Il destino di una famiglia
eBook - ePub

Il destino di una famiglia

La saga del Café Engel

  1. 480 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il destino di una famiglia

La saga del Café Engel

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Wiesbaden, 1945. La guerra è agli sgoccioli, e quando Hilde Koch riemerge dal rifugio antiaereo dopo l'ultimo, devastante bombardamento che ha messo in ginocchio la sua città, stenta a credere alla sua fortuna: il Café Engel è ancora lì al suo posto, un po' ammaccato ma è lì, come se un miracolo avesse voluto salvare dalla distruzione la caffetteria dei suoi genitori, quel posto a un passo dal Teatro dell'Opera da sempre pieno di vita, frequentato da cantanti, attori, musicisti, direttori d'orchestra. E allora contro ogni buon senso, perché ora, nella Germania sconfitta e occupata dagli americani, è persino difficile trovare la polvere di caffè, la giovane Hilde si mette in testa di riaprire il locale. Per trasformarlo, in mezzo a tutta quella desolazione, in un'isola di speranza. Perché tutti, lì, di speranza hanno bisogno, a cominciare da lei che è rimasta sola dopo la partenza del soldato francese da cui aspetta un figlio. È un microcosmo straordinario, il Café Engel, una casa ritrovata per chi ha perso quasi tutto - che sia un tetto, o una gamba, o il senso del futuro. Come ogni casa è attraversata da risate improvvise, e un attimo dopo adombrata dalle sofferenze che non si riesce più a nascondere. Ma è pur sempre un approdo, nel deserto lasciato dalle macerie di questa cittadina di provincia; e verso le sue finestre illuminate, come attirati da una calda promessa che possa lenire l'orrore visto e scampato, si incamminano in tanti.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il destino di una famiglia di Marie Lamballe in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura storica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
ISBN
9788858699034

1945

Hilde

Wiesbaden, 3 febbraio 1945, notte
«Ecco, è la fine» piagnucola Louise Drews stringendo a sé i figli. «Distruggeranno tutto, non resterà niente.»
«Stia zitta!» le intima mamma. «Così attira le disgrazie.»
Un’esplosione scuote il rifugio antiaereo. Else prende Hilde per le spalle, le fa abbassare la testa. Dal soffitto della cantina si staccano frammenti d’intonaco. La luce delle grosse candele trema e minaccia di spegnersi. I rifugiati, stretti uno accanto all’altro con coperte e cuscini, si mettono a sedere, ascoltano in silenzio. Nessuno fiata, si sente solo il vagito di un neonato. Sono in stato di allerta, da ore attendono in quella cantina che una bomba faccia cadere il soffitto sulle loro teste. È una cosa bizzarra. Incredibile, a pensarci! Hilde si sente come se non fosse lei, come se stesse interpretando un ruolo in un film. Non si muore alla sua età, e con un bambino nella pancia per giunta!
«Si trovi un altro posto!» ha appena urlato la Drews rivolta a Teubert, l’addetto alla protezione antiaerea, indicando i due figli piccoli Karl e Sabine. «Se arriva un altro colpo forte, cade proprio addosso ai miei bambini!» E Teubert, che di solito è un prepotente, si accovaccia muto sul pavimento e si ficca le dita nelle orecchie.
Che strano, pensa Hilde. Uno si aspetta che la gente, quando affronta un reale pericolo di vita, dica cose molto sagge e significative. Invece qui si dicono solo sciocchezze. Gisela, seduta accanto a lei, mormora una preghiera. «Padre nostro, che sei nei cieli...» Sempre la stessa, perché non ne conosce altre. Julius Kluge, accorso da Webergasse, non fa che raccontare a tutti che anche suo figlio è aviatore e ha partecipato al bombardamento dell’Inghilterra. Come se a qualcuno interessasse.
Ore dopo l’attacco sembra cessato, anche se a tratti vengono ancora giù pezzi di intonaco dal soffitto. Le candele sono consumate quasi del tutto. Si accorgono solo adesso che l’aria nel rifugio si è fatta irrespirabile. La vecchia signora Knoll ha gli occhi chiusi e non si muove, Gisela mormora che si sente male, deve dare di stomaco. Qualcuno deve essersela fatta addosso, perché c’è una puzza tremenda.
Teubert si alza con estrema cautela, si avvia ingobbito in mezzo alla gente stipata, verso la porta. Hilde osserva i suoi movimenti con attenzione. Al secondo tentativo – trema come una foglia – riesce a levare il catenaccio, poi infila piano la chiave nella serratura. L’odore di bruciato invade il sotterraneo.
«Oh, Dio» mormora sua madre. Si è alzata in piedi e vacilla, Hilde deve aiutarla a non cadere.
Tutti si affollano alla porta, Teubert cerca di uscire e altri lo seguono, mentre la corrente d’aria spegne definitivamente le candele.
«Le pale!» grida qualcuno. «Qui è pieno di macerie.»
Nella catastrofe hanno fortuna: riescono a liberare l’uscita dopo aver spalato per un po’. Un gran calore li colpisce in faccia mentre escono alla spicciolata dal sotterraneo. Si ritrovano in mezzo all’inferno. Fiamme rossastre fuoriescono dalle finestre, ormai ridotte a buchi neri, delle case circostanti.
Hilde e sua madre riescono a fatica ad arrampicarsi sopra i cumuli di macerie da cui si leva ancora il fumo. Gli incendi infuriano tutt’intorno. Cadono pietre, i muri delle case cedono come pezzi di cartone. È notte, una gelida notte di febbraio, il sole sorgerà fra qualche ora. Chi è in grado di farlo, si fa strada fra i detriti chiamando i parenti, vaga senza meta per la città. Dal cielo continuano a precipitare alcune sporadiche bombe, si sente ancora il rombo degli aerei.
«Gisela, sei tu?»
Hilde fatica a riconoscere l’amica, nel buio rischiarato a tratti da lampi di una luce infernale. Gisela e sua madre, Johanna, fissano sbigottite i resti fumanti della loro casa. Johanna si aggrappa al braccio della figlia. La speranza è svanita, per loro, l’intera Webergasse è stata rasa al suolo, e gli edifici circostanti non sono che rovine in cui ancora imperversa il fuoco. Da tutte le parti si vedono persone vagare come anime perse, uscire frastornate da montagne di detriti in cerca della strada che alcune ore prima era proprio lì. C’è chi si porta dietro un fagotto, un borsone: tutto ciò che è rimasto loro o che sono riusciti a mettere in salvo. È un’immagine irreale: gli scheletri anneriti delle case distrutte, illuminati dalle fiamme. Forse si tratta di un sogno, pensa Hilde. Fra poco mi sveglierò e sarà tutto come prima...
«Andiamo dai miei nonni» dice Gisela. «Venite con noi.»
«Magari il Café Engel è ancora in piedi» obietta la mamma.
«Ora non potete andarci di certo. Ci sono incendi dappertutto.»
Con gli occhi seccati dal calore, guardano nella direzione della Wilhelmstrasse. Non vedono che pietre e muri sbriciolati, non c’è modo di andare da quella parte, non per stanotte, almeno. Ma Hilde non si rassegna, vuole vedere cos’è successo: Addi, Julia e la Künzel si sono rifugiati in cantina, invece di andare con loro al rifugio antiaereo in Webergasse. Poi si accorge che sua madre ha preso sotto braccio la madre di Gisela, e capisce che c’è bisogno anche di lei. Ieri sono venute a sapere che il padre di Gisela è morto, e oggi hanno perso tutto. Johanna Warnecke è allo stremo. Hilde si rassegna: se anche il Café Engel è stato bombardato, ormai lei non può farci niente. Insieme si avviano sostenendo la vedova esausta, sentono appena il freddo, temono soprattutto la ripresa del bombardamento. Arrivano fino a Kirchgasse, dove molti edifici sono rimasti intatti. Un poco rinfrancate raggiungono la casa dei nonni di Gisela, suonano alla porta, aspettano a lungo che l’anziana coppia venga ad aprire. Poco dopo, eccole sedute tutt’e quattro nel minuscolo soggiorno, a raccontare con voce stentata, non trovando le parole. La madre di Gisela si è ripresa un po’, ma è ancora come impietrita. Bisogna tenere duro, dice, sopportare anche le prove più difficili, perché lei ha la certezza che alla fine Adolf Hitler condurrà la Germania alla vittoria finale. Ci crede fermamente. Else e Hilde non dicono nulla al riguardo, anche Gisela resta in silenzio. La parola vittoria suona piuttosto bizzarra in mezzo alle macerie di una città distrutta. Solo i più fanatici credono ancora ai discorsi di Hitler e dei suoi seguaci. Chi ha un briciolo di lucidità ha già capito che la fine è prossima. La fine di una guerra terribile, e anche del Terzo Reich. E non sarà piacevole, i vecchi già lo sanno: loro hanno vissuto la fine di un altro regime e un’altra guerra mondiale. Eppure, nulla può esser stato più spaventoso di queste notti sotto le bombe, in cui le persone bruciano nelle loro case o soffocano in cantine e rifugi antiaerei.
Non riescono a dormire. Hanno paura che l’inferno ricominci. Sono stordite: immagini continuano a scorrere nella loro memoria, ombre nei loro occhi, il ricordo delle sirene ferisce ancora le orecchie. Quando finalmente si arrendono all’oblio ristoratore del sonno, la luce del mattino, fredda e azzurra, già trapela dalla finestra.
Al risveglio, Hilde non sa dove si trova. Poi nota stupita di non avere i soliti fastidi mattutini. La nonna di Gisela ha preparato un tè alla menta, il caffè ormai ce l’ha solo chi ha conoscenze in alto loco. Anche il pane scarseggia, Hilde ne mangia mezza fetta e si accorge con disagio che la nonna di Gisela la guarda con occhi di fuoco.
«Vi ridiamo tutto. La casa è ancora in piedi...» tenta di rassicurarla Hilde.
Un’affermazione azzardata, ma alla quale lei e sua madre si aggrappano con tutte le forze.
«Dovete muovervi» dice il nonno di Gisela. «Se arrivate troppo tardi, non trovate più niente.»
«Ha ragione!» esclama Hilde rivolta a sua madre.
Nell’attuale caos in cui versa il quartiere del Kurpark, gli sciacalli imperversano. La guerra fa venir fuori la natura profonda delle persone, e i vili sono sempre in soprannumero. Gisela e Johanna Warnecke prendono la carriola del nonno e anche la carrozzina di Gisela, riposta da anni nella rimessa. Else aiuta Johanna a trascinarle, Gisela prende sottobraccio Hilde, che d’un tratto ricomincia a sentirsi male. Il nonno le segue a una certa distanza: la gamba rigida gli impedisce si stare al passo.
«Povera Germania» borbotta. «Sono rimasti solo donne e storpi! Pure i ragazzini hanno chiamato in guerra... Fa’ che senta parlare solo un’altra volta di Volkssturm
«Sta’ zitto» gli dice sua moglie.
Nel quartiere del Kurpark le macerie sono ancora roventi, ricoperte di polvere e fumo. L’odore è terribile: legno, carta da parati, poltrone e capelli umani bruciati tutti insieme. È l’odore di un’epoca di pace e prosperità che si è conclusa per non tornare. È odore di morte. Su una casa di Wilhelmstrasse si legge ancora lo slogan CON IL FÜHRER VERSO LA VITTORIA FINALE! Ufficiali in uniforme bruna – vecchi oppure ragazzini – corrono qua e là cercando di portare soccorso. Dapprincipio vogliono bloccare le quattro donne, dicono che è pericoloso proseguire in quella direzione, perché ci sono edifici che minacciano di crollare.
«Siamo dirette al Café Engel» dice Else.
I due militari si scambiano un’occhiata. Uno, avrà sedici anni, si passa le dita fra i capelli biondi. Hanno entrambi il volto coperto di fuliggine. Hilde e sua madre aspettano col cuore in gola, gli occhi spalancati. Da qui non si vede bene dove sono cadute le bombe. L’unica cosa sicura è che il teatro e il Kurhaus, il maestoso stabilimento termale, sono stati colpiti.
«Café Engel?»
«È il civico 65. Vicino all’incrocio con Burgstrasse.» Else ha la voce rotta, è sul punto di cedere; e se fosse davvero tutto ridotto a un mucchio di ceneri ancora fumanti? E Addi, e Julia, e la Künzel...
«Andate. Ma state attente.»
Ripartono a passi cauti in mezzo ai calcinacci. Il paesaggio è spettrale. Tra le pietre si vedono oggetti carbonizzati, pezzi di mobilia, stoviglie, un cestino per il cucito quasi intatto, una bambola di porcellana coi capelli tutti bruciati... Gli sfollati vagano fra le macerie, scavano con pale e bastoni, litigano per una pentola, per due pezzi di carbone. La confusione è tale che nessuno sa più quali siano le macerie di casa sua. Un cane dal manto chiazzato le raggiunge saltellando, annusa il cappotto di Hilde e poi cammina per un pezzo dietro di loro. Pian piano l’orizzonte si libera. Hilde si ferma, strizza gli occhi, guarda di nuovo per essere sicura.
«Credo sia ancora in piedi, mamma» dice piano. Le trema la voce.
Si avvicinano senza dire niente, col cuore che rimbomba nelle orecchie. Guardano la facciata annerita dello stabile. Perfino l’insegna, ogni singola lettera, è ancora al suo posto.
«Dio santo... mi gira la testa!»
Else resta lì immobile e socchiude gli occhi. Se non è un miraggio, allora il destino ha deciso di usare loro particolare clemenza. Il numero 65 è l’ultimo dell’esigua schiera di edifici rimasti al loro posto. Della sartoria Schäfer, sulla destra, non resta che un pezzo annerito di facciata. Dell’Hotel Kaiserhof neanche quello. Ma il Café Engel, a pochi metri di distanza, è stato risparmiato. Certo, la scritta sopra l’ingresso non è più dorata, ma nerastra. Il bell’angioletto con la tazza in mano pende da un gancio solo ed è pieno di fuliggine. In piedi vicino all’ingresso c’è Adalbert Dobscher, l’ex cantante d’opera, che adesso vive in due camere nel sottotetto. I capelli bianchi che di solito porta ben pettinati all’indietro gli ricadono in ciocche sporche sulla faccia. Regge in mano un bastone da passeggio dall’impugnatura massiccia. Un cliente lo ha dimenticato al caffè anni prima, e da allora ha condotto un’esistenza solitaria nel portaombrelli accanto alla porta.
«Ma che ci fa lì?» domanda Gisela.
«La porta è rotta» dice Hilde, che ha spirito di osservazione. «Il vetro è andato in pezzi.»
«Santo cielo» farfuglia sua madre. «Sta facendo la guardia! Fa quasi paura.»
Ridono dal sollievo, per un momento sono felici: provano l’impulso di abbracciarsi. Il Café Engel è sopravvissuto, c’è Addi Dobscher di guardia, che si può volere di più? Si affrettano spingendo la carriola e la carrozzina in mezzo ai detriti ed evitando due giovani in uniforme che portano una barella. Sopra c’è una coperta grigia dalla quale spunta un braccio senza vita, che oscilla malamente mentre i due arrancano tra i calcinacci. Il bombardamento ha fatto un numero ancora imprecisato di vittime.
«Uno di quei due è Walter» osserva Gisela con voce cupa. «Si sono presi anche lui. La contraerea.»
Walter è il fratello minore del fidanzato...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il destino di una famiglia
  4. PRIMA
  5. 1945
  6. Copyright