"Fare un figlio per altri è giusto"
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"Fare un figlio per altri è giusto"

Falso!

  1. 168 pagine
  2. Italian
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"Fare un figlio per altri è giusto"

Falso!

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Spesso la 'gestazione per altri' o 'maternità surrogata' è presentata come un dono, un atto di liberalità e solidarietà da parte di donne generose che aiutano coppie infertili ad avere figli. Ma le cose stanno davvero così? Siamo consapevoli del fatto che non è una 'tecnica di riproduzione assistita', bensì una gravidanza come le altre? È giusto considerare delle donne 'portatrici' di figli altrui? È giusto che dei neonati siano dati a 'genitori committenti' in cambio di denaro?

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788858130285
Argomento
Economics

1.
Non è la madre,
è una portatrice

Come si è arrivati a pensare che una donna che rimane incinta e poi partorisce possa non essere la madre della creatura che mette al mondo? L’affermazione che, in particolari casi detti di gestazione per altri, la donna che è passata attraverso l’esperienza della gravidanza e del parto non sia la madre dei neonati risultanti si sta diffondendo anche nel nostro paese. Forse ciò che più pesa nel non voler più definire “madre” una puerpera è il fatto che molte donne che hanno fatto l’esperienza di una gravidanza per altri dicono di se stesse che non sono madri, bensì portatrici di figli altrui:
Cosa vorrei che le persone capissero della maternità surrogata? La cosa più importante da capire è che questi non sono figli nostri. Non sto dando via il mio bambino, sto portando in grembo il figlio di altre persone, alle quali lo restituirò quando sarà nato1.
Sono sdraiata su un lettino in una clinica per la fertilità in Grecia. La dottoressa, con la siringa in mano, si gira verso di me: “Allora, quanti embrioni dobbiamo mettere?”. Non so cosa dire. Penso a varie ipotesi. Due, tre, quattro neonati. No, sicuramente non quattro. Mio fratello Nick e sua moglie Jane, per i quali sarò una madre surrogata, sarebbero certamente felicissimi se fossero gemelli... Oppure no? Loro non sono qui. La dottoressa continua: “Cosa ne pensa della riduzione selettiva?” [...] È un accidente di decisione da prendere al momento dell’inseminazione. E questi bambini non sono nemmeno miei2.
Queste donne e le altre che la pensano come loro non possono però negare di aver fatto un’esperienza che le qualifica, all’osservazione, come madri di nascita, madri naturali delle creature che hanno partorito. Ciò che esse intendono dire è che non sono e non hanno mai avuto l’intenzione di diventare le madri sociali di neonati che fin da prima del loro concepimento erano destinati ad essere cresciuti da altri. La gravidanza di queste donne, quindi, sarebbe una specie particolare di gravidanza, in cui “hanno aiutato” altri per i quali era impossibile avere dei figli, diciamo così, in prima persona. E particolare la loro gravidanza lo è stata certamente, perché tutte le donne che si autodefiniscono “portatrici” vivono in luoghi dove la gravidanza per altri è legale, dove i tribunali quindi possono distinguere tra una gravidanza per così dire “in proprio” e una il cui prodotto è destinato ad essere cresciuto da altri: o perché sono gli stessi giudici ad autorizzarla, o perché devono prendere atto di un contratto che ha il potere di stabilire la filiazione dei bambini nati per adempierlo. Perché altri che non le madri e i loro partner possano uscire dal reparto maternità con una neonata in braccio senza che sia stata partorita da nessuno di loro, ci deve essere una legge che ammetta tale possibilità. Nel nostro paese infatti non ci sono “portatrici” che rivendicano la propria scelta – ce ne occuperemo meglio nel capitolo successivo – perché nessuna donna ha fatto una gravidanza per altri, che ha bisogno di leggi apposite per esistere. Dobbiamo quindi cominciare mostrando come questo istituto giuridico si configura nei diversi Stati.
Possiamo distinguere tre dimensioni principali tra le diverse caratteristiche che l’istituto giuridico della Gpa ha assunto nella quindicina di paesi in cui è stato introdotto:
– che vi sia o meno l’obbligo di consegna della neonata ai committenti, detti “genitori intenzionali”;
– che vi sia o meno l’obbligo di parentela genetica con uno o entrambi i committenti;
– che sia riservato agli infertili o aperto a persone senza difficoltà procreativa.
La differenza tra Gpa altruistica e Gpa commerciale invece non esiste. Le donne – tranne rarissime eccezioni nell’ambito di relazioni strette già esistenti – non si prestano a portare a termine una gravidanza per altri se non ricevono un compenso, in alcuni paesi ufficialmente sottoposto a un tetto (facile da aggirare). La spesa più elevata, che viene sempre approvata in tutti i paesi con Gpa detta “altruistica”, è il cosiddetto “rimborso per i mancati guadagni” di donne che possono anche essere disoccupate quando la gravidanza inizia. La somma è chiamata “rimborso” anziché “compenso” per ragioni fiscali e per sfuggire al diritto del lavoro – oltre che per rendere culturalmente più accettabile la compravendita di bambini, mascherandola.
Un’unica giurisdizione ha legalizzato la gestazione per altri come puro contratto che vincola la “portatrice” a separarsi dalla neonata anche se non è biologicamente dei committenti: la California nel 1993. Qui basta comprare gameti e servizi gestazionali e la figlia è tua ancora prima di nascere, persino se non sei residente. In Grecia lo stesso effetto californiano di obbligo di consegna anche nei confronti di estranei genetici è ottenuto mediante un accordo convalidato da un tribunale ai sensi della legge del 2002, che richiede però che la madre sociale debba avere un problema di salute che le impedisce la gravidanza. (Fino al 2014 doveva anche essere domiciliata in Grecia, ora non più.)
Accordi parimenti irreversibili sul destino delle neonate sono convalidati solo per genitori “intenzionali” – che siano però anche entrambi genetici – dai tribunali dell’Illinois e di altri Stati degli Usa, dell’Ucraina, della Georgia, della Bielorussia e del Kazakistan (questi ultimi due pae­si prevedono anche una valutazione di idoneità sugli aspiranti genitori). È sufficiente invece un solo genitore genetico nelle coppie committenti perché gli accordi siano irreversibili in Israele, mentre in Sudafrica sono irreversibili anche nei confronti di committenti che sono estranei genetici, se nemmeno la partoriente non ha legami genetici con il neonato. Anche in Colombia, dove non ci sono né leggi né regolamenti, la maternità surrogata è diventata legale nel 2009 con una sorprendente sentenza della Corte costituzionale, che ha ammesso il contratto con cessione obbligatoria del neonato se il motivo della donna che vi si presta non è il lucro. La Corte ha considerato la Gpa una “tecnica di riproduzione assistita”. Ma la gravidanza non è una tecnica: è una facoltà fisiologica del corpo femminile! E la Gpa è una forma di relazione con una donna che si impegna a cedere la bambina.
Negli Usa le regole variano da Stato a Stato, tuttavia se non ci sono conflitti i contratti sono approvati persino dove la Gpa è formalmente proibita. Non vi è obbligo di consegna in Russia, e formalmente nemmeno in Sudafrica per le madri di nascita genetiche, a patto però che restituiscano i soldi ricevuti.
La Gpa commerciale è chiamata “Gpa altruistica” in Grecia, Australia, Canada e Regno Unito, dove i compensi alle donne devono essere approvati dai tribunali come “rimborsi spese”, che appunto comprendono anche i “mancati guadagni” persino in caso di disoccupazione. Nei paesi di lingua inglese, in generale non ci sono requisiti di infertilità né di legame genetico per i genitori intenzionali. In Canada l’obbligo di cessione del neonato è stabilito in alcune province, e in Inghilterra si discute ora della sua introduzione creando anche qui, come in Grecia, l’interessante figura giuridica di una “Gpa altruistica e forzata”.
C’è un unico paese in cui effettivamente possono essere rimborsate solo le spese connesse con la gravidanza (ad esempio gli abiti premaman) sulla base di una precisa documentazione: l’Olanda. Qui l’autorizzazione alla Gpa è data dai medici solo se la coppia può fornire i gameti – con un limite di età di quarant’anni per la madre genetica – e se si presenta in ospedale già con un’amica disponibile all’impianto del loro embrione. Le regole restrittive vogliono evitare l’istituzione di un commercio di bambini, come è avvenuto in tutti i paesi nominati. Queste regole sensate sono però evase da un numero significativo di olandesi che vanno negli Stati sopra elencati, tornando con neonati i cui certificati di nascita nel paese di origine sono a norma di legge, e che lo Stato olandese riconosce.
Il mercato, infatti, è transnazionale, perché in molti paesi dove vi è l’obbligo di consegna del “prodotto” – che è l’aspetto che più interessa i committenti – la Gpa è legale anche per i non residenti. Non si chiede che la Gpa esista anche nel paese di origine e volutamente si attrae il “turismo procreativo”. Un esempio: dato che in Ucraina, a differenza che in Russia, le madri retribuite non hanno alcun diritto a vedersi riconosciuta la filiazione, molte agenzie russe organizzano la Gpa in Ucraina. È ai russi di Rosjurconsulting che si sono rivolti i coniugi Paradiso e Campanelli, ritornati poi in Italia con un bambino nato a Kiev e non imparentato biologicamente con nessuno dei due. Chi controlla in Ucraina che le cliniche rispettino la legge?
In Asia alcuni Stati hanno dapprima spalancato le porte a questo fiorente business, ma poi sono tornati sui loro passi: la Thailandia e il Nepal hanno infatti ristretto ai propri cittadini la possibilità di ricorrere alla “gestazione per altri” e l’India vuole fare altrettanto. Le Gpa, però, si realizzano anche in assenza di leggi specifiche dove il diritto è lontano dall’essere una certezza. In India la pratica è stata accettata nel 2002 e dal 2005 è in teoria sottoposta alle linee-guida dell’Indian Council of Medical Research, che ad esempio danno alla partoriente la possibilità di riconoscere i figli. Nella pratica, i neonati vengono estratti con taglio cesareo senza nemmeno farli vedere alla madre. I rischi del cesareo sono maggiori di quelli del parto naturale per chi non ne ha bisogno: possibili infezioni, emorragia, tagli e danni a tessuti adiacenti, ferite al nascituro e problemi causati dall’anestesia. La stampa ha dato notizia di donne indiane che hanno abortito i figli di cui erano in attesa per sottoporsi a una gravidanza per altri, e di donne morte in seguito a complicazioni post parto, perché le cliniche per le quali avevano lavorato avevano rifiutato di curarle. I parenti non sono mai stati risarciti dai committenti né dalle cliniche per la loro morte sul lavoro.
Dopo la progressiva chiusura delle frontiere negli ultimi due anni in questi tre paesi asiatici, parte del business della Gpa ha cercato di trasferirsi in Cambogia, ma nel novembre 2016 anche questo paese ha proibito completamente la pratica, neppure qui regolata dalla legge. Si teme ora uno spostamento verso Laos e Malesia.
Gli Stati messicani di Tabasco e di Sinaloa – dopo un periodo di “turismo procreativo” costellato da truffe di agenzie, abusi sulle donne e traffico di neonati – ora ammettono alla surrogazione di maternità solo le coppie in cui la donna non può portare a termine una gravidanza e ha meno di quarant’anni.
In Uganda e in Kenya sono le cliniche che organizzano la Gpa ad offrirla al di fuori di ogni quadro giuridico decidendo, senza venire contrastate dalle autorità, che la donna è una generosa portatrice (pagata) e che il neonato appartiene ai committenti. Per il Guatemala, già luogo di traffici di bimbi destinati all’adozione internazionale, la produzione di bambini per la vendita, anche attraverso rapporti sessuali con la futura gestante, è un segreto di Pulcinella.
I fautori della Gpa, comunque, sconsigliano di recarsi nei luoghi dove la legge non è dalla loro parte. Infatti la gestazione per altri, definita dai suoi beneficiari “gravidanza come dono”, si può realizzare solo in un quadro di legalità, che è necessaria soprattutto negli scambi internazionali. Non può esistere un mercato nero di neonati verso i paesi dove esiste l’anagrafe e la legge è fatta rispettare, perché i bambini non sono cose che si possano nascondere, e con la Gpa vengono prodotti per diventare dei figli (almeno per ora di questo si tratta, anche se nulla vieta naturalmente che i bambini vengano prodotti per scopi diversi, e magari in futuro anche a beneficio di persone giuridiche o dello Stato). I figli saranno presentati a parenti e amici, andranno al nido e poi a scuola, verranno visitati e curati e avranno bisogno di tutti i diritti di un cittadino. Per fare tutto questo, il loro certificato di nascita deve essere riconosciuto come valido alla frontiera e quindi nel paese in cui vivranno: i neonati devono avere un’esistenza giuridica che indichi come genitori coloro cui sono stati donati e non la madre che li ha partoriti – una “madre temporanea”, secondo l’arguta definizione di Marina Terragni3.
È certo che una puerpera che neghi di essere madre tout court in ogni possibile significato della parola solo perché non vuole diventare madre sociale negherebbe l’evidenza, perché quando partorisce la gestante diventa madre. Non si possono avere figli senza una madre. L’unica possibilità di farne a meno è l’idea fantascientifica dell’“utero artificiale”. Gli scienziati si accaniscono: Yoshinori Kuwabara ha fatto esperimenti in Giappone mettendo feti di capra in un utero misto organico-acrilico. Sono maturati, ma poco dopo l’estrazione i capretti sono tutti morti. Svincolare dal corpo femminile quella che diventerebbe una produzione industriale di capretti o bambini non mi pare un’idea buona, ma Simone de Beauvoir e Shulamith Firestone consideravano invece il ricorso all’utero artificiale come l’occasione per emancipare definitivamente le donne dall’incombenza della riproduzione. Eppure le donne che vogliono liberarsi dalla gravidanza possono benissimo non diventare madri, non è mica un obbligo! E poi l’utero artificiale non diventerà mai realtà perché è impossibile duplicare la comp...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione.Chi dice donna dice dono
  2. 1. Non è la madre, è una portatrice
  3. 2. L’utero è mio e lo gestisco io
  4. 3.Si comprano “servizi gestazionali”, non un bambino
  5. 4. Fare un figlio per altri è una libera scelta
  6. 5. I regolamenti tutelano le donne
  7. 6. È l’amore – e l’intenzione – che fa una famiglia
  8. 7. La neonata è una “tabula rasa”
  9. 8. La maternità surrogata è come la prostituzione