Fasciste di Salò
eBook - ePub

Fasciste di Salò

Una storia giudiziaria

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Fasciste di Salò

Una storia giudiziaria

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

A fianco dei tedeschi, negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale, furono molte le donne italiane che si impegnarono per la difesa della Repubblica sociale italiana. La maggior parte di loro erano 'donne in armi'; inquadrate in bande e brigate nere, avevano partecipato a rastrellamenti e stragi, commesso omicidi, sevizie e torture nei confronti di civili e partigiani. Altre erano spie al servizio dei tedeschi o degli uffici politici della Rsi, avevano denunciato ebrei e partigiani contribuendo attivamente alla loro cattura e molto spesso alla loro morte. Le vicende di queste fasciste saloine (e di alcuni loro camerati) permettono di riflettere su alcuni temi rilevanti per comprendere l'Italia uscita dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale: il rapporto con la violenza, le posizioni di dura condanna o di clemenza assunte dalle Corti nei loro confronti, le strategie messe in atto per negare le accuse o per difendersi, l'atteggiamento dell'opinione pubblica. È una storia che non si conclude nelle aule dei tribunali. Le scelte politiche dei governi del dopoguerra, i numerosi provvedimenti di clemenza (amnistie, grazie, liberazioni condizionali) a partire dall'amnistia Togliatti del 1946, permetteranno, nel giro di un decennio, il ritorno in libertà degli ex fascisti, uomini e donne.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Fasciste di Salò di Cecilia Nubola in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Geschichte e Geschichte des 21. Jahrhunderts. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788858125373

V.
In guerra contro i partigiani

1. L’amante di Mussolini

Cornelia Tanzi Pizzato venne processata in un’Italia ancora in guerra, in una Roma liberata ma già in difficoltà rispetto alle epurazioni e ai processi nei confronti dei fascisti177.
Era nata a Milano il 27 luglio 1908, ma risiedeva a Roma, nel parco di villa Strohl Fern dove assieme ad altri scrittori, pittori e musicisti aveva abitazione e studio. Cornelia, infatti, era scrittrice e pittrice, e come tale si firmava Tanzi, il cognome della madre.
Il suo processo, uno dei primi dopo la Liberazione di Roma dai nazifascisti, tenutosi presso la Corte d’Assise della capitale, durò pochi giorni e si concluse, il 22 dicembre 1944, con una condanna a 30 anni di reclusione per “aiuto al nemico” in applicazione degli articoli 51 e 58 del codice penale militare di guerra178. L’accusa era grave, la condanna pure. Ma non era il processo in sé a interessare maggiormente i romani e i tanti inviati di giornali, italiani e stranieri, accorsi a riempire l’aula del tribunale. L’attenzione si concentrava sull’imputata, una delle innumerevoli amanti di Mussolini.
I giornali, interessati a farne un caso scandalistico, narravano gli incontri a palazzo Venezia, la Tanzi che danzava vestita con costumi esotici mentre Mussolini suonava il violino. L’imputata veniva descritta “come una frivola Salomè immersa nella peccaminosa atmosfera di corruzione del fascismo”179.
Nel corso del processo, la Tanzi negò l’intimità con il duce con i toni enfatici a lei abituali: “Se c’è qualcuno che può affermare davanti a Dio che era il mio amante darò via tutto quello che mi rimane in questo mondo”180. Uno stile di difesa molto scenografico, che rientrava, come vedremo, nella strategia di negare ogni addebito o di fornire interpretazioni diverse, più o meno fantasiose, ai fatti che le venivano contestati.
In realtà, amante di Mussolini lo era stata fino al 1936 e se ne era pubblicamente vantata. Sappiamo delle sue frequentazioni col duce perché lui stesso ne aveva parlato a Claretta Petacci, e lei, da amante gelosa e ossessiva qual era, riportava tutto nel suo diario. In data 19 febbraio, ad esempio, la Petacci scriveva, citando le parole del duce:
Spargeva in giro che era la mia moglie morganatica, che io facevo ciò che lei voleva. Così troncai. Adesso ha diversi amanti, anche Trilussa, e prende denari. Fa marchette insomma come ha sempre fatto... Aveva una vita strana e misteriosa... Ha gambe lunghe lunghe, è esile, sottile, alta, bruna. Ma frigida, fredda fino all’inverosimile. Figurati che non ha mai sentito nulla neanche con me. Veniva lì, si spogliava, faceva cadere la camicia, si vedevano queste due gambe lunghe, si metteva lì e via, senza scomporsi. Sempre indifferente, si rivestiva e andava via. Tutto in meno di mezz’ora. Ti dico la verità: l’ultima volta per me è stata una cosa laboriosa e faticosa, perché non mi andava... No, basta, ormai è finita, chiusa per sempre. E poi mi tradisce: prima era una cosa incerta, adesso è sicuro, è proprio l’amante di questo Bardi che la mantiene181.
Mussolini era sempre ben informato sulla Tanzi, come, in generale, su tutte le sue amanti ed ex amanti, perché i loro telefoni erano tenuti sotto controllo dall’Ovra, la polizia segreta fascista, e le trascrizioni venivano regolarmente inviate al duce, che si prendeva il tempo di leggerle.
La pratica delle intercettazioni telefoniche era già ben rodata nel 1938; era stata messa a punto precocemente quando Mussolini ordinò all’onorevole Aldo Finzi, sottosegretario all’Interno: “Caro Finzi, dispongo che le intercettazioni telefoniche siano d’ora innanzi recapitate solamente a me. Una copia sola, quindi, che tu riceverai e mi trasmetterai”. Era il 27 gennaio 1923, e da soli tre mesi Mussolini guidava un governo di coalizione con liberali e popolari182.
Torniamo ora al processo Pizzato, in cui la donna non doveva rispondere della propria condotta morale, ma di reati passibili della pena capitale183. L’accusa più grave fu infatti quella di aver segnalato al Comando tedesco di stanza a Roma la presenza, nel parco di villa Strohl Fern, di militari della Divisione Piave, di automezzi e di altri materiali bellici dell’esercito italiano che erano stati nascosti là dopo un conflitto a fuoco con le forze armate tedesche.
Gli artisti abitanti nelle casette del parco romano avevano accolto con favore i soldati italiani; soltanto la Pizzato inveì contro di essi, accusandoli di aver tradito la causa dell’alleato tedesco e minacciandoli di denunzia. Minacce alle quali seguirono poi i fatti. La Corte aveva infatti a disposizione, oltre a varie testimonianze, anche un promemoria, scritto dalla Pizzato nel maggio 1944, in cui la donna rivendicava il suo gesto:
Denunziando all’ambasciata tedesca la presenza di ribelli armati e dei numerosi autocarri nascosti e guidati dal portiere nel parco di mia pertinenza per accedere nel quale dovettero abbattere cancelli e relativi pilastri, io non ho compiuto che il mio dovere di Italiana e sebbene il dovere non meriti compensi è tuttavia eccessivo lasciarmi alle rappresaglie di un traditore [il portiere di cui richiedeva l’allontanamento].
La delazione della Pizzato provocò un rastrellamento da parte dei tedeschi. Sul numero dei militari caduti nelle mani dei nazisti, fonti e testimonianze sono discordi: chi dice un’ottantina, chi una decina; di loro non si conosce la sorte. Armamenti e materiale bellico vennero sequestrati dai tedeschi andando a “potenziare gli armamenti del nemico”.
La donna, inoltre, denunciò in forma anonima il portiere della villa, Bernardo Carlin, accusandolo di essere “antifascista pericoloso e traditore”, di detenere armi e munizioni, di avere rapporti con militari alla macchia. Pur di ottenere l’allontanamento del portiere, la donna mise in campo tutte le sue conoscenze nell’ambito del fascismo romano, dall’ex segretario federale Giuseppe Pizzirani ad Alfredo Cucco, sottosegretario del Ministero della Cultura popolare.
Nel corso del processo la Pizzato, secondo i resoconti giornalistici, inizialmente cercò di impressionare il tribunale presentandosi come un’artista frivola, con vestiti colorati e un trucco vistoso. In seguito, tuttavia, cambiò stile indossando abiti scuri e severi, scoppiando frequentemente a piangere e implorando la grazia divina184. Interrogata, si attenne a un’unica linea difensiva: negare tutte le accuse, dall’aiuto al nemico a qualsiasi coinvolgimento e interesse per i nazifascisti; messa di fronte all’evidenza, inventò “insignificanti pretesti”:
L’imputata ha tutto negato, finanche i suoi accesi sentimenti fascisti e di adorazione per i tedeschi risultanti altresì dal contenuto di alcune sue conversazioni telefoniche, intercettate dalla Pubblica Sicurezza, da lei ammesse nei suoi stessi interrogatori e non sapute spiegare che con insignificanti pretesti185.
Per il tribunale, la donna aveva agito con la coscienza e con la volontà di aiutare militarmente il nemico, per il quale “professava appassionata solidarietà tanto che amava definire i tedeschi ‘eroi per antonomasia’”. Per questo fu dichiarata colpevole di aiuto al nemico. Le vennero però concesse le attenuanti generiche, “per non negare ad una donna ancora giovane un mezzo di espiazione”. La condanna fu, dunque, invece che alla pena capitale, a 30 anni di reclusione.
La decisione della Corte venne considerata sproporzionata da più parti, soprattutto se confrontata con le sentenze contro alcuni ex militari e gerarchi fascisti emesse in quello stesso periodo. Nell’ottobre 1944, ad esempio, un tribunale militare processò cinque figure importanti del fascismo napoletano, tra cui il conte Ugo Pellegrini e l’ex prefetto di Napoli Domenico Soprano. Il 18 ottobre vennero assolti. A dicembre la 9a Sezione del tribunale di Roma processò Attilio Teruzzi. L’ex capo della Milizia e ministro delle Colonie dal 1939 al 1943, poi fascista saloino, venne condannato a 6 anni e 3 mesi per abuso d’ufficio e reiterate vessazioni. I generali Riccardo Pentimalli ed Ettore Del Tetto, responsabili della mancata difesa di...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. I. Collaborazioniste
  3. II. Delatrici
  4. III. Cacciatrici di ebrei
  5. IV. Donne in armi
  6. V. In guerra contro i partigiani
  7. VI. Violenza
  8. VII. Strategie processuali e provvedimenti di clemenza
  9. Appendice