I budget di salute e il welfare di comunità
eBook - ePub

I budget di salute e il welfare di comunità

Metodi e pratiche

  1. 192 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

I budget di salute e il welfare di comunità

Metodi e pratiche

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

«Tra i diritti umani da sostenere e promuovere, non in quanto meritati dalle persone ma costitutivi della persona stessa, ve ne è uno particolarmente disatteso, discriminato, stravolto o trasformato in un dovere appartenente al mondo dei poteri e non dei diritti naturali della persona: il diritto a occuparsi degli altri, con rispetto, benevolenza, tolleranza, senza finalità di potere o di lucro».Il welfare è un lusso che non possiamo più permetterci e che dobbiamo rapidamente ridimensionare se non smantellare: sembra essere questo il nuovo 'pensiero unico'. Al contrario, il welfare di comunità propone un ribaltamento prospettico: la persona da assistere cessa di essere 'centro di costo' e diventa soggetto economico attivo. Occorre ripartire dalla responsabilità collettiva, secondo un principio di cogestione pubblico/privato della presa in carico, e dalle capacità di risposta inesplorate e inutilizzate delle comunità locali.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a I budget di salute e il welfare di comunità di Angelo Righetti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Economía e Política económica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858111314

1. Introduzione

1. La crisi dello Stato sociale non si risolve con il mercato

L’Europa ha visto, in un tempo non poi così lontano, la nascita e lo sviluppo di un welfare assistenziale popolato di istituti di pubblica assistenza, fossero questi (in minoranza) statali o di privata dispiegata beneficenza.
In Italia lo Stato ha fatto proprie funzioni e obblighi, accumulatesi nel tempo anche a livello locale, per lunghi anni mutuando culture dai pii istituti.
Transitando dal welfare assistenziale a uno Stato sociale, a un welfare dei servizi, si è rapidamente passati, in questi ultimi anni, a un welfare dei consumatori2.
Questo meccanismo, presente soprattutto nel settore sanitario, viene giustificato con una presunta «sovranità del consumatore», che equipara pertanto il soggetto bisognoso a un consumatore di merci. A questo consumatore, a differenza del passato, si offrirebbe altresì la possibilità di scegliere tra un’ampia gamma di fornitori di prestazioni. Da questo punto di vista, il processo socio-assistenziale viene assimilato a uno scambio di prestazioni mercantili, dove sono esattamente definite le tipologie di prodotto, i prezzi e le quantità domandate e offerte3. Ovviamente si tratta solo in apparenza di un processo di mercato, poiché finanziato principalmente dallo Stato.
Negli scorsi decenni questo trasferimento al mercato dei bisogni socio-assistenziali è stato concomitante con un più generale processo di delegittimazione dell’intervento pubblico.
La profonda crisi in atto rende necessario affrontare in un altro modo la questione dei bisogni sociali di salute e di benessere, rispetto ai quali questo welfare dei consumatori e dei voucher risponde impropriamente.
D’altra parte, a fronte dell’ondata di liberalizzazioni del sistema socio-assistenziale strutturato sulla delega, è stato promosso un sistema di welfare fortemente istituzionalizzato che ha incentivato il mercato dei consumatori.
In un modello di welfare di prodotti e prestazioni di questo tipo, il cittadino diventa un insieme di patologie e di bisogni standardizzati e predefiniti, che si traducono in domande adeguate a quanto il mercato sanitario vuole vendere/proporre, perdendo completamente l’integrità della persona e il suo inserimento nell’insieme sociale.
Questo sistema, fortemente istituzionalizzato, è da molti anni sistematicamente sull’orlo di una crisi di sostenibilità finanziaria. Inoltre, con il progresso tecnico e il miglioramento delle condizioni di vita, i bisogni diagnostico-terapeutici predefiniti si espandono indefinitamente: nessuno è più al sicuro dalla malattia, pertanto è invitato coattivamente ad accedere al consumo sistematico e continuativo di prestazioni istituzionali, la cui erogazione è delegata al privato4.
Il limite del modello di welfare dei servizi, laddove si è realizzato pienamente, sta proprio nella delega a un sistema reso sempre più efficiente quantitativamente, ma non per questo efficace, nella risposta ai differenti e via via più complessi bisogni sanitari e socio-sanitari. La persona, insieme alla famiglia e alla comunità di appartenenza, gradualmente non intervengono più nella produzione della salute, non contano più come risorsa. Le reti informali e naturali di accudimento e di cura sono sostituite da una riduzione a schemi «tecnicamente» preordinati e parcellizzati dei bisogni, comprensivi di risposte, altrettanto preordinate e parcellizzate, che spingono le persone stesse, le famiglie e le comunità a non considerarsi più come risorsa.
Tuttavia, per affrontare e risolvere la cronica crisi del welfare, non risultano adeguate né la frequentata risposta «liberista», che consiste nella mercatizzazione dei bisogni, né la risposta statalistico-burocratica che incasella le persone, le famiglie e le comunità in standard di bisogni prevalentemente funzionali all’organizzazione erogatrice di prestazioni secondo tariffario.
Oggi appare evidente la necessità di ripartire dal tema fondativo del welfare: il tema delle disuguaglianze e della giustizia sociale. L’uguaglianza da perseguire nei diritti universalistici e la disuguaglianza da contrastare, prodotta anche dall’utilizzo istituzionale da parte del mercato e dello Stato dei diritti stessi, presentano difficoltà interpretative insolite. La disuguaglianza è prodotta da dimensioni diverse: accanto a quella economica si sono approfondite le disparità nella sfera delle libertà e conseguentemente nelle capacità, intese come opportunità di scelta5. Tali disuguaglianze sono speculari e direttamente connesse alla sperequazione nella distribuzione del reddito e sono oggi divenute determinanti per l’accesso ai processi di capacitazione, di apprendimento e di funzionamento sia degli individui sia della collettività. Si tratta di un circolo vizioso che consegna le persone senza reddito o con un reddito insufficiente alla «povertà trappola»: privandole di ogni libertà di scelta, le consegna alle istituzioni dell’assistenza, facendole divenire fattori di produzione per altri e costi improduttivi per lo Stato attraverso il meccanismo della delega.
Proprio nel rapporto tra la disuguaglianza di reddito e le capacità personali, diviene cruciale il ruolo dello Stato e dei servizi pubblici erogati direttamente o in cogestione con il privato, in una relazione di corresponsabilità e non di delega.
La qualità dei servizi pubblici non ha più, oggi, un impatto sulle disuguaglianze perché si affida alla sola variabile economica, proponendo risorse e diritti uguali per persone diseguali, erogando prodotti standard per tutti, che non tengono conto né della diversità delle persone né di quella dei contesti.
Riconoscere diritti diseguali a persone diseguali è il presupposto per produrre giustizia sociale e promuovere processi di abilità personalizzata, garantendo di più a chi ha di meno6.
Il contesto della crisi economica continua invece a proporre la stessa ideologia artefatta della disuguaglianza inversa, secondo la quale l’accumulo della ricchezza nelle mani di pochi è in grado di produrre a cascata benessere per tutti, e, per questo, è auspicabile: chi ha di più deve avere, per chi lo merita, di più. Questo deve avvenire sulla base del principio secondo il quale la ricchezza di una collettività, seppur concentrata nelle mani di pochi, sarà in parte redistribuita anche ai poveri, i quali dovrebbero contribuire con i propri corpi a questa fandonia economica.
Mentre è ormai inconfutabilmente vero il contrario. È l’investimento diseguale a favore di persone diseguali che costruisce la ricchezza delle comunità. È la giustizia sociale all’origine del benessere e dell’accumulo diffuso di ricchezza. È la democrazia che dà a ognuno lo spazio pubblico di espressione e di azione, per essere partecipe dei processi economici.
Il potere finanziario concentrato perpetua, al contrario, le disuguaglianze, orienta i governi nazionali, espropria sempre di più i territori e le persone del potere di decidere della propria vita e del proprio destino, trasferendo in tal modo le scelte a poteri che non hanno territorio e responsabilità.

2. La crisi della finanza mondiale non si supera con l’eliminazione dei sistemi di diritti e delle tutele garantiti dallo Stato sociale

Dobbiamo dunque adattarci all’idea che il welfare è diventato un lusso che le nostre economie non possono più permettersi e che dobbiamo smantellare le conquiste del XX secolo per potere competere coi paesi emergenti privi di comparabili sistemi di protezione sociale?
È ormai chiaro che il welfare è sotto attacco. La crisi dei conti pubblici ha messo in discussione la sostenibilità economico-finanziaria dei sistemi di welfare occidentali, nello specifico quelli europei. In gioco c’è il ruolo di principale fattore di redistribuzione del reddito che i sistemi di welfare hanno assunto sin dalla loro origine. Con sempre maggiore evidenza la crisi economica che ha investito l’economia globalizzata si sta trasformando in una crisi delle economie occidentali, o, meglio ancora, in una crisi dell’Occidente7.
Nel suo rimbalzare dalla finanza irresponsabile dei derivati all’economia reale, col crollo delle produzioni e dell’occupazione, la crisi sembra aver trovato nei bilanci pubblici il punto su cui scaricare la sua residua energia distruttiva.
Agli Stati è toccato il compito di salvare il sistema finanziario, sostituendo con debiti pubblici una quota assai rilevante di debiti privati, enfatizzando così la già cronica debolezza delle loro strutture di bilancio.
Proprio l’insieme delle politiche che hanno consentito all’Europa di gestire il punto più acuto della crisi è diventato l’oggetto di un attacco che non è solo o tanto speculativo-finanziario, ma è anzitutto politico.
Non è solo la dubbia sostenibilità dei disavanzi e del debito di molti paesi europei a scatenare la speculazione finanziaria, ma è, piuttosto, la rigidità che accompagna i precari valori alla base di molti bilanci pubblici.
Dietro quei debiti pubblici c’è una «rigidità sociale», vale a dire un intero sistema di relazioni sociali ed economiche difficilmente modificabile.
Incidere sul bilancio significa in molti casi incidere su un modello sociale incentrato su diritti e Stato sociale.
Si stanno sempre più diffondendo la cultura e la pratica secondo cui, per ridurre il debito pubblico, occorra un progressivo smantellamento dei nostri sistemi di welfare. L’idea fondativa alla base di questa cultura è che i modelli di garanzia e tutela sociale hanno un costo che le nostre economie e i nostri Stati non possono più permettersi, soprattutto in un contesto in cui siamo in competizione crescente con paesi apparentemente più efficienti, proprio perché privi di sistemi di welfare sociale e sanitario.
La finanza è giunta così a mettere in discussione la natura più profonda del sistema economico europeo. Assistiamo ormai a una totale inversione dei ruoli: il welfare, e la coesione sociale che ne deriva, non è più visto come elemento portante dello sviluppo europeo, ma piuttosto come un freno alla competitività e alla crescita dei nostri sistemi economici. Il welfare è visto dunque come un lusso che non possiamo più permetterci e che dobbiamo rapidamente ridimensionare, se non addirittura smantellare. Sembra essere questo il nuovo «pensiero unico» che ha sostituito il liberismo pre-crisi.
Ma è proprio così? È proprio vero che le difficoltà dell’Europa a tenere il passo dei nuovi paesi emergenti derivano dal suo sistema di diritti e di tutele? Può esserci un sistema di welfare che non sia solo redistributivo? E come dovrebbe funzionare? Ci sono esempi di come può funzionare?
Cosa intendiamo per «economia sociale»?
Eppure, il welfare altro non è che la sedimentazione progressiva delle conquiste dei lavoratori che vengono messe in cassaforte e affidate a diritti riconosciuti e tutelati dallo Stato. Una sedimentazione che si è alimentata attraverso la crescita della produttività e che, a sua volta, ha alimentato tale crescita. Mettere a rischio tale patrimonio costituisce un vero e proprio esproprio di ricchezza sociale a favore di pochi.
Il rovesciamento del ruolo affidato ai sistemi di welfare può venire in soccorso di chi pensa che il costo sociale di un simile smantellamento sarebbe insostenibile: bisognerebbe pensare ad un welfare che non sia più solo espressione di reddito ma altresì produttore di economia.

3. L’alternativa offerta dall’«economia sociale»

Partendo dai bisogni delle persone più bisognose, marginalizzate, es...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione. Verso nuove forme di produzione sociale
  2. Premessa. Il diritto a occuparsi degli altri nella costruzione del welfare comunitario
  3. Parte prima. Quadro generale
  4. 1. Introduzione
  5. 2. Le componenti socio-economiche e ambientali della salute
  6. 3. Le strategie degli interventi socio-sanitari
  7. 4. Il modello di riferimento: la welfare community
  8. 5. Quadro normativo nel settore socio-sanitario
  9. 6. L’integrazione gestionale
  10. Parte seconda. Quadro operativo
  11. 1. Il budget di salute: la scelta metodologica e gli elementi caratterizzanti
  12. 2. Gli strumenti organizzativi per l’integrazione
  13. 3. Gli strumenti contabili-amministrativi e finanziari
  14. 4. Gli strumenti di monitoraggio e programmazione per la promozione del welfare comunitario
  15. 5. Un organismo autonomo per il governo del sistema e la promozione del welfare comunitario: il Distretto di economia sociale
  16. Appendice. Schema di Bando pubblico per la ricerca di soggetti per la cogestione dei budget di cura (Progetti terapeutico-riabilitativi individuali)
  17. L’Autore