La comunicazione sociale
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La comunicazione sociale

Manuale per le organizzazioni non profit

  1. 176 pagine
  2. Italian
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La comunicazione sociale

Manuale per le organizzazioni non profit

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Informazioni sul libro

Un manuale pensato e scritto per gli studenti e per i professionisti del settore non profit. Dopo una panoramica che esplora il profilo socio-culturale del mondo del non profit, il testo affronta le dimensioni della comunicazione del Terzo Settore. Da quelle più classiche come l'ufficio stampa e la comunicazione organizzativa a quelle emergenti come storytelling, fund raising, nuovi media e valutazioni di impatto sociale.Una guida essenziale per conoscere tutti gli aspetti fondamentali, teorici e pratici di un settore in costante crescita.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788858124765

IV.
La comunicazione organizzativa
nel non profit

1. Una definizione di comunicazione organizzativa

La riflessione sulla comunicazione organizzativa prende le mosse dai due termini che la compongono: comunicazione e organizzazione.
Fino a non molto tempo fa sarebbe stato utilizzato solo il primo dei due termini, con a fianco l’aggettivo organizzativa per distinguerla dalla comunicazione esterna. Una terminologia che tendeva a distinguere un «dentro» dal «fuori» della comunicazione, come se ci fossero delle barriere invisibili che si frapponevano fra i processi e gli accadimenti che non si vedono dall’esterno e i processi e gli accadimenti riconoscibili e visibili dall’esterno. Lo stesso ragionamento era svolto per i processi organizzativi: un’organizzazione ha attività e funzioni interne, talvolta invisibili anche ai propri membri, ma ha pure attività e funzioni che possono avere conseguenze (qualche volta ricercate) su coloro che non sono membri dell’organizzazione.
Tralasciando per il momento la discussione su chi fa parte o meno di un’organizzazione, quello che è importante sottolineare è che la comunicazione organizzativa ha travolto barriere visibili e invisibili fra il dentro e il fuori di un ente:
La comunicazione organizzativa può essere dunque definita come l’insieme dei processi strategici e operativi, di creazione, di scambio e di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle diverse reti di relazioni che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua collocazione nell’ambiente.
La comunicazione organizzativa coinvolge i membri interni, i collaboratori interni-esterni e tutti i soggetti esterni in qualche modo interessati o coinvolti nella vita dell’organizzazione, compresi i suoi clienti [destinatari/beneficiari] effettivi o potenziali (Invernizzi 2000, p. 20).
L’aspetto più importante del concetto di comunicazione organizzativa è che esso identifica, comprende e integra tutti i processi comunicazionali necessari alla vita e allo sviluppo dell’organizzazione. Esso quindi ingloba il concetto di comunicazione organizzativa, diventato ormai troppo stretto per una funzione che ha una rilevanza cruciale per il successo dell’organizzazione e comprende anche la comunicazione esterna usata con finalità di informare e coinvolgere i soggetti esterni come quelli interni. E comprende anche la comunicazione di prodotto, in particolare quella che si propone di potenziare prodotti e servizi migliorando le capacità relazionali del front-line e di stabilire relazioni sistematiche e durature con i clienti effettivi e potenziali (ivi, p. 22).
Da queste definizioni potrebbe sembrare che per alcuni aspetti l’organizzazione debba essere esclusa. Ma, come vedremo più avanti, adattando la terminologia e costruendo contenuti e strumenti comunicativi adeguati, è fondamentale adottare questa prospettiva di intervento che restituisce una visione globale dell’organizzazione e della sua comunicazione.
Ancora secondo Invernizzi, all’interno della comunicazione organizzativa si possono individuare quattro livelli principali: 1) la comunicazione funzionale; 2) la comunicazione strategica; 3) la comunicazione formativa; 4) la comunicazione creativa.
Il primo livello, quello della comunicazione funzionale, concerne la comunicazione che tratta tutte le informazioni di tipo operativo necessarie a supportare i processi organizzativi e decisionali interni e l’attività degli operatori front line, nonché quelle necessarie a supportare i processi organizzativi di cooperazione con l’esterno. È un tipo di comunicazione prevalentemente di tipo interpersonale. Il contenuto della comunicazione funzionale è costituito da tutte le informazioni che supportano l’erogazione dei servizi e delle attività degli operatori front line, e più in generale da tutte le comunicazioni che hanno luogo nelle diverse occasioni di lavoro e di scambio con l’esterno. Gli strumenti utilizzati sono i colloqui, le riunioni di lavoro, le lettere e le circolari informative, le bacheche, gli opuscoli.
Il secondo livello, quello della comunicazione strategica, riguarda tutte le informazioni necessarie a far conoscere l’organizzazione nel suo complesso, o parti di essa, le sue strategie e le sue politiche ai diversi pubblici di riferimento interni ed esterni. Il contenuto della comunicazione strategica fa riferimento sia al concetto di visibilità, intesa come una modalità per far conoscere l’organizzazione come realmente è, sia al rapporto stretto tra forma e sostanza della comunicazione, che non possono assumere direzioni divergenti. Gli strumenti utilizzati sono le riviste dell’organizzazione, le lettere personalizzate, le conferenze e i comunicati stampa, le campagne promozionali specifiche.
Il terzo livello, quello della comunicazione formativa, riguarda l’attività formativa continua, svolta all’interno dell’organizzazione, sui temi della comunicazione interpersonale e mediata. La formazione sulla comunicazione interpersonale consente lo sviluppo di una consapevolezza diffusa della centralità della comunicazione nel contesto organizzativo.
Il quarto livello, quello della comunicazione creativa, riguarda tutte le situazioni costruite per realizzare occasioni di scambio e di dialogo orizzontale e verticale per il trasferimento del sapere anche in modo informale. Al centro della comunicazione creativa vi sono la soluzione cooperativa dei problemi e la costruzione cooperativa delle attività; essa prevede una struttura organizzativa di tipo reticolare che privilegia momenti e situazioni di apprendimento e lavoro cooperativo.
Sempre secondo Invernizzi, esistono inoltre delle caratteristiche della comunicazione organizzativa che guidano le azioni concrete:
1) tutte le iniziative di comunicazione devono essere riferite ai valori guida dell’organizzazione, che devono essere specifici, eticamente fondati ed esplicitati con modalità tali che tutti li possano conoscere;
2) è importante realizzare un’elevata coerenza e sinergia fra le azioni di comunicazione rivolte all’interno e all’esterno e fra queste e le azioni più strettamente gestionali e organizzative;
3) è indispensabile supportare i processi di innovazione organizzativa e di sviluppo gestionale, e più in generale tutti i cambiamenti rilevanti, con piani di comunicazione adeguati a farli conoscere e condividere da tutti;
4) è importante diffondere le competenze di comunicazione interpersonale fra tutti e sviluppare la formazione sui temi della comunicazione;
5) è indispensabile costruire un presidio strategico a livello direzionale per la gestione e lo sviluppo della comunicazione organizzativa.
Ciascuna di queste proposizioni ha lo scopo di mettere in evidenza aspetti specifici della comunicazione organizzativa. Quello che sottolineiamo è la fondamentale importanza degli interpreti della comunicazione organizzativa, sia interni che esterni. Focalizzare sugli interpreti, come vedremo più avanti, significa adottare strumenti e percorsi che mettono al centro le persone e le soggettività. Significa anche porre l’attenzione sulle relazioni e sulle narrazioni reciproche che si producono e si riproducono continuamene dentro e fuori l’organizzazione.

2. Il valore sociale aggiunto del Terzo Settore

Il valore sociale aggiunto del Terzo Settore è stato esplorato in alcune recenti ricerche (Volterrani, Tola, Bilotti 2009; Bassi 2011; Ceccherelli, Spinelli, Tola, Volterrani 2012) che avevano l’obiettivo di individuare le caratteristiche distintive delle organizzazioni di Terzo Settore rispetto alle imprese e alla pubblica amministrazione, al fine di evidenziare i contributi specifici alla crescita della coesione sociale e del capitale sociale.
Ricostruire l’habitus del volontariato significa analizzare ed evidenziare tutte quelle dimensioni, quelle pratiche sociali, quei concetti, quegli ambiti, che possono far parte dello spazio sociale condiviso dalle organizzazioni e, contemporaneamente, porsi il problema della valutazione della potenzialità distintiva del Terzo Settore. Nelle parole di Bourdieu (1983, p. 174), l’habitus è
infatti contemporaneamente principio generatore di pratiche oggettivamente classificabili e sistema di classificazione di queste pratiche. È proprio nel rapporto tra queste due capacità che definiscono l’habitus, capacità di produrre pratiche ed opere classificabili, e capacità di distinguere e di valutare queste pratiche e questi prodotti (il gusto), che si costituisce l’immagine del mondo sociale, cioè lo spazio degli stili di vita.
Parlare di tratti distintivi e di habitus significa affrontare le caratteristiche identitarie del Terzo Settore in un’ottica relazionale, processuale e strategica. Relazionale, perché esiste identità se si è in presenza di relazioni di riconoscimento da parte di altri soggetti. Processuale perché l’identità è mobile nel tempo e nello spazio. Strategica perché l’identità di un’organizzazione è costrui­ta e ricostruita anche consapevolmente da coloro che ne fanno parte. Per questo motivo è importante sottolineare sia le relazioni con l’ambiente (cittadini, istituzioni e utenti), sia le potenziali caratteristiche distintive del Terzo Settore.
In entrambi i casi le dimensioni individuate tendono a rappresentare una sorta di tensione ideale, un «dover essere» delle organizzazioni di Terzo Settore. Se effettuiamo l’analisi empirica su alcuni di questi aspetti collocheremo le organizzazioni di Terzo Settore in modo differenziato: talvolta molto vicine e coincidenti con la dimensione ideale, talvolta in aperta e chiara opposizione, più spesso in posizioni intermedie. Ma la valutazione del valore sociale aggiunto è uno strumento importante per poter impostare correttamente qualsiasi strategia di comunicazione organizzativa che possa avere successo.

3. Le dimensioni del valore sociale aggiunto

Ciascuna delle dimensioni che seguono rappresenta un aspetto rilevante del valore sociale sul quale lavorare con metodi e strumenti della comunicazione organizzativa per la promozione dell’identità della singola organizzazione di Terzo Settore.
La prima dimensione è la sostenibilità sociale delle azioni, delle progettualità e dei servizi del Terzo Settore nei territori di riferimento per assicurare la riproducibilità sociale, ambientale ed economica per le future generazioni. Si tratta cioè di un primo importante riferimento alla potenziale capacità di valutare l’impatto sociale delle proprie attività da parte delle organizzazioni.
La seconda dimensione, composita ed articolata, è quella della relazionalità diffusa e del capitale sociale linking13, ovverosia le capacità di: 1) cucire il tessuto comune del territorio (memoria, storia, cultura e progettualità presente e futura) dentro i territori di appartenenza; 2) riprodurre relazionalità nei vuoti e nei buchi strutturali creati anche dalle logiche strettamente di mercato intorno a individui e gruppi vulnerabili ed esclusi socialmente14; 3) promuovere relazioni condivise fra persone provenienti da culture, contesti, comunità differenti; 4) promuovere relazioni paritarie in contesti caratterizzati da diseguaglianza di potere e di opportunità, favorendo l’assunzione di responsabilità all’interno delle comunità di riferimento; 5) promuovere la diffusione del capitale sociale che mette in relazione (linking), che riguarda cioè i legami tra persone diverse, in contesti sociali diversificati, e grazie al quale si può accedere a un ambito di risorse più esteso rispetto a quello della comunità di appartenenza. È questa una delle dimensioni che maggiormente caratterizzano il Terzo Settore e lo differenziano dalle altre organizzazioni sia pubbliche che private. Sul tema del valore positivo del capitale sociale la discussione è aperta e le evidenze empiriche forniscono ancora dati contraddittori. Ma quello che a noi interessa sottolineare è la portata distintiva di questa dimensione all’interno del nostro «habitus idealtipico» e, soprattutto, la sua valenza comunicativa.
La terza dimensione è quella della democraticità e della partecipazion...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. I. Definizione e prospettive della comunicazione sociale
  3. II. Il mondo del non profit in Italia
  4. III. L’ufficio stampa delle organizzazioni non profit
  5. IV. La comunicazione organizzativa nel non profit
  6. V. I nuovi media nel Terzo Settore
  7. VI. La valutazione di impatto della comunicazione sociale
  8. VII. Visioni
  9. Riferimenti bibliografici