V.
La democrazia costituzionale.
Democrazia formale e democrazia sostanziale
5.1. La relazione isomorfica e la differenza di statuto tra teoria del diritto e teoria della democrazia. Democrazia formale e democrazia sostanziale
L’analisi del garantismo costituzionale quale paradigma formale, sviluppata nella prima parte di questo libro, consente ora di illustrare le relazioni isomorfiche che, come si è detto nell’Introduzione, legano tra loro le strutture giuridiche degli ordinamenti e le strutture politiche delle istituzioni pubbliche e, conseguentemente, la teoria dello stato costituzionale di diritto e la teoria della democrazia costituzionale. La teoria del diritto fin qui elaborata ha configurato il paradigma costituzionale come un sistema di diritto positivo articolato secondo una struttura a gradi, la cui normatività consiste nella rigida subordinazione di tutti i poteri costituiti alle norme ad essi sopraordinate le quali condizionano la validità, formale e sostanziale, degli atti che ne sono esercizio alla conformità delle loro forme a quelle da tali norme predisposte e alla coerenza dei loro significati con quelli da esse stabiliti. La teoria della democrazia sviluppata in questa seconda parte sarà a sua volta articolata nell’analisi sia delle diverse dimensioni della legittimità democratica, formale e sostanziale, delle decisioni con cui vengono esercitati i diversi tipi di potere, corrispondenti ad altrettante dimensioni della loro validità giuridica, sia dei diversi livelli sui quali tali attività si svolgono, corrispondenti ad altrettanti ordinamenti di diverso livello, da quelli locali a quelli statali e a quelli sovrastatali.
Tra la teoria del diritto e la teoria della democrazia c’è tuttavia una profonda differenza di statuto. La teoria del diritto è una teoria formale e analitica, valida per qualunque sistema giuridico, che come ho detto più volte non ci dice (né deve dirci) nulla sui contenuti normativi delle leggi e delle costituzioni. La teoria della democrazia è invece una teoria empirica e normativa, frutto di un’interpretazione semantica della teoria del diritto, alle cui tesi essa associa i contenuti prescrittivi nella cui attuazione identifica la natura democratica dei sistemi politici. La prima analizza il garantismo costituzionale come sistema delle relazioni sintattiche di non contraddizione e di implicazione sussistenti tra quelle aspettative universali, quali che siano, che sono i principi e i diritti costituzionalmente stabiliti e i divieti e gli obblighi nei quali consistono le loro garanzie, nonché come l’insieme delle norme di competenza sulla rappresentatività, sulla divisione e sulla separazione dei diversi tipi di potere. La seconda stabilisce quali diritti fondamentali si richiede che siano garantiti, quali poteri debbano essere condivisi, quali separati e quali debbano essere affidati all’autonomia, diretta o indiretta, dei loro titolari, affinché un sistema giuridico e politico possa dirsi democratico quanto alle forme della produzione normativa e quanto ai contenuti delle norme prodotte.
C’è pertanto una nozione teorico-giuridica che forma l’oggetto privilegiato di questa interpretazione semantica della teoria del diritto e che può farci da guida nell’elaborazione della teoria della democrazia. È la nozione di costituzione, di cui nel § 3.10 ho fornito una definizione articolata in due parti: una prima parte strutturale, che della costituzione richiede soltanto la collocazione al vertice della gerarchia delle fonti e delle norme, e una seconda, assiologica, che ne identifica i contenuti normativi richiesti perché la si possa qualificare ‘democratica’. Si tratta di una definizione completa nella sua parte strutturale, in forza della quale condizione necessaria e sufficiente perché lo statuto di un’istituzione politica originaria sia una costituzione è la sua collocazione al livello più alto dell’ordinamento; incompleta e contro-fattuale nella sua parte assiologica, in base alla quale diciamo che una costituzione è democratica solo se prevede che la produzione normativa sia affidata, direttamente o tramite rappresentanti, all’autonomia dei suoi stessi destinatari e consista, grazie alla separazione e alla divisione dei poteri, nella garanzia dei diritti fondamentali in essa stipulati come vitali, cioè nel rispetto dei diritti di libertà a tutela dell’uguale valore di tutte le differenze personali e nell’attuazione dei diritti sociali onde siano ridotte le disuguaglianze materiali.
La tesi che sosterrò nelle pagine che seguono è che la democrazia costituzionale è tanto più solida quanto più strette e vincolanti sono le relazioni isomorfiche che legano garantismo costituzionale e sistema democratico, condizioni formali e sostanziali di validità giuridica e condizioni formali e sostanziali di legittimità democratica, diritti fondamentali – politici, civili, di libertà e sociali – e dimensioni corrispondenti – politica, civile, liberale e sociale – della democrazia. La prima condizione della costruzione della democrazia è pertanto la rigidità costituzionale, cioè la formalizzazione di una gerarchia delle fonti e delle norme che veda al vertice dei nostri sistemi normativi la pace, i diritti e i beni fondamentali stipulati come vitali, onde siano messi al riparo dall’esercizio di qualunque potere. La seconda condizione è l’introduzione di garanzie e di funzioni e istituzioni di garanzia dei diritti fondamentali, da questi imposta ed implicata, come si disse alla fine del § 4.3, quali limiti e vincoli costituzionali a tutti i poteri, non solo statali ma anche sovrastatali e non solo pubblici ma anche privati. Di qui il nesso tra diritto e democrazia generato dal paradigma garantista del costituzionalismo rigido, cioè dal dover essere del diritto imposto alla politica democratica dalla costituzionalizzazione di principi etico-politici come il principio di uguaglianza e i diritti fondamentali sulla cui garanzia si basano la vita e la dignità delle persone.
Questo nesso si manifesta nella corrispondenza tra dimensioni del diritto, e precisamente della validità giuridica, e dimensioni della democrazia, e precisamente della legittimità democratica. Si è detto, fin dal § 2.3, che l’intera teoria del diritto fin qui sviluppata è attraversata da una fondamentale dicotomia: quella tra forme e sostanza, tra atti ed effetti, tra segni e significati, tra fonti e norme, tra mezzi e fini, tra procedure e contenuti, tra validità formale e validità sostanziale, tra norme formali e norme sostanziali, tra conformità e coerenza, tra nomo-dinamica e nomo-statica, tra norme di riconoscimento e ragione sociale di qualunque istituzione. Forme, segni, fonti, mezzi, validità formale, norme formali, conformità e norme di riconoscimento riguardano gli atti, ossia le cause della dinamica giuridica. Sostanza, significati, norme, fini, validità sostanziale, norme sostanziali, coerenza e ragione sociale riguardano gli effetti, ossia i contenuti statici prodotti dalla medesima dinamica. È su queste due dimensioni che si articola l’intera fenomenologia del diritto positivo.
Questa dicotomia attraversa anche la teoria della democrazia. Le due dimensioni del diritto da essa generate formano infatti la base, in forza della relazione isomorfica tra condizioni di validità giuridica e condizioni di legittimità democratica, di altrettante dimensioni della democrazia costituzionale fondate su altrettanti diritti fondamentali: da un lato la dimensione formale e nomo-dinamica, basata su quei diritti fondamentali che sono i diritti-potere di autonomia, cioè i diritti politici nella sfera pubblica e i diritti civili nella sfera privata; dall’altro la dimensione sostanziale e nomo-statica, basata invece su quei diritti fondamentali che sono i diritti di libertà e i diritti sociali.
Le due dimensioni – quella formale e quella sostanziale – corrispondono, come si disse nel § 3.8, ad altrettanti tipi di attività: volontà e accertamento, potere e sapere, consenso e verità, innovazione e conservazione e, nelle pubbliche funzioni, legis-latio e iuris-dictio, innovazione e attuazione, funzioni di governo e funzioni di garanzia. Di qui la diversità delle loro fonti di legittimazione che ne giustifica la separazione. La democrazia formale, sia politica che civile, riguarda quella che nel § 3.1 ho chiamato la sfera del decidibile: si fonda perciò sull’autodeterminazione delle persone, nelle forme indirette dell’autonomia politica e della rappresentanza della volontà popolare nella sfera pubblica e in quelle dirette dell’autonomia negoziale nella sfera privata. La democrazia sostanziale, sia liberale che sociale, riguarda invece la sfera del non decidibile: si fonda perciò sulla soggezione al diritto, e precisamente alla costituzione, delle funzioni deputate a garantire l’intangibilità di tale sfera, sia in via primaria che in via secondaria. La prima è stata resa possibile dal primo dei due mutamenti di paradigma illustrati nel § 4.1, quello realizzatosi con il gius-positivismo e con l’affermazione, nello stato legislativo di diritto, del principio di legalità formale quale norma di riconoscimento dell’esistenza delle leggi e della loro validità formale sulla base unicamente delle forme (il chi e il come) della loro produzione. La seconda è stata determinata dal secondo mutamento, quello realizzatosi con il gius-costituzionalismo rigido e con l’affermazione, nello stato costituzionale di diritto, del principio di legalità sostanziale, in aggiunta a quello di legalità formale, quale ragione sociale del sistema giuridico e come norma di riconoscimento della validità sostanziale delle leggi sulla base della loro sostanza, ossia di quali contenuti (il che cosa) non è permesso oppure è obbligatorio decidere.
La dimensione formale della democrazia costituzionale è dunque quella attiva e dinamica dei poteri, quale si manifesta negli atti precettivi, di autonomia politica o civile, attraverso i quali i poteri vengono esercitati, e poi negli atti di osservanza delle modalità attive nelle quali consistono le garanzie. La dimensione sostanziale è invece quella passiva e statica dei diritti fondamentali – di libertà e sociali, oltre che di autonomia civile e politica – quale si manifesta nei limiti e nei vincoli da essi imposti, quali loro garanzie, all’esercizio di tutti i poteri. La dimensione formale è ovviamente essenziale al funzionamento democratico del sistema politico. Senza la dimensione sostanziale, tuttavia, la dimensione puramente formale o dinamica della democrazia può degenerare nel dispotismo politico o in quello economico: senza limiti, vincoli e controlli imposti dalle funzioni di garanzia ai poteri di governo, la democrazia politica può suicidarsi e degenerare in sistemi politici autoritari o totalitari; analogamente, senza limiti, vincoli e controlli imposti dalle funzioni di garanzia ai poteri economici e finanziari, un’economia di mercato degenera di solito nell’arbitrio predatorio e nel totalitarismo capitalistico.
5.2. Critica della concezione solamente formale della democrazia. Il modello quadri-dimensionale della democrazia costituzionale: democrazia politica, democrazia economica, democrazia liberale, democrazia sociale
Di questa trasformazione strutturale della democrazia intervenuta con la sua costituzionalizzazione, la cultura giuridica e politica non ha maturato, a me pare, una sufficiente consapevolezza. Nel senso comune e nella dottrina prevalente la “democrazia” è tuttora intesa nell’accezione etimologica del termine, cioè nel senso di “potere del popolo”. Essa consisterebbe unicamente in un metodo di formazione delle decisioni politiche, cioè nell’insieme delle regole che attribuiscono al popolo, e quindi alla maggioranza dei suoi membri, il potere, diretto o tramite rappresentanti, di assumere tali decisioni. È questa non solo l’accezione etimologica ma anche la nozione di “democrazia” che ricorre in tutta la storia del pensiero politico: dalla classica tripartizione introdotta da Platone nel Politico e ripresa da Aristotele all’idea rousseauviana della volontà generale come autodeterminazione di tutti e di ciascuno, fino alle...