È l’alba. È il momento magico cantato dai poeti, l’attimo intenso di separazione tra un prima e un dopo, tra il buio e la luce. L’affiorare del primo chiarore che anticipa l’arrivo del Sole. Per molto tempo così è stata pensata e cantata l’alba. La luce diffusa che precede l’affacciarsi della nostra porzione di Terra al Sole. Che sia la prima aurora che ci ha impressionato da ragazzi, o una fra tante, che sia osservata dal bordo del mare o dall’oblò della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dove si presenta diciotto volte al giorno per effetto della velocità orbitale, che sia immaginata sul microscopico pianeta del piccolo principe, dove di levar del sole e di tramonti se ne possono avere a volontà, il momento dell’alba mescola sottilmente staticità e movimento. Assomiglia all’altalena giunta al massimo dell’oscillazione, al carrello delle montagne russe quando, impercettibilmente, si avvicina alla prima, precipitosa discesa verso l’imprevedibile percorso che l’attende.
Eppure, lo sappiamo che le cose sono diverse da come appaiono. L’alba sembra correrci incontro, ma siamo noi che andiamo verso la luce, trasportati dalla rotazione del pianeta. Siamo noi che spuntiamo, in realtà, non il Sole. Noi che ci intrufoliamo finalmente nel cono luminoso della nostra stella, uscendo dall’ombra che la Terra fa a sé stessa ogni notte. Allo stesso modo, la scienza ribalta le nostre prospettive, ci trasporta verso una comprensione che spesso ci allontana dal senso comune.
Se l’alba è un inizio, questo libro vuole accompagnarci alla scoperta di una serie di inizi, di rivelazioni, di cambi di prospettiva. Un viaggio per capire come sia cambiata la nostra comprensione delle cose, come riusciamo a vederle da un altro punto di vista.
La scienza punta a superare i limiti di ciò che è noto, ovunque questi limiti si trovino. Come l’esploratore cerca nuove terre, così la ricerca si estende nel tempo, oltre che nello spazio, con l’obiettivo di capire come sono fatte le cose, quali leggi le descrivano, quale causa produca quale effetto. È proprio grazie alla scienza che negli ultimi secoli la nostra visione del mondo e del nostro posto nell’universo è cambiata in modo radicale, offrendoci orizzonti inaspettati. È stato uno sforzo colossale, dovuto all’ingegno e alla dedizione di individui straordinari, accompagnato dal lavorio intenso e determinato di una vasta comunità scientifica. L’esito di questo sforzo è stato però impressionante, il suo valore inestimabile: ci siamo potuti emancipare, passo dopo passo, dopo innumerevoli tentativi ed errori, da visioni e concetti a volte basati su miti e superstizioni, a volte su ingannevoli apparenze intuitive, spesso tramandate per millenni. Albe del sapere guadagnate a caro prezzo, superando e lasciandosi alle spalle esercizi del pensiero umano rivelatisi, alla luce delle nuove scoperte, contradittori o superati da un affinamento del pensiero razionale o dalla verifica sperimentale.
Questo libro accompagna il lettore in un viaggio verso i confini della conoscenza e anche un po’ oltre: esploreremo l’universo nelle sue dimensioni più grandi e in quelle più minuscole, ci avvicineremo all’origine del tempo e getteremo uno sguardo sul più lontano futuro. Ci domanderemo se la vita per caso venga da molto lontano e se potrà continuare il suo viaggio grazie a future esplorazioni spaziali.
Cercheremo anche di capire quali tecnologie ci hanno aiutato a realizzare alcune tappe del percorso che ci ha portato a conoscere e capire meglio il cosmo; parleremo di alcune delle ricerche che si svolgono nei laboratori in cui si esplorano le leggi dell’universo.
L’universo non svela con facilità i suoi segreti. Anzi. Obbliga chi cerca le risposte alle domande sulla natura a percorsi estenuanti. Come non bastasse, in questa esplorazione piena di ostacoli, il principale avversario siamo, spesso, proprio noi stessi. Una specie straordinaria la nostra, caratterizzata da una curiosità insaziabile e da una capacità di scoperta singolare, sia nel mondo fisico che in quello delle idee. Allo stesso tempo, profondamente conservatrice, pronta a difendere con le unghie e con i denti ogni tipo di status quo culturale, capace di interpretare frettolosamente come un punto di arrivo, unico e definitivo, qualsiasi piazzola incontri nel ripido sentiero della conoscenza. Uno dei fondamentali punti di svolta del progresso scientifico è stata la rivoluzione copernicana, che ha tolto la Terra dalla posizione centrale nell’universo, dove l’avevano messa gli antichi, nonostante opinioni contrarie emerse fin dai tempi di Aristotele, e ha iniziato un processo di ricollocazione nel cosmo che prosegue ancora oggi. Per millenni ci siamo cullati in questa illusione, convinti di essere al centro del mondo, magari creato apposta per noi, unici e irripetibili, con il Sole e le stelle che ci girano attorno, inchinandosi a una così meravigliosa, sia pure imperfetta, creatura.
Se pensiamo che già l’astronomo Aristarco di Samo, nel III secolo a.C., aveva proposto la centralità del Sole rispetto al moto della Terra, senza però riuscire a imporre la sua tesi – che per questo motivo rimase trascurata per venti secoli – possiamo comprendere in che misura la nostra presunta centralità nel cosmo abbia costituito una delle barriere della conoscenza più difficili da abbattere, vero e proprio segno del passaggio tra antico e moderno.
Pochi anni dopo la scoperta dell’America, che aveva a suo modo insidiato il modello tolemaico, la Terra rimaneva però tenacemente al centro: attorno a lei ruotavano i pianeti, il Sole e la sfera delle stelle fisse. Ci sono volute le osservazioni del 1609 del grande Galileo, a conferma dell’ipotesi copernicana, vero e proprio ponte tra le leggi di Keplero e i Principia di Newton, per iniziare la demolizione progressiva dell’artificioso piedestallo su cui ci eravamo impropriamente insediati. Ma anche la grande rivoluzione copernicana era in ogni caso ancorata ai pregiudizi del tempo, in particolare a una profonda e diffusa convinzione circa l’immutabilità del mondo, sia di quello terrestre che di quello ultraterrestre. Avevamo ancora a che fare, insomma, con visioni intrise di un profondo antropocentrismo, che mostravano il mondo attorno a noi come punto di arrivo e condizione stabile.
Per liberarci da tali convinzioni sono state necessarie una serie di clamorose e innovative conquiste scientifiche che hanno portato a nuove svolte della conoscenza. Iniziando dalla teoria dell’evoluzione delle specie di Darwin nella seconda metà dell’Ottocento, passando per la teoria della tettonica a placche di Wegener agli inizi del Novecento, continuando con la cosmologia di Hubble della prima metà del secolo scorso, abbiamo iniziato a capire il ritmo di processi, sia propri della natura animata che di quella inanimata, che avevamo assunto fossero stazionari semplicemente perché molto lenti rispetto alla scala umana.
Oggi sappiamo che viviamo in un universo in divenire, che si evolve e muta senza sosta da miliardi di anni, sia nella parte inanimata che in quella vivente. La sua storia è raccontata in un libro del quale molti capitoli sono ancora da scrivere mentre di altri, già scritti, non siamo ancora stati capaci di decifrare del tutto il contenuto. Un libro che possiamo leggere, come diceva Galileo, se conosciamo l’alfabeto dei caratteri matematici con cui è scritto. Un racconto nel quale la nostra vicenda e quella del pianeta Terra occupano forse lo spazio di un solo, minuscolo paragrafo, per quanto di importanza cruciale ai nostri occhi.
L’esplorazione di questo universo è costellata di tentativi, tensioni, attese, dubbi ma anche da successi esaltanti, passaggi rivelatisi decisivi nello squarciare il velo dell’ignoranza, che hanno aperto la strada verso un livello maggiore di conoscenza, con conseguenze talvolta imprevedibili. D’altra parte, le rivoluzioni scientifiche e tecnologiche nel campo della fisica, della biologia, nell’esplorazione dello spazio, nello studio della complessità e dello sfruttamento della potenza delle moderne tecnologie informatiche ci hanno aperto e ci stanno aprendo nuove prospettive, a un ritmo sempre più incalzante: riceviamo ormai quotidianamente informazioni su risultati e progressi scientifici importanti, risultato del lavoro di centinaia di migliaia di ricercatori al lavoro in ogni parte del mondo. Forse un giorno qualcuno evidenzierà i limiti e le manchevolezze della scienza che oggi viene costruita, ma questa è la base del progresso scientifico. Di sicuro, stiamo vivendo una fase entusiasmante, che ci fa intuire una molteplicità di orizzonti del sapere, verso cui ci stiamo muovendo rapidamente.
Se l’alba è la tensione fra l’apparire di una cosa nuova e il suo non essere ancora pienamente realizzata, mi pare un’ottima metafora della ricerca, che è un continuo affacciarsi a nuove risposte che conducono a nuove domande: lavoriamo a una comprensione sempre rinnovata dell’universo che continuamente apre scenari ancora più vasti di interrogativi e problemi.
Come capita sempre quando partiamo verso una nuova avventura, dobbiamo preparare con cura i bagagli, capire quali sono le cose da portarsi dietro, quali saranno i nostri compagni di viaggio. A detta di molti, il XX secolo può essere ricordato come il secolo della fisica, che si è sviluppata in modo impressionante a partire dalle scoperte di Maxwell, Planck, Einstein, Bohr, Schrödinger, Heisenberg, Pauli, Dirac, Fermi, Hubble, solo per ricordare alcuni dei giganti che hanno contribuito ai progressi dei cinquant’anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Studiando l’atomo, il nucleo e le particelle elementari, la fisica si è dedicata all’esame dell’infinitamente piccolo, trattando a livello sperimentale dimensioni fino all’ordine di un miliardesimo di miliardesimo di metro, scoprendo gli inaspettati limiti ma anche le incredibili possibilità della meccanica quantistica. Un’evoluzione della conoscenza che alla fine del XX secolo ha portato a quello che si chiama il Modello Standard delle interazioni fondamentali e delle particelle elementari, trionfo moderno del metodo galileiano, culminato con la scoperta al CERN del bosone di Higgs di cui discuteremo più avanti.
Anche l’astrofisica e la cosmologia hanno fatto enormi passi in avanti in questi ultimi cento anni. Strumenti sempre più potenti, da poco più di mezzo secolo collocati anche direttamente nello spazio, hanno consentito di esplorare il nostro universo con un grado di dettaglio straordinario e di estendere le osservazioni fino ai tempi lontani del Big Bang, ossia a 13,8 miliardi di anni fa. I recenti dati del satellite Planck, basati sulle informazioni ricavate dall’osservazione di un universo bambino di soli 379.000 anni, confermano la validità del Modello Standard Cosmologico, l’analogo per il macrocosmo di quello del microcosmo: questo modello si basa sull’idea di una violentissima espansione, il famoso Big Bang, appunto, che può essere spiegata a partire dalle proprietà dello spazio e del tempo, della materia e dell’energia, in condizioni dominate dalla meccanica quantistica.
L’infinitamente piccolo, che in termini pratici significa un miliardesimo di miliardesimo di metro, o l’infinitamente grande, che vuol dire la distanza percorsa dalla luce in alcune decine di miliardi di anni, sono i limiti sperimentali con cui ci confrontiamo oggi in fisica e in astrofisica. Anche se nel complesso abbiamo a che fare con più di quaranta ordini di grandezza (moltiplicate per dieci un numero e avrete un ordine di grandezza superiore), tra gli estremi delle dimensioni che possiamo studiare, siamo in ogni caso ben lontani dall’infinito a cui ci ha abituato la matematica. Lo stesso accade per i limiti nelle misure di altre grandezze fisiche, come il tempo e l’energia. Confini della conoscenza che cerchiamo di superare per vedere che cosa accade oltre, come si comporta la natura una volta oltrepassate queste frontiere, se le leggi che abbiamo dedotto al di qua delle colonne d’Ercole valgano pure al di là.
I limiti di oggi sembrano davvero difficili da superare, ma c’è da dire che una sensazione simile l’abbiamo già avvertita, erroneamente, nel passato. Le distanze accessibili alla nostra attuale osservazione, sono quasi certamente minori, probabilmente non di poco, delle dimensioni dell’universo. Nel tempo che è passato dal Big Bang ai giorni nostri, la luce ha potuto percorrere solo una distanza limitata, al di là della quale non ci possono ancora aver raggiunto informazioni provenienti da altre zone. Non vi è motivo quindi di pensare che l’universo non si estenda molto, ma molto di più di quello che noi riusciamo ad osservare.
Un discorso analogo vale per le dimensioni via via più piccole. Per esplorarle, occorrono microscopi sempre più potenti mano a mano che scendiamo nella scala che intendiamo studiare. I microscopi moderni si chiamano acceleratori di particelle, come quelli utilizzati al CERN per la scoperta del bosone di Higgs. Ma per quanto potenti, la loro efficacia è limitata dall’energia disponibile nei fasci di particelle utilizzati in queste macchine. In alcuni casi, si cerca di ovviare a questi limiti sfruttando la radiazione di altissima energia che proviene dalle profondità del cosmo: dove ancora non arriva l’analisi sperimentale, procede lo studio teorico, che si propone di capire se lo spaziotempo sia discreto o continuo, oppure di come si possano trattare le fluttuazioni quantistiche che dominano le scale dimensionali più piccole.
Però ne abbiamo fatta di strada! Solo cento anni fa non sapevamo dell’esistenza delle altre galassie, nel 1800 non pensavamo potessero esistere stelle distanti più di 13.000 anni luce, nel 1500 eravamo ancora convinti che il Sole girasse attorno alla Terra.
Tutto bene, dunque? Non proprio. A dispetto di questi enormi progressi, in un certo senso non ci siamo molto allontanati da dove siamo partiti. Le domande che ci poniamo assomigliano molto a quelle che si ponevano i filosofi della Grecia antica. Di cosa è fatta la materia? È infinitamente divisibile o meno? Il mondo è nel suo complesso infinito? Le cose rimangono ciclicamente sempre eguali o l’universo cambia? Conosciamo la realtà osservandola o il pensiero deve cogliere qualcosa dietro l’apparenza? È il contesto che è però cambiato grazie allo sviluppo della scienza sperimentale; quattro secoli dopo Galileo, oggi sappiamo interrogare la natura e leggere i caratteri matematici in cui il suo libro è scritto.
Oggi possiamo fornire risposte alle grandi domande, che ieri avremmo considerato inverosimili o arbitrarie, per il fatto che sono basate su una conoscenza più profonda della natura delle cose e delle leggi che regolano il cosmo. Alcune leggi generali della fisica sono i solidi fondamenti su cui sono basati i vari livelli di conoscenza della realtà. La relatività ristretta, che estende la dinamica di Newton alle condizioni in cui le velocità relative sono vicine a quelle della luce; la relatività generale, che estende la gravitazione universale al caso relativistico; la meccanica quantistica, che descrive in modo rigoroso quali siano le caratteristiche e i limiti del processo di misura a livello microscopico. Abbiamo poi le leggi della meccanica statistica, in particolare il secondo principio della termodinamica, che descrive in modo accurato il disordine dei sistemi composti da molte particelle e la sua inarrestabile crescita con il tempo. Queste leggi fondamentali, prevedono che esistano quantità fisiche che si conservano a livello microscopico e macroscopico, dettando le regole che devono essere rispettate in ogni momento, luogo e condizione nell’universo: l’energia, la quantità di moto o momento lineare (il prodotto della massa per la velocità di un corpo), il momento angolare (l’analogo della quantità di moto per i moti rotazionali), la carica elettrica. Vi sono altre quantità che sono conservate per quanto ne sappiamo, ma che potrebbero non esserlo in particolari condizioni non ancora osservate. Per esempio, sono conservati il numero di particelle chiamate leptoni, come l’elettrone e il neutrino e le loro corrispondenti antiparticelle che hanno il numero leptonico opposto; il numero di particelle chiamate barioni, come il protone e il neutrone e le loro antiparticelle che hanno il numero barionico opposto. Non esistono, invece, leggi di conservazione per altri tipi di particelle, come quelle che trasportano le forze elementari: questo vale in particolare per i fotoni, i mediatori delle forze elettromagnetiche che possono essere creati o distrutti senza nessun problema di conteggio.
Questo solido bagaglio di leggi fisic...