Dittature mediterranee
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Dittature mediterranee

Sovversioni fasciste e colpi di Stato in Italia, Spagna e Portogallo

  1. 256 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Dittature mediterranee

Sovversioni fasciste e colpi di Stato in Italia, Spagna e Portogallo

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La marcia su Roma nell'ottobre 1922 rappresenta un vero e proprio spartiacque per le destre rivoluzionarie e conservatrici di tutta Europa. A partire da questo momento, infatti, il fascismo diviene un modello vincente: non una proposta teorica ma una nuova forma di governo, autoritaria e golpista. La crisi del regime liberale e l'avvio delle dittature in Italia, Spagna e Portogallo, esperienze considerate spesso come non confrontabili e non significative dell'Europa tra le due guerre, si rivelano in realtà paradigmatici di una crisi che negli anni Trenta si manifesterà nel continente con tutta la sua forza distruttiva.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788858124185
Argomento
History

1.
La prima guerra mondiale

Gli studiosi riconoscono ormai unanimemente alla prima guerra mondiale un ruolo “periodizzante” per la storia europea e internazionale. Tuttavia questa interpretazione appare più incerta quando, discostandosi dall’esperienza delle grandi potenze, tra le quali l’Italia è annoverata, anche se a volte con fatica, si volge lo sguardo a paesi europei considerati periferici e in particolare alla penisola iberica41. La cautela potrebbe essere giustificata per la Spagna, malgrado gli sforzi degli storici ispanisti per sottolinea­re la cesura rappresentata dalla Grande Guerra, poiché il paese mantenne una posizione di neutralità nel conflitto. Più incomprensibile è però la scarsa attenzione nei confronti dell’esperienza portoghese, malgrado il ruolo del Portogallo nel conflitto fosse limitato e non determinante sul piano bellico e quindi per molti versi difficile da comparare con altri contesti, tra cui quello italiano. Tuttavia, il Portogallo partecipò alla guerra alleandosi con l’Intesa e – malgrado l’intervento fosse stato deciso dopo lunghe incertezze e avesse causato molteplici conflitti interni – l’esercito portoghese prese parte ai combattimenti sul fronte occidentale, oltre che su quello coloniale42. Va rilevato inoltre che differente fu l’impatto dell’esperienza della guerra in questi paesi, in considerazione innanzitutto del fatto che l’Italia a partire dal 1917 combatté nel proprio territorio per difenderlo dall’occupazione, ma anche del numero di uomini coinvolti e rimasti vittime nei combattimenti. E tuttavia, benché sia stata diversa anche la capacità militare dimostrata dai due paesi, non bisogna dimenticare che per entrambi la guerra costituì uno snodo dal punto di vista politico, sociale ed economico, oltre che simbolico, determinando un punto di non ritorno nella storia repubblicana portoghese oltre che in quella italiana.
L’obiettivo di questo capitolo è analizzare l’impatto politico e sociale del primo conflitto mondiale in Italia, Spagna e Portogallo, considerando le specificità che esso ebbe in ciascuno dei tre paesi. Una riflessione comparata sul peso della guerra nell’Europa mediterranea è un passaggio fondamentale per comprendere le conseguenze della partecipazione bellica di Italia e Portogallo e della non partecipazione al conflitto della Spagna, nonché l’impatto di questa esperienza nella crisi dei regimi liberali di questi paesi.

1. Italia, Spagna e Portogallo allo scoppio della guerra

Prima di riflettere sull’esperienza della guerra, può essere utile fornire un quadro sintetico della situazione dei tre paesi al momento dello scoppio del conflitto. Se confrontati con il resto dell’Europa occidentale, Italia, Spagna e Portogallo apparivano piuttosto arretrati dal punto di vista dell’organizzazione socio-economica rispetto ad altri paesi dell’Europa occidentale, malgrado alcune aree, specialmente del nostro paese, avessero assistito a partire dai primi anni del secolo a un inedito progresso industriale43. Tuttavia, in tutti e tre i casi molto bassi rimanevano i tassi di alfabetizzazione; molto alta – superiore al 50% – la percentuale di popolazione attiva impegnata nell’agricoltura, con la presenza di una grande proprietà tradizionale spesso latifondista44. Caratteristica comune era inoltre una certa disomogeneità regionale, particolarmente forte in Italia e in Spagna, seppur con esiti diversi, e che si accentuava in quelle aree dove erano in atto una prima fase di trasformazione capitalistica dell’agricoltura e l’inizio di uno sviluppo industriale45. Sebbene, dunque, questi paesi presentassero una crescita e uno sviluppo differenziati, essi mostravano, per quanto riguarda il territorio metropolitano, linee di tendenza che, almeno relativamente alle strutture socio-economiche tradizionali, erano condizionate da un retroterra culturale – si veda ad esempio la presenza del cattolicesimo – e ambientale simile46.
Dal punto di vista dell’unificazione territoriale l’Italia – com’è noto – era il più giovane dei tre Stati; tuttavia il quadro istituzionale era qui meno recente che in Spagna e in Portogallo. La Spagna era tornata a essere una monarchia costituzionale nel 1876, dopo un breve episodio repubblicano, mentre una rivoluzione aveva determinato la fine della monarchia e l’introduzione della prima repubblica in Portogallo nel 1910. Allo scoppio della Grande Guerra questi paesi erano quindi, sia pur dentro quadri politico-istituzionali diversi, regimi costituzionali con un Parlamento bicamerale. Il ruolo del sovrano in Italia e in Spagna non era esclusivamente rappresentativo, nonostante i poteri della corona fossero in entrambi i casi in progressiva ridefinizione. Tra le principali prerogative del re vi erano la nomina del governo e la convocazione, lo scioglimento e la proroga delle sessioni delle Camere, nel quadro di una collaborazione attiva con il potere legislativo ed esecutivo. Questa ampiezza di poteri nel tempo finì però per determinare in Italia una separazione di fatto tra la costituzione formale e la prassi politica parlamentare, che invece tendeva ad ampliare le prerogative del Parlamento riducendo gli spazi di potere del sovrano47. Tuttavia, secondo le costituzioni di entrambi i paesi, il potere legislativo non era di esclusiva competenza del Parlamento: in Italia, infatti, il Senato era nominato dal re e in Spagna il sovrano aveva comunque un peso considerevole nella costituzione di quest’organo grazie ad un sistema misto di nomina ed elezione. La Repubblica portoghese costituiva invece una vera eccezione nel panorama europeo di inizio Novecento, fatta salva l’esperienza francese, e questo rendeva in un certo senso necessaria una continua dimostrazione – sia all’interno sia nel contesto internazionale – della legittimità di questo regime e della capacità della nuova classe dirigente repubblicana di governare il paese. Il presidente della Repubblica, eletto dal Congresso per quattro anni (non immediatamente rinnovabili), non aveva alcun potere legislativo e concorreva esclusivamente alla designazione dell’esecutivo. Si trattava quindi di una Repubblica parlamentare, con un Senato e una Camera interamente elettivi48.
Gli anni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento furono in tutti e tre questi contesti un periodo di ampliamento degli spazi e della partecipazione politica, oltre che di progressiva secolarizzazione, anche a livello istituzionale. Nei tre paesi il processo di laicizzazione procedeva, nonostante l’alta percentuale di cattolici nella popolazione, in modo diverso: sia la Spagna che l’Italia riconoscevano la religione cattolica come religione di Stato, anche se in Italia la rottura Stato-Chiesa con la conquista di Roma nel 1870 aveva determinato una situazione differente da quella spagnola e imposto una separazione netta tra istituzioni statali e gerarchie cattoliche, oltre che più in generale con il mondo cattolico; viceversa in Portogallo l’instaurazione della Repubblica aveva portato nel 1911 all’emanazione di una legge di separazione tra Chiesa e Stato modellata su quella francese del 1905: essa aveva determinato un ampio conflitto tra lo Stato e le gerarchie ecclesiastiche, ancora irrisolto allo scoppio della guerra.
In Spagna nacquero prima che in Italia e in Portogallo alcune organizzazioni sindacali nazionali: risaliva al 1888 la creazione del sindacato socialista dei lavoratori UGT (Unión General de Trabajadores) e al 1910 quella del sindacato anarchico CNT (Confederación Nacional del Trabajo). Bisognò invece aspettare il 1906 per la nascita dell’italiana CGdL (Confederazione generale del Lavoro) e il 1914 per la fondazione dell’União Operária Nacional portoghese (UON, trasformata nel 1919 in Confederação Geral do Trabalho, CGT). In quegli stessi anni si giunse inoltre ad un progressivo riconoscimento del diritto di sciopero, con una limitazione degli interventi delle forze dell’ordine nei conflitti relativi al lavoro e una legittimazione anche legale delle camere del lavoro e dei sindacati49. A questo stesso periodo risalgono, in Italia, le prime esperienze di organizzazione moderna di partiti di massa: il Partito socialista italiano venne fondato nel 1892. Spagna e Portogallo avrebbero dovuto aspettare più tempo perché simili esperienze politiche arrivassero a svilupparsi.
Come risulta evidente anche da questi pochi dati, un processo non sempre pacifico ma di ampliamento – almeno formalmente – di alcuni dei diritti politici, sindacali e civili per l’intera popolazione era in corso in tutti e tre i paesi a cavallo tra Ottocento e Novecento. Questo sviluppo era maggiormente visibile in Italia e in Spagna: nel primo caso, dal 1886 veniva riconosciuto ufficialmente il diritto, sia pure limitato, di riunirsi pubblicamente, e del resto già nel 1848 lo Statuto albertino, poi esteso a tutto il Regno d’Italia, aveva concesso, anche se solo formalmente, uguali diritti civili e politici a tutti i cittadini e, con essi, la libertà di associazione e di stampa. Anche in Spagna gli anni Ottanta dell’Ottocento furono fondamentali: nel 1881 venne concessa la libertà di riunione, nel 1883 veniva promulgata una legge per la libertà di stampa e nel 1887 il diritto di associazione50. In Portogallo, nonostante la Repubblica fosse stata creata con il sostegno fondamentale del movimento operaio, che aveva sostenuto il cambio di regime sperando in un ulteriore allargamento dei diritti sociali e politici nel paese, il governo repubblicano si caratterizzò invece per la limitazione della libertà di sciopero, dei diritti politici alle forze antirepubblicane e della libertà di stampa e, soprattutto, per il non riconoscimento del suffragio universale maschile51.
L’accesso alla rappresentanza elettorale di questi tre paesi era quindi molto diseguale, anche se in tutti e tre vigeva un sistema elettorale maggioritario al momento dell’entrata in guerra (con l’eccezi...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. 1. La prima guerra mondiale
  3. 2. Il dopoguerra
  4. 3. La conquista del potere
  5. 4. La stabilizzazione delle dittature
  6. Ringraziamenti