Mussolini e Hitler
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Mussolini e Hitler

I rapporti segreti 1922-1933

  1. 300 pagine
  2. Italian
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Mussolini e Hitler

I rapporti segreti 1922-1933

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Qual è stato il rapporto tra l'Italia fascista e la Germania nazista? Quali differenze e quali somiglianze tra i due totalitarismi? L'Asse e il Patto d'acciaio erano insiti nella logica di una comune natura dei due regimi o furono solo atti politici, rispondenti a esigenze particolari, sostanzialmente tattiche e contingenti? Renzo De Felice scopre documenti inediti in archivi italiani mentre lavora alla sua biografia di Mussolini. Sono dispacci segreti, lettere, relazioni tra il duce e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo. Alla loro luce, è inequivocabile – i documenti di questo libro lo dimostrano – che l'Italia fascista fu il primo regime totalitario al mondo e che la strategia con la quale i fascisti arrivarono al potere servì da significativo punto di riferimento per l'affermazione del regime nazista. I documenti, i dispacci segreti, le lettere, le relazioni tra Mussolini e Hitler, dalla marcia su Roma alla salita al potere del nazionalsocialismo, raccolti e introdotti dallo storico più noto del fascismo.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858141380
Argomento
Storia

Appendice [1]

Rapporto del magg. G. Renzetti: 14 luglio 1934

Nel discorso tenuto ieri da Hitler non è contenuta alcuna rivelazione: i fatti descritti erano già noti a tutti coloro che qui avevano avuto la possibilità di rendersi conto della situazione e di seguire gli avvenimenti.
Hitler è in genere nemico delle rivelazioni: ricordo che in passato più di una volta rifiutò di servirsi di documenti compromettenti in suo possesso per attaccare degli avversari. Egli si è ostinatamente rifiutato di fare in tempo dei comunicati spiegativi sui fatti accaduti, e solo in seguito alle pressioni di Frick e di von Neurath si è indotto a tenere un discorso. Si può spiegare la sua riluttanza ricordando che Hitler è un idealista che ha sofferto enormemente nei passati giorni: che i fatti da denunziare erano tutt’altro che simpatici e atti a gettare buona luce sulla Germania e sul movimento nazionalsocialista. Nei circoli attorno ad Hitler si dichiarava nei passati giorni che i comunicati erano inutili perché i fatti erano chiari; le rivelazioni su quanto era accaduto le avrebbe fatte poi l’estero!
Sono pertanto rimasti in piedi i dubbi sulla opportunità o meno della severa repressione, si riconosce sì che Hitler ha avuto il coraggio di assumere in pieno la responsabilità dell’azione che ha evitato la guerra civile, forse, certo una jattura alla Germania: ma si opina nel medesimo tempo che si sarebbe potuto agire altrimenti, soprattutto senza quella precipitazione che ha costato la vita a qualche elemento non assolutamente colpevole. Taluni sostengono che Mussolini avrebbe agito diversamente e soprattutto che avrebbe prevenuto il male prima di essere costretto ad estirparlo. Altri dicono che Hitler si è deciso a fare la necessaria azione di «repulisti» solo in seguito agli amichevoli consigli ricevuti a Venezia.
Nel suo discorso Hitler non ha parlato degli arresti compiuti, che pure sono stati numerosissimi ed effettuati, in più di un caso, con troppa rudezza e con poco discernimento. Io so di funzionari strappati al loro ufficio, in pieno giorno, da armati di tutto punto e cacciati poi tra i delinquenti comuni: ad altri sono stati tosati i capelli come si fa ai condannati, ecc.
Con i dubbi sono rimasti anche i timori, specie tra quegli elementi che, pur ignorando l’esistenza di un complotto, si tenevano in relazione con le figure di primo e di secondo piano coinvoltevi per ragioni diverse: nella speranza di far valere i loro diritti o le loro qualità, di ottenere il soddisfacimento di richieste o per il piacere di poter fare della critica, ecc.
Röhm era una personalità temuta e moltissimi cercavano di entrare nelle sue grazie. D’altra parte nei club e nei salotti, negli ambienti cioè della cosiddetta buona società, si criticava e si intrigava: non pochi erano quelli che minacciavano «qualche avvenimento». Motivi di critica e di intrigo ve ne erano ad abundantiam a cominciare dai discorsi e dalla intransigenza di Goebbels al trattamento delle questioni religiose, economiche e via di seguito sino a giungere alle questioni personali.
Io sono il primo a riconoscere gli errori qui commessi nei vari campi: le esagerazioni, gli eccessi, le intemperanze, per spiegare i quali occorre tener conto del carattere tedesco e della suscettibilità dei dirigenti nazi senza esperienza, esacerbati dalle continue lotte che sono obbligati a sostenere così all’interno come verso l’estero. Sono fattori questi che chiariscono, se non giustificano, le azioni impulsive dei giorni scorsi, nonché il nervosismo presente.
Devesi inoltre obiettivamente constatare che una parte di coloro che criticavano ed aizzavano erano mossi, non già da ideali, ma soltanto da utilitarismi personali. E ciò soprattutto, direi anzi esclusivamente, nella cosiddetta buona società, per parte di coloro che avrebbero dovuto dare esempi di disciplina, di tatto e di disinteresse. Molti di costoro si reputavano felici e fortunati di poter entrare a far parte della torta di Röhm, pur conoscendone le inclinazioni e i difetti, pur non ignorandone le orgie, nella speranza di poter ottenere quanto volevano: altri criticavano pur di poter parlare e di poter crea­re un clima favorevole a cambiamenti dei quali poter approfittare. Conosco da tempo molti di tali elementi da cui volutamente mi sono tenuto discosto, pur non trascurando di sentirne le voci: intriganti, facinorosi, ambiziosi, incapaci di muovere una critica attiva e creatrice, presuntuosi e per primi mancanti di quel tatto e di quelle qualità di cui deve essere provvisto l’uomo politico.
Negli scorsi mesi qualcuno di costoro ha tentato di entrare in relazione stretta con lo scrivente: ho cortesemente respinto gli inviti e le profferte, perché sentivo di avere davanti a me dei naufraghi, degli scontenti o degli illusi: degli agitatori, mestatori, ma non già dei rivoluzionari: dei sofi ma non dei costruttori, dei realizzatori. Hitler con la repressione ha voluto porre fine ad una situazione insostenibile: oltre a punire i capi di un complotto sul quale solo in futuro si potrà pronunziare un giudizio esatto, ha voluto statuire un esempio e colpire i maggiori di coloro che avevano provocato la situazione, che di giorno in giorno diventati più arditi, con connazionali e con stranieri, senza dignità e senza ritegno, criticavano, minacciavano e davano il regime nazi come spacciato. Costoro avevano certamente, chi più chi meno, rapporti con l’estero. Si assicura, per esempio, che il generale v. Bredow e la signora Schleicher viaggiavano spesso in Francia.
Fra tali elementi il timore di punizioni non è naturalmente scomparso, malgrado le frasi concilianti contenute nel discorso di Hitler. Le inchieste continuano, e dalle inchieste vengono fuori incessantemente fatti nuovi, constatazioni di relazioni e di contatti... pericolosi!
La repressione certo poteva essere condotta in altra maniera: il generale von Schleicher avrebbe dovuto venire arrestato da ufficiali e così si sarebbe evitata la uccisione sua per mano di un oscuro funzionario di polizia il quale – questo è il racconto che mi si assicura corrispondere a realtà – essendo stato minacciato dal generale con la pistola, per difendersi uccideva con un solo colpo il generale e la moglie che si era frapposta fra i due.
Ma se ciò è vero, vero è anche che, essendo tanti gli immischiati direttamente o indirettamente al complotto, la repressione avrebbe potuto prendere maggiori proporzioni data la eccitazione del momento, le animosità, gli sdegni ecc. Si sa che se è difficile, ardua l’opera iniziale, più difficile ancora è quella di porre un termine alle operazioni di repressione: Hitler qui ha dimostrato di avere energia e di volere e potere impedire un maggiore e quasi inevitabile spargimento di sangue. Certo non tutti i colpevoli sono stati puniti e forse non i maggiori che hanno saputo restare nell’ombra e non compromettersi. Ma nelle rivolte di tale genere è quasi sempre così: come possono definirsi le colpe, come possono individuarsi i maggiori ed i minori colpevoli? Hanno pagato i più esposti e fra questi Röhm, vittima forse non solo dei suoi difetti, ma anche delle ambizioni e dei desideri della massa che lo aveva circondato per sfruttarlo. Röhm probabilmente, ed il futuro dirà se il mio giudizio è sbagliato, ha agito in buona fede convinto di fare opera utile al Paese e agli S.A. che egli riteneva i rappresentanti del Paese stesso. Non ha ubbidito e per questo, giustamente, è stato punito dal proprio Capo: sono stati gli altri però che lo hanno sospinto, che ne hanno accarezzato la vanità, che lo hanno indotto a porsi a capo di una cospirazione. Ben circondato e consigliato Röhm sarebbe rimasto il seguace fedele, suscettibile sì, ma leale e corretto quale io lo ho conosciuto158. Egli ha soprattutto errato quale Capo, quale uomo politico ritenendo possibile il successo di una cospirazione sballata, destinata sin dall’inizio a venire repressa con pochi uomini. Al momento dell’inizio della repressione mi trovavo in Renania; ebbene immediatamente, a coloro che mi circondavano, dichiarai che non doveva sussistere alcun timore poiché in qualche ora tutto sarebbe stato finito. Non avrei detto e giudicato così qualora avessi avuto la sensazione che i congiurati sarebbero realmente scesi in piazza, come si asseriva fossero intenzionati. Allora sarebbero avvenuti dei massacri, ché nessuno avrebbe potuto trattenere la massa degli S.A. e gli elementi che pescano nel torbido.
L’azione di Hitler è di quelle che possono definirsi «di sorpresa». Ricordo che il 24 giugno ad Amburgo, trovandomi con personalità tedesche (vi erano von Papen, Goebbels, il sottosegretario Grauert, l’attuale Capo di S.M. degli S.A. Lutze) constatai la perfetta tranquillità di costoro. Il 26 ad un ricevimento offerto dal Capo di Gabinetto di Röhm erano presenti il sottosegretario agli Interni Grauert e quello alla Presidenza del Consiglio prussiano Körner. Il 28 Grauert, il Capo della Reichswehr generale Fritsch e molti altri ufficiali – io ero con essi – si recavano in aeroplano ad Aquisgrana ad assistere alla vittoria dei cavalieri italiani nella Gara delle Nazioni. Hitler infine, anch’esso in Renania, si decideva solo all’ultimo momento all’azione. La polizia aveva sì ricevuto ordini in alcune zone (non in Renania però) ma questo non lasciava affatto prevedere quanto poi è avvenuto. È qui che sorgono i noti dubbi. I miei amici mi assicurano che realmente i congiurati intendevano occupare gli edifici del Governo a Berlino, per poi di lì inviare alle autorità ordini e disposizioni a nome di Hitler. Altri negano ciò. Le notizie ed i pareri sono assolutamente discordi. Ritengo quindi superfluo segnalare cose non provate e ne riparlerò non appena possibile.
Nelle file degli S.A. esisteva realmente una corrente bolscevica: la parola d’ordine di una seconda rivoluzione vi serpeggiava. Una buona parte dei militi non era iscritta al Partito e tale parte era stata reclutata tra ex comunisti e socialisti. Questa corrente è ancora presente ed attiva, come ho segnalato in passato, anche nella Fronte del Lavoro. Faceva il giro qui una storiella che lumeggia la situazione: due ex comunisti, passati negli S.A. incontrandosi, dopo essersi informati reciprocamente sulla loro vita, finiscono con l’esclamare: Peccato che i Capi dei nostri reparti siano nazi, sono gli unici!
Codesto andamento di cose era temuto da Göring (si ricordi quanto egli mi disse in occasione della polemica con il famigerato Busch, capo Ufficio Stampa della Fronte del Lavoro), da tutte le autorità statali costrette a combattere incessantemente la prepotenza e l’invadenza del militi, dal Partito esautorato, e dalla parte sana e pacifica della popolazione che, specie alla periferia, doveva sottostare agli umori ed ai capricci dei ras locali. La parte sana della popolazione condannava altresì gli sprechi, i lussi della camarilla Röhm, come condannava la intransigenza di Goebbels, definito il demoniaco ispiratore e consigliere di Hitler: democratico e mal vestito di fronte agli operai, possessore però di ville e di ricche automobili.
Göring era diventato così il capo di una tendenza più prussiana, più conservatrice, in contrasto con Goebbels, il quale non era neppure ben visto da Röhm. Questi detestava i politici: più volte in passato mi aveva dichiarato che la nazione doveva essere guidata dai soldati, intendendo per questi tutti coloro che possedevano spirito militare o almeno un passato militare: che i politici rovinavano tutto.
Goebbels, avversato da Röhm e da von Papen, ad un certo momento trovò la maniera di rappaciarsi con Göring, del quale conosceva fin dalla rivolta Stennes (Goebbels vi era implicato indirettamente) la energia. La signora Goebbels, alcune settimane fa, dopo il ritorno del marito da Varsavia, mi diceva di temere attentati, ed io la consigliai a farlo uscire solo circondato da fedeli militi, cosa che ora fa. Ed ecco il fronte costituito al quale è da aggiungersi Himmler, il Capo degli SS. Questi nei mesi scorsi era ad laterem di Röhm ed era diventato avversario di Göring, perché questi si rifiutava di dargli il comando della polizia segreta di Prussia. Ottenuto il posto desiderato (l’ex Capo Diehl è attualmente Regierungspräsident a Colonia) Himmler si staccava da Röhm e si poneva nel blocco dei fedeli di Hitler.
Il generale Blomberg è un vecchio ammiratore di Hitler, il quale da parte sua è un estimatore profondo dell’esercito, contro il quale, anche in passato, si è sempre recisamente rifiutato di fare iniziare opera di dissolvimento. È logico quindi che il Cancelliere abbia avuto la Reichswehr dalla parte sua, non già perché ne sia schiavo, ma perché questa è agli ordini del governo nominato legalmente dal Capo del Reich e perché essa è diretta da un nazionalsocialista.
Il fronte costituitosi non è reazionario, né militare: è il blocco della ragione di Stato, della conservazione della rivoluzione. Liberata la Germania da un incubo – anche se la seconda rivoluzione in realtà non fosse stata altro che un piano – il blocco potrà lavorare con tranquillità e calma per risolvere i gravissimi problemi che sono sul tappeto.
Vi sono parecchi che negano l’esistenza di rapporti fra Röhm e Schleicher, che non credono al famoso incontro avvenuto a casa del sig. Regensdanz tra Schleicher, Röhm e François-Poncet. Io non sono stato testimonio dell’incontro: ricordo solo che nello scorso febbraio ebbi modo di assistere ad un lunghissimo e – almeno nelle apparenze – cordialissimo colloquio tra François-Poncet e Röhm a casa di von Bassewitz, il capo dell’Ufficio protocollo al Ministero degli Esteri.
Ricordo altresì che negli anni scorsi Röhm si era tenuto in continui e stretti contatti con Schleicher, tantoché allora si temeva nel Partito che Hitler, persuaso da Röhm, cadesse nella trappola tesa dall’ex Capo della Reichswehr. Ricordo ancora che Schleicher nell’agosto e settembre 1932, venuto non so come a conoscenza dei suggerimenti che avevo dato ai nazi, voleva farmi espellere od arrestare quale ispiratore e consigliere di Hitler. Io sostenevo allora – e del resto un anno prima avevo dato il consiglio a Schleicher di fare un blocco con Hitler – che quest’ultimo non dovesse cedere, dato che la rivoluzione, malgrado gli insuccessi, avrebbe finito per trionfare: Swinemünde, alla presenza di Goebbels, di Röhm e di Körner, avevo accolto con molta freddezza le preghiere di quel Alversleben (la oscura personalità menzionata da Hitler) il quale mi scongiurava di interporre i miei buoni uffici presso il Capo delle camicie brune per far raggiungere un accordo tra lui e Schleicher; in seguito, posti in guardia i miei amici sulla figura dell’intermediario, avevo dichiarato essere necessario insistere nell’azione rivoluzionaria: a casa di Goebbels, in presenza del conte Helldorff, incaricato del collegamento tra S.A. e Reichswehr, avevo insistito sugli stessi concetti contro il parere di Röhm e di Strasser e di molti altri che già davano il movimento nazi come incapace di arrivare al potere, ecc.
È ammissibile quindi, ricordando certi fatti e le qualità degli uomini, che Röhm abbia ripreso i rapporti con Schleicher, il quale specie negli ultimi tempi criticava senza ritegno il regime. Gregorio Strasser era come noto un seguace di Schleicher e l’ideatore di uno Stato sociale fondato sui Sindacati di sinistra (il Fascismo, secondo le opinioni dei teorici che facevano capo a lui e alla rivista Die Tat, era un movimento di destra).
Io non stimavo affatto le qualità politiche dello Schleicher e dello Strasser, entrambi uomini mancati, che non avevano saputo approfittare di momenti favorevoli, allorché possedevano seguito, autorità e forza. Non so concepire neppure quale avrebbe potuto essere uno Stato sociale nelle condizioni attuali della Germania.
E neppure mi è possibile rendermi conto esattamente di quello che poteva combinare Röhm con Schleicher. Il primo intendeva avere uno Stato fondato sugli S.A., l’altro uno Stato parlamentare.
Qui si deve rimanere nel campo delle ipotesi, data la scomparsa dei tre. A mio modesto giudizio ritengo che i piani dei cospiratori fossero troppo teorici e tali da portare la Germania nel caos. Röhm per suo conto non aveva una linea decisa di condotta. Voleva conglobare gli elmetti negli S.A. e poi tollerava che i suoi sottocapi li combattessero e che non li ammettessero nelle loro file: nello scorso settembre faceva l’amico del Kronprinz e poi si allontanò da esso (dal Kronprinz si recavano però i suoi aiutanti). Si teneva in relazione con elementi nazi e non nazi, provenienti dai campi della reazione e poi lasciava che la corrente bolscevica prendesse il sopravvento. Io credo che il compito che si era prefisso era troppo grande per lui e questo mi fa confermare quanto ho detto più sopra: essere stato egli una vittima e non già un ideatore.
La Germania ha la disgrazia di non possedere delle isole; se ne avesse avute, non sarebbero probabilmente avvenuti i fatti registrati, in quanto gli elementi pericolosi avrebbero potuto esservi condotti, ed allontanati così dalla comunità, il che non avviene nei campi di concentramento.
Hitler si recherà nella settimana prossima in Baviera in vacanza: colà si preparerà per la prossima azione del regime per combattere l’altra che viene minacciata da parte degli elementi più riottosi in autunno, quando cioè la disoccupazione comincerà a risalire. Gli sforzi del Governo sono rivolti a procacciare al Paese le materie prime per poter tirare avanti, come mi diceva ieri un’alta personalità tedesca, fino alla primavera: inoltre cercare di raggiungere una conciliazione all’interno. Qualora il problema economico trovi una soluzione sia pure temporanea, la posizione del regime si stabilizzerà definitivamente. I fatti passati qui si dimenti...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Introduzione alla seconda edizione (1983)
  3. Introduzione alla prima edizione (1975)
  4. I. 1922: Mussolini e la Germania
  5. II. 1922-1923: i primi contatti con i nazionalsocialisti. La missione Lüdecke
  6. III. 1922-1930: I rapporti tra il Fascismo e le destre tedesche
  7. IV. 1924-1930: Hitler e l’Italia
  8. V. Le elezioni tedesche del 1930
  9. VI. Bilanci e prospettive dell’affermarsi del nazionalsocialismo
  10. VII. Il maggiore Renzetti e la sua azione di collegamento e di consigliere presso i nazionalsocialisti e le destre tedesche (1930-1932)
  11. VIII. L’andata di Hitler al potere nei rapporti del Maggiore Renzetti (gennaio-marzo 1933)
  12. IX. Echi e reazioni fasciste all’andata di Hitler al potere (1933)
  13. Appendice [1]
  14. Appendice [2]