Il santo
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Il santo

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Uno dei compiti specifici dello storico consiste nello smascherare le false continuità postulate, almeno implicitamente, dal linguaggio che, indicando con le stesse parole realtà diverse secondo le epoche, rischia di farci perdere il senso del mutamento. Questo atteggiamento guardingo s'impone specialmente nel campo della religione, soprattutto quando si tratta del cattolicesimo, incline a mettere l'accento sulla costanza delle sue credenze fondamentali e del suo quadro istituzionale nel corso dei secoli. Così si crede talvolta di sapere cosa fu un vescovo dell'Antichità o un sacerdote del Medioevo riferendosi alle persone che esercitano oggi queste funzioni nella Chiesa. Ma questo tipo di ragionamento per analogia trae facilmente all'anacronismo, nella misura in cui l'identità dei vocaboli fa perdere di vista mutamenti che possono, in certi casi, esser stati notevoli.Acquista l'ebook e continua a leggere!

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858100271

Il santo

Uno dei compiti specifici dello storico consiste nello smascherare le false continuità postulate, almeno implicitamente, dal linguaggio che, indicando con le stesse parole realtà diverse secondo le epoche, rischia di farci perdere il senso del mutamento. Questo atteggiamento guardingo s’impone specialmente nel campo della religione, soprattutto quando si tratta del cattolicesimo, incline a mettere l’accento sulla costanza delle sue credenze fondamentali e del suo quadro istituzionale nel corso dei secoli. Così si crede talvolta di sapere cosa fu un vescovo dell’Antichità o un sacerdote del Medioevo riferendosi alle persone che esercitano oggi queste funzioni nella Chiesa. Ma questo tipo di ragionamento per analogia trae facilmente all’anacronismo, nella misura in cui l’identità dei vocaboli fa perdere di vista mutamenti che possono, in certi casi, esser stati notevoli.
Questo problema si pone con forza particolare nel caso dei santi. In effetti la natura stessa dei documenti su cui si è portati a fondarsi per studiarli accentua ancora i rischi di deformazione e di appiattimento della realtà inerente a qualunque ricerca storica. Le vite dei santi e le raccolte di miracoli mirano a conformare i servitori di Dio a modelli ciascuno dei quali corrisponde a una categoria riconosciuta della perfezione cristiana – martiri, vergini, confessori, ecc. – e, al di là, alla figura del Cristo. Ogni santo o santa che meriti questo nome ha in effetti cercato in vita, se non di identificarsi con la persona del figlio di Dio, per lo meno di accostarsi al massimo a questa norma assoluta. Non c’è dunque da stupirsi, da questo punto di vista, se si somigliano tutti e se i miracoli che si attribuiscono loro fanno pensare a quelli descritti dai testi evangelici, dalla moltiplicazione dei pani alla resurrezione dei morti. Partendo dai racconti il cui obiettivo preciso è di cancellare le particolarità degli individui e di trasformare la loro vita in frammenti d’eternità, è difficile immaginare cosa abbia potuto essere l’esistenza concreta di questi personaggi, che si riduce spesso a un mucchio di stereotipi. Quindi l’agiografia, e poi una certa storiografia, sono state inclini a presentare i santi, non solo come esseri d’eccezione, ma soprattutto come figure ripetitive nella vita delle quali il solo elemento suscettibile di variare era la cornice spazio-temporale in cui s’inserivano, essa stessa, d’altra parte, tratteggiata in modo schematico, come una specie di scenario adatto a valorizzare la perfezione dell’eroe o dell’eroina.
Alla fine del secolo scorso, reagendo a queste concezioni che, a forza di mettere l’accento sul carattere extratemporale della santità, finivano per privarla di qualunque dimensione storica, una corrente critica che in Francia ha trovato la sua principale espressione in P. Saintyves, ha voluto al contrario vedere nei santi cristiani i successori degli dei del paganesimo. Sulla base di certe continuità di culto in luoghi già considerati come sacri nell’Antichità (sorgenti, rocce o boschi), quest’autore affermò che, sotto una patina di cristianesimo, si erano prolungati fino al tardo Medioevo i culti che i Gallo-romani votavano a semidei o a genii che incarnavano le forze della natura. Anche se certe apparenze sembrano confermare questa tesi, essa presenta, come la precedente interpretazione, l’inconveniente di sottrarre il santo alla storia facendo del suo culto un semplice paravento al cui riparo sopravvivono riti di un’altra epoca. Ma definire il culto dei santi in termini di sopravvivenza porta fatalmente a farne una superstizione, concetto vago che, in ogni caso, non basterebbe a spiegare il posto che la devozione ai servi di Dio ha tenuto nell’universo religioso medievale. Inoltre, questa visione delle cose, sotto il manto della mitologia o dell’etnologia comparata, finisce col trascurare la molto profonda evoluzione che ha contrassegnato la cristianizzazione nel campo delle relazioni fra l’uomo e la natura. Distruggendo i boschi sacri e sostituendo il culto dei santi a quello delle fontane e delle sorgenti, la Chiesa si è lanciata, dalla fine dell’Antichità, in un’impresa di lungo respiro il cui fine era niente meno che di antropomorfizzare l’universo e di sottomettere all’uomo il mondo naturale. I santi hanno avuto in questo processo una parte importante. Accostarsi scientificamente ed oggettivamente a questo problema significherà mettere immancabilmente in evidenza questo aspetto fondamentale della loro azione che troppo a lungo è stato trascurato.

Il posto del santo nel cristianesimo medievale: l’eredità dell’Antichità e dell’alto Medioevo

A inventare il culto dei santi non è stato il Medioevo, anche se lo ha notevolmente sviluppato, e si rischierebbe di non capir nulla di questo aspetto fondamentale del cristianesimo posteriore all’anno Mille se non si tenesse conto dell’eredità dei primi secoli.

I martiri mediatori e patroni

Tutto procede in effetti dal culto dei martiri che per un pezzo sono stati i soli santi venerati dai cristiani e che conserveranno nella Chiesa, anche quando altri modelli si saranno affermati, un considerevole prestigio. Nonostante certe analogie superficiali, non avevano nulla di comune con gli eroi greci o romani. Nell’Antichità classica la morte costituiva in effetti una frontiera invalicabile tra uomini e dei. Ora, nella prospettiva cristiana, è proprio perché erano morti come esseri umani, seguendo Cristo e impegnati nella fedeltà al suo messaggio, che i martiri avevano poi accesso alla gloria del paradiso e alla vita eterna. Il santo è un uomo mediante cui si stabilisce un contatto fra cielo e terra. Il suo compleanno commemora la sua nascita a fianco di Dio al di là della morte, ed è la festa cristiana per eccellenza poiché rinnova il sacrificio salutare dell’unico Mediatore. Così, lungi dal costituire la moneta spicciola della nuova religione o una concessione delle élite cristiane alle masse pagane per facilitare la loro conversione, il culto dei martiri si è radicato in ciò che il cristianesimo aveva di più autentico e di più originale in rapporto alle altre religioni con cui era allora in concorrenza.
Ciò non significa tuttavia che abbia inventato tutto ex nihilo in questo campo. Esisteva infatti nella tarda Antichità una credenza abbastanza diffusa nell’esistenza di spiriti legati alla protezione degl’individui: demoni, genii, angeli, ecc. Trasferendo su esseri umani, i santi, il tipo di relazioni che le generazioni precedenti avevano mantenuto con esseri disincarnati, alcuni grandi vescovi del IV secolo, come Paolino da Nola e Ambrogio da Milano proposero ai fedeli e alle comunità cristiane di prendere come intercessori quegli uomini e quelle donne che avevano meritato con la fede eroica di avere Dio come protettore personale. Il culto dei martiri si «democratizza» attraverso il santo patrono, che fonda le proprie caratteristiche sulle medesime nozioni della relazione di clientela: lealtà del protetto, «amicizia» e dovere di protezione da parte del patrono nei confronti di colui che si è raccomandato a lui. In una società minacciata di disintegrazione, in cui gl’individui erano angosciati dall’idea di perdere la loro identità e la loro libertà, i santi venivano a proposito per restituire fiducia e offrire prospettive di salvezza a livello di vita quotidiana.
Fra le affermazioni più discusse dello storico inglese P. Brown sull’origine del culto dei martiri figura la sua ipotesi secondo cui esso si sarebbe in un primo tempo organizzato sul piano privato, per essere, in un secondo tempo, adottato dai responsabili delle chiese locali, preoccupati da queste devozioni familiari che proliferavano attorno alle tombe col rischio di mettere in pericolo l’unità della comunità cristiana. Di fatto, la testimonianza dell’archeologia permette di rado di risalire al di là delle prime forme di culto, che sono sempre di tipo liturgico. Ma nondimeno resta stabilito che i vescovi hanno avuto una gran parte nella diffusione del culto dei martiri e gli hanno assegnato una funzione essenzialmente ecclesiastica ponendolo sotto il loro controllo. Così si spiegano tanto la manomissione delle catacombe romane da parte del papa Damaso, quanto l’invenzione delle reliquie dei santi Gervasio e Protasio a Milano, nel 385, e la loro immediata appropriazione per parte di Ambrogio a vantaggio della Chiesa episcopale. Diventando patronus celeste della cattedrale e della città il santo rafforzava il prestigio del suo rappresentante e ben presto successore in questo mondo: il vescovo. Inoltre gli onori sempre più notevoli di cui furono oggetto le reliquie in occasione delle feste ritmate dal calendario e delle traslazioni offrirono l’occasione alla comunità urbana per mostrare la sua unità e per integrare i gruppi marginali, contadini o barbari. Per la via traversa delle processioni nuovi legami s’intessono tra la città ed i suburbia dove si trovavano i cimiteri ed anche i martyria, piccoli santuari che ospitavano le reliquie dei martiri. Grazie a questa liturgia in pieno sviluppo, le donne, che vi tengono un gran posto, escono dal loro isolamento, mentre i poveri si staccano dalle tradizionali clientele, in piena crisi a partire dalla fine del sec...

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  1. Il santo