Set the night on fire
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Set the night on fire

Vivere, morire e suonare con i Doors

  1. 464 pagine
  2. Italian
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Set the night on fire

Vivere, morire e suonare con i Doors

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Che ci faceva un tranquillo ragazzo di buona famiglia al fianco di Jim Morrison? In effetti Robby Krieger, chitarrista dei Doors e coautore di alcune delle loro canzoni più celebri, è sempre stato un tipo taciturno, mai troppo interessato alle attenzioni dei media. E forse proprio per questo è la fonte più attendibile per scoprire la vera storia dei Doors, una band la cui carriera è sempre stata offuscata da eccessi, esagerazioni e leggende.
In queste pagine irresistibili, Krieger racconta la sua vita trascorsa nell'occhio del ciclone, accanto a un imprevedibile tornado come Jim Morrison e in un'epoca in cui fare parte di una rock and roll band significava davvero vivere pericolosamente. Morrison era fuori controllo e Krieger diventò la sua ombra per salvargli la pelle, come quando lo strappò dalle grinfie di un gruppo di marinai che lo stavano massacrando di botte o quando dovette convincerlo che non curare la sua sifilide non l'avrebbe avvicinato al suo mito Baudelaire, ma solo alla tomba.
In questo folle e divertente memoir senza filtri, Krieger racconta i suoi anni al fianco di un'icona del rock e quelli difficili e turbolenti che seguirono lo scioglimento dei Doors, rivelando con grande franchezza e umanità gli inediti retroscena di una vita spericolata.

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L’ALTRO PROCESSO

È stato Ray a farci rinunciare a Woodstock. «Sarà un fiasco, gente. È troppo lontano da New York. Nessuno se ne andrà in macchina fino a laggiù per restarsene tre giorni di fila in mezzo a un campo!» Sembrava una considerazione logica. Non pensavamo di esserci persi molto finché l’anno dopo non uscì il film Woodstock, e a quel punto tutti noi lo coprimmo di insulti. A onore del vero, bisogna dire che ammise prontamente di avere detto una cazzata.
John in realtà a Woodstock ci andò come spettatore, ma credo di essere stato l’unico componente dei Doors a suonare in uno dei festival che si sono tenuti nella zona. Purtroppo si trattò della famigerata edizione del 1999, quella dei roghi, degli atti vandalici e delle bottigliette d’acqua sovraprezzo. Io suonai di giorno, piuttosto presto, e me ne andai prima che iniziassero i tumulti. Dunque, personalmente, posso dire di essermi divertito. I Creed mi avevano invitato a suonare «Roadhouse Blues» con loro. Quando il loro cantante, Scott Stapp, si mise a cantare «Well I woke up this morning…» tenendo il microfono rivolto verso il pubblico, centomila voci replicarono: «AND I GOT MYSELF A BEER!!!»
C’erano un sacco di cose racchiuse in quel momento. Si chiudeva un buco temporale di trent’anni tra Woodstock e i Doors. Ma ciò che mi colpì ancora di più fu che quello non era un pubblico venuto a vedere i Doors. Era il pubblico dei Creed, e io non ero stato annunciato come ospite. Eppure si misero tutti a cantare il testo di Jim con tutto il fiato che avevano in corpo, come se quella fosse la canzone che avevano atteso di poter ascoltare tutto il giorno.
Avevamo notato un incremento nelle vendite degli album e nella copertura mediatica durante gli anni ’90 dopo l’uscita del film The Doors, ma per molto tempo era stato difficile misurare davvero quale fosse la nostra popolarità tra gli appassionati di musica. Internet era nato da poco e nessuno aveva ancora mai sentito parlare di «social media». Se non mi fossi trovato a sedere personalmente accanto a Eddie Vedder nella cerimonia della Rock and Roll Hall of Fame non credo che avrei mai saputo quanto i Doors lo avevano influenzato. E se non fossimo finiti in uno studio con i Creed, i Jane’s Addiction, i Days of the New, gli Smash Mouth e gli Stone Temple Pilots forse non mi sarei reso conto che Eddie non era un caso anomalo.
I Creed avevano esteso l’invito di Woodstock dopo avere inciso delle tracce in studio insieme agli artisti sopra citati per Stoned Immaculate, un album di cover dei Doors registrato da alcune delle band più popolari di fine anni ’90 con qualche supporto musicale da parte di Ray, John e me. Ci meravigliava sapere che tutti questi artisti più giovani di noi fossero stati così ispirati dalle nostre canzoni. Erano talmente tanti quelli che volevano cogliere l’occasione di lavorare con noi che anche le outtake erano degne di nota: la versione di «Touch Me» fatta da Chrissie Hynde e la «Five to One» a cui Marilyn Manson aveva conferito un effetto industrial dovettero essere tagliate dalla sequenza finale a causa di complicazioni burocratiche con le loro etichette discografiche. Devo ammettere che non sapevo bene chi fossero alcuni dei gruppi più recenti, ma quando gli Aerosmith contribuirono con una cover di «Love Me Two Times» non riuscivo davvero a crederci. Gli Aerosmith? Che fanno una canzone scritta da me? A che punto siamo arrivati?
Più o meno nel periodo in cui stavamo completando l’album filmammo per VH1 uno show intitolato Storytellers in cui gli artisti – come indica il titolo – raccontano aneddoti sulle loro canzoni prima di eseguirle dal vivo. Ci portammo alcuni dei cantanti che avevano partecipato a Stoned Immaculate e Ray, John e io suonammo alcuni dei nostri maggiori successi. Prima della registrazione, però, John e Ray vennero quasi alle mani.
Nei primi anni ’90 John aveva pubblicato la sua autobiografia e aveva scritto qualcosa che a Ray non era piaciuta. Nei tardi anni ’90 anche Ray aveva pubblicato la sua autobiografia e aveva scritto qualcosa che John non aveva gradito per niente. Prima che venisse pubblicato il libro, John ne aveva dato copia a me e a Ray per darci modo di richiedere dei cambiamenti nel caso pensassimo che avesse scritto qualcosa di imbarazzante o di offensivo, ma Ray non aveva usato la stessa cortesia nei nostri confronti (se lo avesse fatto, gli avrei potuto contestare di averlo chiamato Light My Fire… non sarebbe spettato al mio libro avere un diritto di prelazione su quel titolo?). Da quel che ho capito, John inizialmente aveva evitato di leggere il libro, ma nel momento in cui ci ritrovammo per le prove di Storytellers s’era finalmente deciso a farlo e aveva diverse obiezioni da fare sul modo in cui ne veniva ritratto. Quando arrivò alla nostra prima prova Ray lo salutò cordialmente nel parcheggio, ma lui era visibilmente contrariato. Ray gli mise un braccio sulla spalla dicendogli qualcosa del tipo «mettiamoci una pietra sopra», ma John lo respinse mettendosi in guardia come la mascotte dell’Università di Notre Dame in Indiana. Stavano per azzuffarsi fisicamente? John lo apostrofò con un «vaffanculo» o qualcosa di simile e si diresse verso lo studio, e tutto quel che potemmo fare fu andargli dietro e iniziare a provare. La tensione era palpabile ma – esattamente come quando ci mettemmo a provare per la cerimonia della Rock and Roll Hall of Fame – la musica prese il sopravvento e ricreò istantaneamente una connessione tra di noi. Riuscimmo a dar vita per la registrazione televisiva a una performance coerente ed energica e non credo che tra i cantanti o tra il pubblico qualcuno avesse idea che solo qualche giorno prima John e Ray fossero così ai ferri corti. Se c’è una cosa in cui i Doors sono sempre stati abili è stato riuscire a suonare in una situazione di tensione.
Sarebbe stato un lieto fine, se fosse finita lì. Ma invece di smussare le cose gli anni successivi ci avrebbero diviso ancora di più. E Storytellers sarebbe stata l’ultima occasione in cui ci saremmo ritrovati tutti e tre insieme sullo stesso palco.
Ho incontrato una volta soltanto il padre di Jim. In tribunale. Allora aveva più di ottant’anni e ci parlammo solo brevemente, ma mi fece l’impressione di una persona a modo. A parte il fatto che mi stava facendo causa per diversi milioni di dollari.
Nel 2003 John aveva chiesto alla famiglia di Jim e a quella di Pam di unirsi a lui in un’azione legale contro Ray e me. Data la mancanza di una dettagliata pianificazione successoria da parte di entrambi, le famiglie Morrison e Courson avevano concordato di suddividersi in parti uguali l’asse ereditario di Jim, incluse le sue quote di proprietà dei Doors. Era stato facile per John chiamarle alle armi dopo che in tutti quegli anni la lingua lunga di Ray lo aveva messo nei guai praticamente con chiunque. Dapprima era stato il suo egocentrismo emerso di prepotenza quando avevamo continuato come Doors senza Jim, poi la sua decisione unilaterale di porre fine alla band mentre ci trovavamo in Inghilterra, poi il fatto che avesse voluto romanzare le leggende su Jim con la stampa, poi il suo alimentare le voci che fosse ancora in vita dopo l’uscita di Nessuno uscirà vivo di qui e poi ancora la sua autobiografia con tutte quelle affermazioni sensazionali, e in mezzo altre più piccole scaramucce che avevano fatto irritare un sacco di gente. Ray era una persona intelligentissima e di grande cuore che ho amato come un fratello, ma nel campo delle relazioni interpersonali era una frana. Tutto questo, alla fine, era destinato a esplodergli in faccia.
Ecco la cronologia dell’esplosione:
1968
La General Motors offrì ai Doors 75.000 dollari per poter utilizzare «Light My Fire» in uno spot pubblicitario per la sua nuova auto, la Buick Opel. Ai tempi si trattava di una cosa inusuale. Accadeva raramente che la pubblicità usasse pezzi rock’n’roll. Dato che l’auto era bella e aveva un basso consumo di carburante non vedevamo alcun motivo per non accettare l’offerta. Avevamo già fornito musica per un documentario didattico della Ford Motor Company, perché avremmo dovuto considerarla in modo diverso?
Di norma prendevamo tutte le decisioni che riguardavano la band all’unanimità, ma Jim era sparito. Ho poi sentito dire che forse si trovava in Europa, fatto sta che non era nei paraggi e che nessuno sapeva come contattarlo. Non avevamo motivo di credere che avrebbe avuto da ridire sull’offerta e così la accettammo.
Ovunque fosse stato, quando tornò si infuriò per l’accordo sulla Buick. La storia che alla maggior parte della gente piace ripetere è che lo avesse mandato in bestia l’idea che la nostra musica comparisse in una pubblicità perché questo avrebbe deturpato la nostra arte. In verità lo irritava soprattutto il fatto che avessimo preso una decisione senza consultarlo. Non era stato lui a scrivere «Light My Fire». Non si trattava di proteggere la sacralità della sua poesia. Ma del fatto che prendeva seriamente gli aspetti di business della band e aveva sempre voluto che noi quattro ne fossimo partner paritari. La sua era una lamentela legittima. Ma, per onore di cronaca, la sua collera riguardo alla nostra commercializzazione era ben poca cosa rispetto a quella provocata dall’essere stato escluso da una votazione di gruppo.
In tutto questo c’era però anche un poco di ipocrisia. Jim s’era infuriato perché avevamo preso una decisione unanime senza di lui, ma lui stesso prendeva spesso da solo delle decisioni che avevano un effetto su tutta la band. Come arrivare ai concerti ubriaco, o non presentarsi alle sedute di registrazione. Sarebbe facile farne un elenco. Dopo tutto, l’unico motivo per cui avevamo concordato di accettare lo spot senza di lui era perché era scomparso senza dirci dove andava. E non era scomparso per qualche ora, o per qualche giorno. Erano almeno una settimana o due. Se essere consultato sugli affari che riguardavano la band fosse stata una grande priorità, avrebbe almeno potuto lasciarci un numero di telefono con cui contattarlo. Lo avremmo chiamato!
Andò a finire che il contratto venne annullato e che lo spot non andò mai in onda (anche se la Buick continuò a far stampare pubblicità sui giornali con lo slogan «Light Your Fire»). Non è mai stato un problema così grande come gli storici dei Doors tendono a farlo apparire. Superammo la cosa rapidamente continuando a vivere le nostre vite.
1984
Ray, John e io concedemmo la licenza d’uso di «Riders on the Storm» per una pubblicità della Pirelli che andò in onda solo nel Regno Unito. Non ricordo molto dei particolari dell’offerta, dello spot o altro. A metà anni ’80 le nostre canzoni venivano spesso date in licenza per film e spettacoli televisivi e quindi non si trattò di un episodio particolarmente rilevante. Fu un voto unanime e anche in questo caso, ai tempi, non ne facemmo una gran questione.
2000
Ray e John si guardavano in cagnesco durante le prove di Storytellers, ma in quella occasione era stata la musica a prevalere. Più o meno in quel periodo io e Ray ci eravamo ritrovati qualche volta per scrivere e provinare qualche nuova canzone e dato che la registrazione tv era andata così bene avevamo invitato John a unirsi a noi. Era venuto in studio con un po’ di bonghi e avevamo messo giù qualche abbozzo di idea musicale (sono spiacente di informare i fan sfegatati dei Doors che attualmente quei nastri risultano essere smarriti). Fu una session soltanto, ma speravo che suonare insieme avrebbe continuato ad avere un effetto curativo.
2001
General Motors contattò di nuovo i Doors, offrendo stavolta la sbalorditiva cifra di 15 milioni di dollari per usare «Break On Through» in uno spot della Cadillac. A quel punto, la coraggiosa presa di posizione di Jim contro la Buick e l’America delle corporation era diventata un pilastro fondamentale della mitologia del gruppo. Anche noi l’avevamo sposata, perché – corrispondesse o no interamente alla verità – era una filosofia che ci sentivamo di appoggiare. Negli anni erano arrivate numerose altre offerte pubblicitarie che ci era stato abbastanza facile rifiutare per una questione di principio. Ma stavolta si trattava di QUINDICI MILIONI DI DOLLARI. Cosicché fissammo una riunione tra noi tre.
Ray, a essere franchi, aveva bisogno di quei soldi. Non che stesse per diventare un senzatetto o cose del genere, ma aveva preso delle cattive decisioni dal punto di vista finanziario investendo in alcuni progetti musicali che non erano mai decollati e quel contante extra gli sarebbe stato utile. All’inizio io non ero favorevole a fare lo spot della Cadillac – mi piaceva l’idea di resistere e di non concedere la nostra musica in licenza alla pubblicità. Ma Ray aveva bisogno di aiuto, e questo aveva la precedenza su qualsiasi nobile ideale io avessi riguardo alla purezza artistica. Non era solo la persona che aveva fondato la band grazie alla quale John e io eravamo diventati ricchi, era anche un mio amico. Avrei fatto esattamente la stessa cosa per John se fosse stato lui a trovarsi in stato di bisogno. Non voglio essere il tipo che dice a un amico che non può incassare qualche milione di dollari per una canzone che ha contribuito a scrivere.
Per John, invece, assumere quel ruolo non fu un problema. Disse che non potevamo fare lo spot perché Jim non lo avrebbe voluto e la band doveva proteggere la sua integrità. Probabilmente lo credeva sul serio, ma sospetto che almeno in parte provasse piacere nel poterla fare pagare a Ray. Co...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. SET THE NIGHT ON FIRE
  4. L’Henry Hudson Hotel
  5. La peggior capigliatura del rock’n’roll
  6. Attenzione allo sguardo che minaccia l’umanità intera
  7. I Doors fanno i cattivi
  8. Mandate le mie credenziali al penitenziario
  9. Il salotto di casa
  10. Il concerto dei disordini
  11. Guitarras Ramírez
  12. Tre parole
  13. Tra Clarke e Hilldale
  14. Militi ignoti
  15. La ricerca dell’illuminazione: parte prima
  16. Ronny
  17. La ricerca dell’illuminazione: parte seconda
  18. 11 minuti, 41 secondi
  19. Il dolore è una cosa che bisogna portarsi dietro, come una radio
  20. Il primo album
  21. Io e Willie
  22. Love street
  23. 1967
  24. Diamo da mangiare gelato ai topi
  25. The Teenage Awards Music International Show
  26. Strange Days
  27. Lynn
  28. Premio alla carriera
  29. Pam
  30. Un grande fraintendimento
  31. Carry me, caravan, take me away
  32. Festa della Resurrezione
  33. Waiting for the sun
  34. Ship of Fools
  35. È ora di puntare le tue frecce verso il sole
  36. Keep your eyes on the road, your hands upon the wheel
  37. Il Miami Incident
  38. Il club 27
  39. Inseguendo il drago
  40. Waylon
  41. The soft parade
  42. L’occhio nero
  43. Ali della follia
  44. Il processo
  45. Solo per te io canto
  46. Abbastanza per farci un film
  47. Morrison Hotel
  48. Jacaranda Blu
  49. Intrinsecamente immorali
  50. Le nuove creature
  51. L’altro processo
  52. L.A. Woman
  53. In tributo
  54. Other Voices e Full Circles
  55. Il re
  56. This is the End
  57. La migliore buca par tre in America
  58. An American Prayer
  59. Occupazione: musicista, organista
  60. Nirvana
  61. Ringraziamenti
  62. Crediti fotografici
  63. Copyright