L'intervista qualitativa
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L'intervista qualitativa

  1. 168 pagine
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L'intervista qualitativa

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Rilevare dati e notizie su un target di persone selezionate e restituire il mondo descritto attraverso gli occhi dell'intervistato: questo l'obiettivo principale dell'intervista qualitativa, strumento fondamentale della ricerca nelle scienze politiche e sociali.

Sulla base di esperienze di insegnamento e di un'ampia pratica di analisi con diverse tipologie di interviste qualitative, il volume è una guida chiara ed esaustiva per capire e approfondire i metodi con cui svolgere l'intervista: dalla costruzione del questionario alla scelta del campione, dal reclutamento degli intervistati alla conduzione della ricerca, fino all'analisi dei risultati e la loro presentazione.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858115862
Categoria
Sociologia

VII. L’analisi: cosa ci dicono le interviste qualitative

Poiché le risposte, più ricche, ottenute attraverso
una ricerca qualitativa non possono essere categorizzate
facilmente, la loro analisi dipenderà meno dall’attività
di contare e correlare e più dall’interpretazione,
dalla sintesi e dall’integrazione.
Weiss 1994, 3.
Nella ricerca qualitativa l’interpretazione è un aspetto centrale nel corso di tutto il processo della ricerca, piuttosto che essere relegata in una fase nettamente separata dalla raccolta dei dati. Se l’intervista qualitativa è una fonte ricca, essa non è certo facile da analizzare. In primo luogo, «potrebbero essere presenti interpretazioni multiple, sia da parte dell’intervistato che da parte dell’intervistatore. Dato l’utilizzo di narrazioni familiari, il linguaggio può fare brutti scherzi, nascondendo ciò che dovrebbe rappresentare» (Denzin 1991, 68). Inoltre, la distanza sociale può portare non solo sfiducia, ma anche minore capacità del ricercatore di comprendere. Nei focus group, l’analisi è resa ancora più complessa dalla loro natura caotica: «i partecipanti confrontavano le proprie idee, discutevano, si fraintendevano, si interrompevano e si schernivano l’uno con l’altro» (Bloor et al. 2001, 58).
Affrontare queste difficoltà intrinseche nell’analisi richiede una serie di scelte, guidate da considerazioni metodologiche. Dato che l’analisi di interviste qualitative resta ovviamente meno strutturata rispetto a quella delle interviste quantitative, non esistono regole codificate. Diversamente dall’interpretazione di sondaggi che richiede la conoscenza di specifiche tecniche statistiche, come la loro raccolta (cfr. cap. 6), anche l’interpretazione delle interviste qualitative è spesso presentata come un’arte che si impara praticando. Il processo di apprendimento relativo all’interpretazione dei materiali per la ricerca qualitativa è stato infatti paragonato all’andare in bicicletta: si impara facendo e difficilmente può essere spiegato in maniera formalizzata (Tonkiss 1998, 253).
Pur sottolineando la specificità della ricerca qualitativa, questo tipo di affermazioni sono state tuttavia criticate – (anche) dall’interno della comunità dei ricercatori che adoperano metodi qualitativi – come responsabili di una riflessione insufficiente su problemi e potenziali soluzioni nell’analisi di materiali certamente complessi. Come hanno osservato David L. Altheide e John M. Johnson (1998, 263),
sono emerse critiche senza precedenti riguardo la sostanza, lo stile, la pratica e la rilevanza del metodo etnografico o qualitativo. Queste critiche non arrivano dal nemico tradizionale, i positivisti che biasimano la ricerca qualitativa perché non raggiunge alcuni o tutti gli abituali criteri di verità del positivismo, ma arrivano da membri del movimento etnografico.
In questo capitolo, discuteremo alcune principali scelte relative all’analisi dei materiali provenienti dalle interviste qualitative, considerando comunque che essa varia nei diversi approcci epistemologici. Guarderemo quindi all’organizzazione dei materiali (attraverso trascrizione, contestualizzazione, codifica e aggregazione) e al processo interpretativo, che si muove tra immaginazione sociologica e controllo di affidabilità e validità dei risultati.

1. L’analisi delle interviste nei diversi approcci

Nell’affrontare l’analisi delle interviste qualitative, bisogna partire dall’osservazione che essa cambia a seconda del tipo di approccio epistemologico scelto. Ci sono infatti tanti modi di analizzare le interviste quanti sono gli approcci epistemologici adottati dai ricercatori.
Se si preferisce un’epistemologia positivista, l’intervista è concepita come un modo per raccogliere informazioni su una certa realtà. Come si è detto, la scelta degli intervistati e il modo di formulare le domande devono approssimarsi, rispettivamente, a criteri di rappresentatività e standardizzazione. Le interviste vanno quindi interpretate come fonti relative a fatti, comportamenti e atteggiamenti: esse devono generare dati validi e affidabili, che prescindano, cioè, dal contesto dell’intervista stessa.
Ciò può avvenire, comunque, attraverso procedimenti induttivi o deduttivi. Un approccio deduttivo si basa sulla codifica attorno a categorie predeterminate derivate dalla teoria. Segue una prima selezione del materiale esistente attorno a quelle categorie teoriche. Ipotesi preesistenti vengono, quindi, controllate empiricamente.
Quando si applica un procedimento induttivo (del tipo grounded theory), si leggono invece le trascrizioni alla ricerca di categorie preliminari e si riorganizzano gli estratti di intervista secondo queste categorie. Se in una versione rigida, la grounded theory prevede un movimento dalla realtà alla teoria, altri hanno considerato un induzionismo puro come un’illusione, dato che in realtà la raccolta stessa dei dati presuppone sempre la presenza di concetti e ipotesi, seppure talvolta a livello implicito.
Una via intermedia tra deduzione e induzione è l’induzione analitica. In questo caso l’interpretazione del materiale proveniente da interviste in profondità segue un processo che procede attraverso le seguenti tappe:
a) sommaria definizione del problema;
b) spiegazione ipotetica del problema;
c) esame dei casi per determinare la loro idoneità rispetto alle ipotesi;
d) se non c’è idoneità, riformulazione delle ipotesi o ridefinizione del problema per escludere i casi negativi;
e) conferma dell’ipotesi per alcuni casi e rielaborazione dell’ipotesi in modo da tenere conto di casi devianti;
f) ripetizione della procedura fino a che non si incontrano più casi negativi (Lindesmith 1968).
Se invece di un approccio positivista si adotta un approccio interazionista, l’attenzione si sposta sulle pratiche di costruzione sociale di diverse versioni del mondo, considerando che intervistato e intervistatore collaborano attivamente nella conversazione, producendo significato (Silverman 2006, cap. 5). In questa prospettiva, si guarda all’organizzazione temporale e causale dei fatti, ma anche al giudizio di valore che dà senso a specifiche esperienze di vita. Infatti, «questa visione implica che le informazioni cruciali non stanno nelle risposte date a domande specifiche, ma piuttosto nell’organizzazione della narrazione in se stessa» (Chanfrault-Duchet 1991, 77).
In questo tipo di approccio il vantaggio delle interviste in profondità sta nella loro capacità di accedere all’autoriflessività dell’intervistato:
chi risponde può rivelare sentimenti, credenze e dubbi privati che contraddicono o confliggono con il pensiero dominante, anche esprimendo opinioni che rompono le regole dominanti [...]. In altri casi, gli intervistatori scopriranno l’ansia, l’ambivalenza e l’incertezza che stanno dietro al conformismo di chi risponde (Kleinman et al. 1994, 43).
Pur se gli intervistati hanno informazioni sulla realtà, quello che viene analizzato è come le persone creano e mantengono i loro mondi di significato.
Anche quando si ha fiducia nell’esistenza di una realtà esterna, si ha in ogni caso, un certo grado di scetticismo sulla capacità degli esseri umani di cogliere pienamente questa realtà. Come osservato da Sanders (1995, 97),
c’è una considerevole differenza tra essere scettici rispetto a ciò su cui si basano le asserzioni di verità mentre si esamina attentamente il terreno su cui si fondano queste asserzioni (un’impresa questa convenzionalmente interazionista) e invece negare che la verità esista del tutto.
Nella prospettiva interazionista, gli intervistati costruiscono non solo narrazioni, ma mondi sociali. L’intervista permette dunque di accedere non tanto alla realtà, quanto alla sua costruzione sociale. Per questo motivo l’intervista deve essere costruita e analizzata in modo da riconoscere gli effetti dell’interazione tra intervistatore e intervistato, invece di minimizzarli, così da raggiungere una «profonda comprensione reciproca». Così,
coloro tra noi che vogliono capire e documentare ciò che comprendono gli altri scelgono l’intervista qualitativa, perché questa ci fornisce i mezzi per esplorare i punti di vista del soggetto della nostra ricerca garantendo, allo stesso tempo, a questi punti di vista lo status, culturalmente onorato, di realtà (Miller, Glassner 1997, 100).
Le interviste qualitative offrono anche materiale prezioso per realizzare analisi del discorso, in cui «il linguaggio è visto come una pratica sociale che ordina e dà forma attivamente alle relazioni delle persone con il loro mondo sociale» (Tonkiss 1998, 249). Il linguaggio va quindi collocato all’interno di un contesto sociale, affrontando due temi centrali: «il primo di questi riguarda il contesto interpretativo in cui il discorso è collocato. Il secondo è relativo all’organizzazione retorica del discorso» (ibid.). L’analisi del contesto interpretativo permette di comprendere un testo alla luce della collocazione sociale di uno specifico discorso. Particolare attenzione viene dedicata, ad esempio, alle relazioni di potere che emergono da un certo uso del linguaggio, ma anche alla sua adeguatezza allo specifico contesto in cui esso si sviluppa.
Per quanto riguarda l’organizzazione retorica del discorso, l’attenzione va al modo in cui gli argomenti si collegano l’uno all’altro, ma anche all’efficacia dei diversi stili di presentazione nel raggiungimento di un certo risultato. Infatti, gli approcci retorici si riferiscono a schemi argomentativi attorno a cui è organizzato il testo e che «lavorano per stabilire l’autorità di un particolare racconto mentre ne neutralizzano le alternative». L’analisi retorica di un racconto, dunque, non si rivolge soltanto alla concatenazione delle varie affermazioni, ma
anche – e forse in modo più significativo – [...] ai vari effetti che queste affermazioni cercano di ottenere e al loro inserimento in un contesto retorico più ampio, in cui saranno privilegiate certe forme di conoscenza, in cui certi modi di argomentare saranno visti come persuasivi e certi oratori saranno considerati come autorevoli (ivi, 250).
In un diverso processo interpretativo, nell’approccio etnografico, si parte dalla scoperta del sapere indigeno, interpretandolo alla luce di teorie più astratte. C’è cioè un «confronto permanente tra sapere locale (categorie indigene) e sapere globale (concetti astratti)» (Kaufmann 2009, 86).
Diversamente che nella ricerca quantitativa, ricerca empirica e teorizzazione non sono fasi temporalmente distinte. Invece, «i ricercatori qualitativi tendono a sposare un approccio in cui la teoria e l’analisi empirica sono interrelati. Il delinearsi di proposizioni teoriche è solitamente visto come una fase che accade durante o alla fine del lavoro sul campo, piuttosto che precederlo» (Bryman 1988, 81). Nel corso del processo di interpretazione si deve mantenere, comunque, un bilanciamento tra la strutturazione del pensiero attorno a ipotesi preesistenti, che indicano alcune domande a cui cercare risposta, e la flessibilità, che permette di cogliere nuove idee. Viene quindi raccomandato di evitare una chiusura prematura dell’analisi.

1.2. L’analisi delle storie di vita: un excursus

Anche l’analisi delle storie di vita è diversa a seconda che l’attenzione si concentri sulle informazioni che l’individuo intervistato può offrire oppure sui modi di funzionamento della memoria.
Un primo modo di guardare alle storie di vita è cercarvi informazioni sulla realtà. Nella versione più radicale di esso, gli intervistati vengono considerati come testimoni su alcuni avvenimenti di cui essi sono a conoscenza, conferendo così alla fonte orale pari legittimità che a quella scritta e utilizzandola, laddove gli archivi si rivelano particolarmente poveri o inaffidabili (per esempio, nella storia politica del continente africano; cfr. Barnett, Harvey 1972; Barnett, Njama 1966). Naturalmente, in questo caso, un problema rilevante è la potenziale distorsione della realtà, introdotta volontariamente o involontariamente dall’intervistato. Infatti,
la memoria in se stessa è notoriamente selettiva. Il materiale più saliente potrebbe non essere richiamato alla memoria a causa dell’ordine delle domande nel corso dell’intervista, o semplicemente potrebbe essere dimenticato. La rievocazione della memoria è malleabile; il passato viene costantemente riscritto dal soggetto poiché alcuni eventi svaniscono e altri aumentano di significato. I ‘fatti’ rievocati potrebbero essere sbagliati (Miller 2000, 133).
In un’interpretazione meno estrema, le interviste in profondità sembrano particolarmente utili a illuminare gli avvenimenti di portata pubblica in cui gli intervistati sono stati personalmente coinvolti e, in particolare, quegli aspetti rispetto ai quali più diretta è stata l’esperienza individuale. Il fuoco dell’analisi diviene il modo in cui la storia si trasforma in coscienza individuale, gli avvenimenti pubblici interferiscono nella vita privata, la percezione del mondo esterno induce o ostacola comportamenti attivi di intervento rispetto a esso. Gli effetti profondi dei mutamenti sociali vengono ricercati a livello del vissuto individuale, nella definizione di una dimensione soggettiva della realtà sociale, come modo in cui gli individui rappresentano le condizioni della propria esistenza (Gagnon 1980). L’intersezione tra tempo biografico e tempo storico spiega l’influenza delle trasformazioni sociali e del ciclo di vita individuale sul modo concreto in cui una storia si sviluppa (Balan, Jelin 1980).
Nel secondo modo di analizzare le storie di vita, la soggettività – definita come il modo in cui chi risponde percepisce la sua situazione, le sue attività nella struttura e nella rete sociale – piuttosto che essere un problema diventa il cuore dell’analisi (Rosenthal 1993, 64). L’attenzione è qui alla storia come a una «finzione che diventa reale», poiché «le persone organizzano e comprendono le loro biografie personali attraverso le storie che creano per sp...

Indice dei contenuti

  1. I. L’intervista qualitativa: una introduzione
  2. II. Teorie e concetti
  3. III. Tipi di interviste qualitative: storie di vita e focus group
  4. IV. Cosa chiedere? La traccia per l’intervista
  5. V. Chi intervistare? Il campionamento
  6. VI. Il lavoro sul campo
  7. VII. L’analisi: cosa ci dicono le interviste qualitative
  8. VIII. La scrittura
  9. Appendice. Intervista e software per l’analisi di dati qualitativi
  10. Riferimenti bibliografici
  11. Ringraziamenti