I Promessi Sposi (Deluxe)
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I Promessi Sposi (Deluxe)

illustrato da F. Gonin

  1. 798 pagine
  2. Italian
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I Promessi Sposi (Deluxe)

illustrato da F. Gonin

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Letti, studiati, amati o detestati, I promessi sposi sono il romanzo simbolo del nostro Paese. Scritto in una lingua nuova, viva, capace di dar voce ai signori come alla gente del popolo, di raccontare guerre, amori e pestilenze senza artificio né retorica, il capolavoro manzoniano tocca i temi cruciali per la nascita dell'Italia moderna - dalla formazione di un carattere nazionale sotto le dominazioni straniere all'intreccio dei valori religiosi e civili nella coscienza collettiva. Oggi che Lucia, Renzo e tutti gli indimenticabili personaggi che animano il romanzo sono riconosciuti come patrimonio culturale iscritto nel nostro dna di nazione, l'opera di Manzoni merita di essere finalmente letta con occhi nuovi, al di fuori di stereotipi e categorie. In questa edizione di pregio il testo è arricchito dalle illustrazioni di Francesco Gonin & Co., che scandiscono, secondo precisa regia manzoniana, l'edizione definitiva del romanzo.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2020
ISBN
9788831800709
Argomento
Literature
Categoria
Classics

CAPITOLO XXVII

Già più d’una volta c’è occorso di far menzione della guerra che allora bolliva, per la successione agli stati del duca Vincenzo Gonzaga, secondo di quel nome; ma c’è occorso sempre in momenti di gran fretta: sicchè non abbiam mai potuto darne più che un cenno alla sfuggita. Ora però, all’intelligenza del nostro racconto si richiede proprio d’averne qualche notizia più particolare. Son cose che chi conosce la storia le deve sapere; ma siccome, per un giusto sentimento di noi medesimi, dobbiam supporre che quest’opera non possa esser letta se non da ignoranti, così non sarà male che ne diciamo qui quanto basti per infarinarne chi n’avesse bisogno.
Abbiam detto che, alla morte di quel duca, il primo chiamato, in linea di successione, Carlo Gonzaga, capo d’un ramo cadetto trapiantato in Francia, dove possedeva i ducati di Nevers e di Rhétel, era entrato al possesso di Mantova; e ora aggiungiamo, del Monferrato: che la fretta appunto ce l’aveva fatto lasciar nella penna. La corte di Madrid, che voleva a ogni patto (abbiam detto anche questo) escludere da que’ due feudi il nuovo principe, e per escluderlo aveva bisogno d’una ragione (perchè le guerre fatte senza una ragione sarebbero ingiuste),1 s’era dichiarata sostenitrice di quella che pretendevano avere, su Mantova, un altro Gonzaga, Ferrante,2 principe di Guastalla; sul Monferrato Carlo Emanuele I,3 duca di Savoia, e Margherita Gonzaga,4 duchessa vedova di Lorena. Don Gonzalo,5 ch’era della casa del gran capitano, e ne portava il nome, e che aveva già fatto la guerra in Fiandra, voglioso oltremodo di condurne una in Italia, era forse quello che faceva più fuoco, perchè questa si dichiarasse; e intanto, interpretando l’intenzioni e precorrendo gli ordini della corte suddetta, aveva concluso col duca di Savoia un trattato d’invasione e di divisione del Monferrato; e n’aveva poi ottenuta facilmente la ratificazione dal conte duca, facendogli creder molto agevole l’acquisto di Casale, ch’era il punto più difeso della parte pattuita al re di Spagna. Protestava però, in nome di questo, di non volere occupar paese, se non a titolo di deposito, fino alla sentenza dell’imperatore; il quale, in parte per gli ufizi altrui, in parte per suoi propri motivi, aveva intanto negata l’investitura al nuovo duca, e intimatogli che rilasciasse a lui in sequestro gli stati controversi: lui poi, sentite le parti, li rimetterebbe a chi fosse di dovere. Cosa alla quale il Nevers non s’era voluto piegare.
Aveva anche lui amici d’importanza: il cardinale di Richelieu,6 i signori veneziani,7 e il papa, ch’era, come abbiam detto, Urbano VIII.8 Ma il primo, impegnato allora nell’assedio della Roccella9 e in una guerra con l’Inghilterra, attraversato dal partito della regina madre, Maria de’ Medici,10 contraria, per certi suoi motivi, alla casa di Nevers, non poteva dare che delle speranze. I veneziani non volevan moversi, e nemmeno dichiararsi, se prima un esercito francese non fosse calato in Italia; e, aiutando il duca sotto mano, come potevano, con la corte di Madrid e col governatore di Milano, stavano sulle proteste, sulle proposte, sull’esortazioni, placide o minacciose, secondo i momenti. Il papa raccomandava il Nevers agli amici, intercedeva in suo favore presso gli avversari, faceva progetti d’accomodamento; di metter gente in campo non ne voleva saper nulla.
Così i due alleati alle offese poterono, tanto più sicuramente, cominciar l’impresa concertata. Il duca di Savoia era entrato, dalla sua parte, nel Monferrato; don Gonzalo aveva messo, con gran voglia,11 l’assedio a Casale; ma non ci trovava tutta quella soddisfazione che s’era immaginato: che non credeste che nella guerra sia tutto rose. La corte non l’aiutava a seconda de’ suoi desidèri, anzi gli lasciava mancare i mezzi più necessari; l’alleato l’aiutava troppo: voglio dire che, dopo aver presa la sua porzione, andava spilluzzicando quella assegnata al re di Spagna. Don Gonzalo se ne rodeva quanto mai si possa dire; ma temendo, se faceva appena un po’ di rumore, che quel Carlo Emanuele, così attivo ne’ maneggi e mobile ne’ trattati, come prode nell’armi, si voltasse alla Francia, doveva chiudere un occhio, mandarla giù, e stare zitto. L’assedio poi andava male, in lungo, ogni tanto all’indietro, e per il contegno saldo, vigilante, risoluto degli assediati, e per aver lui poca gente, e, al dire di qualche storico,12 per i molti spropositi che faceva. Su questo noi lasciamo la verità a suo luogo, disposti anche, quando la cosa fosse realmente così, a trovarla bellissima, se fu cagione che in quell’impresa sia restato morto, smozzicato, storpiato qualche uomo di meno, e, ceteris paribus, anche soltanto un po’ meno danneggiati i tegoli di Casale.13 In questi frangenti ricevette la nuova della sedizione di Milano, e ci accorse in persona.
Qui, nel ragguaglio che gli si diede, fu fatta anche menzione della fuga ribelle e clamorosa di Renzo, de’ fatti veri e supposti ch’erano stati cagione del suo arresto; e gli si seppe anche dire che questo tale s’era rifugiato sul territorio di Bergamo. Questa circostanza fermò l’attenzione di don Gonzalo. Era informato da tutt’altra parte, che a Venezia avevano alzata la cresta, per la sommossa di Milano; che da principio avevan creduto che sarebbe costretto a levar l’assedio da Casale, e pensavan tuttavia che ne fosse ancora sbalordito, e in gran pensiero: tanto più che, subito dopo quell’avvenimento, era arrivata la notizia, sospirata da que’ signori e temuta da lui, della resa della Roccella. E scottandogli molto, e come uomo e come politico, che que’ signori avessero un tal concetto de’ fatti suoi, spiava ogni occasione di persuaderli, per via d’induzione, che non aveva perso nulla dell’antica sicurezza; giacchè il dire espressamente: non ho paura, è come non dir nulla. Un buon mezzo è di fare il disgustato, di querelarsi, di reclamare: e perciò, essendo venuto il residente di Venezia a fargli un complimento, e ad esplorare insieme, nella sua faccia e nel suo contegno, come stesse dentro di sè (notate tutto; chè questa è politica di quella vecchia fine),14 don Gonzalo, dopo aver parlato del tumulto, leggermente e da uomo che ha già messo riparo a tutto; fece quel fracasso che sapete a proposito di Renzo; come sapete anche quel che ne venne in conseguenza. Dopo, non s’occupò più d’un affare così minuto e, in quanto a lui, terminato; e quando poi, che fu un pezzo dopo, gli arrivò la risposta, al campo sopra Casale, dov’era tornato, e dove aveva tutt’altri pensieri, alzò e dimenò la testa, come un baco da seta15 che cerchi la foglia: stette lì un momento, per farsi tornar vivo nella memoria quel fatto, di cui non ci rimaneva più che un’ombra; si rammentò della cosa, ebbe un’idea fugace e confusa del personaggio; passò ad altro, e non ci pensò più.
Ma Renzo, il quale, da quel poco che gli s’era fatto veder per aria, doveva supporre tutt’altro che una così benigna noncuranza, stette un pezzo senz’altro pensiero o, per dir meglio, senz’altro studio, che di viver nascosto. Pensate se si struggeva di mandar le sue nuove alle donne, e d’aver le loro; ma c’eran due gran difficoltà. Una, che avrebbe dovuto anche lui confidarsi a un segretario, perchè il poverino non sapeva scrivere, e neppur leggere, nel senso esteso della parola; e se, interrogato di ciò, come forse vi ricorderete, dal dottor Azzeccagarbugli, aveva risposto di sì, non fu un vanto, una sparata, come si dice; ma era la verità che lo stampato lo sapeva leggere, mettendoci il suo tempo: lo scritto è un altro par di maniche. Era dunque costretto a mettere un terzo a parte de’ suoi interessi, d’un segreto così geloso: e un uomo che sapesse tener la penna in mano, e di cui uno si potesse fidare, a que’ tempi non si trovava così facilmente; tanto più in un paese dove non s’avesse nessuna antica conoscenza. L’altra difficoltà era d’avere anche un corriere; un uomo che andasse appunto da quelle parti, che volesse incaricarsi della lettera, e darsi davvero il pensiero di recapitarla; tutte cose, anche queste, difficili a trovarsi in un uomo solo.
Finalmente, cerca e ricerca, trovò chi scrivesse per lui. Ma, non sapendo se le donne fossero ancora a Monza, o dove, credè bene di fare accluder la lettera per Agnese in un’altra diretta al padre Cristoforo. Lo scrivano prese anche l’incarico di far recapitare il plico: lo consegnò a uno che doveva passare non lontano da Pescarenico; costui lo lasciò, con molte raccomandazioni, in un’osteria sulla strada, al punto più vicino; trattandosi che il plico era indirizzato a un convento, ci arrivò; ma cosa n’avvenisse dopo non s’è mai saputo.16 Renzo, non vedendo comparir risposta, fece stendere un’altra lettera, a un di presso come la prima, e accluderla in un’altra a un suo amico di Lecco, o parente che fosse. Si cercò un altro latore, si trovò; questa volta la lettera arrivò a chi era diretta. Agnese trottò a Maggianico, se la fece leggere e spiegare da quell’Alessio suo cugino: concertò con lui una risposta, che questo mise in carta; si trovò il mezzo di mandarla ad Antonio Rivolta nel luogo del suo domicilio: tutto questo però non così presto come noi lo raccontiamo. Renzo ebbe la risposta, e fece riscrivere. In somma, s’avviò ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione. di Guido Bezzola
  4. I PROMESSI SPOSI
  5. Introduzione
  6. CAPITOLO I. La passeggiata di don Abbondio e l’incontro con i bravi di don Rodrigo. Viene ingiunto al parroco di non celebrare il matrimonio di Renzo e Lucia. Carattere di don Abbondio. Sue reazioni di fronte alla minaccia: le angosce della paura. I pareri di Perpetua.
  7. CAPITOLO II. Don Abbondio e Renzo. Il parroco adduce scuse per rinviare il matrimonio. Grazie a un’allusione di Perpetua, Renzo riesce a sapere la verità. Suoi propositi di vendetta.
  8. CAPITOLO III. Lucia svela le tentate insidie di don Rodrigo. Agnese consiglia a Renzo di consultare un legale, l’Azzeccagarbugli. Tramite fra Galdino, venuto alla cerca delle noci, Agnese e Lucia mandano a chiamare padre Cristoforo. Torna Renzo, amareggiato per l’esito negativo del colloquio con l’Azzeccagarbugli.
  9. CAPITOLO IV. Padre Cristoforo. La sua vita. I motivi e l’occasione della conversione.
  10. CAPITOLO V. Padre Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo. Il pranzo nel palazzotto del nobile: le discussioni dei commensali e gli interventi di padre Cristoforo.
  11. CAPITOLO VI. Il colloquio fra don Rodrigo e padre Cristoforo. Ambigue proposte di don Rodrigo. Sdegnata replica del frate. Un vecchio servitore di don Rodrigo avverte padre Cristoforo della trama che si va preparando per rapire Lucia. Agnese propone di tentare il «matrimonio a sorpresa». Riluttanza di Lucia.
  12. CAPITOLO VII. Lucia acconsente al tentativo. Cena di Renzo con Tonio e Gervaso nell’osteria del paese. Con un sotterfugio i due promessi si introducono in casa di don Abbondio, mentre Agnese allontana Perpetua.
  13. CAPITOLO VIII. Don Abbondio reagisce con prontezza alla sorpresa e il tentativo delle nozze fallisce. Campana a martello. I bravi di don Rodrigo, guidati dal Griso, fanno irruzione nella casa di Agnese, ma la trovano deserta. Menico, venuto ad avvertire le donne del pericolo, incappa nei bravi, ma riesce a fuggire, grazie al suono della campana, che atterrisce i malviventi. Renzo, Lucia e Agnese si allontanano in fretta dalla canonica. Loro incontro con Menico, che li avverte di rifugiarsi al convento di Pescarenico, dove sono attesi da padre Cristoforo. La preghiera nella chiesa del convento e il distacco dal padre, che ha preparato loro una via di scampo. La traversata del lago e l’addio ai monti.
  14. CAPITOLO IX. A Monza. Renzo lascia le donne, diretto a Milano. Il padre guardiano dei cappuccini di Monza presenta Lucia alla Signora del monastero. Storia di Gertrude.
  15. CAPITOLO X. Continua la storia di Gertrude e della sua forzata monacazione. L’inizio della tresca con Egidio. Sospetti e delitti.
  16. CAPITOLO XI. Il conte Attilio si offre di aiutare don Rodrigo, ricorrendo al conte zio per colpire fra Cristoforo. Renzo a Milano. La città in sommossa.
  17. CAPITOLO XII. Il tumulto di San Martino. Suoi casi e suoi sviluppi. Renzo coinvolto nella sommossa.
  18. CAPITOLO XIII. L’assalto alla casa del vicario di provvisione. Renzo si adopera validamente per arginare la folla al passaggio di Ferrer, che giunge a portare in salvo il vicario.
  19. CAPITOLO XIV. Renzo improvvisa un’arringa fra i dimostranti. È accostato da un birro in borghese, che lo accompagna in un’osteria. Il birro riesce a farsi dire da Renzo, ubriaco, nome e cognome.
  20. CAPITOLO XV. Arresto di Renzo e sua liberazione per intervento popolare.
  21. CAPITOLO XVI. Fuga di Renzo verso Bergamo. Sosta in un’osteria di Gorgonzola, dove il giovane apprende, dai discorsi di un mercante milanese, la versione divulgata dei fatti di Milano e la sua incriminazione come uno dei capi della sommossa.
  22. CAPITOLO XVII. Continua la fuga di Renzo. Sue paure. Raggiunge l’Adda. Il passaggio del fiume. Arrivo nel Bergamasco. Incontro col cugino Bortolo.
  23. CAPITOLO XVIII. Renzo viene ricercato, al paese, dalla giustizia, e messo al bando. Colloquio del conte Attilio col conte zio.
  24. CAPITOLO XIX. Colloquio del conte zio col padre provinciale. Trasferimento di padre Cristoforo a Rimini. Don Rodrigo decide di ricorrere all’aiuto dell’Innominato. Storia dell’Innominato.
  25. CAPITOLO XX. Visita di don Rodrigo all’Innominato. Rapimento di Lucia. Inquietudine dell’Innominato.
  26. CAPITOLO XXI. Notte angosciata dell’Innominato. La sua coscienza della vecchiaia e della morte. Voto di Lucia.
  27. CAPITOLO XXII. L’Innominato si reca da Federigo Borromeo, giunto in visita pastorale nei pressi di Lecco. Vita di Federigo Borromeo.
  28. CAPITOLO XXIII. Colloquio dell’Innominato col cardinale e sua conversione. Liberazione di Lucia.
  29. CAPITOLO XXIV. Lucia ospite nella casa del sarto. Arrivo di Agnese. Visita del Cardinale.
  30. CAPITOLO XXV. Lucia è accolta in casa di donna Prassede. Colloquio del cardinale con don Abbondio. Il curato posto di fronte alle sue responsabilità.
  31. CAPITOLO XXVI. Conclusione del colloquio fra don Abbondio e il cardinale. Renzo, ricercato, trova lavoro nel Bergamasco sotto falso nome. Lucia confida alla madre il segreto del voto.
  32. CAPITOLO XXVII. La guerra per la successione di Mantova. Corrispondenza di Renzo e Agnese. Sconforto e furore di Renzo alla notizia del voto. Donna Prassede. Don Ferrante e la sua biblioteca.
  33. CAPITOLO XXVIII. La carestia e la guerra nel Milanese. L’invasione dei lanzichenecchi.
  34. CAPITOLO XXIX. Don Abbondio, Perpetua e Agnese si rifugiano nel castello dell’Innominato, in seguito alla calata delle truppe.
  35. CAPITOLO XXX. Partenza dei lanzichenecchi. I fuggitivi rientrano al paese. Devastazioni e carestia.
  36. CAPITOLO XXXI. La peste. Origini, prime manifestazioni, polemiche. Gli untori.
  37. CAPITOLO XXXII. La peste dilaga. Terrori, superstizioni, follie.
  38. CAPITOLO XXXIII. Don Rodrigo si ammala. Il Griso lo tradisce, consegnandolo ai monatti. Morte del Griso. Renzo prende la peste e guarisce. Decide di cercare Lucia. Diretto a Milano, si ferma al suo paese, dove incontra don Abbondio, che gli dà notizia dei morti di peste. Viaggio a Milano.
  39. CAPITOLO XXXIV. Renzo a Milano. Solitudine e desolazione. La madre di Cecilia. Renzo viene a sapere che Lucia è al lazzeretto. Scambiato per un untore, si salva dal linciaggio saltando su un carro di monatti.
  40. CAPITOLO XXXV. Il lazzeretto. Renzo incontra padre Cristoforo. Don Rodrigo morente.
  41. CAPITOLO XXXVI. La predica di padre Felice. Renzo nel reparto delle donne. Il campanello. Commosso incontro con Lucia. Padre Cristoforo scioglie Lucia dal voto di verginità. Ultimo colloquio con padre Cristoforo.
  42. CAPITOLO XXXVII. La grande pioggia all’uscita del lazzeretto. Arrivo di Renzo al paese, visita ad Agnese, viaggio a Bergamo. Notizie della morte di padre Cristoforo e di don Ferrante.
  43. CAPITOLO XXXVIII. Ritorno di Lucia al paese. Don Abbondio esita ancora a celebrare il matrimonio. Giunge in paese l’erede di don Rodrigo, morto di peste. Gioioso sollievo di don Abbondio. Si celebra il matrimonio. La coppia, con Agnese, si trasferisce nel Bergamasco. Acquisto di una filanda e fiorente situazione finanziaria. La prima bimba, Maria. Conclusione della storia.
  44. Copyright