Voglia di comunità
eBook - ePub

Voglia di comunità

  1. 158 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Voglia di comunità

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Il bel libro di Bauman, già noto in Italia come acuto interprete della società e dell'etica postmoderna, offre un mezzo per riconsiderare le motivazioni profonde della resistenza alla globalizzazione.Gianni Vattimo, "L'Espresso"Un libro breve, compatto, intriso di passione intellettuale e politica.Giovanna Pajetta, "Il Sole 24 Ore"Nel mondo della insicurezza globale torna con forza il bisogno di comunità.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Voglia di comunità di Zygmunt Bauman, Sergio Minucci in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Cultura popolare. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788858133071

1.
Il supplizio di Tantalo

Secondo la mitologia greca, Tantalo – figlio di Zeus e Pluto – intratteneva eccellenti rapporti con gli dei, che lo invitavano spesso a banchettare con loro in occasione delle feste olimpiche. La sua era – secondo gli standard della gente comune – una vita gaia, spensierata e nel complesso felice, fino a quando non si macchiò di un crimine che gli dei non gli perdonarono. Sulla natura di tale misfatto vari narratori offrono interpretazioni diverse. Alcuni dicono che tradì la fiducia degli dei rivelando ad altri uomini misteri destinati a restare segreti ai comuni mortali. Altri raccontano che fosse così presuntuoso da ritenersi più furbo delle stesse divinità e decise di sfidarne il divino potere di onniveggenza. Altri ancora gli attribuiscono il furto di nettare e di ambrosia, sostanze che ai mortali era stato vietato di assaggiare. L’imputazione, come si vede, differisce, ma il motivo per cui tutte e tre queste azioni furono considerate criminose è lo stesso: Tantalo era colpevole di aver acquisito/condiviso una conoscenza che né a lui né ad altri mortali come lui era dato possedere. O più precisamente: Tantalo non si accontentò di possedere la felicità eterna: nella sua presunzione e arroganza desiderò possedere personalmente ciò di cui poteva godere solo come dono.
La punizione fu immediata e terribile come solo delle divinità infuriate e vendicative avrebbero potuto concepire. Data la natura del crimine perpetrato, Tantalo ricevette una vera e propria lezione dimostrativa: venne tenuto immerso in un fiume fino al collo, ma non appena abbassava la testa per dissetarsi, l’acqua fuggiva via. Sulla sua testa pendeva una deliziosa cornucopia di frutta, ma non appena allungava la mano per saziare la propria fame un improvviso colpo di vento allontanava gli appetitosi bocconi (è per questo che, ogni qual volta le cose ci sfuggono proprio quando sembravano – finalmente e dopo tanta fatica – a portata di mano, parliamo di supplizio di Tantalo).
Le storie mitologiche non sono fatte per divertire, bensì per insegnare, attraverso l’incessante reiterazione del messaggio in esse implicito, un monito che si può dimenticare o ignorare solo a proprio rischio e pericolo. Il messaggio implicito nella leggenda di Tantalo è che puoi essere felice, o quanto meno vivere beatamente e senza tribolazioni, solo fino a quando ti mantieni innocente, ti accontenti di goderti la felicità senza voler conoscere la natura delle cose che ti rendono felice, e tanto meno cercare di padroneggiarle. E che se invece ti azzardi a fare una cosa del genere, non riconquisterai mai più quella felicità eterna di cui potevi godere solo in uno stato di innocenza. Ciò che cerchi continuerà per sempre a sfuggirti di mano.
Oltre ai greci, anche altri popoli devono essere giunti a credere – sulla base delle proprie esperienze – nell’eterna validità e perpetua centralità di questo messaggio; e i greci non furono i soli a includerlo nelle loro edificanti leggende. Una morale simile è contenuta, ad esempio, nella storia di Adamo ed Eva, rei di aver colto la mela proibita dall’Albero della conoscenza e per questo puniti con l’espulsione dal Paradiso; e il Paradiso era tale proprio perché lì potevano condurre una vita spensierata, non erano chiamati a compiere le scelte da cui dipendeva la propria felicità (o infelicità). Il Dio ebraico sapeva essere all’occasione non meno crudele e implacabile nella propria collera degli abitanti dell’Olimpo, e la punizione comminata ad Adamo ed Eva per il loro atto oltraggioso fu non meno severa di quella inflitta a Tantalo; solo, per così dire, più sofisticata e di più complessa interpretazione: «Dalla terra trarrai con grandi fatiche il nutrimento [...]. Col sudore della fronte mangerai il tuo pane». Nell’enunciare il proprio verdetto, l’incollerito Dio pose di guardia «all’Oriente del giardino dell’Eden [...] un cherubino con una spada [...] a custodire la strada che menava all’albero della vita»: un monito ad Adamo ed Eva e alla loro progenie che per quanto sudore avessero versato, non avrebbero mai più riconquistato la serena e spensierata felicità della paradisiaca ignoranza: quella felicità purissima è scomparsa per sempre con la perdita dell’innocenza.
Il ricordo di quella felicità avrebbe tormentato i discendenti di Adamo ed Eva e instillato loro la speranza di poter un giorno scoprire o tracciare la via del ritorno. Una speranza destinata a restare vana. Su questo punto non c’è discordanza tra Atene e Gerusalemme: la perdita dell’innocenza segna un punto di non ritorno. Si può essere realmente felici solo fino a quando non si è coscienti di quanto si sia felici. Una volta imparato il significato della felicità, allorché se ne viene privati, i figli di Adamo ed Eva furono costretti ad acquisire col sudore e le lacrime l’amara sapienza che a Tantalo era stata servita su un piatto d’argento. Il loro obiettivo non sarebbe mai stato raggiunto, per quanto prossimo potesse apparire.
Nel libro in cui (intenzionalmente o meno) invitava la «comunità» (Gemeinschaft) a tornare dall’esilio cui era stata condannata in epoca moderna durante la crociata contro les pouvoirs intermédiaries (accusati di parrocchialismo, limitatezza di orizzonti, di alimentare la superstizione), Ferdinand Tönnies1 affermò che quanto distingueva la comunità del passato dalla società (Gesellschaft) nascente (moderna), nel cui nome la crociata era stata lanciata, era la reciproca comprensione di tutti i suoi membri. Non un consenso, attenzione: il consenso non è che un accordo raggiunto da persone che la pensano essenzialmente in modo diverso, il prodotto di snervanti negoziati e compromessi, di infiniti litigi e di qualche occasionale scazzottata. La pragmatica (zuhanden, come direbbe Martin Heidegger) comprensione di stampo comunitario non ha bisogno di essere cercata, e tantomeno di essere laboriosamente costruita o conquistata e difesa a viva forza: quella comprensione «esiste già», bella e pronta da usare, e ci permette di capirci reciprocamente «al volo», senza mai bisogno di chiedere preoccupati «che intendi dire?». Il tipo di comprensione su cui poggia la comunità precede ogni sorta di accordo o disaccordo. Non è il traguardo, bensì il punto di partenza di ogni forma di aggregazione. È un «sentimento reciprocamente vincolante», «la forza vera e reale di chi partecipa a tale aggregazione», ed è grazie a tale comprensione, e solo grazie ad essa, che gli abitanti della comunità «restano essenzialmente uniti a dispetto dei tanti fattori di disgregazione».
Molti anni dopo che Tönnies ebbe indicato nella «naturalezza» di tale «comprensione comune» l’elemento che differenzia la comunità dal mondo di aspri conflitti, intensa competizione, compromessi e do ut des, l’acuto analista svedese Göra Rosenberg coniò il concetto di «cerchio caldo» (in un saggio recentemente pubblicato su «La Nouvelle Lettre Internationale»), per caratterizzare questa stessa sorta di fiduciosa immersione in un mondo fatto di compattezza e solidarietà umana, una condizione forse un tempo comune al genere umano, ma oggi sempre più rinvenibile soltanto nei sogni. I pragmatici legami di lealtà e fedeltà esistenti all’interno del «cerchio caldo» «non derivano da una logica sociale esterna o da una qualsiasi analisi economica dei costi/benefici». Ed è proprio questo che rende «caldo» il cerchio: in esso non c’è spazio per il freddo calcolo e la meccanicistica acquisizione di qualunque cosa la società circostante presenti – in modo algido e incolore – come «razionale». E questo è esattamente il motivo per cui la gente intirizzita dal freddo sogna quel cerchio magico e vorrebbe ritagliarsi il freddo mondo reale a propria misura. All’interno del «cerchio caldo» essi non dovranno dimostrare nulla; e qualunque cosa facciano, potranno sempre attendersi simpatia e aiuto.
Proprio perché è così palese e «naturale», la reciproca comprensione che crea la «comunità» (o il «cerchio caldo») non viene mai notata (non facciamo certo caso all’aria che respiriamo, se non a quella stantia e maleodorante di una stanza chiusa che a volte ci capita di inalare); è, come afferma Tönnies, qualcosa di «tacito» (o di «intuitivo», per usare l’espressione di Rosenberg). Naturalmente, anche una comprensione artefatta, acquisita, può essere tacita o trasformarsi in una sorta di intuito interiorizzato. Lunghi negoziati possono produrre un accordo che, se quotidianamente rispettato, può trasformarsi in una consuetudine a cui non si pensa più e che quindi non necessita di essere costantemente verificata. Ma a differenza di tali sedimenti di passati tentativi e tribolazioni, la comprensione comune propria di una comunità è tacita «per sua natura intrinseca»:
Ciò in quanto la sostanza della reciproca comprensione è qualcosa di inesprimibile, indefinibile e incomprensibile [...]. La vera concordia non può essere prodotta artificialmente.
Poiché «comunità» è sinonimo di «naturale» e «tacita» comprensione comune, non sopravviverà al momento in cui tale comprensione diventa autocosciente e viene dunque conclamata; il momento in cui, per rifarsi a Heidegger, la comprensione passa dallo stato «zuhanden» a quello «vorhanden» e diventa oggetto di contemplazione ed esame. La comunità non può che esistere in uno stato di torpore o morire. Allorché inizia a esaltare la peculiarità dei propri valori, a incensare la propria pura bellezza e ad affiggere ovunque prolissi manifesti in cui incita i propri membri ad apprezzare le sue meraviglie e intima a tutti gli altri di ammirarle o tacere, si può esser certi che la comunità non esiste più (o non esiste ancora, a seconda dei casi). Una comunità «di cui si parla» (o più esattamente, una comunità che parla di se stessa) è una contraddizione in termini.
Non che la comunità reale, vale a dire non quella «prodotta artificialmente» o semplicemente immaginata, abbia molte possibilità di cadere in tale contraddizione. Robert Redfield2 concorderebbe con Tönnies sul fatto che in una vera comunità non c’è alcun incentivo alla riflessione, alla critica o alla sperimentazione; tuttavia, si affretterebbe a spiegare, ciò avviene perché la comunità è fedele alla propria natura (o al suo modello ideale) solo nella misura in cui è un’entità peculiare rispetto ad altre forme di aggregazione umana (appare cioè chiaro «dove inizia e dove finisce»), piccola (tanto piccola da poter essere vista in tutta la sua interezza da tutti i suoi membri) e autosufficiente (capace cioè, afferma Redfield, di «provvedere a tutte o quasi tutte le attività e necessità dei suoi membri. La piccola comunità è un tipo di organizzazione ‘dalla culla alla bara’»).
La scelta degli attributi di Redfield non è casuale. «Peculiare» significa: la divisione tra «noi» e «loro» è assoluta e totale, non esistono vie di mezzo, è perfettamente chiaro chi è «uno di noi» e chi no, non c’è alcun motivo di confusione, nessuna ambiguità cognitiva e, dunque, nessuna ambivalenza comportamentale. «Piccola» significa: la comunicazione tra i suoi membri è densa ed esaustiva e pone dunque i segnali sporadicamente provenienti «dall’esterno» in posizione di svantaggio per via della loro relativa saltuarietà, superficialità e meccanicità. «Autosufficiente» significa: l’isolamento dagli «altri» è totale, le possibilità di spezzarlo rare e remote. Tutti e tre questi elementi si coalizzano per proteggere quanto più efficacemente possibile i membri della comunità da qualunque minaccia alle loro consuetudini. Fino a quando ciascuno di questi elementi resta immutato, è assai poco probabile che possano nascere impulsi alla riflessione, alla critica e alla sperimentazione.
Fino a quando... In realtà, l’incorrotta coesione della «piccola comunità» di Redfield dipende dalla capacità di chiudere i canali di comunicazione con il resto del mondo abitato. La coesione della comunità, direbbe Redfield, o la «naturalezza» della comprensione comune, come preferirebbe chiamarla Tönnies, sono fatte entrambe della stessa pasta, e cioè di omogeneità, di identicità (sameness).
L’identicità entra in crisi nel momento stesso in cui le condizioni della sua esistenza iniziano a vacillare: quando la bilancia tra comunicazione «interna» ed «esterna», un tempo fortemente inclinata a favore della prima, comincia a riequilibrarsi e dunque a offuscare la differenza tra «noi» e «loro». L’identicità svanisce allorché la comunicazione tra membri di una comunità e mondo esterno diventa più intensa e pregnante di quella esistente tra i membri dell’enclave.
L’aprirsi di una breccia nelle mura fortificate della comunità apparve un epilogo inevitabile con l’avvento dei mezzi di trasporto meccanici; veicoli di informazioni alternative (o di persone la cui stessa estraneità costituiva un’informazione distinta e in conflitto con la conoscenza internamente disponibile) poterono ora in via di principio viaggiare con uguale o maggiore rapidità del sistema del passaparola inventato e adottato entro i confini della «naturale» mobilità umana. La distanza, un tempo la più formidabile delle difese comunitarie, perse gran parte della propria rilevanza. Il colpo di grazia alla «naturalezza» della comprensione comunitaria giunse, tuttavia, con l’avvento dell’informatica, vale a dire con l’emancipazione del flusso di informazioni dal movimento dei corpi. Allorché le informazioni hanno la possibilità di viaggiare indipendentemente da chi le emana e a velocità ben superiore rispetto a quella dei più avanzati mezzi di trasporto (come accade nel tipo di società in cui viviamo oggi), il confine tra «interno» e «esterno» non è più tracciabile, e tanto meno difendibile.
A partire da questo momento, l’omogeneità va «estratta a forza» da un ingarbugliato intrigo di varietà usando gli strumenti della selezione, della separazione e dell’esclusione; qualsiasi forma di unità va creata, la concordanza «prodotta artificialmente» è l’unica forma di unità disponibile. La comprensione comune può essere solo una conquista ottenuta (semmai vi si riesca) al termine ...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Introduzione
  3. 1. Il supplizio di Tantalo
  4. 2. Reimpiantare gli sradicati
  5. 3. Tempi di disimpegno, o la Grande trasformazione modello II
  6. 4. La secessione dell’uomo affermato
  7. 5. Due fonti di comunitarismo
  8. 6. Diritto al riconoscimento, diritto alla ridistribuzione
  9. 7. Dall’uguaglianza al multiculturalismo
  10. 8. Risultato: il ghetto
  11. 9. Tante culture, una sola umanità?