1. Dalla psicoanalisi alle neuroscienze: teorie, autori e metodi della psicologia dello sviluppo
di Domenico Bellacicco
Lo studio scientifico dell’infanzia – iniziatosi sul finire del XIX secolo e continuato rigoglioso per tutto il XX, secolo che la scrittrice svedese Ellen Key (1849-1926) avrebbe salutato ai suoi albori, intuendone gli sviluppi, come «il secolo dei fanciulli» (1900) – ha determinato la nascita di teorie sullo sviluppo psicologico del bambino e dell’adolescente di grande e significativa rilevanza (psicoanalisi, comportamentismo ecc.). In questo capitolo, noi vedremo in sintesi le più importanti e ne considereremo l’influsso che hanno avuto sulle ricerche e sulle osservazioni che la psicologia novecentesca ha condotto sull’età evolutiva, nella quale, alla luce del frenetico attivismo degli adulti e della briosa vitalità di molti anziani d’oggi, ha fatto finalmente rientrare anche la maturità e la senilità, rendendo loro giustizia per la grande parte che hanno nella vita dell’uomo.
1. La psicologia comparata: le emozioni come trait d’union tra uomo e animale
La psicologia novecentesca dell’età evolutiva ha un grande debito di riconoscenza verso Charles Darwin (1809-1882), non solo perché questo scienziato, grazie ai suoi vasti interessi, ha potuto gettare un’occhiata attenta ad alcuni aspetti della vita psichica del bambino, ma pure perché, con le sue scoperte, ha permesso ad altri di progredire più celermente nella conoscenza del fanciullo.
Nel corso dei suoi studi, Darwin intuì che, fra le specie animali inferiori e quelle superiori, c’è uno stretto legame di tipo sia biologico, sia comportamentale. Infatti, secondo la sua teoria evoluzionistica, nel corso di lunghissimi periodi di tempo (centinaia di migliaia d’anni), le prime forme animali – mediante il principio delle variazioni (presenza di due o più variazioni infraspecie) e quello della selezione naturale (in conformità al quale sopravvivono solo quelle specie le cui variazioni appaiono più adeguate all’ambiente in cui tali specie vivono) – si sono modificate a tal punto da aver dato origine a numerosissime specie viventi (molte esistenti ancor oggi), alcune delle quali legate da rapporti «di parentela» così stretti che certi loro comportamenti o stati psicofisici mostrano una sorprendente somiglianza. Lo scienziato inglese pubblicò le sue ricerche su quest’ultimo argomento nel saggio L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872), in cui dimostrò brillantemente che, lungo la scala filogenetica, le manifestazioni esterne di emozioni come, per esempio, la paura, la rabbia, la gioia e l’aggressività prevedono, sia per l’uomo, sia per gli animali a lui vicini zoologicamente, non solo meccanismi, ma anche movimenti muscolari simili e fortemente specializzati.
Tant’è stato importante il lavoro di Darwin che le sue teorie ottennero un successo crescente, come può testimoniare, fin dagli anni Trenta del secolo scorso, la splendida fioritura delle rigorose ricerche della scuola etologica di Konrad Lorenz (1903-1989) e di Nikolaas Tinbergen (1907-1988): questi studiosi, con un’innovativa metodologia fondata su un’accuratissima osservazione delle differenti specie nel loro ambiente di vita, sono riusciti a fare molte scoperte importanti sul comportamento degli animali e dell’uomo, tra cui, notevoli, quelle sugli istinti e quelle sul fenomeno dell’imprinting. In particolare, per quanto riguarda l’uomo, gli etologi hanno applicato con successo questo metodo di indagine sostanzialmente a quasi ogni aspetto della vita quotidiana, anche se l’ambito che ne ha tratto i maggiori benefici è stato quello dell’osservazione della relazione madre-bambino, come emerge dagli studi di John Bowlby sull’attaccamento e la separazione (Bowlby 1969, 1973, 1980).
Mette conto poi di far notare che l’analisi dell’intero arco vitale dell’uomo condotta dall’etologia è in grado di dare efficace risalto, per quanto riguarda ciò che determina il comportamento di un individuo, non solo ai fattori a esso interni, ma, contemporaneamente, anche a quelli esterni (cioè a quelli che hanno origine sia dall’ambiente fisico e culturale in cui l’uomo vive, sia da quello relazionale) e ciò permette ai suoi teorici di affermare con assoluta sicurezza che un buon adattamento dell’individuo all’ambiente deriva da una sana interrelazione tra i primi e i secondi. Per quanto riguarda infine la metodologia di osservazione del comportamento, l’etologia ha inaugurato un nuovo modo di studiare il bambino e la sua relazione con la madre: per questa teoria, non solo l’osservazione deve avvenire nell’ambiente di vita della diade, ma dev’essere condotta anche in maniera minuziosa, affinché lo studio possa giovarsi di tutta la possibile ricchezza di dati che può fornire la naturalità della situazione di vita e l’analiticità dell’osservazione.
2. Freud e la nascita della psicoanalisi
Il viennese Sigmund Freud (1856-1939) può essere considerato un capostipite dello studio scientifico dello sviluppo affettivo del bambino, ricostruito, più che per mezzo dell’analisi infantile (la sua unica – e, per certi versi, anomala – analisi del genere è quella conosciuta con il nome di Caso clinico del piccolo Hans), per mezzo di quella condotta sull’adulto, utilizzando la tecnica terapeutica, da lui perfezionata, delle associazioni libere, che consiste nella verbalizzazione, da parte del paziente, di qualunque pensiero gli venga in mente, senza qualsivoglia reticenza nel riferirli.
Freud espose per la prima volta le sue idee definitive sullo sviluppo infantile in un’opera fondamentale per la psicoanalisi, i Tre saggi sulla teoria sessuale (1905). In questo lavoro, egli dimostrò, tra le altre cose, che il comportamento umano è determinato sostanzialmente dal complesso rapporto che si stabilisce tra due tipi di pulsione, quella sessuale (necessaria alla riproduzione) e quella di autoconservazione (fondamentale per la sopravvivenza).
Queste due pulsioni, insieme con i contenuti rimossi – poiché penosi – dalla persona, formano quello che Freud definì, in L’Io e l’Es (1923), appunto l’Es, cioè quella struttura dell’apparato psichico già presente all’inizio della vita e da cui hanno origine le spinte puramente biologiche del comportamento, legate al bisogno. Dimostrata l’esistenza di queste due pulsioni, Freud, per il fatto che esse sono composte in buona parte di energia, ipotizzò poi che quest’ultima, accumulandosi costantemente, costringesse a un certo punto l’individuo a scaricare quella in eccesso nella maniera più rapida possibile per evitare alla persona spiacevoli sensazioni di tensione, processo definito dal padre della psicoanalisi principio di piacere. Nello stesso tempo, il grande studioso viennese faceva notare che la realtà non sempre consente un soddisfacimento immediato (per esempio, quando il lattante ha fame e non c’è nessuno pronto a provvedervi), ma, anzi, frappone sempre ostacoli a questa naturale tendenza della pulsione (principio di realtà), ragion per cui l’Es, intorno al primo anno di vita del bambino, è costretto piano piano a trasformarsi per tenere conto della realtà stessa, dando così origine a una nuova struttura, l’Io, che deve mediare tra le rivendicazioni dell’Es e le richieste del mondo esterno.
Proprio per ridurre lo stato di tensione creatosi all’interno dell’organismo, le pulsioni sessuali, nei primi anni di vita, poiché non hanno ancora come oggetto per la loro soddisfazione un’altra persona, come avviene in età matura (sono infatti autoerotiche), si scaricano «sfruttando» le funzioni vitali e quindi le differenti zone corporee del bambino (zone erogene) legate a queste funzioni. Così, nel primo anno di vita, in virtù della grande importanza della bocca, sia per l’alimentazione, sia per il contatto con il mondo esterno che essa permette (mediante il ciucciare e il mordere gli oggetti che capitano a tiro al bambino), la zona è quella orale e il meccanismo dominante di soddisfazione del piacere è quello dell’incorporazione del cibo.
Verso la fine di questo periodo, a causa dello svezzamento e quindi dell’ambivalenza affettiva nei confronti della madre (la prima figura di attaccamento del bambino), il primato della zona orale incomincia a cedere a quello della zona anale: il bambino prova ora piacere nell’espellere o nel trattenere le feci e questo «concederle» o no a sua madre, secondo Freud, rappresenta un modo precoce e simbolico del bimbo di opporsi alle richieste degli adulti, pronunciando i primi «no».
Il periodo che la psicoanalisi ritiene però particolarmente critico per lo sviluppo dell’individuo è quello che va dai 3 ai 5-6 anni d’età circa. Nel definirlo fase fallica, Freud voleva mettere in chiaro che la zona erogena, spostatasi oramai sull’apparato genitale, determina un particolare interesse del bambino verso il suo organo genitale, benché, per il bimbo, esso non sia qualcosa di concreto, dato che in questa fase, differentemente da quella genitale, esso appare contraddistinto da una palese fantasmaticità, evidente dal fatto che il suo ideale possesso è rivendicato anche dalle bambine, che ne percepiscono la mancanza come un’ingiusta privazione.
Ma è per ben altro aspetto che questa fase è divenuta famosa anche presso il pubblico più vasto, vale a dire per quell’insieme organizzato di desideri amorosi e, nello stesso tempo, ostili del bambino verso i genitori che Freud definì complesso d’Edipo. La particolarità di questo complesso sta nel fatto che i genitori vengono vissuti dal bambino in modi completamente opposti: mentre la madre diventa per lui un oggetto d’amore da tenere tutta per sé, il padre, per questo incestuoso desiderio, è invece vissuto come un rivale nelle premure della madre e quindi come un ostacolo al soddisfacimento dei suoi desideri. Ma il bambino, con il passare del tempo, si rende conto che nulla può contro l’inevitabile superiorità del padre e così, pur di non inimicarselo e timoroso anche di venir castrato da lui per i suoi colpevoli desideri, rinuncia all’amore esclusivo della madre e si identifica con il papà, facendo suoi i divieti e i valori morali della società di cui il genitore è il depositario nella famiglia.
Per effetto dell’identificazione con il padre e del tramonto del complesso edipico, avvengono due accadimenti importanti nella vita psichica del bambino: da un canto, così com’era successo a suo tempo all’Es, ora anche una parte dell’Io si trasforma a causa dell’opposizione della realtà alle sue pretese incestuose e dà origine al Super-Io, garante dei valori della società e istanza giudicante e repressiva dell’Io stesso; dall’altro, le differenti pulsioni sessuali viste in precedenza lentamente cedono il passo al primato di quella genitale, caratteristica della sessualità matura. Ma, mentre questo processo va avanti, tra i 6 gli 11 anni, durante la fase di latenza, tali pulsioni, apparentemente acquietate, vengono invece sublimate, cioè deviate in maniera più o meno riuscita verso una meta non sessuale, come nell’impegno scolastico o nella creazione di nuove amicizie.
Box 1.
Le fasi psicosociali proposte da Erikson
A differenza di Freud, lo psicoanalista tedesco Erik H. Erikson (1902-1980) ha messo in chiaro che l’«ambiente» riveste una parte importante nello sviluppo psicologico dell’individuo e ciò fa sì che questo sviluppo sia sottoposto a continui conflitti e tendenze psicologiche contrapposte, che tendono a risolversi e ad armonizzarsi nel corso della vita. Ed è proprio questo continuo gioco tra tendenze contrastanti, non tanto la successione delle pulsioni, a determinare, secondo lo studioso tedesco, la serie di fasi di sviluppo del bambino che lui definisce psicosociali, proprio per l’importanza che dà all’ambiente. Ma le differenze rispetto a Freud non finiscono qui.
Proprio perché lo sviluppo è contraddistinto da un continuo stato di conflitto tra tendenze opposte e dato che questi conflitti e queste tendenze non cessano che con la morte dell’individuo, lo studioso tedesco fa giustamente notare che, date queste premesse, lo studio dello sviluppo non può interrompersi con l’adolescenza, ma deve andare oltre, per abbracciare tutta la vita umana, che viene da lui divisa in otto stadi:
Stadio 1 Acquisizione del senso fondamentale di fiducia in virtù del superamento di quello di sfiducia (dalla nascita a un anno di vita). La nascita mette in contatto il neonato con la realtà esterna e una sensazione di benessere, sia fisica, sia psichica, è necessaria in questo stadio per superare efficacemente le crisi successive.
Stadio 2 Acquisizione del senso di autonomia e superamento del senso di dubbio e vergogna (2-3 anni). Le prime conquiste circa il linguaggio, la deambulazione e il controllo sfinterico danno la sensazione al bambino di poter essere relativamente autonomo. Dato però che qualche cattivo successo – frutto di questa primitiva autonomia – può creare in lui sentimenti di dubbio e di vergogna, è opportuno che il piccolo, in questa particolare fase, sia sostenuto amorevolmente, affinché possa superarla agevolmente.
Stadio 3 Acquisizione dello spirito di iniziativa e superamento del senso di colpa (4-5 anni). Questo stadio è contraddistinto dal senso di iniziativa. Il desiderio di mettere alla prova la sua forza, la sua abilità e le sue capacità allo stato nascente fa vivere al bambino come frustrante ogni opposizione degli adulti – per la qual cosa può mostrare nei loro confronti aggressività e rabbia – e, in particolare, dei genitori. A causa della probabile formazione di sensi di colpa per tali sentimenti, è necessario che i genitori dimostrino un’adeguata comprensione dei vissuti contrastanti del bambino.
Stadio 4 Acquisizione del senso di industriosità e difesa dal senso di inferiorità (6-11 anni). L’ingresso a scuola stimola il bambino, come nella fase precedente, a industriarsi più che può per raggiungere determinati obiettivi – in questo caso scolastici – e ogni mediocrità nei risultati può suscitare un sentimento di inferiorità. È chiaro che le esperienze positive non potranno far altro che rinforzare i sentimenti di adeguatezza, ma a tal fine è anche indispensabile che il bambino abbia sublimato soddisfacentemente molti suoi vecchi desideri. Erikson ritiene che i sentimenti di industriosità sviluppati in questo periodo della vita siano fondamentali nel futuro per ottenere risultati soddisfacenti nel lavoro.
Stadio 5 Acquisizione del senso di identità e superamento del senso di diffusione di quest’ul...