America 2135. Trecento anni nel futuro
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America 2135. Trecento anni nel futuro

  1. 133 pagine
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America 2135. Trecento anni nel futuro

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America 2135 è la prima utopia americana pubblicata nel 1836 da una donna. L'autrice, Mary Griffith, era una botanica e geologa del New Jersey. Che sia sogno o realtà, il protagonista, Edgar Hastings, si risveglia trecento anni nel futuro e visita, guidato dal pro-pro-nipote, Filadelfia e New York. L'utopia di Griffith riflette gli entusiasmi della società americana proiettata verso il futuro durante la presidenza di Andrew Jackson. I progressi tecnologici e le riforme costituzionali hanno reso più prospera e vivibile una nazione trasformata innanzitutto grazie al raggiungimento della parità di genere in ogni campo, ma neppure nel 2135 il sogno americano è stato realizzato.America 2135 utilizza molti espedienti della narrativa utopica, che verranno ripresi e sviluppati da autori come William Morris o Edward Bellamy e anche da scrittrici come Charlotte Perkins Gilman.

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Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2022
ISBN
9788855266673
Argomento
Literature
CAPITOLO 1
Accade di rado che prima dei cinquant’anni un uomo cominci a riflettere, e al crepuscolo se ne stia seduto tutto solo. Infatti prima di quell’età le preoccupazioni quotidiane e la cura dei figli giovani occupano tutti i suoi pensieri. A 30 anni, Edgar Hastings, il nostro eroe, era ancora scapolo, eppure aveva già passato un periodo molto ricco di esperienze, e aveva anticipato di vent’anni l’età della riflessione. Era rimasto orfano a quattordici anni, con una rendita nutrita, e il gentiluomo che aveva in mano la gestione delle sue proprietà gli si era dimostrato fedele. Così, quando c’era bisogno di una persona in gamba e di carattere che accompagnasse il giovane nei suoi viaggi, era disponibile una ricompensa generosa in cambio dei suoi servizi. Pertanto, dall’età di quattordici anni a quella di ventuno Edgar si era messo in viaggio per l’Europa, con il risultato che la sua formazione culturale, invece che impoverirsi, si era arricchita di più che se fosse rimasto a casa, e aveva acquisito una vasta conoscenza di tutte le lingue moderne nei paesi dove venivano parlate. In Inghilterra aveva trascorso gli ultimi dodici mesi del suo viaggio, iniziato sette anni prima, soggiornando a Londra solo durante le sedute del Parlamento.
Dopo aver coltivato il suo talento e aver allargato i suoi orizzonti grazie ai molti viaggi, Edgar aveva fatto ritorno in America, onorato dall’amicizia e dalle attenzioni di coloro che ammirano e apprezzano una persona del suo stampo. Era passato solo un anno da quando aveva fatto ritorno e la sua cerchia di amici era già composta da alcuni degli uomini più in vista d’America. Prima di sistemarsi in modo definitivo, egli ritenne opportuno viaggiare anche nel suo paese. Lo accompagnò un vecchio amico, che era ancora al suo fianco. Tuttavia, quest’ultimo, alla fine del viaggio durato quasi due anni, si ammalò a causa di una febbre da assideramento contratta vicino ai Grandi Laghi e morì nel giro di alcuni giorni.
Ormai Edgar Hastings era completamente solo al mondo, e sarebbe precipitato in un profondo stato di malinconia se non si fosse dedicato alla politica. La politica lo assorbì anima e corpo. Godendo di un’ampia disponibilità economica ed essendo di buon cuore, si ritrovò sempre più occupato. Era pieno di impegni infatti, tutti chiedevano il suo aiuto, essendo ricco, disponibile e di manica larga. Era per natura così ottimista e generoso che nessuno si rivolgeva a lui invano.
La sua prima intenzione, una volta ritornato dal viaggio nel suo paese, fu quella di apportare migliorie alla tenuta che aveva acquistato in Pennsylvania, promettendo a se stesso che si sarebbe procurato una moglie adorabile e molto bella con cui condividere la sua felicità, ma interferì la politica, che non gli lasciava il tempo, nemmeno di sera, di godersi il lusso della meditazione personale. Eppure un uomo si può stancare della politica come di qualsiasi altro lavoro duro e faticoso. Perciò, trascorsi quasi sette anni, e vedendo che gli alberelli che aveva piantato cominciavano a fare ombra, e che i lavori alla casa che gli alberi dovevano proteggere dal sole non erano ancora iniziati, cominciò a riflettere. Voleva qualcosa che fosse al tempo stesso da amare e proteggere così cominciò a meditarvi. Desiderava trasformare in una cascata un vivace ruscello che veniva giù dal versante di una collina antistante il lato sud delle sue terre. Cominciò dunque a pensare anche a questo progetto. Voleva realizzare un varco attraverso il maestoso tratto di bosco che cingeva il lato nord per poter scorgere la torre campanaria del villaggio. Cominciò a pensare anche a quest’altro progetto. Davanti alla proprietà serpeggiava un fiume meraviglioso, le cui sponde digradavano fino a toccare l’acqua; anche quella scena rilassante agì a tal punto su di lui che l’interesse per la politica si affievolì, la mente si placò e si rasserenò. E fu così che all’età di trent’anni cominciò a divagare col pensiero, dedicandosi alla contemplazione.
Gli uomini della sua età, quelli dotati di buon senso, non si accontentano con la facilità dei giovani. Più della bellezza o della ricchezza, egli ammirava le maniere aggraziate e semplici, e una mente raffinata; essendo dunque esigente, era in dubbio se dovesse proprio sposarsi. Inoltre, ogni tanto lo assaliva un vecchio sentimento da scapolo, e temeva che quando l’amato crepuscolo l’avesse sorpreso mentre era seduto sotto i nobili portici che intendeva costruire, sua moglie l’avrebbe trascinato in zone lontane della città, oppure che lei avrebbe riempito la casa di ospiti inopportuni. Nonostante i suoi buoni propositi, Edgar viveva solo, anche se lui finiva sempre per immaginarsi, nelle sue fantasticherie, la figura di una donna al suo fianco, che scrutava insieme a lui il paesaggio indistinto e offuscato.
Mentre erano iniziati i lavori della casa, egli occupava una piccola abitazione rurale in pietra ai confini della tenuta. Lì aveva portato i suoi libri preziosi e le sue stampe, proteggendoli dall’umidità e dagli insetti con gli olii aromatici; lì, di giorno, disegnava i progetti, e di sera, sotto un portico, vagava col pensiero, trasferendo le piacevoli fantasie nel piccolo salotto, non appena le umide sere autunnali lo costringevano a rientrare in casa.
Vicino alla tenuta viveva un quacchero di nome Harley, un uomo affidabile e onesto, che amava i propri agi, come accade a tutti i quaccheri, e che non aveva nulla da obiettare se i vicini stavano meglio o erano più saggi di lui. Il nostro eroe gli andò a genio, e l’ora amabile della sera lo vedeva spesso seduto sul divano assieme a Hastings. Dopo aver tenuto con piacere un’animata conversazione, anche lui piombava in pensieri profondi, suscitati, in una mente tranquilla come la sua, dall’imbrunire e dall’energia di un personaggio come il giovane amico.
Dopo un po’ di tempo, il quacchero dal temperamento tranquillo gli parlò della figlia, ma non lo fece per attirare l’attenzione di Edgar; la menzionò in modo casuale, e il giovane ne fu compiaciuto. Per un momento, la sua immaginazione la dipinse come una creatura meravigliosa, aggraziata e raffinata; non ci poteva essere alcun dubbio che lei fosse adorabile e gentile. Così si recò a casa dell’amico per una presentazione formale. Era bella, adorabile e gentile tutto ciò egli riscontrò a prima vista; ma ahimè, non aveva nessun’altra dote se non quella di saper scrivere in maniera squisitamente chiara e nitida, e di essere una bravissima botanica e fiorista. Comunque, la ‘vicinanza’ mitigò ogni possibile obiezione. Ogni volta che si recava a Pine Grove la possibilità che potessero formare una coppia diventava sempre più evidente. Infatti, l’amore per l’eleganza e la raffinatezza della mente sembravano passare in secondo piano quando Edgar ascoltava i sospiri della quacchera dallo sguardo innocente, la quale pensava che tutta la bellezza fosse contenuta in un fiore, e preferiva il profumo di una rosa o di un lillà all’odore di una dozzina di lampade ad olio in una stanza gremita. Il suo nome era Ofelia.
Il signor Harley, o meglio l’amico Harley, come veniva chiamato, non era per nulla rigido nella sua fede, visto che le recenti querele tra quaccheri ortodossi e quaccheri hicksiti avevano indebolito di molto la sua devozione alle regole del quaccherismo. Riteneva che i membri irascibili della sua cerchia avessero grosse difficoltà a tener le mani a posto e a conservare il decoro del loro ordine. I sentimenti pacifici, i temperamenti equanimi, che erano stati il fondamento, il cemento, che per molti anni aveva tenuto unita insieme la confraternita, ora erano sostituiti dalla rabbia e dall’aggressività, due sentimenti spesso ostentati da altre sette cristiane. I contenziosi tra i membri della setta che rappresentavano la legge avevano generato ciò che né sanzioni né arresti, né dileggi né imposizioni da parte delle altre sette potevano causare. Il solido cemento si era crepato lungo il bordo dei bastioni, nel punto che doveva essere più robusto, e le acque della discordia e della separazione si stavano infiltrando in ogni fessura. La struttura portante si stava sgretolando con rapidità, e l’amico Harley guardava al periodo non tanto lontano in cui i posteri avrebbero abbandonato l’abito dei quaccheri, e avrebbero finito per seguire le usanze comuni, obbedendo alle leggi generali che governano tutti gli americani.
Valentine Harley, che era un uomo ragionevole, la pensava così. Non aveva mai osservato i precetti della fede – ci sono forse dei quaccheri, a parte alcuni capi, che possono definire quale sia la loro fede religiosa? Anche se egli amava le regole secondo cui era stato educato, anche se indossava l’abito da quacchero e faceva fare la stessa cosa al figlio e alla figlia, tuttavia quando al crepuscolo Edgar Hastings smetteva di meditare e a quell’ora veniva visto camminare a braccetto con Ofelia, a passi lenti giù per la valle, egli tirava un sospiro di sollievo e si augurava che il giovane prendesse confidenza con lei. Quel sospiro era tutt’altro che doloroso. Valentine Harley sentiva che quando una tomba ignota, sulla quale sono cancellate tutte le tracce del luogo di sepoltura di un quacchero, avrebbe dovuto richiudersi su di lui, la sua memoria sarebbe rimasta viva nel cuore della figlia. Sarebbe stato ricordato con maggiore reverenza affidando lo spirito gentile di lei al braccio robusto e alla mente acuta di Edgar Hastings, che se l’avesse costretta a sposare un uomo del loro ordine religioso, il suo pretendente Hezekiah Connerthwaite, un individuo ricco e rispettabile, tuttavia di vedute ristrette e privo di cultura.
Che egli acconsentisse con piacere al matrimonio della figlia, e senza conflitti interiori, era inconcepibile; ma era un uomo rispettabile, troppo virtuoso per raggirare la sua setta con un misero sotterfugio, al fine di poter sfuggire all’odio portato al genitore che permette alla figlia di maritarsi fuori dall’ovile. Non avrebbe sopportato l’idea che sua figlia si sposasse clandestinamente, quando in realtà il cuore e la ragione del padre approvavano la sua scelta, e quando i meriti e le richieste dell’amato e la felicità di lei superavano gli scrupoli del padre. Ofelia avrebbe potuto sposarsi in privato, e suo padre, libero dalla colpa di aver acconsentito all’apostasia della figlia, avrebbe potuto occupare il solito posto in chiesa, senza paura di essere scomunicato. Ma Valentine Harley disdegnava una duplicità e una stupidità del genere. Per questo Ofelia si sposò sotto il tetto del padre e ricevette la sua benedizione; e lì, in quella casa per bene, Edgar Hastings trascorse il primo anno di matrimonio. Lì nacque anche un figlio, e poiché non era più solo e aveva una dimora, comprese quanto fosse più felice in quanto marito e padre, rispetto all’individuo egoista e solitario che era stato.
Dal momento che voleva costruire una magione spaziosa, elegante e solida, una dimora che sarebbe durata nel tempo, Edgar Hastings si mise per tempo al lavoro. I lavori furono iniziati un anno prima che egli si sposasse, e solo quando il figlioletto ebbe compiuto tre mesi, la famiglia, composta anche dal signor Harley, poté finalmente traslocare nella casa definitiva. Il figlio di Harley, che si era sposato e viveva lontano, era stato invitato a stabilirsi a Pine Grove, rafforzando il sentimento di amicizia che si era creato grazie al matrimonio felice. Il giovane Harley era atteso per il mese di maggio per prendere possesso della casa del padre.
Era febbraio. La nuova casa era completamente arredata e tutto era pronto per il trasloco, non appena Hastings fosse tornato da New York, dove aveva da sbrigare alcuni affari di una certa importanza. Dal momento che erano affari urgenti, egli aspettò di fare ritorno a casa prima di sistemare i libri, o meglio prima di andare a prenderli nella casetta di pietra. Con grande riluttanza si accomiatò dalla moglie, che era addolorata, come se la loro separazione dovesse durare anni invece che quindici giorni. Doveva partire, ma non prima di aver fatto mille raccomandazioni alla moglie, affinché si prendesse cura della propria salute, implorando il padre di lei a badare alla moglie e al piccolino. Poi li abbracciò ancora una volta e si mise in viaggio. La moglie lo seguì con lo sguardo finché lo vide oltrepassare l’abitazione nuova, superare la scaletta e girare l’angolo. Edgar si fermò lì a guardare per un’ultima volta il luogo dei suoi affetti. Poiché si accorse che i suoi cari avevano ancora lo sguardo rivolto verso di lui, agitò il fazzoletto, ma bastarono solo alcuni passi perché scomparisse dalla loro vista.
La casetta di pietra era dall’altra parte della proprietà, e poiché era situata sulla strada che conduceva al traghetto, Edgar pensò di dare un’occhiata al fuoco che da tutta la mattina bruciava nel caminetto. Il signor Harley disse che l’avrebbe spento nel pomeriggio, chiudendo l’abitazione; tuttavia Edgar voleva assicurarsi che tutto fosse a posto. Il suo servitore si era incamminato con il bagaglio e lo aspettava al battello. Edgar entrò di corsa in casa e passò dal corridoio alla stanza centrale, dove si trovavano i libri. Lì trovò un uomo anziano, che si scaldava seduto accanto al fuoco ancora ardente. Quest’ultimo si scusò per essere entrato, dicendo che aveva molto freddo e, avendo notato dalla finestra un fuoco acceso, si era permesso di entrare.
Il signor Hastings lo invitò a restare, ma l’uomo disse che doveva sbrigarsi perché era in procinto di prendere il traghetto. Aveva comunque osservato che prima del mattino si sarebbe verificato un grande disgelo , e “in quel caso,” aggiunse, indicando la collina ai cui piedi era situata la casetta rurale, “quel grosso banco di neve verrà giù e distruggerà il tetto della casa.” Hastings sollevò gli occhi e, constatando la pericolosità del banco di neve, e del suo scioglimento, pregò l’uomo di affrettarsi e di riferire al servitore di andare avanti con le valigie, di preparargli tutto l’occorrente dall’altra parte del fiume, e lo pregò di dirgli che lui avrebbe aspettato il battello successivo, visto che ne passava uno ogni quarto d’ora. Prima d’andare via, Hastings diede al poveretto una moneta e lasciò al signor Harley un appunto scritto per avvertirlo della massa incombente di neve. Sapeva che avrebbe visto il biglietto dal momento che sarebbe andato lì nel pomeriggio. Certo che avrebbe udito la campana del battello a vapore, poiché aveva freddo, avvicinò al fuoco una vecchia poltrona, e lì seduto, si abbandonò a una delle sue solite meditazioni. Pensò che non fosse prudente ritornare dalla famiglia solo per salutarli una seconda volta, anche se ne aveva il tempo. Improvvisamente fu colto da un attacco di malinconia, come se stesse per separarsi per sempre da loro. Provò invano a svegliarsi e a scrollarsi di dosso la malinconia; chiuse gli occhi, come se, così facendo, potesse arrestare i suoi pensieri. E di fatto così accadde: in meno di cinque minuti si era già addormentato.
CAPITOLO 2
Sentì un rumore, e balzò in piedi. Era l’ora del tramonto, ed essendo rimasto tanto tempo nella stessa posizione, si sentiva così irrigidito che faceva fatica a muoversi. Girò la testa e vide due sconosciuti che lo guardavano con stupore e pietà. “Il battello è pronto!” esclamò lui, ancora confuso per aver dormito troppo. “La campana ha suonato, signori? Oddio, ho dormito troppo, che ore sono? È quasi buio, mi vergogno!”
Vedendo che faceva fatica ad alzarsi, i due sconosciuti si avvicinarono per aiutarlo. Lo condussero fino alla porta, dove la confusione della sua mente sembrò aumentare invece che diminuire, poiché si ritrovò in un posto strano. A dir la verità, il fiume c’era, e le colline sulla sponda opposta si stagliavano con la consueta grandiosità, solo che quello che era stato un grande fiume ora appariva un ruscelletto, e nel posto dove un tempo si trovava la sua splendida tenuta, che si estendeva verso sud, ora c’era una città popolosa, i cui campanili e le cui torri erano illuminati dagli ultimi raggi del sole.
“Signori,” egli disse, frastornato, “sono molto confuso. Mi sono addormentato a mezzogiorno in questa casa di mia proprietà, e dopo aver dormito sei ore mi sono svegliato, incapace di capire dove sono. Di sicuro sto sognando, o sto perdendo la ragione.”
“Non sogni e non vaneggi; il tuo è uno strano destino,” disse il più anziano dei due. Appena ti riprendi, ti diremo cosa è accaduto; nel frattempo devi venire con me; ti condurrò in un posto dove troverai una casa e una buona accoglienza.”
“Come ti chiami?” chiese Hastings, stupito, “e come sono finito qui?”
“Mi chiamo Edgar Hastings,” disse il giovane; “e sono sicuro che tu porti il mio stesso nome. Ti racconterei subito gli eventi strani che sono accaduti, ma non credo tu abbia abbastanza forza d’animo per conoscerli. Faresti meglio a venire con me, e nel corso della serata saprai tutto.”
Suo malgrado, Hastings si fece accompagnare dai due sconosc...

Indice dei contenuti

  1. America 2135
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Introduzione. Mary Griffith e la prima utopia americana
  5. Nota
  6. America 2135. Trecento anni nel futuro
  7. Capitolo 1
  8. Capitolo 2
  9. Capitolo 3
  10. Messaggi da nessun luogo