La casa delle bugie
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La casa delle bugie

  1. 448 pagine
  2. Italian
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La casa delle bugie

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Informazioni sul libro

John Rebus è in pensione da un pezzo, ma la sua memoria no. Per questo, quando si diffonde la notizia che nei boschi di Edimburgo quattro ragazzini hanno trovato un cadavere dentro un'auto, lui sa già che si tratta di una Polo rossa e che il corpo appartiene a Stuart Bloom. Ha le manette ai piedi, ed è evidentemente morto da tempo. La sua scomparsa, in effetti, risale a dieci anni prima, quando le ricerche della polizia si erano risolte in un nulla di fatto. Rebus ricorda bene quella storia: la rabbia della famiglia Bloom, le accuse di corruzione piovute sulla sua squadra Certi casi, lui lo sa, ti seguono fino alla tomba. Però all'epoca quella zona era stata perlustrata a fondo, "decine di uomini, centinaia di ore". Perché solo ora il ritrovamento?
La detective Siobhan Clarke, oggi alla guida del caso, cammina su un filo di seta; l'indagine precedente ha lasciato dietro di sé troppi punti oscuri, un magma denso di bugie e di segreti insabbiati. E dato che a condurla c'era anche John Rebus, vecchio amico di Clarke e discussa leggenda della polizia scozzese, mettersi ora a scavare nel passato è quasi un azzardo.
Ancora una volta Ian Rankin costruisce con grande abilità un impianto narrativo complesso, una casa degli specchi che confonde e disorienta il lettore, un teatro delle ombre al cui centro c'è di nuovo lui, John Rebus, chiuso in un bozzolo di scetticismo e nostalgia, ora tormentato dalla vecchiaia. Ma sempre unico e dolorosamente umano.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
ISBN
9788858698846

Venerdì

14

Morris Gerald Cafferty viveva in un attico a Quartermile, dalla parte opposta dei Meadows rispetto alla casa di Rebus. Quest’ultimo legò Brillo all’ingresso e suonò il citofono. Sopra il pulsante c’era la lente di una telecamera. Rebus si avvicinò, sapendo che qualcuno lo osservava in un piccolo monitor.
«Sì?» La voce di Cafferty.
«Hai un minuto?»
«Non proprio.» Ma il portone si aprì lo stesso. Rebus prese l’ascensore. L’ultima volta che era stato lì, era stato preceduto di qualche minuto da Darryl Christie, armato e deciso a eliminare il suo rivale. Ma Cafferty aveva avuto la meglio. Adesso Christie era in prigione e Cafferty spadroneggiava a Edimburgo, dall’alto del suo attico, protetto da custodi e telecamere.
La porta dell’appartamento era aperta e Rebus entrò. Un breve corridoio portava in un open space, dove Cafferty stava armeggiando con una caffettiera.
«Non ricordo come lo prendi.»
«Così com’è.»
«Senza zucchero?»
«Senza zucchero.»
«Quando si è arrivati a un’età come la nostra, bisogna stare attenti.» Cafferty porse una tazza bianca a Rebus e lo esaminò da capo a piedi. «Non mi sembri messo male per essere un malato cronico.»
«Anche tu ti difendi, purtroppo.»
A dire il vero Cafferty era in gran forma. Aver riconquistato Edimburgo lo aveva ringiovanito di diversi anni. Era sempre stato massiccio, ma adesso sembrava muoversi con più scioltezza.
«C’è una palestra qui davanti» spiegò, dandosi una pacca sullo stomaco. «Quando posso ci vado. E tu hai sempre quel botolo?»
«L’ho parcheggiato qui fuori. Se qualche sera guardi giù dal tuo terrazzo, ci dovresti vedere in Jawbone Walk. Immagino gli affari vadano bene.»
«La gente non beve più come una volta. Gestire dei locali è sempre un salto nel buio.»
«E i minicab? L’autolavaggio? Gli affitti?»
«Vedo che ti tieni aggiornato.»
«Però ho saputo che il locale che hai rilevato da Christie se la passa male.»
«Il Devil’s Dram?» Cafferty alzò le spalle. «Ci sono alti e bassi, John. Sto pensando di concentrarmi più sul gin che sul whisky.»
«Dubito che te ne sbarazzerai. Dopo tutto quello che hai fatto per metterci le mani sopra…»
«Sei mai andato a trovare Darryl?»
Rebus scosse la testa. «E tu?»
«Ho provato una volta, ma non ha voluto vedermi.»
«Non avevi paura che una volta dentro a Barlinnie non ti avrebbero più fatto uscire?»
«Sono un onesto uomo d’affari, John, come ha detto il giudice durante il processo.»
«Dimentichi che ha usato le virgolette.»
«Il tono di voce non finisce nero su bianco.» I due erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. In altri tempi avrebbero già pensato a dove colpirsi per farsi più male, ma ormai potevano bastare le parole. Cafferty indicò un televisore alle spalle di Rebus, sintonizzato su un canale di news. Il volume era al minimo, ma potevano vedere la faccia di Catherine Bloom.
«Ci prende troppo gusto» commentò Cafferty. «Tutte queste attenzioni… pensa che diano un senso alla sua vita.»
«Ha lottato per anni.»
«Anni che avrebbe potuto dedicare a se stessa. Quella donna non ha più niente dentro. Non dirmi che non lo pensi anche tu.» Cafferty aveva preso una delle sedie di acciaio sotto il tavolo dal piano di cristallo. Si sedette e aspettò che Rebus facesse lo stesso. «Immagino che sia lei il motivo per cui sei venuto qui.»
«Per cosa, altrimenti?»
Cafferty sorrise, lieto di averci visto giusto. «Adesso che si è trovato il cadavere, riesamineranno il vecchio caso. Ma come ti ho detto allora, io non c’entro.»
«Mi chiedo che fine abbia fatto Conor Maloney.»
Cafferty allungò una mano. «Dammi il cellulare e ti faccio vedere come si usa Google.»
«Ho cercato anch’io. Sembra che sia in giro per il mondo.»
«Infatti l’ultima volta che ho avuto sue notizie era in crociera. In esilio fiscale, diciamo così.»
«Questo quando?»
«Quattro o cinque anni fa. Nel frattempo penso che abbia fatto qualche mossa sbagliata.»
«In che senso?»
«Cercando di farsi amici in Sud America. Droga e soldi non mancano, ma quella gente non ama i giochetti. E Conor non gli è piaciuto.»
«Quindi è in fuga?»
«Dal fisco sicuramente. Non mi risulta però che abbia alle calcagna i colombiani – e nemmeno la polizia irlandese, se è per questo. Sta solo tenendo la testa bassa, godendosi la meritata pensione.»
«Non ha più rapporti con Adrian Brand?»
«A Conor piaceva l’idea dei campi da golf, ma si è stufato subito.»
«Cosa avrebbe fatto se avesse saputo che un investigatore privato stava ficcanasando in giro?»
«Me l’hai già chiesto allora, John.»
«Ma adesso che è stato ritrovato il cadavere di Bloom…»
«Non sono affari miei.»
«Quando ti ho interrogato dodici anni fa, mi ricordo che cercavi di attirare la nostra attenzione su un clan di Aberdeen, quello dei Bartolli. Se li avessimo presi di mira ti avremmo fatto un favore.»
Cafferty sorrise. «Tentar non nuoce. Com’è il caffè?»
«Un po’ moscio, come le tue risposte.»
«È un decaffeinato. Fa bene alla pressione. Se vuoi ci posso aggiungere qualcosa di più forte.»
«Posso farne a meno.»
«Non ne dubito.» Cafferty si passò una mano sul cranio rasato. Era tondo come una palla da bowling, e aveva delle pieghe di grasso alla base del collo. Tagli e cicatrici raccontavano una storia di violenza che risaliva all’infanzia. Da adolescente era entrato nel crimine organizzato, si era fatto le ossa e, con un po’ di fortuna e grazie alla capacità di imparare, aveva incominciato a fare carriera. Probabilmente c’erano stati momenti nella sua vita in cui avrebbe potuto fare scelte diverse, ma non le aveva fatte. Aveva sbaragliato i suoi rivali, era stato in prigione, e adesso se ne stava nel suo attico, solo e probabilmente ancora insoddisfatto. Rebus non poté fare a meno di pensare al proprio appartamento, alle passeggiate notturne, alla solitudine. Morris Gerald Cafferty era sempre stato la sua ombra.
«Pensi che vorranno interrogarmi?» stava chiedendo Cafferty.
«È possibile.»
«Chi dirige le indagini? Uno che conosco?»
«L’ispettore capo Graham Sutherland.»
«Prima stava a Inverness?»
«Non lo so.»
«Sono abbastanza sicuro che sia lui. Anche se non l’ho mai incrociato di persona.»
«Con lui c’è anche Siobhan Clarke.»
«È sempre un piacere avere a che fare con Siobhan. Esce ancora con Malcolm Fox?»
«Non sono mai stati insieme.»
«Mi avevano detto il contrario.»
«Se è un’informazione per cui hai sborsato dei soldi, fatti rimborsare.»
«E Fox è sempre a Gartcosh?»
«Hai cercato su Google?»
«Touché.» Cafferty sorrise, grattandosi la mascella. «Immagino che vorranno parlare con me. Come ti ho già detto, ho messo dei soldi in un film di Jackie Ness.» Rebus annuì. «A dire il vero è stato Billy Locke a chiedermelo. Billy era il suo socio d’affari, sempre alla ricerca di nuovi angeli, come diceva lui. Ti offriva una buona cena, ti riempiva la testa di chiacchiere, e a quel punto decidevi se tirare fuori il libretto degli assegni.»
«Il libretto degli assegni?» chiese Rebus in tono scettico.
«Hai ragione. Io usavo solo contanti. Non che ci abbia investito molto, ma i soldi mi sono tornati con gli interessi. Mi avevano chiesto se volevo il mio nome nei titoli di testa, ma gli ho detto di no.»
«Perché?»
«Perché nel frattempo era scomparso Stuart Bloom.»
«E non volevi che qualcuno facesse il collegamento.»
«Non c’era nessun collegamento da fare. Ma hai ragione, la gente ci avrebbe pensato.»
«Che film era?»
«Un horror con zombi e guerrieri in kilt.»
«Lo stava giusto vedendo Siobhan Clarke. Sapevi che tra le comparse ci sono Bloom e il suo fidanzato?»
«Non lo sapevo. Devo averne una copia da qualche parte.»
Rebus guardò il televisore: accanto non c’erano lettori DVD. «Però non sapresti come vederlo.»
«Perché dovrei? Era una stronzata.»
«Ness ti ha mai chiesto di aiutarlo in altro modo?»
«Contro Adrian Brand, vuoi dire? Ti ripeto, con tutta questa storia non ho niente a che fare.»
«Non mi hai risposto.»
«Può avermelo chiesto e posso avergli risposto di no.»
«Avevi paura di Conor Maloney e della sua milizia paramilitare?»
Cafferty sbuffò. «Dovresti conoscermi, John.»
«Se il progetto del campo da golf fosse andato in porto, con i soldi di Maloney, per lui sarebbe stato il primo passo, giusto?»
«Te lo vedi quello lì a Edimburgo?» Cafferty fece un gesto sprezzante con la mano.
«Allora come sono diventati amici lui e Brand?»
«Per via di qualche campo da golf in Irlanda di cui erano soci entrambi. Brand voleva fare un country club qui da noi.»
«Come ti sei sentito quando si è rivolto a Maloney e non a te?»
«È acqua passata, John.»
«Continui a non rispondermi. Minacciato? Incazzato per l’affronto e la mancanza di rispetto?»
Cafferty sbadigliò ostentatamente. «Penso che sia un po’ troppo presto per il decaffeinato e troppo tardi per queste chiacchiere.» Tirò indietro la sedia e si alzò. «Comunque ho delle cose da fare, e tu avrai il tuo cane da portare a spasso.»
Sul televisore Catherine Bloom era stata sostituita da una ripresa aerea dei Poretoun Woods, con una vecchia foto di Stuart nell’angolo in alto a destra dello schermo.
«Ness voleva che comprassi questo posto, sai» commentò Cafferty. «La fregatura era che avrei dovuto impegnarmi a ristrutturare sia la casa che il bosco. Aveva già programmato tutto.»
«Quindi sei stato a Poretoun House?»
«Dopo che è stata venduta non ci sono più tornato.»
«E i boschi?»
«Solo una volta, per assistere alle ripr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La casa delle bugie
  4. Martedì
  5. Mercoledì
  6. Giovedì
  7. Venerdì
  8. Sabato/Domenica
  9. Lunedì
  10. Martedì
  11. Mercoledì
  12. Giovedì
  13. Venerdì
  14. Sabato
  15. Epilogo
  16. Copyright