Giustizia, roba da ricchi
eBook - ePub

Giustizia, roba da ricchi

  1. 160 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Giustizia, roba da ricchi

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Altro che 'legge uguale per tutti': le nostre carceri sono affollate di ladruncoli e piccoli spacciatori, mentre bancarottieri e corruttori non ci finiscono quasi mai. A essere perseguiti con rigore dal codice penale sono i reati 'di strada': furti, scippi, rapine. Ma anche altre classiche condotte dei poveri, come raccogliere rottami abbandonati o mendicare con dei bambini. Gli illeciti commessi da ricchi e potenti invece sono trattati con indulgenza: per le violazioni societarie, bancarie e tributarie sono previste maglie larghe; l'inquinamento di quei beni – aria, acqua, suolo – che sono patrimonio comune è punito perlopiù a titolo di contravvenzione; le morti da infortunio sul lavoro comportano condanne relativamente contenute.

Un pamphlet feroce contro l'iniquità del nostro sistema penale.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Giustizia, roba da ricchi di Elisa Pazé in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Volkswirtschaftslehre e Wirtschaftspolitik. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788858128985

Fortezza Italia

Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù

1. Stranieri ricchi e stranieri poveri

Quando gli immigrati eravamo noi Buona parte delle città medioevali non conserva più le antiche mura di cinta, erose dal tempo o cadute sotto i colpi dei nemici, ma l’intera Europa appare egualmente una fortezza sotto assedio. Quelle che Ernesto Balducci chiamava «le mura d’acciaio dell’Occidente»120 respingono i disperati che fuggono dalle guerre e dalla fame, costringendoli ad arrivare via mare su imbarcazioni di fortuna per poi risospingerli nelle terre da cui sono partiti, destinati alle torture, alle bombe, all’inedia.
Eppure, in un passato non troppo remoto, ad emigrare in massa eravamo noi. A partire dal 1860, nell’arco di un secolo ventitré milioni di italiani hanno lasciato la penisola per cercare fortuna in altre terre. Nessun paese comunitario ha nella propria storia un esodo di tali dimensioni. Per molti decenni meta privilegiata è stata l’America; poi i paesi dell’Europa del Nord, Francia, Svizzera, Belgio, Germania. Ci si spostava non per spirito di avventura ma per necessità, spinti dalla mancanza di lavoro e di prospettive, non pensando ad un abbandono definitivo della patria ma convinti di potere un giorno rientrare.
Quelle migrazioni furono segnate da tragedie. La traversata dell’Atlantico sui piroscafi non era una passeggiata, si moriva di fame e di malattia, e al momento dell’approdo sulle coste americane le persone in vita erano generalmente meno di quelle salite a bordo all’imbarco121. Altri drammi furono conseguenza delle condizioni di lavoro, svolto quasi sempre in assenza delle più elementari misure di sicurezza: nel 1907 a Monongah, una cittadina della Virginia, a causa di un’esplosione morirono ustionate all’interno di una miniera trecentosessantadue persone, centosettantuno delle quali italiane; nel 1956 l’incendio di un’altra miniera di carbone, questa volta a Marcinelle, in Belgio, provocò il decesso di duecentosessantadue uomini, di cui centotrentasei italiani.
I nostri connazionali non godevano di buona fama: venivano considerati sporchi, fannulloni, straccioni, mafiosi. Il 14 maggio 1909 il «New York Times» scriveva: «L’Italia è prima in Europa con i suoi crimini violenti. [...] il criminale italiano è una persona tesa, eccitabile, è di temperamento agitato quando è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo stiletto»122. Questi pregiudizi diedero luogo a episodi di giustizia sommaria. Nel 1899 a Tallulah, un paesino a trecento chilometri da New Orleans, cinque «dagos» – come negli Stati Uniti erano denominati spregiativamente i siciliani (da «day goes», pagati a giornata) – furono linciati perché la capra di uno di loro aveva brucato nel prato del medico del paese, il medico aveva ucciso la capra e per reazione uno dei dagos lo aveva ferito123.
Historia magistra vitae, ma gli italiani di oggi hanno la memoria corta. Quando sono gli altri ad arrivare da noi, il nostro passato di «stranieri», e per giunta sgraditi, lo rimuoviamo. Dimentichiamo che c’è sempre stato un naturale esodo dagli Stati più poveri a quelli più ricchi e, all’interno dei singoli Stati, un movimento dalla periferia verso il centro alla ricerca di un maggiore benessere; che nei periodi storici in cui c’era miseria gli italiani hanno cercato fortuna altrove e che la nostra penisola ha visto una consistente migrazione dal Sud verso il Nord di quelli che per decenni sono stati definiti spregiativamente «terroni».
Trascuriamo anche l’attualità. In questi ultimi anni molti italiani hanno ripreso ad emigrare. Non c’è solo il fenomeno battezzato «fuga dei cervelli», di chi ha un alto livello di specializzazione e non riesce a fare ricerca nel nostro paese. Molte persone che hanno un livello di istruzione medio-basso si trasferiscono all’estero, in aree dove il tasso di disoccupazione è meno elevato o è più facile cogliere opportunità.
La memoria corta ci fa comodo. L’approdo di indigenti di altri paesi, oltre a turbare le coscienze (di pochi), mette in discussione il benessere occidentale e il nostro stile di vita consumistico. Non vedere il bisogno altrui aiuta a non pensarci. I nostri poveri possiamo punirli ma non allontanarli; quelli stranieri pretendiamo che se ne stiano a casa loro.
La nascita delle barriere Il diritto di emigrare solo negli ultimi decenni è stato costruito come diritto a senso unico: libertà degli occidentali di trasferirsi nei continenti extraeuropei, cui non corrisponde una reciproca libertà dei cittadini extraeuropei di trasferirsi in Occidente. In passato, a partire dal Cinquecento, in concomitanza con la colonizzazione dell’America da parte delle potenze europee, per giustificare la depredazione e lo sfruttamento delle popolazioni indigene si teorizzò il diritto di chiunque ad accedere a qualunque parte del pianeta; e questo diritto, pensato ad uso e consumo dei conquistatori, fu costantemente ribadito nei quattro secoli successivi124. Non c’era bisogno di metterlo in discussione perché l’andamento della migrazione è stato a lungo centrifugo: dal vecchio continente verso altre terre, mentre non c’era un flusso in senso inverso.
Si comprende, dunque, perché fino ad epoca relativamente recente i pochi stranieri che intendevano stabilirsi nel nostro paese non erano soggetti a misure particolari. C’era l’esigenza di censire chi, non cittadino, si trovava sul territorio italiano, non di impedirne l’ingresso. Il Testo unico di pubblica sicurezza del 1931 imponeva ai forestieri di presentarsi, entro tre giorni dal loro arrivo in Italia, all’autorità di pubblica sicurezza per compilare la dichiarazione di soggiorno; se non lo facevano potevano essere espulsi mediante accompagnamento alla frontiera o, nei casi di urgenza, allontanati dal prefetto con foglio di via obbligatorio. L’arresto scattava solo in caso di inottemperanza al foglio di via o di rientro senza autorizzazione, per cui in definitiva ad essere punito era il soggiorno illegale, non l’accesso al nostro territorio, che era libero.
La Costituzione del 1948 non incise su questo sistema normativo, limitandosi a sancire il diritto dei cittadini di uscire liberamente dal territorio della Repubblica e di rientrarvi125, ma non affrontando il tema della libertà degli stranieri di venire a vivere da noi – salvo riconoscere il diritto d’asilo ai perseguitati politici126 – perché l’Italia continuava ad essere solo un paese di emigrazione.
Ad un certo punto le ondate migratorie hanno invertito il loro corso. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso ai confini dell’Europa hanno iniziato a premere masse di diseredati del Sud del mondo. Questo mutamento della direzione dei flussi migratori ha comportato anche un capovolgimento di prospettiva nel riconoscimento del diritto di emigrare, che ha perso il suo carattere universale. A potere entrare e uscire liberamente dall’Italia sono solo i cittadini dell’Unione Europea, in virtù dei diritti loro riconosciuti dal trattato istitutivo dell’Unione. Per regolamentare in modo restrittivo il soggiorno degli extracomunitari sono invece intervenute, a partire dal 1990, diverse leggi – in particolare la legge Turco-Napolitano del 1998127 e la Bossi-Fini del 2002128 – che hanno man mano ampliato l’area dell’illiceità penale, finendo per farla coincidere con quella dell’illiceità amministrativa. Ad essere puniti sono l’ingresso e il soggiorno illegali, l’inottemperanza all’ordine di andarsene, il reingresso dopo che si è stati espulsi.
Parallela all’estensione della sfera della punibilità è stata l’introduzione del sistema delle quote: il presidente del Consiglio dei ministri fissa ogni anno con decreto il tetto massimo di stranieri extracomunitari ai quali rilasciare il permesso di soggiornare in Italia per esercitare un lavoro autonomo o subordinato. Per selezionare i ‘fortunati’ è stato imposto un meccanismo irrealistico, fondato sull’incontro a livello planetario fra domanda e offerta di lavoro: gli interessati non possono venire in Italia per prendere contatti, presentarsi, discutere le modalità di impiego; l’assunzione deve avvenire preventivamente, stipulando un contratto quando ancora essi si trovano nel paese d’origine, con l’onere per il datore di lavoro di fornire loro un alloggio e di impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro129.
La filosofia alla base di queste norme è prettamente egoistica: avere manodopera di comodo a basso costo. Gli immigrati li vogliamo solo se ci servono, e dunque nella quantità utile e per il tempo strettamente necessario, per andare ad occu...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. I ricchi sono sempre brave persone
  3. Piccoli reati e grandi punizioni
  4. Spigolature (e altri reati inoffensivi)
  5. I reati contro la proprietà dell’ingegno
  6. Fortezza Italia
  7. I reati che proteggonola cattiva coscienza dei ricchi
  8. L’insufficienza dei correttivi
  9. Conclusioni