Il paesaggio multiculturale della scuola italiana. Alcune mappe prima del viaggio
In alto dell’Italia, a nord, ci sono le montagne più alte. Loro si chiamano Alpi e sono altissime, anche centomila metri.
Invece a sud, nel basso, non possono stare le montagne alte ma quelle più basse: loro si chiamano Appennini.
Però in Italia ci sono anche delle pianure che vuol dire un campo dove non c’è neanche una montagna, neppure piccolina, non c’è niente, solo un’erba, una terra.
(Samir, 8 anni, Marocco)1
Sono 750.000 gli alunni con cittadinanza non italiana seduti sui banchi di scuola nell’anno scolastico 2011/2012. Sono l’8,5% sul totale della popolazione scolastica. È una stima basata sull’andamento degli ultimi due anni.
I dati analitici, alcuni dei quali presenterò attraverso mappe e tabelle, si riferiscono invece all’anno scolastico 2009/2010. In quell’anno gli alunni con cittadinanza non italiana erano stati 673.592. Si era già notato un rallentamento nel ritmo di crescita: negli anni precedenti, fino a tre anni fa, gli alunni ‘stranieri’ aumentavano di 60.000/70.000 unità all’anno, poi l’aumento è diventato di 40.000/45.000. La crisi economica ha sicuramente influito e numerose famiglie immigrate dell’Est europeo, soprattutto, sono tornate nei Paesi d’origine.
Se le cose andranno avanti con questo ritmo, ci si avvicinerà ad un milione di alunni ‘stranieri’ nell’anno scolastico 2016/2017. Dieci anni fa erano quasi 180.000, il 2,3% del totale, al primo posto delle provenienze gli alunni albanesi. Vent’anni fa, anno scolastico 1991/1992, erano 32.500, lo 0,30% del totale, al primo posto bambini e ragazzi provenienti dal Marocco.
I dati sono rilevati dal Ministero dell’Istruzione che ‘scatta una fotografia’ ogni anno nel mese di gennaio – intorno alla metà dell’anno scolastico – relativa alle presenze e alle provenienze di alunni stranieri in tutte le scuole, dall’infanzia alle scuole secondarie di secondo grado, statali e non statali. L’indagine rileva anche i tassi di bocciatura e i ritardi scolastici degli allievi con cittadinanza non italiana. In questo tipo di censimento sono considerati alunni con cittadinanza non italiana gli studenti con entrambi i genitori di nazionalità non italiana, anche se nati in Italia; i figli di coppie miste e i bambini stranieri adottati acquistano automaticamente la nazionalità italiana, e quindi non sono compresi in questo tipo di rilevazione.
Il Paese di provenienza più rappresentato oggi sui banchi di scuola è la Romania, poi vengono Albania e Marocco. È il Nord-est l’area del nostro Paese più interessata, la Lombardia la regione con il numero più alto di alunni stranieri, 164.036, ma il maggior numero di scuole che superano il ‘tetto’ del 30% di alunni stranieri sul numero totale di alunni frequentanti è in Emilia Romagna, che è anche il territorio in cui la media di tali valori percentuali è più alta, il 13,5%. La Sardegna e la Campania hanno invece il minor numero di scuole con alunni stranieri: nel 50% delle scuole di queste due regioni ci sono solo alunni italiani.
Ma i 750.000 alunni con cittadinanza non italiana di oggi, un milione tra cinque anni, i cosiddetti «stranieri» nel linguaggio comune, sono pochi o sono tanti? O sono tantissimi? Dipende. Non sono tanti se rapportati al numero complessivo di studenti, cioè se adottiamo il linguaggio delle percentuali invece del linguaggio secco dei numeri assoluti che è il prediletto dai mezzi di comunicazione di massa, dai politici e dall’opinione pubblica in generale.
Sono i numeri che scandiscono e costruiscono il racconto delle nuove scuole e città multietniche, sono i numeri che fanno notizia: «Un milione di alunni stranieri nel 2010!», annunciava qualche anno fa un grande quotidiano in prima pagina; «Nella mia scuola ci sono duecento studenti stranieri», «Nella mia classe ho sei stranieri», «Nel mio Comune ci sono più di cento etnie!», affermano a volte presidi, insegnanti, amministratori locali, senza dire quanti sono in totale gli studenti o gli abitanti, arrotondando sempre per eccesso, alzando in modo ansiogeno l’‘asticella’. E poi le «etnie» in una scuola non esistono e forse non esistono in generale (bisognerebbe chiederlo agli antropologi): ci sono le persone, i gruppi, le famiglie, tante provenienze e tante storie diverse. «Eccessi di cultura», direbbe l’antropologo Marco Aime, che nel suo libro segnala l’abuso, la faciloneria, l’esagerazione nell’uso di parole come «identità», «etnia», «cultura», «radici»: «Quanta retorica sulle radici, sono le scarpe che contano!»2.
Se utilizziamo il linguaggio, meno invasivo, delle percentuali sappiamo invece che in Italia solo l’8,5% degli studenti è straniero. E possiamo anche dire che nel nostro Paese non sono tanti gli studenti stranieri se confrontiamo i numeri della scuola italiana con quelli di altri grandi Paesi europei. La definizione di «alunno straniero» non sempre ha lo stesso significato e le modalità di rilevazione sono diverse, ma il confronto è comunque interessante.
In Francia, per esempio, gli «alunni di nazionalità straniera» sono quasi 500.000, il 4% circa della popolazione scolastica, molto meno dell’Italia. Ma non sono pochi, sembrano pochi: in Francia la rilevazione della nazionalità straniera prende in considerazione quella dell’alunno e non dei genitori. Pur se si è di origine straniera, si diventa francesi molto più velocemente e il numero di coloro che vengono indicati come «studenti stranieri» tende a diminuire a motivo della politica di assimilazione del governo francese che ha favorito l’acquisizione della cittadinanza. Ai primi posti, tra gli studenti di nazionalità straniera, algerini e marocchini.
La Spagna utilizza invece la stessa definizione dell’Italia. Lì gli alunni di cittadinanza non spagnola sono però più di 800.000, una presenza dell’11% sul totale degli studenti spagnoli. Con una progressione molto più forte dell’Italia: dieci anni fa i due Paesi avevano quasi le stesse percentuali. Riguardo alle nazionalità di origine, ai primi posti troviamo, naturalmente, gli alunni provenienti dall’America Latina: Ecuador, Colombia, Perù.
In Inghilterra la rilevazione viene fatta su base etnica, la categoria utilizzata è quella dell’appartenenza etnica «autocertificata», ossia dichiarata dai genitori per gli alunni fino ad undici anni, poi dai ragazzi stessi, in base ad un criterio non legato alla nazionalità, ma alla provenienza da un gruppo che si definisce come una comunità distinta (riconosciuta dagli altri). Gli alunni appartenenti ai minority ethnic groups sono quasi un milione e mezzo, il 22,6% della popolazione scolastica. Ai primi posti, per quanto riguarda la provenienza, India e Pakistan.
In Germania gli alunni stranieri sono quasi un milione, una percentuale del 9,3%. Al primo posto, in grande maggioranza, gli alunni provenienti dalla Turchia, poi vengono gli alunni di origine italiana e serba montenegrina3.
Ma gli alunni stranieri possono diventare anche tanti, anzi tantissimi ed essere vissuti o percepiti come troppi se concentrati in singole classi, scuole e territori o se le scuole, i presidi e gli insegnanti (e i genitori) sono lasciati soli, senza strumenti o possibilità e occasioni di scambio e di confronto di esperienze. La presenza di alunni stranieri è infatti molto disomogenea e, come è noto, i numeri assoluti o le medie delle percentuali non danno conto delle reali condizioni delle singole scuole e dei luoghi in cui sono immerse.
Ci sono quasi 58.000 scuole in Italia; in 500 di esse viene superata la percentuale del 50% di presenze di alunni stranieri e in una trentina di queste si supera l’80%; in 15.000 si supera il 10% e in altre 15.000 – e sono soprattutto le scuole delle regioni del Sud – non c’è nessun alunno straniero. Le classi con percentuali molto alte di bambini stranieri si trovano, in gran parte, nelle scuole dell’infanzia e primarie delle regioni del Centro e del Nord Italia.
Il paesaggio della scuola multiculturale è dunque molto variegato e composito, un tessuto multiforme e con molti colori diversi,...