È assai probabile che nessuno spettacolo di tal fatta abbia mai acceso così tanta attenzione nell’opinione pubblica quanta il Giocatore di scacchi di Maelzel.1 Ovunque si esibisse, esso è stato oggetto di grande curiosità da parte di tutte le persone amanti del più puro speculare & ragionare. Eppure, la questione del suo modus operandi è tuttora aperta. Poiché sull’argomento non risulta scritto alcunché di definitivo, ovunque vi sono uomini di intelligenza spiccatamente pratica, di grande acume e profonda perspicacia che non si peritano di considerare quell’Automa una macchina perfetta – così indipendente nei suoi movimenti dall’intervento umano, e di conseguenza di gran lunga la più mirabolante invenzione mai partorita dall’umanità. E senza ombra di dubbio sarebbe così, se le loro congetture si rivelassero corrette. Sulla base di tale presupposto, sarebbe assurdo e grossier paragonare qualunque analoga invenzione del passato o del presente al Giocatore di scacchi. Eppure sono esistiti molti meravigliosi esemplari di automi. Le Letters on Natural Magic di Brewster2 forniscono una descrizione dei principali. Il primo meritevole di menzione è senza dubbio la Carrozza di Monsieur Camus,3 progettata per il divertimento dell’imberbe Luigi XIV. Nella sala dell’esibizione veniva piazzato un tavolo dalla superficie di circa 120 cm2: sopra di esso veniva posta una carrozza di legno lunga circa 15 cm e mezzo, trainata da due cavalli sempre di legno. Da un finestrino aperto si vedeva una nobildonna accomodata sul sedile posteriore. Un cocchiere a cassetta teneva le redini, mentre un domestico & un lacchè stavano sul retro della carrozza nei posti loro riservati. Allora Monsieur Camus tirava una molla ed, ecco, il cocchiere faceva schioccare la frusta e i cavalli partivano al trotto, lungo il bordo del tavolo tirando la carrozza dietro di sé. Percorsa una linea retta, la carrozza scartava di colpo a sinistra tracciando un angolo retto che le consentiva di proseguire nel proprio tragitto lungo il bordo del suddetto tavolo. La carrozza manteneva quella direzione finché non arrivava al lato opposto dove sedeva il giovane principe. Allora il veicolo si arrestava, il lacchè saltava a terra e apriva la portiera, la nobildonna scendeva a sua volta e porgeva una pergamena al suo sovrano. Quindi risaliva in carrozza. Il lacchè ritirava il predellino, chiudeva la portiera e tornava a occupare il proprio posto sul retro. Il cocchiere frustava i cavalli e la carrozza tornava al punto di partenza.
Anche del Mago di Monsieur Maillardet4 va fatta menzione. Al riguardo trascriviamo qua sotto il resoconto ricavato dalle Letters già citate del dottor Brewster, il quale attinge soprattutto alla Edinburgh Enclyclopaedia.5
Tra i più celebri congegni che abbiamo avuto la sorte di ammirare, c’è il Mago costruito da Monsieur Maillardet, in grado di rispondere a una serie di domande. Una figura vestita da mago compare seduta contro una parete, con una bacchetta in una mano & un libro nell’altra. Ci sono dei medaglioni ovali su cui è inciso un certo numero di domande, già prefissate, e lo spettatore sceglie quelle per cui desidera una risposta e le inserisce in un apposito cassetto. Il cassetto si chiude con una molla. Allora il mago si alza, china la testa, traccia dei cerchi in aria con la bacchetta, consulta il libro meditabondo, alzandolo verso il proprio volto. Cogitando così sulla domanda proposta, alza la bacchetta e con essa batte il muro sopra la sua testa, due battenti si aprono di colpo mostrando la risposta corretta. I battenti si richiudono, il mago riassume la posizione iniziale e il cassetto si riapre per restituire il medaglione. Ci sono in tutto venti medaglioni, ognuno con una domanda differente, e a ognuna di esse il Mago dà la risposta più consona e convincente. I medaglioni consistono in sottili ovali di ottone dalla forma ellittica, simili fra loro. Alcuni medaglioni recano una domanda per lato, e il Mago risponde a entrambe di seguito. Se il cassetto si chiude senza un medaglione al suo interno, il Mago si alza, consulta il suo tomo, scuote la testa e torna a sedersi. I battenti rimangono chiusi e il cassetto si riapre vuoto. Se nel cassetto vengono inseriti due medaglioni insieme, si dà la risposta soltanto alla domanda più in basso. Quando il meccanismo è caricato, i movimenti continuano per circa un’ora, durante la quale si può rispondere a una cinquantina di domande in modo autonomo. Stando all’inventore, i congegni con cui i vari medaglioni operavano per ottenere le risposte adeguate alle domande erano di un’estrema semplicità.
L’Anatra di Vaucanson6 era ancora più notevole. Costruita in scala naturale, era così somigliante all’animale vero da trarre in inganno tutti gli spettatori. Secondo Brewster, compiva tutte le azioni: mangiava e beveva con foga, eseguiva tutti i movimenti del capo e della gola tipici di un’anatra, e come i palmipedi veri intorbidiva l’acqua che beveva con il becco. Emetteva anche il caratteristico verso – quack! – in maniera identica. Nella struttura anatomica l’inventore aveva dimostrato una grandissima perizia. Ogni osso dell’anatra vera aveva un corrispondente nell’automa e le ali erano anatomicamente perfette. Ogni cavità, apofisi & linea era riprodotta in maniera fedele; ogni osso eseguiva i suoi movimenti. Quando venivano lanciati dei chicchi di grano, l’anatra allungava il collo per raccoglierli, li inghiottiva e li digeriva.7
Ma se queste macchine sono ingegnose, cosa dovremmo dire allora della macchina calcolatrice di Mr Babbage?8 Cosa dovremmo pensare di una macchina di semplice legno & metallo che non solo è in grado di effettuare arditi calcoli di carattere astronomico e nautico, ma lo fa con impeccabile esattezza matematica grazie alla capacità di correggere i propri errori? Cosa dovremmo pensare di una macchina che non solo è capace di tutto ciò, ma fornisce, tramite schede perforate, i suoi complicati risultati senza il minimo intervento dell’intelletto umano? Forse si obietterà che la macchina appena descritta è incomparabilmente superiore al Giocatore di scacchi di Maelzel. Invece è inferiore a esso; lo è se supponiamo (cosa che non andrebbe supposta nemmeno per una frazione di secondo) che il Giocatore di scacchi sia semplicemente una macchina ed esegua le sue operazioni senza il relativo intervento umano. I calcoli aritmetici o algebrici sono, per loro natura, fissi e determinati. Date certe premesse, ne conseguono inevitabilmente certi risultati. E questi risultati non dipendono da altro che dalle premesse che vengono fornite in origine. Così il problema da risolvere procede – o dovrebbe procedere – verso il risultato finale attraverso una successione di passaggi infallibili, immutabili e immodificabili. Sic stantibus rebus, possiamo senza difficoltà concepire la possibilità di realizzare un meccanismo che, iniziando a funzionare sulla base dei dati relativi al problema sottoposto, continui i suoi processi in modo regolare, progressivo e costante in vista della soluzione da fornire, dato che le sue procedure, per quanto complesse, non possono essere altro che finite e determinate. Ma il caso del Giocatore di scacchi è assai diverso. In esso non si dà una progressione predeterminata. Negli scacchi nessuna mossa segue necessariamente a un’altra. Dalla disposizione dei pezzi in un determinato momento del gioco risulta impossibile prevedere una successiva disposizione degli stessi. Effettuiamo la prima mossa in una partita di scacchi e mettiamola a confronto con i dati di un problema algebrico: l’incommensurabile differenza balzerà subito agli occhi! Partendo da certi dati, il secondo passaggio del problema ne consegue i-n-e-v-i-t-a-b-i-l-m-e-n-t-e. È modellato dai dati. È così & non altrimenti. Invece nel gioco degli scacchi alla prima mossa non segue per forza una seconda mossa particolare. Nel problema algebrico, a mano a mano che si procede verso la soluzione, la certezza delle operazioni rimane inalterata. Essendo il secondo passaggio una conseguenza dei dati forniti, il terzo passaggio è necessariamente conseguenza del secondo, il quarto del terzo, il quinto del quarto & così via, senza altre possibilità, fino alla fine. Ma in relazione al progresso compiuto nel gioco degli scacchi, c’è sempre l’incertezza di ogni mossa successiva. Dopo un certo numero di mosse, nessuna mossa è certa. Differenti spettatori consiglierebbero differenti mosse. Quindi tutto dipende dal giudizio variabile dei giocatori. Ora, anche garantendo (cosa che non si può garantire) che le mosse del giocatore meccanico di scacchi siano di per sé stesse determinate, esse verrebbero per forza di cose interrotte e disturbate dalla volontà indeterminata dell’avversario. Dunque, non esiste alcuna analogia tra le operazioni del Giocatore di scacchi e quelle della macchina calcolatrice di Mr Babbage, e se vogliamo considerare la prima una pura macchina, dobbiamo riconoscere che siamo di fronte alla più superlativa invenzione concepita dall’umanità in tutta la sua storia. Tuttavia, il suo inventore, nonché primo possessore, il barone Kempelen,9 non si peritava di affermare che era un “comunissimo dispositivo meccanico, une bagatelle, i cui effetti risultavano così strabilianti soltanto per l’audacia dell’invenzione e per la scelta fortunata dei metodi usati per promuovere tale invenzione”. Non è il caso di soffermarci su questo punto. È piuttosto certo che le operazioni dell’Automa in questione sono determinate da nient’altro che una mente umana. Perciò questo punto è soggetto a una dimostrazione matematica a priori. Dunque l’unico problema riguarda il come si perviene all’intervento umano. Prima di affrontare l’argomento, sarebbe opportuno fornire una breve storia & descrizione del Giocatore di scacchi a beneficio dei nostri lettori che non hanno mai avuto la possibilità di assistere a un’esibizione offerta da Mr Maelzel.
L’automa Giocatore di scacchi venne inventato nel 1769 dal barone Kempelen, un aristocratico di Pressburg in Ungheria,10 che in seguito lo cedette, insieme ai segreti sui suoi meccanismi, all’attuale proprietario. Subito dopo la sua realizzazione, si esibì a Pressburg, Parigi, Vienna & in altre città del continente europeo. Nel 1783 & ’84 Mr Maelzel lo portò a Londra. Negli ultimi anni ha fatto un tour nei principali centri degli Stati Uniti d’America. Ovunque andasse, la sua comparsa ha suscitato la più fervida curiosità, e molteplici sono stati i tentativi, da parte di persone di ogni estrazione sociale, di svelare l’enigma del suo funzionamento. Il disegno riprodotto qui sopra fornisce un’accettabile rappresentazione dell’Automa visto dai nostri concittadini di Richmond alcune settimane or sono. Certo, il braccio destro dovrebbe essere più disteso sopra il ripiano, su cui si dovrebbe scorgere una scacchiera e non il cuscino su cui poggia la pipa. Alcuni cambiamenti di second’ordine sono stati introdotti nell’abito dopo che Maelzel è entrato in possesso del Giocatore (per esempio, in origine il pennacchio sul capo non c’era).
All’ora prestabilita per l’esibizione una tendina si alza, oppure una porta scorrevole viene aperta e la macchina viene portata a circa tre metri e mezzo di distanza dallo spettatore più vicino: tra quest’ultimo e Lui (il Giocatore) viene teso un cordone. Si vede una figura vestita da turco, seduta, con le gambe incrociate, a una grossa cassa di legno (presumibilmente d’acero), che funge da tavolo. Se il pubblico lo chiede, il presentatore trasporterà la macchina in qualunque parte dello spazio riservato all’esibizione, lasciandola poi in un determinato punto, oppure la sposterà di volta in volta durante lo spettacolo. La parte superiore della cassa è notevolmente alzata rispetto al pavimento grazie a delle rotelle di ottone su cui si muove – in questa maniera si offre una prospettiva visibile dello spazio che sta sotto l’Automa. La sedia su cui poggia la figura è fissata alla cassa. Sopra il ripiano della cassa c’è una scacchiera, anch’essa fissata in modo stabile. Il braccio destro del Giocatore è completamente teso davanti a sé, ad angolo retto con il corpo, in una posizione all’apparenza rilassata, lungo il bordo della scacchiera. Il dorso della mano è rivolto verso l’alto. La scacchiera misura 18 cm2. Il braccio sinistro si piega all’altezza del gomito e la mano sinistra regge la pipa. Un tendaggio verde copre lo sfondo dietro il Turco, ricadendo in parte sulle sue spalle. A giudicare dall’aspetto esterno, la cassa è suddivisa in cinque scomparti – tre armadietti di dimensioni identiche & due cassetti che occupano la parte a essi sottostante. Questa descrizione si riferisce a come appare l’Automa la prima volta che viene presentato al pubblico.
A questo punto Maelzel annuncia al pubblico che mostrerà il meccanismo della macchina. Estrae di tasca un mazzo di chiavi e con una di esse apre lo sportello contrassegnato con il n. 1 nella rappresentazione sopra, e mostra all’attenzione di tutto il pubblico un vano completamente aperto. L’interno pare traboccare di rotelle, ingranaggi, leve & altri congegni, così ammassati che a malapena l’occhio riesce a districarli. Lasciando lo sportello aperto, Maelzel gira intorno alla cassa e alzando il tendaggio da dietro apre un altro sportello collocato esattamente dietro il n. 1. Tenendo una candela accesa davanti a questo sportello, e cambiando contemporaneamente la posizione della macchina più volte, diffonde la luce per tutto il vano che appare pieno, pienissimo di congegni. Gli spettatori sono soddisfatti e allora Maelzel chiude lo sportello posteriore, dà un sonoro giro di chiave, estrae la chiave, lascia che il tendaggio ricada sull’Automa, e ritorna davanti al pubblico. Si tenga presente che lo sportello anteriore n. 1 è ancora aperto. Adesso il presentatore passa ad aprire il cassetto che si trova in basso, sotto gli sportelli 1, 2, 3; benché sembri che ci siano due cassetti, in realtà ce n’è uno solo, le due maniglie & i due fori sono soltanto di bellezza. Una volta aperto questo cassetto in tutta la sua lunghezza, compaiono un piccolo cuscino e una serie di pedine fissate su un supporto appositamente studiato per tenerle dritte. Lasciati il cassetto & il vano n. 1 aperti, Maelzel passa ad aprire gli sportelli n. 2 & 3, che si scoprono essere un unico pannello scorrevole che mostra un ampio scomparto. Tuttavia, a destra (cioè alla destra dello spettatore), spicca un piccolo vano, separato da una parete divisoria, largo circa 15 cm, pieno zeppo di congegni. Lo scomparto principale (ovverosia quella parte della cassa visibile aprendo gli sportelli 2 & 3 – la chiameremo sempre “scomparto principale”) è foderato di tessuto nero ed è privo di marchingegni – a parte due pezzi d’acciaio a forma di quadrante, collocati ciascuno alle estremità posteriori dello scomparto. Una piccola sporgenza di circa 20 cm2, anch’essa ricoperta di velluto nero, appare alla base d...