Psicologia dello sviluppo sociale
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Psicologia dello sviluppo sociale

  1. 160 pagine
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Psicologia dello sviluppo sociale

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Stabilire relazioni con gli altri è uno dei compiti più importanti e precoci dello sviluppo umano.Gianluca Gini descrive e spiega lemergere e il modificarsi della capacità dellindividuo di instaurare relazioni positive con le altre persone a partire dallinfanzia, quando il bambino acquisisce strumenti di comunicazione e interazione, sviluppa lidea di se stesso in relazione agli altri e si adatta ai contesti in cui vive.

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858103913

Capitolo 1.
Comprendere lo sviluppo sociale

1.1. Introduzione

La psicologia dello sviluppo sociale si occupa di descrivere e spiegare l’emergere e il modificarsi della capacità dell’individuo di instaurare relazioni competenti con le altre persone. Stabilire relazioni con gli altri è uno dei compiti, durante lo sviluppo, più importanti e, come avremo modo di vedere nei prossimi capitoli, uno dei primi a comparire. D’altra parte, qualunque sia la natura e il ruolo delle prime relazioni nell’infanzia, la costruzione delle relazioni rimane un compito che dura tutta la vita e tutte le funzioni psicologiche si sviluppano nel contesto sociale (Schaffer, 2004). In esso, infatti, il bambino fa le sue prime esperienze di contatto con il mondo, identifica gli aspetti più interessanti e degni di attenzione, acquisisce significati e strumenti di comunicazione, sviluppa l’idea di se stesso in relazione al mondo, e così via.
Come sottolinea Molinari (2007), a differenza di altre aree di studio come la psicologia dello sviluppo cognitivo o linguistico, studiare lo sviluppo sociale significa collocarsi al confine tra la psicologia dello sviluppo e la psicologia sociale. Un esempio particolarmente significativo a questo riguardo è costituito dall’analisi delle influenze di gruppo sullo sviluppo individuale, tema tradizionalmente affrontato dalla psicologia sociale e che oggi comincia ad essere incluso nei modelli di spiegazione dello sviluppo e negli studi con i bambini. Questa potenziale fonte di ambiguità, tuttavia, non deve essere vista come un limite della disciplina: al contrario, costituisce un punto di forza, in quanto consente di integrare utilmente approcci teorici e metodologie tra loro complementari, rendendo possibile un compito tutt’altro che semplice: spiegare come il bambino realizza la sua natura di essere sociale.
La gran parte delle teorie classiche sullo sviluppo sociale presentate nei manuali più tradizionali di psicologia dello sviluppo pongono l’accento prevalentemente, se non esclusivamente, su componenti strettamente individuali o sulla relazione madre-bambino per spiegare come il bambino entra progressivamente a far parte del mondo sociale degli adulti, e subordinano spesso l’acquisizione delle competenze e conoscenze sociali a progressi di tipo cognitivo e comunicativo (si pensi, a mero titolo di esempio, alla teoria piagetiana o a quella psicoanalitica; tuttavia, come eccezione, si pensi alla teoria di Vygotskij). Al contrario, come si avrà modo di vedere approfonditamente nel corso dell’intero volume, i modelli teorici e le linee di ricerca più recenti enfatizzano l’interazione individuo-ambiente come «luogo» dove avviene lo sviluppo (infra, par. 1.3). Ciò è reso possibile anche dal fatto che le «grandi teorie» sullo sviluppo hanno progressivamente lasciato spazio a modelli più circoscritti volti alla spiegazione di processi evolutivi più ristretti, modelli che consentono un maggiore livello di approfondimento e di analisi. In definitiva, le teorie sono uno strumento utile alla descrizione dello sviluppo, e quindi anche dello sviluppo sociale, ma sarebbe un errore scegliere una sola teoria per guidare la propria comprensione dei processi e degli esiti di sviluppo. Ciò che suggeriamo, invece, è un approccio teorico eclettico (Santrock, 2008), o pluralista, in grado di valorizzare e integrare i punti di forza dei diversi modelli presenti in letteratura, tenendo al contempo presenti i rispettivi limiti.
Questo capitolo è dedicato principalmente alla presentazione dei più importanti approcci teorici utili alla descrizione e alla comprensione del lungo e complesso processo di sviluppo sociale del bambino. Prima, però, dobbiamo definire tre concetti chiave: la competenza, la consapevolezza e la conoscenza sociale.

1.2. I domini dello sviluppo sociale

Lo sviluppo sociale consiste in un percorso, che possiamo considerare verosimilmente mai completamente concluso, attraverso cui ogni persona entra a far parte di diversi ambienti socio-culturali significativi. Ciò è possibile grazie a due processi, uno di apertura e partecipazione alle relazioni con gli individui e i gruppi sociali, verso i quali si deve sviluppare un senso di attaccamento, interesse e appartenenza, e l’altro di acquisizione e mantenimento della propria differenziazione dagli altri, che passa attraverso la costruzione della propria identità. L’insieme di ciò che questo percorso richiede per essere affrontato e, al contempo, produce come esito evolutivo, può essere classificato in tre domini distinti (anche se non indipendenti), identificabili con la competenza, la consapevolezza e la conoscenza sociale.
1.2.1. La competenza sociale
In letteratura il termine «competenza sociale» viene frequentemente utilizzato come se ci fosse pieno accordo tra i ricercatori sul suo significato. In realtà, da lungo tempo, c’è un dibattito aperto su cosa si debba effettivamente intendere per comportamento socialmente competente (Rose-Krasnor, 1997). Il costrutto di competenza sociale, infatti, non è facilmente definibile in maniera univoca, soprattutto perché al suo interno vengono fatte rientrare numerose dimensioni e singole abilità.
Da un lato, la competenza sociale indica la capacità di interagire con gli altri in maniera adeguata ai diversi contesti, dispiegando le opportune modalità di segnalazione (gestuali, espressive, linguistiche) circa le proprie intenzioni, gli stati d’animo, ecc. In questa accezione, pertanto, essa si riferisce a manifestazioni comportamentali direttamente osservabili che riguardano la capacità dell’individuo di interagire efficacemente con l’ambiente, di raggiungere i propri obiettivi sociali, di impegnarsi in interazioni interpersonali diadiche e di gruppo, di costruire relazioni di amicizia, e così via (Schneider, 1993). Dall’altro lato, rientrano in questo concetto anche dimensioni legate più al pensiero sociale che all’azione concreta, come la capacità di elaborare correttamente le informazioni sociali, di risolvere i problemi di natura sociale, di comprendere e gestire le proprie emozioni (Corsano e Cigala, 2004). Ciò che sembra chiaro, comunque, è che la competenza sociale non deve essere considerata come un tratto individuale, un attributo «interno» al bambino; piuttosto, essa «emerge» dalle interazioni tra il bambino e i suoi partner sociali.
Come più estesamente descritto da Rose-Krasnor (1997), in letteratura ritroviamo quattro diversi approcci per definire operazionalmente la competenza sociale: (1) la misura di specifiche abilità, (2) lo status sociometrico, (3) le relazioni interpersonali, (4) gli esiti di adattamento sociale.
Uno dei modi con cui viene più frequentemente definita la competenza sociale è quello di identificare un insieme di abilità desiderabili. È questo, ad esempio, l’approccio alla base dell’utilizzo delle check-list per misurare la competenza sociale dei bambini di diverse età o dei programmi educativi che mirano ad insegnare le abilità sociali (social skills training). Tuttavia, anche tra coloro che adottano tale approccio manca l’accordo su quali siano le abilità che debbano essere prese in considerazione.
Secondo il modello di Rubin, Bukowski e Parker (1998), che integra sia le dimensioni esterne che quelle più interne del costrutto, un elenco di componenti che rientrano nel concetto di competenza sociale è il seguente:
– comprendere pensieri, emozioni e intenzioni degli altri,
– astrarre informazioni sul partner dell’interazione (es., caratteristiche di personalità, interessi, opinioni),
– trovare mezzi diversi per iniziare e mantenere positivamente un’interazione,
– comprendere le conseguenze del proprio comportamento per sé e per l’altro,
– agire positivamente e altruisticamente,
– formulare giudizi morali maturi che guidino l’azione sociale,
– esprimere le emozioni in maniera appropriata,
– inibire emozioni e comportamenti negativi,
– comunicare in modo chiaro,
– prestare attenzione alla comunicazione altrui.
Un secondo modo di intendere la competenza sociale si riferisce allo status sociale, cioè alla posizione del bambino all’interno di un gruppo in termini, ad esempio, di popolarità o isolamento (Coie e Dodge, 1983; infra, par. 4.6). Tuttavia, diverse critiche possono essere avanzate alla valutazione della competenza sociale sulla base dello status, tra le quali il fatto che non fornisce informazioni sulla natura e l’origine delle eventuali difficoltà di adattamento del bambino e che una posizione di leadership e popolarità non è necessariamente indice di comportamenti socialmente desiderabili, soprattutto all’interno di gruppi devianti o in particolari momenti dello sviluppo.
Il terzo approccio allo studio della competenza sociale riguarda l’analisi della qualità delle relazioni interpersonali, sia con gli adulti che con i coetanei, e le modalità con cui il bambino contribuisce a queste relazioni. A tale riguardo, tuttavia, bisogna tenere conto del fatto che, essendo la relazione un processo diadico, la sua qualità dipenderà dalla competenza sociale di entrambi i partner. Di conseguenza, può risultare difficile, se non impossibile, identificare il contributo specifico apportato alla relazione da un singolo bambino ed utilizzare questa informazione come indice della competenza sociale del bambino stesso.
Infine, l’approccio funzionale alla competenza sociale si basa su una visione etologica o sistemica dello sviluppo (es., Attili, 1990), in quanto adotta una definizione di competenza di tipo contesto-specifico, che riguarda gli esiti dell’adattamento sociale e tiene conto degli obiettivi sociali e dei compiti richiesti da ciascun contesto. In altri termini, secondo questo approccio la competenza sociale dipende dalla capacità del bambino di raggiungere un risultato voluto in una specifica situazione e, al contempo, dalle risposte degli altri ai comportamenti del bambino stesso. Un esempio di modello teorico che si fonda su una definizione di competenza sociale di questo tipo è il modello dell’elaborazione delle informazioni sociali (Crick e Dodge, 1994; infra, par. 1.3.4), in base al quale il livello di adattività di un comportamento sociale dipende sia dalle abilità sociali dell’individuo che dalla valutazione di tale comportamento da parte dell’ambiente (ad es., il gruppo dei pari).
In questa analisi bisogna anche tenere conto del fatto che la definizione di cosa debba intendersi per competenza sociale, e dei relativi correlati, dipende fortemente dai modelli culturali di riferimento. Ad esempio, durante la fanciullezza, il ritiro sociale tende ad essere associato con la popolarità nel contesto culturale cinese, mentre è associato con il rifiuto da parte dei pari nel contesto nord-americano (Chen e Rubin, 1992). Anche all’interno di una stessa cultura, bambini appartenenti a gruppi di minoranza possono avere opportunità di interazioni sociali differenti dai loro coetanei appartenenti a gruppi di maggioranza, possono dare valutazioni diverse di specifici comportamenti sociali o, ancora, preferire strategie differenti per raggiungere i loro obiettivi sociali (Ogbu, 1981).
1.2.2. La consapevolezza sociale
Il secondo ambito di interesse della psicologia dello sviluppo sociale riguarda la progressiva acquisizione da parte del bambino della consapevolezza di sé e degli altri, come verrà più ampiamente discusso nel secondo capitolo. Rientrano quindi nel concetto di consapevolezza sociale la comprensione delle emozioni, dei bisogni, dei diversi stati mentali degli individui, ma anche lo sviluppo della propria identità (di genere, di ruolo, etnica, ecc.). Pertanto, la consapevolezza sociale comporta la capacità di riconoscersi sia come individui indipendenti sia come membri di categorie e gruppi più ampi, nonché di confrontare se stessi e il proprio gruppo di appartenenza con altri individui e altri gruppi.
A livello empirico, questo ambito di ricerca concerne lo studio del comportamento sociale come dipendente dalle rappresentazioni sottostanti, cioè dall’interpretazione che il bambino dà della situazione, degli eventi cui partecipa, delle azioni degli altri, ecc. Rientrano in questo filone gli studi che riguardano le abilità di role-taking, la teoria della mente[1], l’empatia, lo sviluppo dell’identità di genere e delle preferenze etniche, gli stereotipi e i pregiudizi.
1.2.3. La conoscenza sociale
Infine, lo studio dello sviluppo sociale include l’acquisizione delle conoscenze dei principi e delle regole che governano il complesso sistema delle relazioni interpersonali, da quelli più prossimali (es., nella comunicazione, nelle interazioni sociali, ecc.) a quelli più complessi, lontani e generali (es., l’organizzazione sociale, le sue leggi e convenzioni, ecc.). Ad esempio, riguardano la conoscenza sociale gli studi sulla comprensione delle regole morali all’interno di un ambiente sociale, la comprensione delle regole e convenzioni sociali (meno vincolanti e più «relative» rispetto alle regole morali), le idee dei bambini sull’autorità dei genitori, la comprensione del mondo economico, del concetto di lavoro, del sistema politico, le concezioni dell’amicizia, le teorie ingenue della personalità e il ragionamento dei bambini circa le relazioni, i comportamenti e le categorie sociali (es., l’uso spontaneo di termini di tratto per descrivere le persone e per fare inferenze sui loro comportamenti).
Uno degli aspetti più interessanti della conoscenza sociale del bambino riguarda lo sviluppo delle conoscenze circa le regole, che procede di pari passo con lo sviluppo della capacità di role-taking (abilità che rientra n...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. Psicologia dello sviluppo sociale
  3. Capitolo 1. Comprendere lo sviluppo sociale
  4. Capitolo 2. Lo sviluppo del sé e della cognizione sociale
  5. Capitolo 3. Le relazioni con gli adulti
  6. Capitolo 4. Le relazioni tra pari
  7. Capitolo 5. L’adattamento sociale
  8. Conclusioni
  9. Bibliografia