiegazioni segrete.3
Per mezzo di queste spiegazioni le persone di capacità superiore sicuramente saranno salve; se non lo fossero, nello stato di esistenza intermedia che si manifesta nel momento della morte, si ricorra alla trasferenza pova (pr. p’o ba) esperienza dell’auto-salvazione (basata sul) ricordo consapevole. In questa maniera gli yoghin di capacità mediana saranno sicuramente salvi: se non lo fossero, nello stato dell’esistenza intermedia (in cui si rivela) il piano essenziale, bisogna insistere su questo grande trattato che conduce a salvamento solo che lo si ascolti.
A questo proposito lo yoghin esamini i segni della morte (che sono) i prognostici della morte, come su uno specchio lucente.
Poi, quando i segni della morte sono sicuramente accertati, si proceda alla trasferenza, la salvazione spontanea (basata) sulla consapevolezza.

Quando bisogna ricorrere a questo trattato

Se si è proceduto alla trasferenza, non c’è bisogno di leggere questo trattato che conduce a salvamento solo che lo si ascolti; ma se non si è proceduto alla trasferenza, allora lo si legga correttamente e con voce chiara, vicino al cadavere; se non c’è il cadavere, vicino al letto del morto, o sul luogo che era solito occupare. Prendendo a testimonio la verità della santa Legge, l’officiante chiami il principio cosciente del morto, e quando s’avvede che è giunto e sta ad ascoltare davanti a sé, legga. In questo tempo non conviene che parenti o persone care piangano o si lamentino; perciò lo si vieti.
Se c’è il corpo, nello stesso momento in cui il respiro esteriore è cessato,4 un lama o un fratello nella fede o una persona che godeva la sua fiducia o un amico a lui caro, ponendo le labbra vicino alle sue orecchie, senza toccarle, legga questo manuale che conduce a salvamento solo che lo si ascolti.
E passiamo a parlare del soggetto stesso di questo trattato; raccogli offerte e doni in abbondanza per le tre Gemme (il Buddha, la Legge e la Comunità); se non riesci a raccoglierle, evocando (nel tuo spirito) tutto ciò che può essere oggetto di rappresentazione mentale, offrilo (mentalmente) alle incalcolabili manifestazioni della coscienza essenziale.5
Quindi per tre volte o sette volte invochi l’aiuto dei Buddha e dei Bodhisattva e reciti le invocazioni per la protezione dai pericoli che insidiano lo stato dell’esistenza intermedia, e quelle per essere liberato dalle angustie dell’esistenza intermedia, dicendo insieme le formule essenziali della liturgia che si riferisce all’esistenza intermedia, tutte pronunciate chiaramente e ben modulate6 alle orecchie del morto. Poi, secondo le circostanze, si legga per sette volte o per tre volte questo trattato secondo le seguenti circostanze: a) riconoscimento della luce che appare nello stato dell’esistenza intermedia al momento della morte; b) grande consapevolezza del riconoscimento nello stato dell’esistenza intermedia in cui si rivela il piano essenziale; c) metodo per chiudere le porte della matrice nel caso che l’esistenza intermedia conduca ad un nuovo stato samsarico.
Parte prima

LO STATO DELL’ESISTENZA INTERMEDIA AL MOMENTO DELLA MORTE

La prima manifestazione della luce e suo riconoscimento

Cominciamo dal riconoscimento della luce propria dello stato dell’esistenza intermedia che appare al momento della morte. Le creature di buona intelligenza che nulla seppero del riconoscimento (di questa luce) o che, pur sapendone, non si esercitarono e le persone profane, tutte quelle che ebbero sentore delle spiegazioni segrete, quando ricorrono alla lettura di questo libro riconoscono quella luce fondamentale e senza entrare nello stato dell’esistenza intermedia ottengono facilmente il corpo increato della illimitata potenzialità spirituale.
Quanto poi al modo di ricorrere (alle istruzioni che provochino quel riconoscimento), il meglio è se uno possa incontrarsi con il proprio maestro dal quale abbia ricevuto le spiegazioni segrete; o per lo meno con un fratello di fede che abbia avuto la stessa iniziazione, o con un amico che appartenga alla medesima setta; se nessuno di questi può trovare, si faccia leggere il libro da chi sappia recitarlo in maniera intelligibile e con voce chiara. Appena uno si ricordi le istruzioni per il riconoscimento impartitegli dal proprio lama, non c’è dubbio che, riconosciuta quella luce fondamentale, sarà subito salvo.
Il tempo opportuno per impartire queste istruzioni è quando il respiro esteriore si interrompe e l’energia vitale (rluṅ) viene assorbita nel canale mediano detto avadhūti, nel quale dimora la conoscenza sublimata; la facoltà pensante appare allora subitamente come luce priva di emanazioni.7 Quando l’energia vitale, tornando in circolazione, si riversa nei due canali di destra e di sinistra, allora appaiono le imagini dell’esistenza intermedia; fino a che l’energia vitale non si è ancora riversata nei canali di destra e di sinistra, queste istruzioni si debbono impartire.
E si perseveri finché dura il respiro interno, cioè a dire quanto tempo ci vuole per prendere un pasto.
Quanto al modo, meglio è di ricorrere alla trasferenza appena il respiro è cessato; se così non accade, si cerchi di produrre il riconoscimento (di quella luce) in tale maniera:8 «O figlio di nobile famiglia, tal dei tali! È venuto per te il momento di star bene attento. Questo è il senso del riconoscimento da farsi quando il respiro sta per essere interrotto e che ti fu più volte detto dal maestro (quando ti spiegò) che il primo stato dell’esistenza intermedia è la luce. “Il respiro che esce fuori si interrompe, tutte le cose sono vuote, nude come lo spazio; c’è soltanto un’intelligenza immacolata, vuoto-luce che non ha né circonferenza né centro; allora tu devi quella luce riconoscere. In essa stessa entra da te stesso. Io pure allora lo conoscerò”». Così, prima che il respiro che esce fuori cessi, si ripeta vicino alle orecchie per modo che il morente si ponga queste parole bene in mente. Poi quando il respiro che esce fuori sta per cessare, si deponga il corpo del morente per terra sul fianco destro,9 in quella posa che è chiamata la posa del leone e si prema il flusso delle vene. Se il morente è assopito, facendo cessare il battito delle due vene di destra e di sinistra, si premano violentemente per modo che l’energia vitale penetrata nell’avadhūti non sappia più tornare indietro; e sicuramente ne esca per la via dell’apertura di Brahmā.10
Le istruzioni per provocare il riconoscimento della luce debbono essere impartite in questo momento; in questo momento infatti si ha il primo stato dell’esistenza intermedia, essenzialità-luce;11 esso appare nella serie mentale di tutte le creature, corretto intendimento del corpo dell’infinita potenzialità spirituale.
Questo avviene nell’intervallo di tempo che si ha quando il respiro esteriore è cessato, ma non ancora quello interno; e l’energia vitale resta nell’avadhūti. Allora la gente dice che c’è mancamento della conoscenza. La durata di questo stato è incerta; varia a seconda che la persona fu buona o cattiva o della situazione delle vene12 e dell’energia vitale.
In quelli che ebbero molta esperienza (di queste cose), e furono stabilmente sereni o le cui vene sono in buono stato, questo stato dura per lungo tempo. Ora si provochi questa duratura istigazione al riconoscimento della luce, ripetutamente, fino a che un liquido giallo non esca dagli orifizi del morto. Nelle persone che hanno molto peccato o in quelle le cui vene sono in cattivo stato, quel momento non dura più che uno schioccar di dita; per altri, quanto ci vuole per prendere un pasto. Come dicono le scritture, generalmente, questo mancamento della coscienza dura tre giorni e mezzo. Perciò, generalmente, per tre giorni e mezzo, per quanto tempo dura, bisogna insistere sul riconoscimento della luce. Quanto al modo di impartire le istruzioni, se uno lo può, metta in opera le proprie capacità proiettate dalle passate esperienze; se non lo può, ricorra ad un maestro o ad un discepolo, ad un fratello nella fede o ad amico che abbia gli stessi sentimenti.13
«Adesso ci sono i sintomi della terra che scompare nell’acqua.»14 Così (riconoscendo) si ricordino l’uno dopo l’altro i sintomi della morte. Appena i sintomi della morte, uno dopo l’altro, sono completamente attuati, si inviti al pensiero dell’illuminazione: «O figlio di nobile famiglia, adesso la morte è giunta; tu stesso devi fare il voto di diventare Illuminato.15
Essendo venuto il momento di morire, adesso suscita in te medesimo pensieri di simpatia e compassione traendo profitto dalla morte e fa il voto di conseguire la perfetta illuminazione allo scopo di giovare alle creature infinite come lo spazio. Soprattutto allo scopo di poter giovare alle creature tutte, occorre riconoscere il Corpo della illimitata potenzialità spirituale nella luce che appare al momento della morte. Per causa di questo riconoscimento attuando la mistica efficacia del “grande sigillo”,16 renditi utile a tutte le creature. E se non riesci ad attuarla, conosciuta l’esistenza intermedia come esistenza intermedia, si maturerà il corpo del “grande sigillo” che è sinergia (zuṅ ạjug) con l’esistenza intermedia;17 e siccome questo può assumere le più diverse ed infinite apparenze, a seconda degli esseri da convertire, non distrarti mai dal pensiero di renderti utile a creature infinite come lo spazio.18 Con tale proposito devi ricordare l’esperienza che ti venne dalle istruzioni sulle quali innanzi meditasti». Questo si deve dire avvicinando le labbra alle orecchie del morto; e, senza che la mente sia distratta neppure per un momento, in maniera chiara si richiami alla sua memoria quelle esperienze.
Poi quando il respiro che esce fuori è cessato, premute le due vene intorpidite, si ricorra a queste istruzioni con voce chiara.
Se è un lama o un amico nella fede di condizione superiore alla propria, si dica: «O nobile uomo. Adesso a te apparirà la luce che era già in te nel momento della vita (gži). Rievoca le tue esperienze».
A tutti gli altri invece si provochi quel riconoscimento in tal maniera: «O figlio di nobile famiglia. Tu, tal dei tali, ascolta. Adesso a te apparirà la luce della pura essenzialità. Tu la devi riconoscere, o figlio di nobile famiglia. In questo momento il tuo intelletto, per sua essenza immacolato, senza ombra di sostanza e qualità, puro, è essenzialità espressa nel simbolo di Kuntusangpo (Kun tu bzaṅ po).
Siccome il tuo intelletto è vuoto e beatitudine, pensa che esso vuoto non è soggetto a disintegrarsi, il tuo proprio intelletto rimanendo terso, senza impedimenti, puro e chiaro; quell’intelletto è il Buddha Kuntusangpo. Il tuo intelletto è insostanziale, vuoto è il tuo intelletto che conosce chiaro e lucente; questo è il Corpo della infinita potenzialità dei Buddha.
Questo tuo intelletto, che è identità di luce e di vuoto, risiede in una grande massa luminosa; non nasce e non muore; esso è il Buddha Ömighiur (’Od mi ạgyur).19 Basta che tu conosca questo.
Quando hai riconosciuto che il tuo intelletto che conosce, per sua essenza puro, è il Buddha, questa spontanea visione della tua intelligenza riposa nel pensiero dei Buddha».
Così per tre o sette volte si dica con voce corretta e chiara. In tal maniera, in primo luogo, (il morente) si ricorda delle istruzioni che servono a provocare quel riconoscimento e che gli furono impartite in vita dal lama; in secondo luogo, riconosce la propria intelligenza nuda (di ogni pensiero concreto) come identica a quella luce. In terzo luogo riconoscendo così se medesimo, diventa congiunto, per non più separarsene, con il corpo della infinita potenzialità spirituale. La salvazione allora è sicura.
Così viene riconosciuta la prima manifestazione della luce e uno è salvo.

La seconda manifestazione della luce

Nel caso che questa prima luce non sia stata afferrata, apparirà tuttavia una manifestazione della seconda luce la quale si manifesta dopo che è cessato il respiro che esce fuori, tanto tempo dopo quanto ce ne vuole per prendere un pasto o poco più. L’energia vitale si riversa nel canale di destra o in quello di sinistra20 a seconda che le opere del morto furono buone o cattive e ne esce per una qualunque apertura del corpo; allora avviene una grande lucidità della conoscenza. Che essa duri quanto ci vuole per prendere un pasto o meno dipende dallo stato di quei canali, se essi sono buoni o cattivi e dall’avere o no avuto esperienza (di questo stato mentale).
In quel momento il principio cosciente esce fuori del corpo e non sa se (il corpo, in cui fu) è vivo o morto. Seguita a vedere, come per l’innanzi, parenti e consanguinei e sente anche i loro pianti; le terrifiche imagini illusorie prodotte dal carma non sono ancora sorte, gli spaventi provocati dal dio della morte Scinje (gŠin rje) non sono ancora giunti.
Fino a che tutto questo non accade si deve ricorrere alle istruzioni.
Qui ci sono due sistemi, a seconda che le persone siano state iniziate nel metodo perfetto o in quello evocativo.21 Se il morto è stato iniziato nel metodo perfetto, allora chiamatolo per nome tre volte, gli si ripetano le istruzioni che inducono il riconoscimento della luce come è detto sopra. Se il morto è stato iniziato nel metodo evocativo allora si leggano le formule di meditazione, la descrizione del colore e il processo che conduce alla diretta esperienza della sua deità tutelare. Gli si dica: «O figlio di nobile famiglia, medita sulla tua divinità tutelare e senza di...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Premessa
  4. Introduzione
  5. Nota bibliografica
  6. IL LIBRO TIBETANO DEI MORTI
  7. Il libro della salvazione dall’esistenza intermedia
  8. Il giudizio dei trapassati
  9. I segni premonitori della morte
  10. Appendice
  11. Note al testo
  12. Copyright