L'occhio di Zeus
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L'occhio di Zeus

Disavventure della "Democrazia"

  1. 110 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'occhio di Zeus

Disavventure della "Democrazia"

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Informazioni sul libro

Il rifiuto dell'editore Beck di pubblicare per i propri tipi il volume La democrazia. Storia di un'ideologia di Luciano Canfora solleva una questione cruciale: l'uso della storia e della sua riscrittura in funzione del presente.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858122372
Argomento
History

III. PRIMO: NON LEGGERE

Gli addebiti sono di due tipi.
Errori (presunti) di carattere fattuale.
Rimbrotti politico-ideologici.
Partiamo dai primi, che, ove fondati, sarebbero, diversamente dai secondi, una cosa seria. Nel dar conto di questi addebiti è però necessaria una premessa testuale. I rilievi contenuti nella “Felkenliste” sono espressi in lingua inglese, però si riferiscono alle pagine dell’originale italiano, e tuttavia si basano sulla traduzione tedesca – che d’ora in poi citeremo come Übersetzung e l’indicazione di pagina del dattiloscritto (approntato per la stampa con le necessarie indicazioni tipografiche ma fermato all’ultimo momento)1.
Questo procedimento scorretto ha determinato non pochi inconvenienti. «Scorretto», perché consente ai «cinque» di chiosare non già le mie parole bensì la loro parafrasi in inglese di una traduzione tedesca, talvolta sbagliata, di quanto da me scritto.
Ecco un esempio:
«p. 184 Clemenceau refused to take part in the class struggle». Queste sarebbero le mie parole. Il “commento” dei «cinque» suona così: «a typical example for the author’s description of those who were not communists. Clemenceau doesn’t have a different point of view, he refused to take part».
L’originale italiano dice (p. 184): «La sua [= del partito radicale!] ideologia era strettamente retrospettiva: un richiamo costantemente ribadito ai valori della Rivoluzione francese (Congresso di Nancy, 1907) ma anche un netto rifiuto della lotta di classe nonché di ogni forma di violenza nella politica [parole tratte dai documenti del congresso]».
La Übersetzung (p. 251) si presenta così:
«Er [scil. il groupe républicain] berief sich auf die Werte der französischen Revolution (Kongress von Nancy 1907), verweigerte sich aber dem Klassenkampf und “jeglicher Form der Gewalt in der Politik”».
Meglio sarebbe stato «ablehnte aber den Klassenkampf». Infatti correttamente la traduzione inglese (Blackwell, p. 125) è: «a constant harking back to the values of the French Revolution (Congress of Nancy 1907). But also a firm rejection of the class struggle and “all forms of violence in politics”». Altrettanto corretta la traduzione spagnola (Crítica, p. 147): «[...] también un claro rechazo de la lucha de clases [...]».
Dunque è ridicolo protestare contro la frase he (il presunto Clemenceau) refused to take part in the class struggle, con insistente deprecazione proprio delle parole he refused to take part, le quali addirittura mancano nell’originale! Già «verweigerte sich dem Klassenkampft» è una forzatura, ma he refused to take part è un autentico falso; che però serve a sermoneggiare: «typical example etc...». A parte poi l’ovvia domanda: ma come avrebbe potuto un Clemenceau essere “comunista” nel 1907?
Chiariti gli inconvenienti di questo un po’ furbesco ricorso alla polilalia, torniamo alla “Felkenliste”. Seguiremo sempre il medesimo schema nel presentare i dati.
1.
«189 f. Vichy comparison with Danton: Is that in accordance with the French view of events? I doubt it». Curioso, sporadico sprazzo di Ich-Stil. Come insegnava Teognide, bisogna lasciare una sphragís dentro la propria opera. E questa è la sphragís felkeniana.
Questo rilievo è molto divertente, in particolare il cenno alla «French view»... Bella questa idea di una “veduta nazionale” sui fatti storici suddivisa per paesi.
Il divertimento nasce anche dal sospetto di aver avuto un momento di delirio durante la scrittura. Cosa avrò mai scritto per suscitare l’idea balzana di una “comparison” tra Danton e Vichy? In effetti avevo scritto tutt’altro, e anzi mi ero rifatto (dandolo per noto) ad un bel saggio di François Furet (Penser la Révolution française, Paris, Gallimard, 1978) che tratta, subito in principio, della «ricezione» della Rivoluzione francese nella cultura politica dell’«État français» (Vichy). Senza prevedere di far contenti i «cinque» mi ero dunque quella volta orientato verso la «French view»: che meraviglia! Vediamo dunque di che si tratta alle pagine 189 e 190.
Si sta parlando della contrastata “ricezione” della Rivoluzione nella Francia tra la fine dell’Ottocento (primo centenario: 1889) e inizio del Novecento. Si sta parlando di Clemenceau che per primo o tra i primi “salva” il periodo del Terrore affermando che la Rivoluzione è un unico “blocco”; si sta parlando della prolusione di Aulard alla Sorbonne cui Clemenceau volle presenziare; si sta parlando delle varie letture del «Terrore», e si dice a un certo punto: per Clemenceau esso era lo strumento per sconfiggere le potenze coalizzate contro la Repubblica, per Jaurès (pochi anni dopo) sarà invece anche lo strumento (doloroso) della giustizia sociale. E si precisa perciò che sulla necessità di un «Comitato di salute pubblica» per vincere la guerra contro lo straniero era d’accordo anche Ch. Maurras. E Maurras, come Léon de Montesquiou, citato poco dopo, rappresenta appunto quella che non io soltanto ma tanti altri chiamano «l’altra Francia», la Francia che non ha mai “deglutito” la Rivoluzione. Ne parla benissimo Fr. Furet nel volume prima ricordato (trad. it. Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 8-9). Furet ha lì alcune formulazioni molto calzanti che meritano di essere qui riportate: «Fino alla metà del XX secolo – scrive –, al centro della politica francese resta la celebrazione dei principi dell’89 o la condanna dei crimini del ’93 con la quale si maschera il rifiuto di quei principi medesimi [...] Vichy assume un aspetto tradizionalista, inchiodato allo spettro dell’89. La Francia degli anni Quaranta è ancora un paese del quale i cittadini devono selezionare la storia, datare la nascita, scegliere l’Ancien Régime o la Rivoluzione». Alla luce di queste conoscenze (che forse mancano ai «cinque») diventa chiaro perché io abbia commentato la “accettazione”, da parte di Maurras e Montesquiou, dello strumento «giacobino» del Comité de Salut public per battere lo straniero, con le parole: «Non è infatti il Danton organizzatore della riscossa militare ad essere esecrato dall’altra Francia, che, non inaspettata, verrà fuori a Vichy, ma semmai il Danton abrogazionista». Dov’è mai la “comparison” di Vichy con Danton? Purtroppo anche qui la Übersetzung è del tutto errata. Eccola (p. 258): «In Vichy trat – keineswegs unerwartet – nicht der Danton hervor, der die militärische Erhebung organisierte und vom “anderen Frankreich” verflucht wurde, sondern – wenn überhaupt – der Danton, der mit dem Dekret vom 16 Pluviose usw.».
L’errore è basato sul fraintendimento delle parole «non inaspettata»: non è Danton, è Vichy che è un frutto non inaspettato, nella politica della Francia!! E si cita Danton non perché ci sia una bibliografia vichista su Danton, ma perché Danton è l’uomo-simbolo del primo «Comitato di salute pubblica», il quale unisce in sé i due aspetti: l’organizzatore della vittoria per un verso, ma anche, per l’altro, l’assertore radicale della uguaglianza (dunque anche in «colonia» etc.). Per fortuna la traduttrice francese qui se l’è cavata bene (p. 185 del dattiloscritto): «En réalité, ce n’est pas le Danton de la rescousse militaire qu’exécra l’“autre France” qui, sans surprise, émergera à travers Vichy, mais plutôt etc.».
2.
«202. The Spartakus-Bund was founded by Rosa Luxemburg in jail: This is wrong». Ma sono loro a «sbagliare».
«E la Lega di Spartaco, che Rosa ha fondato dal carcere» (p. 202).
Il primo politischer Brief di Rosa Luxemburg (in quel momento in galera) è datato 27 gennaio 1916. A partire da quella prima lettera e per tutto l’anno 1916, il «motto» posto al principio del testo di quelle lettere è sempre lo stesso: «Cari compagni, per vostra personale informazione vi preghiamo di prendere nota delle seguenti comunicazioni. Saluti socialisti, SPARTACO». Rosa Luxemburg fu detenuta dal 31 maggio 1915 fino all’aprile 1916 e poi daccapo arrestata nel luglio e liberata soltanto l’8 novembre 1918.
Tutti sanno che la “nascita” di Spartakus si formalizza appunto coi Politische Briefe, diffusi tutti con quel «motto» iniziale. Basta comunque consultare (un suggerimento tra tanti) il saggio di Gilbert Badia, Le Spartakisme, les dernières années de Rosa Luxemburg et Karl Liebknecht (traduzione italiana Roma, La nuova sinistra, 1970) capitolo VI: Nascita di Spartaco. Ad ogni modo la lettera nr. 12 (ottobre 1918, quando cioè R. Luxemburg è ancora in carcere) dà il resoconto della conferenza della Spartakusgruppe.
Soffrono i «cinque consulenti indipendenti» perché ho scritto Bund invece di Gruppe? Forse ignorano che Rosa Luxemburg, appena uscita di galera, pubblica sulla «Rote Fahne» il programma Cosa vuole la lega di Spartaco? (Was will der Spartakusbund?). Anche dei tirones della ricerca storica arrivano a capire che di fatto è la Gruppe che diventa Bund. Così difficile?
L’uso di Gruppe e Bund come equivalenti si può osservare anche nell’opera di un importante storico, il quale ha avuto il vantaggio di essere un testimone oculare dei fatti: Arthur Rosenberg. Nel primo capitolo della Geschicht...

Indice dei contenuti

  1. Nota dell’Editore
  2. LOCOMOTIVE DELLA STORIA
  3. I. UNA BELLA SFIDA
  4. II. WEHLERHAFTE WISSENSCHAFT
  5. III. PRIMO: NON LEGGERE
  6. IV. LA “PACE DI YALTA”
  7. V. LESA POLONIA
  8. VI. EFFETTO GLOBKE
  9. FINALE DI PARTITA