Canto di Natale (Deluxe)
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Canto di Natale (Deluxe)

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
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Canto di Natale (Deluxe)

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Informazioni sul libro

Una grande storia sulla possibilità di cambiare il proprio destino. Una riflessione sull'equilibrio difficile fra il presente, il passato e il futuro. Una denuncia dello sfruttamento minorile e dell'analfabetismo. Ma soprattutto una favola, una delle più commoventi che siano mai state scritte. Protagonista è il vecchio e avido finanziere Ebenezer Scrooge - personaggio che servirà da modello per il Paperon de' Paperoni disneyano - che nella notte di Natale viene visitato da tre spettri. Lo indurranno a un cambiamento radicale, a una conversione che farà di lui uno dei più grandi personaggi letterari di tutti i tempi. Questo piccolo, amatissimo libro è un un'opera immortale, capace di mantenere inalterata nel tempo la fragranza della propria magia e del proprio spirito. Lo spirito del Natale, dell'infanzia, di ciò che è buono e rassicurante, ma anche prezioso abbastanza da volerlo proteggere a ogni costo.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2020
ISBN
9788831800808
Argomento
Literature
Categoria
Classics
TERZA STROFA

IL SECONDO DEI TRE SPIRITI

Scrooge si risvegliò nel bel mezzo del suo sonoro russare, si mise a sedere nel letto per riordinare i pensieri e sentì, senza che ci fosse bisogno di dirglielo, che la campana stava per suonare di nuovo l’una. Capì di essere tornato cosciente al momento giusto, allo scopo preciso di incontrarsi con il secondo messaggero mandato a lui tramite l’intervento di Jacob Marley. Ma avvertendo un fastidioso gelo calargli addosso mentre si chiedeva quale delle cortine il nuovo Spettro avrebbe spalancato, le scostò lui stesso con le sue mani; poi si rimise disteso e rivolse uno sguardo attento tutto intorno al letto. Voleva infatti sfidare lo Spirito nel momento della sua comparsa, e non desiderava essere colto di sorpresa e farsi turbare.
I gentiluomini di spirito libero, che si vantano di sapersela cavare e di saper sempre reagire in modo adeguato alle situazioni, riassumono il vasto raggio della loro predisposizione all’avventura dicendosi pronti a qualunque cosa, da una sfida a testa o croce all’omicidio; e tra questi estremi opposti senza dubbio si trova una gamma di circostanze piuttosto ampia. Senza che per Scrooge io mi azzardi a tanto, vi esorto a ricordare che era pronto per un’ampia gamma di strane apparizioni, e che nulla di compreso tra un neonato e un rinoceronte l’avrebbe molto sorpreso.
Ora, essendo preparato quasi a tutto, non era affatto preparato al nulla: e di conseguenza, quando la campana batté l’una e non apparve alcuna forma fu sopraffatto da un violento tremito. Passarono cinque minuti, dieci minuti, un quarto d’ora, e ancora niente. Per tutto questo tempo rimase disteso nel letto, al centro di un lampo di luce rossastra che gli ruscellava addosso quando l’orologio aveva battuto l’ora; e che, essendo soltanto luce, era più preoccupante di una decina di fantasmi, dal momento che Scrooge non riusciva a capire che cosa significasse o volesse, e a tratti temette di essere diventato un interessante caso di autocombustione senza avere la consolazione di saperlo.
Alla fine tuttavia cominciò a pensare – come voi o io avremmo pensato subito, perché è sempre la persona che non si trova in una data circostanza a sapere che cosa si sarebbe dovuto fare, e a farlo – alla fine, dico, cominciò a pensare che la fonte e il segreto di quella luce spettrale potessero trovarsi nella stanza accanto; dalla quale, a voler guardare meglio, la luce sembrava emanare. L’idea prese pieno possesso della sua mente e così lui si alzò piano e andò alla porta ciabattando.
Nel momento in cui la mano di Scrooge si posò sulla maniglia, una strana voce pronunciò il suo nome e gli disse di entrare. Lui obbedì e infilò la testa oltre la soglia.
Era la sua stanza. Non c’era alcun dubbio. Ma aveva subìto una trasformazione straordinaria. Pareti e soffitto erano così coperti di sempreverdi che sembrava un boschetto punteggiato di lucide bacche. Le foglie fresche di agrifoglio, vischio ed edera riflettevano la luce, come se vi fossero stati sparsi tanti specchietti; e nel camino ardeva una fiamma così intensa come quel tetro fossile di un focolare non aveva mai conosciuto al tempo di Scrooge, o di Marley, né in molti e molti inverni passati. Accatastati sul pavimento, a formare una sorta di trono, c’erano tacchini, oche, cacciagione, pollame, testina, enormi pezzi di carne, maialetti da latte, lunghe ghirlande di salsicce, pasticci, budini, bidoni di ostriche, castagne bollenti, mele dalle guance lustre, arance sugose, pere tronfie, immense torte e ciotole fumanti di punch, che annebbiavano la stanza con il loro delizioso vapore. Tutto contento, su quel sedile stava seduto un allegro Gigante, splendido a vedersi, che reggeva una torcia ardente simile a una cornucopia, e la reggeva in alto, molto in alto, per far ricadere la luce su Scrooge che era sbucato sulla soglia.
«Entra!» esclamò il Fantasma. «Entra! E vieni a conoscermi meglio!»
Scrooge entrò timidamente, e chinò il capo davanti allo Spirito. Non era il caparbio Scrooge che era stato; e anche se lo spettro aveva occhi limpidi e gentili, non gli piacque incrociarli.
«Io sono il Fantasma del Natale Presente» disse lo Spirito. «Guardami!»
Scrooge lo fece con grande reverenza. Indossava una semplice tunica, forse un manto verde scuro orlato di pelliccia bianca. La veste gli si posava così sciolta sul corpo che l’ampio petto era scoperto, come se disdegnasse di essere riparato o nascosto. I piedi, che spuntavano sotto le ampie pieghe della veste, erano pure scalzi: e sulla testa portava a mo’ di unico copricapo una ghirlanda di agrifoglio punteggiata qua e là da ghiaccioli scintillanti. I ricci scuri erano lunghi e liberi: liberi come il volto allegro, lo sguardo sfavillante, la mano aperta, la voce gioiosa, l’espressione spontanea, e l’aria lieta. Attorno alla vita portava un antico fodero privo di spada, e la vecchia guaina era divorata dalla ruggine.
«Non hai mai visto niente di simile a me?» esclamò lo Spirito.
«Mai» rispose Scrooge.
«Non hai mai frequentato i membri più giovani della mia famiglia; e intendo (perché io sono molto giovane) i miei fratelli maggiori nati in questi ultimi anni?» continuò il Fantasma.
«Non credo» disse Scrooge. «Temo di no. Avete molti fratelli, Spirito?»
«Più di milleottocento» disse il Fantasma.
«Che famiglia terribile da mantenere!» borbottò Scrooge.
Il Fantasma del Natale Presente si alzò, e Scrooge notò che vicino all’orlo della veste sembrava voler nascondere qualcosa. Gli parve di vedere l’artiglio di un grosso uccello o un piede molto più piccolo di quelli dello Spirito sbucare un istante dalla veste; ed essendo curioso di tutto ciò che riguardava quei visitatori ultraterreni, chiese allo Spirito che cos’era.
«Non sono tanti quanti potrebbero» rispose il Fantasma «quelli che si prendono la briga di saperlo o di chiederlo. Adesso non ha importanza. Sei pronto a venire con me?»
«Spirito» disse Scrooge umilmente «portatemi dove volete. Ieri notte sono andato di forza, e ho imparato una lezione che sta dando i suoi frutti. Stanotte, se avete qualcosa da insegnarmi, permettete che ne tragga vantaggio.»
«Afferra la mia veste!»
Scrooge fece come gli era stato detto, e strinse forte.
Agrifoglio, vischio, bacche rosse, edera, tacchini, oche, cacciagione, pollame, testina, carne, maiali, salsicce, ostriche, pasticci, budini, frutta e punch svanirono tutti all’istante. Così la stanza, il fuoco, il brillio rossastro, l’ora della notte; e si ritrovarono la mattina di Natale per le strade della città. Dove, poiché era molto freddo, la gente faceva una sorta di rozza, ma ritmica e non spiacevole, musica grattando la neve dal marciapiede davanti alle case e dai tetti; i ragazzi si divertivano come pazzi a vederla piombare sulla strada di sotto e spargersi in piccole tempeste artificiali.
Le facciate delle case erano nere, e le finestre ancora più nere, in contrasto con il liscio foglio bianco di neve sui tetti e con la neve più sporca a terra; l’ultimo strato era stato inciso da solchi profondi dal passaggio delle ruote pesanti di carrozze e carri, solchi che si incrociavano centinaia di volte dove si diramavano le grandi strade di passaggio, formando canali intricati difficili da distinguere nel denso fango giallo e nell’acqua gelida. Il cielo era gonfio, e le strade più strette erano soffocate da una nebbiolina sudicia, mezza sciolta e mezza ghiacciata, le cui particelle già pesanti calavano in una pioggia di atomi fuligginosi, come se tutti i camini della Gran Bretagna avessero preso fuoco d’intesa e stessero bruciando tutti contenti. Non c’era nulla di molto lieto nel clima o nella città eppure c’era un’allegria attorno che perfino la più limpida aria e il più splendido sole estivo avrebbero fatto fatica a diffondere.
Le persone che spalavano sui tetti erano festose e piene di gioia: si chiamavano dai parapetti e ogni tanto si scambiavano una scherzosa palla di neve – un proiettile molto più benevolo di tanti motteggi – e ridevano di tutto cuore se centrava il bersaglio, e non meno di cuore se lo mancava. I negozi di pollame erano ancora aperti; e i fruttivendoli erano radiosi di gloria. Appesi alle porte c’erano enormi, tondi, panciuti cesti di castagne fatti come panciotti di vecchi gentiluomini, come pronti a rotolarsi per le strade nella loro opulenza apoplettica. C’erano rubizze cipolle spagnole, con la faccia bruna e la vita larga, che brillavano di abbondanza come frati iberici, e dagli scaffali strizzavano l’occhio con malizia alle ragazze che passavano, e fissavano con modestia il vischio appeso. C’erano pere e mele accatastate in alte piramidi; c’erano cumuli di grappoli d’uva, appesi per benevolenza del negoziante a grossi ganci, così che i passanti avessero l’acquolina in bocca gratis; c’erano pile di nocciole, muscose e scure, che ricordavano con la loro fragranza antiche passeggiate nei boschi, e quel bel camminare, sprofondati fino alle caviglie, tra le foglie secche; c’erano mele al forno del Norfolk, grosse e scure, che accendevano per contrasto il giallo di arance e limoni, e con la densità della loro succosa persona invitavano e chiedevano con insistenza di essere portate a casa nei sacchetti di carta e mangiate dopo cena. Pesci d’oro e d’argento, esposti in una boccia tra queste squisitezze, anche se membri di una razza tetra dal sangue stagnante, sembravano sapere che stava succedendo qualcosa, e come un solo pesce giravano in tondo boccheggiando nel loro piccolo mondo, presi da una lenta, pallida eccitazione.
E i droghieri, oh, i droghieri! Quasi chiusi, con una o due serrande già montate, ma che visioni attraverso gli spazi ancora aperti! Non era solo il fatto che le bilance, calando sul bancone, facevano un rumore lieto, o che lo spago e la bobina si separavano con tanta rapidità, o che i barattoli venivano spostati con abilità da giocolieri, e nemmeno che l’aroma mescolato di tè e caffè era così piacevole al fiuto, o che le uvette erano così abbondanti e rare, le mandorle così straordinariamente bianche, i bastoncini di cannella così lunghi e diritti, le altre spezie così deliziose, la frutta candita così incrostata e maculata di zucchero fuso da far svenire e di conseguenza diventare biliosi i più freddi osservatori. E non era nemmeno il fatto che i fichi fossero succosi e gonfi, o che le prugne francesi arrossissero nella loro modesta asprezza dalle cassette a ricchi decori, o che tutto fosse buono da mangiare e vestito per le feste. Erano i clienti che, tutti così frettolosi e così agitati per la speranza e la promessa del giorno, si accatastavano sulla soglia urtando i cesti di vimini, lasciavano gli acquisti sul bancone, e tornavano indietro a prenderli, e facevano centinaia di simili errori con il miglior umore possibile, mentre il droghiere e i suoi erano così schietti e gentili che i lustri ganci con cui si chiudevano i grembiuli avrebbero potuto essere i loro cuori: indossati al di fuori perché tutti potessero guardarli e perché i corvi di Natale potessero dar loro una beccatina, volendo.
Ma ben presto i campanili richiamarono tutta la buona gente nelle chiese, ed ecco che se ne andarono, marciando per le strade negli abiti migliori, e con le facc...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prima strofa. Il fantasma di Marley
  4. Seconda strofa. Il primo dei tre spiriti
  5. Terza strofa. Il secondo dei tre spiriti
  6. Quarta strofa. L’ultimo degli spiriti
  7. Quinta strofa. Fine della storia
  8. Copyright