Mass media e discussione pubblica
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Mass media e discussione pubblica

Le teorie dell'agenda setting

  1. 164 pagine
  2. Italian
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Le teorie dell'agenda setting

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La teoria dell'agenda setting definisce i mezzi di comunicazione di massa quali attori in grado di influenzare il modo in cui gli individui strutturano le proprie immagini della realtà. Ma chi, o cosa, influenza i media? Un filone di studi contiguo all'agenda setting indaga le modalità con cui le questioni prioritarie della discussione pubblica vengono imposte all'attenzione dei media da una fitta rete di gruppi di pressione, movimenti sociali, partiti, istituzioni o singoli cittadini. La funzione dei media ne risulta fortemente ridimensionata, a favore del riconoscimento di un quadro più complesso di interazioni competitive.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858118511

1. L’agenda setting come effetto dei media sul pubblico

1.1. Il problema della rilevanza e l’influenza dei media

Guardando alle vicende della vita politica, si può osservare come, di volta in volta, vi siano delle questioni prioritarie, considerate dalla gran parte delle forze politiche e dei mezzi d’informazione come le più importanti, su cui si pone maggiormente l’attenzione e si discute più vivacemente, in vista di decisioni da assumere in sede istituzionale. In modo analogo, ogni persona – poco o molto informata che sia – può avere in mente un insieme di aspetti della vita pubblica che percepisce personalmente come più importanti: è questo che ne condiziona l’interesse per la politica, il sostegno che pensa di dare all’azione di certi partiti e leader, il voto che assegna nelle consultazioni elettorali. La teoria dell’agenda setting, a partire dall’assunto che nella vita pubblica esiste sempre un certo numero di problemi o questioni di primaria rilevanza, sostiene che la percezione da parte dei cittadini di ciò che è più importante deriva direttamente dal modo in cui la politica viene rappresentata dai mezzi d’informazione.
L’insieme delle questioni maggiormente rilevanti (o salienti) viene chiamato agenda (che in inglese letteralmente significa ‘ordine del giorno’). Il concetto di agenda implica una serie di problemi, relativi essenzialmente alla formazione di tale ‘lista’ di questioni o temi, come si dirà nel quarto capitolo; ma, in questo inizio di trattazione possiamo considerarlo in un’accezione meramente descrittiva, come «un insieme di temi (issues) che vengono comunicati secondo una certa gerarchia d’importanza in un determinato momento» (Dearing, Rogers, 1996, p. 2). Agenda setting è quindi un’espressione metaforica che si può tradurre ‘definizione dell’ordine del giorno’. La teoria dell’agenda setting propone la tesi per cui i mezzi d’informazione, concentrandosi di più su certi eventi e argomenti (e di meno o per niente su altri), trasferiscono al pubblico l’ordine del giorno della vita politica. Il fatto che i cittadini siano in grado di percepire che, in un dato momento, ad esempio, i problemi della criminalità, delle tasse e dell’inquinamento siano i più importanti, ovvero i più preoccupanti e urgenti – intendono dire i teorici dell’agenda setting –, dipende dalla quantità di informazione che i media hanno prodotto in quel periodo su tali temi, o comunque dall’‘enfasi’ che vi hanno posto. Dipende, cioè, dal fatto che, prima di tutto, li hanno selezionati rispetto alla grande massa di temi che normalmente sorgono dagli accadimenti quotidiani e, poi, li hanno privilegiati con ampiezza di ‘copertura’ e dando loro particolare ‘evidenza’, tramite la titolazione, la lunghezza, le fotografie ecc. Inoltre, sempre da questo tipo di comportamento dei mezzi d’informazione su tali temi dipende – secondo la teoria – il fatto che i membri del pubblico percepiscano il grado della loro importanza, sapendoli ordinare in una sorta di classifica.

1.1.1. Selezione e gerarchizzazione delle notizie e dei temi

Più esattamente, quindi, l’azione di definizione dell’agenda si divide in due aspetti o fasi: selezione e gerarchizzazione dei temi o questioni rilevanti. Per descriverle si può usare una formulazione dell’effetto di agenda setting divenuta classica, grazie alla quale possiamo distinguere:
a) il postulato della selezione, per cui «la gente tende a includere o escludere dalle proprie conoscenze ciò che i media includono o escludono dal proprio contenuto» (Shaw, 1979, p. 96)1;
b) il postulato della gerarchizzazione, secondo il quale «il pubblico inoltre tende ad assegnare a ciò che esso include un’importanza che riflette da vicino l’enfasi attribuita dai mass media agli eventi, ai problemi, alle persone» (ibid.).
Riprendiamo l’esempio fatto prima. Ipotizziamo che nei media, per la quantità di informazione prodotta, la classifica dei temi risulti essere: al primo posto la criminalità, al secondo le tasse e al terzo l’inquinamento2. Se la classifica dei temi più importanti per il pubblico risulta identica, allora si può dire che si è prodotto un effetto di agenda completo. Può però accadere che la classifica dell’importanza assegnata dal pubblico sia un po’ diversa – come nella tabella 1 –, o perché non rispetta lo stesso ordine dei media (ad esempio: 1. tasse, 2. inquinamento, 3. criminalità), o perché include uno o più temi assenti nelle priorità dei media (ad esempio: 1. tasse, 2. carovita, 3. criminalità): allora si può dire che l’effetto di agenda si è verificato, ma solo parzialmente. Se si riscontrasse che la classifica del pubblico fosse molto diversa, poiché include temi non presenti nell’agenda dei media (ad esempio: 1. carovita, 2. disoccupazione, 3. servizi sociali), allora si dovrebbe affermare che l’effetto di agenda è nullo. Quest’ultima, tuttavia, per i padri fondatori dell’agenda setting, è un’ipotesi, per così dire, meramente ‘tecnica’ e non verosimile.
Tab. 1. Esemplificazione di diverse ipotesi di corrispondenza tra agenda dei media e agenda del pubblico
Abbiamo parlato di due fasi, selezione e gerarchizzazione, che – va ricordato – sono due elementi essenziali del lavoro giornalistico. Occorre però fare due precisazioni sugli aspetti di base che la teoria dell’agenda setting lascia sottintesi. Vi è, in primo luogo, un’ipotesi implicita: che l’attività giornalistica non solo produca notizie ma anche costruisca, in modo ovviamente astratto, temi (o issues), cioè aggregati semanticamente omogenei di eventi, attori e problemi, che fanno da ‘ombrello’ alle notizie stesse, ne consentono una classificazione sia da parte dei giornalisti che da parte dei membri del pubblico. In secondo luogo, si deve considerare che, proprio i temi, in base alle logiche che governano il lavoro degli apparati informativi, finiscono per essere giudicati più o meno importanti, e pertanto, come si dice in gergo, più o meno ‘notiziabili’. Qui si entra in un campo adiacente a quello dell’agenda setting, da cui quest’ultima mutua idee e concetti. La notiziabilità (di cui ci occuperemo ancora in questo stesso capitolo), intesa come l’insieme delle linee-guida che permette ai giornalisti e alle redazioni di valutare se gli accadimenti della realtà debbano essere trasformati in notizie da pubblicare, consiste in buona parte nell’importanza che negli ambienti giornalistici, in una data situazione, si attribuisce a certi temi e non ad altri. Se un tema viene giudicato importante, i media proporranno molte notizie relative a quel tema, conferendogli, già in questo modo, una connotazione di maggiore rilevanza; inoltre, potranno dare a queste notizie una particolare evidenza ed ‘enfasi’, magari – se pensiamo ai giornali – usando titoli più grandi e articoli più lunghi. Se, in un determinato momento, l’immigrazione si afferma come un tema importante, a partire – facciamo l’ipotesi – da un omicidio compiuto da uno straniero irregolare, allora molti degli accadimenti riconducibili a questo tema verranno inclusi nei notiziari e nei quotidiani: sbarchi di clandestini, prese di posizione sul problema da parte degli esponenti dei partiti o dei rappresentanti delle associazioni di volontariato operanti nel settore, scoperta di laboratori pieni di operai stranieri privi del permesso di soggiorno e ridotti in schiavitù ecc., fino a includere episodi minori, come incidenti stradali in cui sono coinvolti immigrati. L’elevata notiziabilità concessa agli eventi riconducibili all’immigrazione costituisce il modo in cui a questo tema il mondo giornalistico riconosce e conferisce rilevanza. A ciò normalmente si accompagna anche una particolare produzione informativa, quella dei commenti e degli approfondimenti, che mirano a contestualizzare e interpretare gli eventi e i problemi che vi sono connessi, a dare una certa ‘forma’ al tema stesso: si tratta di quel comportamento del giornalismo detto ‘tematizzazione’ (Marletti, 1985). Rimanendo nel nostro esempio, la tematizzazione consiste nell’offrire al pubblico articoli o servizi in cui si riflette e si discute sugli ultimi dati relativi alla presenza degli immigrati, su quali siano gli aspetti più preoccupanti dell’immigrazione, come il collegamento tra clandestinità e criminalità, tra radicalismo fondamentalista e terrorismo, la minaccia musulmana ai valori cristiani, le tendenze xenofobe, la necessità di modifiche legislative sui permessi di soggiorno o di interventi a favore dell’integrazione ecc.
Ma torniamo al versante esplicito della teoria. La visione dell’influenza dei media proposta dall’agenda setting si inserisce nello sviluppo delle teorie sugli effetti delle comunicazioni di massa (le teorie che si occupano dell’impatto delle comunicazioni di massa sulla società) proponendo l’idea secondo cui i mezzi d’informazione, per la loro stessa natura e per il rapporto che il pubblico stabilisce con essi (quindi senza che vi siano precise intenzioni di persuasione o addirittura di manipolazione dei cittadini), determinano quel particolare tipo di costruzione sociale della realtà che è rappresentato dall’ordine d’importanza delle questioni di rilievo pubblico. Il meccanismo dell’agenda setting viene etichettato come «trasferimento di rilevanza»3, cioè trasferimento dai media al pubblico dell’ordine d’importanza dei temi. Il risultato di tale passaggio è che l’agenda del pubblico tende a corrispondere all’agenda dei media; anzi, la tesi più ricorrente è che l’agenda del pubblico sia l’immagine rispecchiata dell’agenda dei media, o addirittura il suo ‘stampo’.
Ma come e perché, secondo l’agenda setting, le priorità tematiche risultanti dal lavoro giornalistico si riversano direttamente sul pubblico? Innanzitutto, le persone, fruendo giorno per giorno dell’informazione, imparano a riconoscere l’importanza attribuita dai media alle notizie e quindi alle issues. Così come i telegiornali attraverso la sequenza e la lunghezza delle notizie, anche «i giornali esprimono chiaramente il valore che assegnano alla rilevanza di una notizia, tramite la grandezza del titolo e la collocazione all’interno del giornale stesso» (McCombs, Shaw, 1977, p. 11). Pertanto, l’abitudine a seguire un certo mezzo d’informazione, ipotizziamo un quotidiano, comporta una particolare forma di apprendimento, quella di saper leggere i «suggerimenti» (cues) di rilevanza forniti da quel giornale (ad esempio la collocazione in prima pagina), tramite i quali, cioè, quel quotidiano attribuisce un riconoscibile «grado di enfasi» alle notizie (Shaw, 1977, p. 25).
Ma perché questo si trasformi nell’effetto di agenda occorre ovviamente qualcosa in più. Gli esponenti dell’agenda setting sostengono – come si dirà più ampiamente nel prosieguo – che le persone, nella società contemporanea, non possano che riferirsi ai mezzi d’informazione per capire un mondo così complesso, per orientarsi e comprendere ciò che accade nella società ‘globale’, la cui realtà sfugge sempre di più al dominio dell’esperienza diretta, fino a sviluppare una vera e propria ‘dipendenza’ dai media. Solo a causa di quest’ultima può avvenire che le strutture di rilevanza presenti nei mezzi d’informazione vengano incorporate dai cittadini nelle loro proprie agende personali.

1.1.2. Il trasferimento di rilevanza come tipo particolare di influenza

Siamo quindi in un’area di studi che sottolinea il legame tra rilevanza e politica, ossia tra forme e modi in cui nella società viene definito ciò che è rilevante, da una parte, e, dall’altra, l’esercizio della democrazia. All’interno dei numerosi processi e relazioni che sarebbero d’interesse in questo campo, la teoria dell’agenda setting, come teoria che nasce nell’alveo degli studi sull’opinione pubblica e sugli effetti della comunicazione di massa, privilegia e isola il rapporto tra media e pubblico, individuando nel ‘potere’ di agenda dei media uno degli aspetti cruciali del funzionamento delle democrazie contemporanee e, anche, di conseguenza, uno degli aspetti più critici del sistema.
Vediamo in che senso viene usato il concetto di rilevanza. L’accezione che l’agenda setting ne propone è particolare e tale aspetto finisce per connotare in modo molto peculiare tutto l’impianto teorico. Lo spunto iniziale viene formulato in un libro di Cohen del 1963 riguardante l’influenza della stampa sulla politica estera, in cui l’autore sostiene:
The press may be not successful much of the time in telling people what to think, but it is stunningly successful in telling its readers what to think about» (Cohen, 1963, p. 13, corsivo dell’autore: «La stampa può non riuscire per la maggior parte del tempo nel dire alla gente cosa pensare, ma essa riesce in modo formidabile nel dire ai propri lettori riguardo a che cosa pensare»).
Da questa brevissima frase emerge un’opposizione concettuale che rimarrà fondamentale nella formulazione dell’agenda setting, quella tra «what to think» (che cosa pensare) e «what to think about» (riguardo a che cosa pensare). L’ipotesi originaria dell’agenda setting non afferma che i media ‘dicono’ alla gente che cosa pensare, ma sostiene che essi propongono al pubblico una lista di temi importanti, su cui poi le persone possono avere le opinioni che vogliono. È una distinzione tesa a prendere le distanze da una qualsiasi ipotesi che implichi un’influenza diretta sui contenuti delle cose pensate (ossia su opinioni o...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. 1. L’agenda setting come effetto dei media sul pubblico
  3. 2. La ricerca empirica sull’agenda setting
  4. 3. Gli sviluppi dell’ipotesi dell’agenda setting
  5. 4. L’agenda setting come processo: l’agenda building
  6. 5. Arene e mezzi d’informazione nell’approccio sistemico all’agenda building
  7. Bibliografia