Esperienza e significato nelle scienze psicologiche
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Esperienza e significato nelle scienze psicologiche

Naturalismo, fenomenologia, costruttivismo

  1. 266 pagine
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Esperienza e significato nelle scienze psicologiche

Naturalismo, fenomenologia, costruttivismo

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Un'introduzione ragionata a quegli orientamenti della psicologia scientifica (come il costruttivismo, il costruzionismo sociale e la psicologia critica) che, riscoprendo la dimensione del significato, mettono in discussione il paradigma naturalistico e accolgono l'alternativa di una scientificità più 'incerta', ma anche più aderente all'esperienza umana.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858112762

III. La psicologia del significato

Chi vuole che la sua parola abbia senso, deve farsi forte di ciò che a tutti è comune e ha senso.
Eraclito

3.1. La fenomenologia husserliana: un ripensamento radicale della conoscenza scientifica

Per una significativa coincidenza lo stesso anno, il 1874, vede la pubblicazione di Grundzüge der physiologischen Psychologie (Fondamenti di psicologia fisiologica), l’opera di Wundt che dà inizio alla psicologia scientifica, e quella di Brentano Psychologie vom empirischen Standpunkt (La psicologia dal punto di vista empirico) che propone alla psicologia un altro fondamento e un’altra direzione.
Anche per Brentano, come per Wundt, la psicologia si definisce come scienza dei fenomeni di coscienza e si costituisce come autonoma dalla filosofia, ma, per la sua peculiarità, la psicologia non può, secondo Brentano, semplicemente trasferire al suo tema la metodologia sperimentale delle scienze fisiche.
La distinzione tra fenomeni psichici e fenomeni fisici, dovuta alle esigenze fondative di una scienza psicologica, ricorda quella di Wundt1, ma la differenza essenziale è nell’introduzione di quel concetto di intenzionalità, da cui prenderà spunto la fenomenologia, che segna un solco profondo tra due modi di concepire l’indagine sullo psichico.
Ogni fenomeno psichico – scrive Brentano (1874, pp. 124-25) – è caratterizzato da ciò che gli scolastici medioevali hanno chiamato in-esistenza intenzionale (Intentionale Inexistenz) di un oggetto e che noi, con una espressione non del tutto esente da ambiguità, vorremmo definire relazione ad un contenuto, direzione verso un oggetto (Richtung auf ein Objekt) o oggettività immanente. Ogni fenomeno psichico contiene in sé qualcosa come oggetto, anche se ciascuno secondo un suo modo; nella rappresentazione qualcosa è rappresentato, nel giudizio qualcosa è ammesso o respinto, nell’amore qualcosa è amato, nell’odio odiato, nel desiderio desiderato ecc.
L’intenzionalità, la «relazione a un contenuto della coscienza», è la caratteristica costitutiva dei fenomeni psichici e la ­psico-logia, di conseguenza, è la scienza che si dirige non più verso le cose e i dati, ma verso questa relazione tra soggetto e oggetto, verso la «cosa» così come appare nella coscienza. Il tema si sposta decisamente sul versante soggettivo dell’esperienza, senza artificiosi «spezzettamenti» e senza concessioni alle metodologie naturalistiche. La psicologia deve occuparsi di «fenomeni psichici», di cose percepite e vissute.
«Esempi di fenomeni psichici sono [...] un colore, una figura, un paesaggio che vedo; un accordo che odo; il caldo, il freddo, un profumo che percepisco» (ivi, p. 165). Tali fenomeni devono essere accolti come si presentano alla coscienza, nel loro manifestarsi originario, e, soltanto dopo questa preliminare ma ineliminabile conoscenza, si può procedere a una loro descrizione e classificazione sistematica.
Alle lezioni di Brentano assistono studenti destinati a diventare figure di tutto rilievo nella storia della psicologia, come attestano i nomi di Freud, Meinong, Wertheimer, ma tra gli allievi il più deciso a raccogliere la sfida è Edmund Husserl, che, anzi, radicalizza la proposta del maestro fino a mettere in discussione, con la sua fenomenologia, i presupposti delle scienze naturali.
La fenomenologia husserliana si prospetta come una vera e propria rivoluzione conoscitiva ricca di conseguenze per la psicologia2. Il suo destino è stato, però, di andare incontro a incom­prensioni e fraintendimenti che ne hanno ridotto l’immagine a una delle tante figure del panorama culturale novecentesco. Il fatto di essere stata letta prevalentemente in visuale storico-filosofica, senza alcun riferimento alle scienze empiriche, ha avuto l’effetto di tradire le sue origini che non prevedono, in realtà, tale distinzione. La divisione di competenze tra scienziati e filosofi, del resto, è un fatto relativamente recente; non si poneva, nell’antichità, per Aristotele, Talete, Euclide, né in epoca rinascimentale, per Leonardo da Vinci. È solo nella tradizione occidentale moderna che la settorializzazione delle conoscenze è diventata scontata, ma è proprio contro questo luogo comune che Husserl imposta la sua potente riflessione.
Il progetto di Husserl è sempre stato quello di fondare una strenge Wissenschaft, una scienza rigorosa, ma una scienza di tutt’altro tipo da quella naturalistica. La nuova scienza avrebbe dovuto, secondo Husserl, adottare «un metodo nuovo, radicalmente nuovo, che si contrappone a quello ‘naturale’» (Husserl, 1908, trad. it., p. 68).
La spinta verso questo totale ripensamento della conoscenza nasce da una fondamentale insoddisfazione per ciò che le ­scienze europee hanno prodotto. Le scienze, come le filosofie dell’epoca moderna, nonostante le loro realizzazioni pratiche, non ­hanno saputo rendere conto della vita, di ciò che veramente ci ­interessa: «Questa scienza – afferma Husserl (1936, trad. it., p. 35) – non ha niente da dirci. Essa esclude di principio proprio quei problemi che sono i più scottanti per l’uomo». La sua colpa originaria è l’«astrazione da qualsiasi soggetto» (ibid.), il pregiudizio di una realtà indipendente da chi la conosce, pregiudizio talmente resistente da trasformarsi in un’ovvietà. Sulla base di questa ovvietà, ogni fenomeno diventa «cosa», ente di un mondo naturale separato, con il vantaggio di una più agevole strumentalità, ma a prezzo della perdita totale di contatto con l’esperienza reale, con quanto evidentemente siamo, fino al paradosso della «naturalizzazione delle idee» e della «naturalizzazione della coscienza» (Husserl, 1911, trad. it., p. 14).
Alle regole delle scienze naturali Husserl vuole contrapporre un criterio scientifico che restituisca i suoi diritti alla soggettività e alle condizioni effettive della conoscenza, perché tali condizioni mostrano, a chi voglia vederle, che non si può uscire dalla prospettiva «in prima persona» e dalla situazione concreta nel mondo della vita.
Per una simile rifondazione scientifica era necessario un ripensamento totale, capace di investire le stesse condizioni di possibilità della conoscenza. Il pregiudizio di un mondo naturale indipendente avrebbe, infatti, rivelato la sua fragilità, solo se messo alla prova di un’interrogazione fondamentale. Questo è il motivo per cui la fenomenologia si definisce, oltre che come «scienza rigorosa» anche come «filosofia prima»; perché il suo compito è riprendere daccapo il problema dei rapporti tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, di rifondarli dentro l’esperienza reale. Non è che una contraddizione apparente, quindi, il fatto che Husserl parli della fenomenologia come di «una scienza; un insieme coerente di discipline scientifiche», aggiungendo subito dopo: «fenomenologia significa però al tempo stesso, e soprattutto, un metodo e un atteggiamento di pensiero: l’atteggiamento di pensiero, il metodo, specificamente filosofici» (Husserl, 1931, trad. it., p. 62).
È proprio dell’atteggiamento filosofico, infatti, mettere in crisi le conoscenze scontate, la doxa, l’ovvietà delle acquisizioni che tutti accettano, ed è solo questo atteggiamento che può contrastare il potere di una concezione di scientificità che nessuno (e tanto meno gli scienziati dell’epoca di Husserl) mette più in questione.
«Noi miriamo alla scoperta di un nuovo territorio scientifico» annuncia solennemente Husserl (1912-29, trad. it., p. 65), ma per entrare in questo territorio è necessario disporsi a considerare l’ovvio come problematico, è necessario
un atteggiamento così profondamente diverso che ogni significato si modifica rispetto alle scienze ormai familiari. [...] Comprendere questa modificazione, o meglio, realizzare l’atteggiamento fenomenologico, acquistando coscienza scientifica delle sue caratteristiche e di quelle dell’atteggiamento naturale, questo è il primo compito, per nulla facile, che dobbiamo assolvere, se vogliamo guadagnare il terreno della fenomenologia (ivi, p. 7).
Non è facile, in realtà, seguire le indicazioni di Husserl. Per guadagnare il territorio della fenomenologia egli chiede di disporsi a un atteggiamento «innaturale» (Husserl, 1936, trad. it., p. 225), che ci fa riscoprire il modo originario della conoscenza, il rapporto primitivo tra soggettività e mondo, soffocato e nascosto da depositi di ovvietà. Chiede addirittura di mettere in parentesi tutto ciò che ci appare «naturale» perché si riveli, da sé, il legame ineliminabile della coscienza con i suoi oggetti.
L’epochè, questa sospensione totale delle presupposizioni e delle acquisizioni scontate3, si rende quindi necessaria per far emergere le radici condizionali della conoscenza e ha una precisa funzione metodica che non è stata abbastanza valorizzata nella letteratura fenomenologica.
Secondo Husserl, infatti:
L’evidenza che rivela la correlazione del mondo (del mondo di cui sempre parliamo) e dei suoi modi soggettivi di datità non ha mai suscitato lo stupore filosofico [...], non è mai diventata il tema di una particolare scientificità. Tutti rimasero impigliati nell’ovvietà della constatazione che qualsiasi cosa ha un aspetto diverso per i diversi soggetti (ivi, p. 192).
Ma questa ovvietà non è semplicemente un dato di fatto: «Anzi, nella sua fattualità si annuncia una necessità essenziale, che attraverso un metodo adeguato può essere tradotta in generalità essenziali, in un poderoso sistema di verità a priori di nuovo tipo e, certo, sorprendenti» (ivi, p. 193).
Ricostruire un sistema di «generalità essenziali» significa, nel linguaggio husserliano, fondare una nuova scienza, ma alla base di questo progetto c’è lo «stupore filosofico» di fronte all’impossibilità di pensare a un mondo di cose indipendenti dai loro «modi soggettivi di datità» e l’epochè diventa lo strumento per conquistarne l’evidenza.
L’epochè non è quindi né un’illuminazione mistica, né un artificio intellettuale, ma un’«operazione metodica» (Husserl, 1912-29, trad. it., p. 71), un «esercizio» per il quale spesso Husserl usa l’aggettivo «faticoso»4. La fatica è quella di liberarsi «dai vincoli più forti e più universali e perciò più occulti, dai vincoli dell’esser-già-dato del mondo» (Husserl, 1936, trad. it., p. 179) e la difficoltà più grossa consiste nel «neutralizzare il complesso delle abitudini mentali dominanti» (Husserl, 1912-29, trad. it., p. 8).
In questo libero atteggiamento, «Io non assumo il mondo che mi è costantemente già dato in quanto essente, come faccio, direttamente, nella vita pratico-naturale ma anche nelle scienze positive, come un mondo preliminarmente essente [...]. Io non attuo più alcuna esperienza del reale in un senso ingenuo e diretto» (ivi, p. 66).
Come atto di libertà del pensiero, l’epochè non comporta quindi nessuna scelta filosofica, anzi «si contrappone a tutte le prese di posizione concettuali» (ivi, p. 64); e tanto meno comporta una negazione della realtà. Husserl ha sempre rifiutato la tradizione filosofica che «gioca» con la possibilità del reale e ha sempre proposto l’epochè come un’inversione dello sguardo che modifica la cosa guardata non nel suo esserci, ma nel suo significato5. Anche nel nuovo atteggiamento il vecchio andamento dell’esperienza continua come prima, salvo il fatto che questa esperienza è in grado di rivelare l’assurdità del modo naturale e naturalistico di concepire la realtà. Mentre mettiamo in parentesi la tesi del mondo, infatti, «la tesi rimane in sé quella che è» (ivi, p. 64); «essa sussiste sempre, come ciò che è stato messo in parentesi sussiste dentro le parentesi» (ibid.).
Se si tiene presente questa valenza metodologica e strumenta­le della sospensione richiesta da Husserl, risulteranno più chiare le implicazioni scientifiche che essa ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. I. Il significato. «Che cosa vuol dire?»
  3. II. Le promesse e i limiti del naturalismo
  4. III. La psicologia del significato
  5. Conclusioni
  6. Riferimenti bibliografici