Dialogo intorno alla repubblica
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Dialogo intorno alla repubblica

  1. 132 pagine
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Dialogo intorno alla repubblica

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Il dialogo tra il filosofo e lo studioso venuto a intervistarlo è un vademecum per l'uomo contemporaneo. Alberto Papuzzi, "La Stampa"Una conversazione lucida e sincera fra due studiosi diversi per età e formazione, uniti dalla passione civile e dalla preoccupazione per il futuro della nostra Repubblica. Bobbio e Viroli discutono di grandi temi politici – l'amore della patria, la libertà, la corruzione, i diritti e i doveri – e si pongono domande difficili sulla fede religiosa, sul significato della vita e della storia e sulle ragioni e i limiti dell'etica laica.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858114216
Argomento
Economia

1. Repubblica e virtù

Viroli Alcuni studiosi di teoria politica sostengono che esiste una tradizione di pensiero politico repubblicano che si distingue tanto dalla tradizione liberale quanto dalla tradizione democratica1.
A giudizio di questi studiosi, giudizio che condivido, la teoria politica repubblicana si caratterizza in primo luogo per il principio della libertà politica. Il liberalismo intende la libertà come assenza di interferenza; la democrazia identifica la libertà «nel potere di dar norme a se stessi e di non ubbidire ad altre norme che a quelle date a se stessi» (sono tue parole); il repubblicanesimo identifica invece la vera libertà nell’assenza di dipendenza dalla volontà arbitraria di un uomo o di alcuni uomini. Lo schiavo, per fare un ovvio esempio, può non subire né oppressione né interferenza, eppure egli rimane non-libero, in quanto dipende dalla volontà arbitraria di un uomo. Credi che si possa parlare di una teoria e di una tradizione politica repubblicana distinta dalla tradizione democratica e da quella liberale?
Bobbio Nella mia formazione di studioso di politica il repubblicanesimo e la repubblica non li ho mai incontrati. Conosco poco o nulla i teorici del repubblicanesimo, che sono i tuoi ispiratori. Valga il vero: recentemente è stata pubblicata una raccolta dei miei scritti che conta circa settecento pagine2. Nel dettagliatissimo indice-sommario la voce «repubblicanesimo» non c’è. Sono mortificato nel doverti dire che non c’è neppure, e questo è davvero incredibile, «repubblica». Alcuni anni or sono ho pubblicato un articolo, Governo delle leggi o governo degli uomini?, in cui traccio la storia del problema cominciando con il contrasto tra Aristotele, fautore del primo, e Platone, fautore del secondo. Quindi abbozzo una tipologia dei più noti governi degli uomini. La «repubblica» non compare mai.
Il fatto è, te l’ho già detto altre volte, che per me, come per la stragrande maggioranza degli studiosi di politica e di diritto, «repubblica» è il nome della forma di governo contrapposta a «monarchia» o «principato», a cominciare dal nostro Machiavelli. Pensa a tutte le discussioni che sono state fatte, che tu conosci benissimo, sulla comparazione tra repubbliche democratiche e repubbliche aristocratiche, e sulla superiorità dell’una o dell’altra, anche a proposito di uno dei tuoi autori, Montesquieu. Nessuna delle due però assomiglia alla repubblica dei repubblicani, come tu stesso riconosci.
La repubblica è una forma ideale di Stato che si fonda sulla virtù dei cittadini e sull’amor di patria. Virtù e amor di patria erano gli ideali dei giacobini, a cui poi hanno aggiunto il Terrore. La repubblica in realtà ha bisogno del Terrore. Tu ricordi il famoso discorso di Robespierre sulla virtù e il Terrore. Per me la repubblica è uno Stato ideale che non esiste da nessuna parte. È un ideale retorico; quindi per me è difficile capire il tuo significato di repubblica e quello dei repubblicani. Non parliamo poi della Repubblica italiana.
Si può anche usare «res publica» come termine generico per indicare lo Stato, qualsiasi Stato. Niente di male: la famosa opera di Jean Bodin, De la République, nella traduzione italiana apparsa nella collana dei classici politici della UTET è intitolata Dello Stato, e vi si distinguono e descrivono le più diverse forme di governo, vale a dire le tre classiche, monarchia, aristocrazia, democrazia, tutte egualmente «républiques», o «res publicae».
V. Il significato più importante di repubblica è quello classico di Cicerone, il quale scrive che «res publica» vuol dire «ciò appartiene al popolo» (res publica res populi), e aggiunge che non è popolo qualsiasi moltitudine di uomini riunita, bensì una società organizzata che ha per fondamento l’osservanza della giustizia e la comunanza di interessi. Questa concezione della repubblica, che come vedi è ben diversa da quella di Bodin in quanto esclude il potere assoluto, è ripresa anche da Rousseau quando scrive: «chiamo Repubblica ogni Stato retto dalle leggi, qualunque sia la sua forma di amministrazione, poiché solo allora l’interesse pubblico governa e la cosa pubblica è qualcosa»3.
Ma lasciamo stare le definizioni. Vorrei piuttosto osservare che mi sorprende sentirti dire che nella tua formazione di studioso di politica non hai mai incontrato il repubblicanesimo e la repubblica. Mi sorprende perché nella tua biografia intellettuale spicca un autore importante della famiglia repubblicana, ovvero Carlo Cattaneo. Quel Cattaneo che scrive «la libertà è repubblica» e sottolinea che alle repubbliche italiane del medioevo va riconosciuto il merito di «aver diffuso sino all’ultima plebe il senso del diritto e della dignità civile», superando in questo anche l’antica Atene, «la cui gentile cittadinanza aveva pur sempre il sostrato della schiavitù»4.
B. Io non ho visto Cattaneo attraverso il concetto di repubblica; l’ho visto attraverso il federalismo, il concetto per cui è passato alla storia. Ovvero la concezione federalistica della repubblica contrapposta a quella unitaria di Mazzini; la concezione della repubblica come una federazione di repubblichette, che secondo Mazzini era un orrore, era un far tornare indietro l’Italia a quello che era l’Italia dei Comuni che piace al nostro Bossi, l’Italia del Carroccio. Io non ho mai visto Cattaneo come uno scrittore politico repubblicano. Ti dico francamente che il concetto di repubblica mi è entrato così poco nella testa, fa così poco parte delle categorie del mio sistema concettuale che per me Cattaneo è il federalista del Risorgimento, che allarga poi il federalismo all’Europa, non il repubblicano.
V. D’accordo, ma se noi facciamo entrare Cattaneo nel quadro della nostra discussione, dobbiamo riconoscere che ci sono per lo meno due versioni del repubblicanesimo, quello unitario e quello federalista.
B. A me pare che la repubblica dei repubblicani, e quindi anche la tua, sia una forma di Stato ideale, un «modello morale», come è stata chiamata la repubblica di Montesquieu, che ha influito sui rivoluzionari francesi: uno Stato ideale che non esiste in nessun luogo, ed esiste soltanto letterariamente negli scrittori che tu citi e che sono fra l’altro così eterogenei che è difficile collegare l’uno all’altro con un filo consistente: da Tito Livio a Mazzini e Cattaneo, passando per non so quanti scrittori medievali e moderni. Tra questi ci sono scrittori propriamente politici e storici che hanno scritto, come lo stesso Machiavelli, commenti sulla storia di Roma, considerata come una storia esemplare. Lo Stato come dovrebbe essere, e come non è. Vagheggiamento del futuro o nostalgia del passato.
V. Questo te lo concedo senza difficoltà. Posto che la repubblica dei repubblicani sia un ideale morale, non potrebbe forse essere un ideale morale e politico importante, in una fase come questa così povera di ideali politici capaci di sostenere l’impegno civile ed essere un punto di riferimento per l’azione politica?
B. È lo stesso discorso che abbiamo trattato più volte io e te a proposito del tuo libro Dalla politica alla ragion di Stato5. In politica sono un realista. Si può parlare di politica solo mantenendo uno sguardo freddo sulla storia. La politica, sia quella monarchica, sia quella repubblicana, è lotta per il potere. Parlare di ideali, così come ne parli tu, per me significa fare un discorso retorico. Anche quando i tuoi scrittori celeberrimi parlavano di repubblica, in realtà quello che di fatto succedeva nel mondo, era la politica com’è sempre stata, dai Greci in poi. La politica come lotta per il potere la capisco, se parli invece della politica che ha per fine la repubblica basata sulla virtù dei cittadini, io mi domando cos’è questa virtù dei cittadini. Spiegami dov’è uno Stato che si regga sulla virtù dei cittadini, uno Stato che non ricorra alla forza! La definizione dello Stato che ricorre continuamente è quella secondo cui lo Stato è il detentore del monopolio della forza legittima, forza necessaria perché la maggior parte dei cittadini non è virtuosa, ma viziosa. Ecco perché lo Stato ha bisogno della forza; questa è la mia concezione della politica. È una categoria della politica diversa da quella che ritiene di poter parlare di Stati fondati sulla virtù dei cittadini. Ti ho detto, la virtù era l’ideale giacobino. La ragione per cui ci sono gli Stati, repubbliche comprese, è quella di tenere a freno i cittadini viziosi, che sono la maggior parte. Nessuno Stato reale si regge sulla virtù dei cittadini, ma è regolato da una costituzione scritta o non scritta, che stabilisce regole per la loro condotta, proprio col presupposto che i cittadini non siano generalmente virtuosi.
V. Che cos’è la virtù civile, e per quale ragione essa è necessaria nelle repubbliche lo hai spiegato tu stesso, quando dici che la ragione per cui esistono gli Stati «è quella di tenere a freno i cittadini viziosi». Proprio perché il fine principale degli Stati è quello di tenere a freno gli arroganti, gli ambiziosi e i viziosi, è necessario che i cittadini sappiano e vogliano «tenere le mani sopra la libertà», come scrive Cattaneo citando Machiavelli.
B. Anch’io ho citato più volte quel passo di Machiavelli!6
V. Il significato di quel passo è che per frenare coloro che hanno le mani lunghe ci vuole, oltre alle buone leggi, la virtù civile dei cittadini. I miei repubblicani e i tuoi maestri concordano. Machiavelli e Cattaneo su questo punto si incontrano: se non hai dei cittadini disposti ad essere vigili, ad impegnarsi, capaci di resistere contro gli arroganti, servire il bene pubblico, la repubblica muore, diventa un luogo in cui alcuni dominano e gli altri servono.
B. L’ho scritto io stesso in uno dei primi articoli pubblicati dopo la Liberazione sul giornale del Partito d’Azione, «Giustizia e Libertà». Dicevo che la democrazia ha bisogno di buone leggi e di buoni costumi. Che cosa sono i buoni costumi se non quel che con un sovrappiù di retorica tu chiami «virtù»?7
V. Certo, per me la virtù civile non è la volontà di immolarsi per la patria. Si tratta di una virtù civile per uomini e donne che desiderano vivere con dignità, e poiché sanno che non si può vivere con dignità in una comunità corrotta fanno quello che possono, quando possono, per servire la libertà comune: svolgono la propria professione con coscienza, senza trarre vantaggi illeciti né approfittare del bisogno o della debolezza di altri; vivono la vita familiare su una base di rispetto reciproco in modo che la loro casa assomiglia più ad una piccola repubblica che non a una monarchia o ad una congrega di estranei tenuta insieme dall’interesse o dalla televisione; assolvono i loro doveri civici, ma non sono affatto docili; sono capaci di mobilitarsi, per impedire che sia approvata una legge ingiusta o per spingere chi governa ad affrontare i problemi nell’interesse comune; sono attivi in associazioni di vario genere (professionali, sportive, culturali, politiche, religiose); seguono le vicende della politica nazionale e internazionale; vogliono capire e non vogliono essere guidati o indottrinati; desiderano conoscere e discutere la storia della repubblica e riflettere sulle memorie storiche.
Per alcuni la motivazione prevalente all’impegno viene da un senso morale, e più precisamente dallo sdegno contro le prevaricazioni, le discriminazioni, la corruzione, l’arroganza e la volgarità; in altri prevale un desiderio estetico di decenza e di decoro; altri ancora sono mossi da interessi legittimi: desiderano strade sicure, parchi piacevoli, piazze ben tenute, monumenti rispettati, scuole serie, ospedali veri; altri ancora si impegnano perché vogliono raccogliere stima e aspirano agli onori pubblici, sedere al tavolo della presidenza, parlare in pubblico, essere in prima fila alle cerimonie. In molti casi questi motivi operano insieme, e l’uno rafforza l’altro.
Questo tipo di virtù civile non è impossibile. Ognuno di noi potrebbe citare i nomi di molte persone che rispondono a questa descrizione del cittadino che ha senso di responsabilità civile e che hanno fatto solo del bene a...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. 1. Repubblica e virtù
  3. 2. L’amore della patria
  4. 3. Quale libertà?
  5. 4. Mitezza e intransigenza
  6. 5. Diritti e doveri
  7. 6. Timor di Dio, amor di Dio
  8. 7. La repubblica e i suoi mali
  9. 8. Il potere occulto
  10. 9. Si può rinascere?