Il tesoro degli Ebrei
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Il tesoro degli Ebrei

Roma e Gerusalemme

  1. 304 pagine
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Il tesoro degli Ebrei

Roma e Gerusalemme

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«Finché sarà in piedi il Tempio, si ribelleranno.» Profezia di un capo militare romano all'assedio di Gerusalemme nel 70 d.C.

Questo libro racconta come finì, in antico, l'indipendenza dello Stato ebraico. Ciò avvenne, nel più generale contesto della conquista del Medio Oriente e in particolare dell'area siro-palestinese, ad opera delle legioni romane (63 a.C.). La figura dominante dell'aggressione e della spoliazione del 'tesoro di Stato' degli Ebrei fu Gneo Pompeo Magno, in quell'anno (l'anno terribile della congiura di Catilina) potente personaggio pubblico della repubblica imperiale romana. Una fonte ebraica coeva dei fatti, i cosiddetti Salmi di Salomone, fornisce un quadro veridico della vicenda. E svela il ruolo decisivo della voracità dell'aggressore. Voracità che si appagò finalmente, dopo oltre un secolo di violenze e apparente riconciliazione, nell'anno 70 d.C. Allora l'imperatore Tito, «delizia del genere umano» secondo la vulgata adulatrice, distrusse il Tempio di Gerusalemme e lasciò depredare il tesoro lì conservato, frutto del contributo corale di tutte le comunità ebraiche. Il movente economico e l'odio per un popolo atavicamente considerato con avversione furono, allora, alla base del primo genocidio degli Ebrei. È una storia che ci riguarda ancora. Il revisionismo storiografico riuscì a prevalere e la tradizione si prestò a fare da sponda alla menzogna di Stato, voluta dai vincitori e avallata dai loro clienti.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858145982
Argomento
Storia
Categoria
Storia antica

XI.
Il più grande trionfo mai visto

«egit triumphum maiorem omni ante se»
Velleio, II, 40, 3
ἧς οὔτις πρὸ τοῦ δόξης
Appiano, Libro mitridatico, 568
«nulla umquam pompa triumphi similis fuit»
Eutropio, VI, 16
Dei tre trionfi (Africa, Spagna, Oriente), da lui celebrati nell’arco di quasi un ventennio, Pompeo aveva fatto allestire un’ampia descrizione scritta, Acta Triumphorum, in più «volumina». Plinio nella Naturalis historia vi ha attinto ampiamente. Nel libro XXXVII trae dal VII volumen di quegli Acta notizie sugli oggetti preziosi esibiti nel terzo trionfo, quello di fine settembre dell’anno 61 a.C. («M. Pisone M. Messalla consulibus»256), «de piratis, Asia, Ponto gentibus­que et regibus»257. Quando attinge nuovamente e largamente a quegli Acta, ne cita la «Praefatio» (VII, 98): testo prefatorio di tali Acta, che compendiava preliminarmente i caposaldi dell’impresa asiatica del ‘Magno’. E trattandosi di un testo ‘letterario’ (essenzialmente catalogico) giustamente lo definisce «opus» (in septimo volumine huius operis).
Va anche detto che Plinio rivolge la massima attenzione alla figura e all’opera di Pompeo (talvolta con tratti di tenerezza, come quando si compiace dei suoi capelli258 o affettuosamente lo ‘rimprovera’ per aver fatto allestire un suo ritratto tutto di perle). Tutte le volte che parla di Mitridate evoca anche Pompeo. E trae, dalle innumerevoli sue letture, ogni possibile dettaglio, spesso prezioso, come ad esempio le notizie che Varrone dava sui contingenti di cavalleria e sugli aiuti sotto forma di cibo forniti da Tolomeo XII Aulete a Pompeo «durante la campagna in Giudea» (XXXIII, 136). Ma è soprattutto sul terzo trionfo – quello appunto del settembre 61 – che ritorna più volte. Gli si configura come un’anticipazione del pluricelebrato trionfo di Tito «de Iudaeis». A Tito era dedicata la Naturalis historia. E anche da questo ‘corto circuito’ si coglie il rinnovato prestigio di Pompeo in età flavia259.

1.

Nel settembre dell’anno 61 a.C., Pompeo «trionfò» su quattordici «nazioni» che elencò nella Praefatio del corteo trionfale. Tra di esse «de Iudaeis»260. Come sappiamo, la città si era arresa senza lotta; il combattimento accanito – al termine del quale si poté dire di lui «Iudaeos subegit»261 – era stato l’espugnazione del Tempio. E anche questo particolare successo ebbe la sua proiezione simbolica e politica nel corteo trionfale, come per tutte le altre tredici nazioni «vinte». Nel corteo doveva risultare che egli aveva trionfato – come s’è detto nel precedente capitolo – sul Tempio. Proprio l’aver espugnato il Tempio rendeva legittimo il suo «triumphare de Iudaeis». Come vedremo, si può dimostrare che nel corteo erano esibiti preziosi oggetti sottratti al Tempio, poi ‘offerti’ in luoghi di culto a Roma.
Del «testo preliminare» (Praefatio) che apriva il corteo trionfale, sappiamo abbastanza – oltre che da Plinio262 – dalle numerose fonti che parlano di quella memorabile sfilata. Plutarco parla di «scritture mandate avanti»263. In quella Praefatio – oltre all’ammontare delle ricchezze rapinate264 – erano elencati i popoli (le nationes, τὰ γένη) su cui il Magno trionfava. Dione Cassio ne parla come di una «scrittura» (γραφή) posta su di un «trofeo» (τρόπαιον) «particolarmente ornato» (πολυτελῶς κεκοσμημένον), e precisa che quella γραφή «attesta trattarsi dell’ecumene» (ὅτι τῆς οἰκουμένης ἐστίν)265. Ciò significherà forse, visto il carattere «molto ornato (πολυτελής)» del supporto, che, oltre all’elenco delle nazioni sottomesse, vi era anche una sommaria carta geografica in gigantografia che mostrava dove, nell’intera ecumene, si trovavano i popoli, anche lontanissimi, che il trionfatore aveva sottomesso.
Come vedremo, l’équipe di Pompeo produsse anche un altro testo, questa volta epigrafico, che fu collocato nel tempio di Minerva insieme ad una gran quantità di oggetti (già esibiti nel corteo) provenienti dal bottino266. La sopravvivenza di un testo epigrafico è ovvia, non altrettanto quella dei colossali cartelloni («Tafeln» li definì Wilhelm Drumann267) che precedettero il corteo, o dei volumina che Plinio leggeva e trascriveva un secolo e mezzo dopo quell’evento, e di cui Dione Cassio due secoli e mezzo più tardi fornisce un ulteriore dettaglio. Vi era poi anche una tradizione storiografica: Livio, ovviamente, come si ricava dalla periocha del libro CIII e dalle fonti di probabile derivazion...

Indice dei contenuti

  1. Avvertenza
  2. Introduzione. Gli Ebrei e gli altri
  3. I. Antefatto
  4. II. Due verità?
  5. III. I resoconti disponibili
  6. IV. Massacro dei sacerdoti e irruzione nel «Santo»
  7. V. Come Giuseppe rese Pompeo astinente e pio
  8. VI. Il destino dei χρήματα, secondo i moderni
  9. VII. «Il forziere dei tiranni»
  10. VIII. Chronicon Paschale: «Saccheggiò il Tempio e portò via molti oggetti»
  11. IX. Giuseppe di Tiberiade: «profanò e saccheggiò»
  12. X. Livio: «Templum triumphatum»
  13. XI. Il più grande trionfo mai visto
  14. XII. Il «Tempio-città»: un tempio uguale e diverso
  15. XIII. La vigna d’oro
  16. XIV. Monete insultanti e sincretismi
  17. XV. I Salmi di Salomone: «Sfogarono su di noi la smania di preda»
  18. XVI. Yahweh punisce il «serpente»
  19. XVII. L’anno 63 visto da Qumran
  20. XVIII. Crasso e il «dattero»
  21. XIX. Cicerone: «Ex illo fano nihil attigit»
  22. XX. Pompeo come Tito
  23. XXI. Epilogo
  24. Appendici
  25. I. «Il muro che Pompeo distrusse» (→ cap. II, § 3)
  26. II. Giulio Africano su Pompeo nel Tempio (→ cap. VIII, § 2)
  27. III. L’avventura del Chronicon Paschale (→ cap. VIII)
  28. IV. Illazioni su una «vigna» (→ cap. XIII, § 2)
  29. V. Stravolgimenti medievali della «vigna» (→ cap. XIII, § 3)
  30. VI. Alla ricerca della «bella furia» (→ cap. XV, § 6)
  31. VII. Evocatio (→ cap. XV, § 7)
  32. Sigle e abbreviazioni