La quarta rivoluzione
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La quarta rivoluzione

Sei lezioni sul futuro del libro

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La quarta rivoluzione

Sei lezioni sul futuro del libro

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I libri: siamo abituati a vederli, toccarli, annusarli. Sono compagni di vita, un piacere e insieme una necessità. Ma oggi, nellera degli e-book e dei libri in rete, il mondo dei testi e della lettura sta vivendo una rivoluzione. La quarta, dopo il passaggio da oralità a scrittura, da rotolo a libro paginato, da manoscritto a libro a stampa. Sei lezioni, piacevoli e discorsive, alla scoperta dei sorprendenti strumenti che ci aiuteranno a leggere.Nel 1951, Isaac Asimov pubblicava su una rivista per ragazzi un breve racconto: Chissà come si divertivano! Il racconto ambientato nel futuro si apre con una descrizione stupita del libro a stampa, residuo di unepoca ormai superata e quasi dimenticata: «Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera. Sulla pagina che portava la data 17 maggio 2157, scrisse: Oggi Tommy ha trovato un vero libro! Era un libro antichissimo. Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quandera bambino lui, suo nonno gli aveva detto che cera stata un'epoca in cui tutte le storie e i racconti erano stampati su carta. Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, comera previsto che facessero: su uno schermo, è logico.» La descrizione proposta da Asimov sembra oggi straordinariamente attuale. Lo schermo è quello, piccolo e portatile, di dispositivi dai nomi strani: Kindle, iPad, Nook… È davvero questo il futuro che aspetta il libro? Gli e-book riusciranno a raggiungere e superare la perfezione e la comodità dei libri su carta? E quali conseguenze avrà, sul libro come oggetto culturale e sulle abitudini di noi lettori, l'incontro con il mondo digitale?

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788842094326
eBook Laterza
Gino Roncaglia
La quarta rivoluzione
Sei lezioni sul futuro del libro

© 2010, Gius. Laterza & Figli
Prima edizione elettronica 2010
978-88-420-9432-6
Proprietà letteraria riservata
Gius. Laterza & Figli Spa
Edizione digitale realizzata nel maggio 2010
http://www.laterza.it
Realizzato da Graphiservice s.r.l. - Bari (Italy)
per conto della
Gius. Laterza & Figli SpA
È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata

Introduzione

Nel 1951 Isaac Asimov – forse il più noto scrittore di fantascienza del secolo scorso – pubblicava su una rivista per ragazzi, «The Boys and Girls Page», un breve racconto che sarebbe diventato un piccolo classico del genere: Chissà come si divertivano! Nel racconto, ambientato nel 2157, due bambini trovano un vecchio libro su carta che parla della scuola, e riflettono con una certa nostalgia sulle differenze fra la didattica di un tempo, quando studenti e insegnanti si ritrovavano insieme nelle aule scolastiche, e quella – completamente individuale e computerizzata – che l’autore immagina alla base dell’educazione nel XXII secolo.
Il racconto si apre con una descrizione stupita del libro a stampa, residuo di un’epoca ormai superata e quasi dimenticata:
Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera. Sulla pagina che portava la data 17 maggio 2157, scrisse: “Oggi Tommy ha trovato un vero libro!”
Era un libro antichissimo. Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quand’era bambino lui, suo nonno gli aveva detto che c’era stata un’epoca in cui tutte le storie e i racconti erano stampati su carta.
Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, com’era previsto che facessero: su uno schermo, è logico. E poi, quando si tornava alla pagina precedente, sopra c’erano le stesse parole che loro avevano già letto la prima volta.
– Mamma mia, che spreco – disse Tommy. – Quando uno è arrivato in fondo al libro, che cosa fa? Lo butta via, immagino. Il nostro schermo televisivo deve avere avuto un milione di libri, sopra, ed è ancora buono per chissà quanti altri. Chi si sognerebbe di buttarlo via?
– Lo stesso vale per il mio – disse Margie. Aveva undici anni, lei, e non aveva visto tanti telelibri quanti ne aveva visti Tommy1.
Nel 1951 il nuovo medium per eccellenza era la televisione, e i ‘telelibri’ immaginati da Asimov sostituivano lo schermo televisivo alla carta. Poco più di un decennio dopo venne effettivamente fatto un tentativo di questo tipo: il VERAC 903, un prototipo sviluppato dalla AVCO Corporation nel 1964, una curiosa ‘macchina per la lettura’, di cui parleremo brevemente in seguito, che la scomodità e la scarsa resa visiva non permisero di commercializzare.
In un certo senso, il ‘teletext’, e la sua incarnazione italiana, rappresentata dal televideo, si sono mossi nella stessa direzione; ma oggi, a sessant’anni di distanza dal racconto di Asimov, possiamo ragionevolmente ipotizzare che a sostituire la carta come supporto per la lettura non sarà – fortunatamente – lo schermo della televisione, nel frattempo assai cambiato ma oggi come allora scomodo, ingombrante e difficile da trasportare. Tuttavia, se nel brano di Asimov cancelliamo la parola ‘televisivo’ e sostituiamo ‘libri elettronici’ a ‘telelibri’, ci troviamo improvvisamente davanti a una situazione assai simile a quella promessa dallo sviluppo degli e-book. Una situazione in cui, proprio come immaginava Asimov, il testo si separa dal tradizionale supporto cartaceo e viene letto sullo schermo di dispositivi capaci di visualizzare senza problemi milioni di libri diversi.
È questo il futuro che ci aspetta? E che conseguenze può avere uno sviluppo di questo tipo sul libro come oggetto culturale, strumento per eccellenza di conservazione e trasmissione del sapere?
Il mondo in cui viviamo è, per molti versi, un prodotto della cultura del libro. Il nostro vivere sociale è basato non solo sulla scrittura, ma sulla scrittura organizzata in libri. I libri sono onnipresenti, come oggetti (non solo nel campo dell’editoria tradizionale) e come metafore. Per fare solo qualche esempio, la nostra educazione scolastica è ancora largamente basata sui libri di testo. Galileo considera la natura come un libro scritto in linguaggio matematico, e il bel libro di Hans Blumenberg sulla leggibilità del mondo2 mostra in quanti modi e in quante forme l’idea del mondo come libro e del libro come rappresentazione del mondo abbia attraversato la nostra cultura. Il Dio delle grandi religioni monoteiste parla attraverso un libro, e non a caso il Corano chiama “Ahl al-Kitab”, “genti del libro”, i seguaci non solo delle tre ‘religioni del libro’, che condividono la fede nell’origine divina di almeno parte dell’Antico Testamento, ma anche induisti e zoroastriani, le cui religioni sono comunque guidate da testi ritenuti di origine divina. La rivoluzione gutenberghiana e la diffusione della stampa sono fra i fattori alla base della diffusione della Riforma protestante, che propone l’idea ‘scandalosa’ della lettura individuale della Bibbia. La nostra legislazione prevede fra i primi obblighi di una società per azioni la tenuta dei libri sociali (libro dei soci, libri delle adunanze, libri degli strumenti finanziari...). I libri contabili sono alla base dell’evoluzione del nostro sistema economico, a partire almeno dalle scritture contabili dei mercanti medievali e dall’introduzione della partita doppia nella seconda metà del XV secolo. E si potrebbe continuare a lungo.
Se i libri, nella nostra storia e nel nostro panorama sociale e culturale, compaiono ovunque, capire cosa si intenda esattamente con il termine ‘libro’ è, come vedremo, assai più complesso. Il libro per eccellenza, la Bibbia, è nato quando supporti per la scrittura erano ancora le tavolette di argilla e i rotoli, ed ha assunto la forma di ‘codex’, di libro rilegato, solo molti secoli dopo. Ma oggi, qualunque accezione si dia al termine, nel pensare al libro non possiamo fare a meno di richiamare – come fa Asimov nell’apertura del suo racconto – non solo una forma testuale ma anche e forse soprattutto una forma fisica. Un insieme di fogli (le pagine) scritti e rilegati, a comporre un oggetto dalle caratteristiche e dalle dimensioni certo variabili, ma di norma abbastanza facilmente riconoscibile. Molti di noi potrebbero aver problemi nel riconoscere che un certo insetto è un carabide, o che una certa nuvola è un cumulonembo, ma ci aspettiamo tutti di saper riconoscere che un certo oggetto è un libro, quando ne vediamo uno.
Il libro è dunque un oggetto familiare, di cui conosciamo storia, scopi, natura. Un oggetto che sappiamo come selezionare e produrre (ci pensano gli editori con l’aiuto delle tipografie), che sappiamo come promuovere (pubblicità, recensioni, premi letterari...), che sappiamo dove acquistare (librerie, edicole), che – se è in una lingua che conosciamo – sappiamo come leggere (non solo perché sappiamo decodificare il testo scritto, ma anche perché sappiamo usare una matita per sottolinearlo o un segnalibro per ritrovare la pagina alla quale ci eravamo fermati), che sappiamo come conservare e rendere accessibile anche a chi non può o non desidera acquistarlo, o quando il libro non è più in commercio (è compito delle biblioteche).
Ma negli ultimi anni la situazione sembra essere improvvisamente e radicalmente cambiata. L’introduzione e la diffusione del personal computer prima e delle reti poi offrono ai testi supporti diversi da quelli tradizionali, diversi in primo luogo dalla carta stampata e dai libri. La pagina è sostituita dallo schermo, i caratteri stampati si trasformano in bit. E il libro – o almeno, il libro al quale siamo abituati – sembra minacciato su più fronti. Nuove forme di testualità (siti web, ipertesti...) si propongono come alternative alla struttura fondamentalmente lineare che di norma lo caratterizza. Nuovi meccanismi di selezione e produzione mettono in crisi procedure e consuetudini radicate del mercato editoriale. Nuovi canali di distribuzione via rete saltano completamente i punti-vendita fisici e dunque le librerie tradizionali. La facilità di duplicazione e diffusione – anche pirata – dei testi elettronici sembra rappresentare un pericolo mortale per le forme tradizionali di gestione dei diritti e dei ricavi economici. Nuovi supporti e strumenti di lettura richiedono competenze nuove sia agli editori, sia ai lettori, sia alle biblioteche e ai bibliotecari.
Stiamo insomma vivendo una vera e propria rivoluzione, che molti ritengono, per ampiezza e importanza, paragonabile a quella gutenberghiana, e che alcuni – ad esempio Roger Chartier – considerano addirittura più radicale:
La rivoluzione che viviamo ai giorni nostri è, con ogni evidenza, più radicale di quella di Gutenberg, in quanto non modifica solo la tecnica di riproduzione del testo, ma anche le strutture e le forme stesse del supporto che lo comunica ai lettori3.
Se consideriamo il passaggio da oralità a scrittura come la prima, fondamentale rivoluzione nella storia dei supporti e delle forme di trasmissione della conoscenza, il passaggio dal volumen al codex, dalla forma-rotolo alla forma-libro, come una seconda tappa essenziale di questo cammino, e la rivoluzione gutenberghiana come suo terzo momento, si tratta della quarta rivoluzione che interessa il mondo della testualità4. Una rivoluzione al cui interno non è però affatto facile orientarsi. Dove sta andando il libro? È veramente minacciato? Le nuove tecnologie rappresentano per la cultura del libro un pericolo o un’opportunità (o entrambe le cose)? Di quali competenze abbiamo o avremo bisogno, per poter continuare a scrivere, a pubblicare e soprattutto a leggere?
È a questi interrogativi – e a questa esigenza di orientamento – che il testo che avete in mano vorrebbe cercare di dare qualche risposta.
Nel farlo, mi farò guidare da una tesi che credo debba essere assunta come punto di partenza per ogni riflessione sul futuro del libro: il supporto del testo, quella che chiameremo ‘interfaccia di lettura’, ha un ruolo centrale nell’evoluzione dei modi e delle forme della lettura. Si tratta di una tesi non certo originale – ne troviamo ad esempio traccia nelle riflessioni di Harold Innis sulle differenze fra media orientati alla permanenza nel tempo, come la pietra, e media orientati al movimento nello spazio, come la carta5 – ed espressa con grande chiarezza da Guglielmo Cavallo e Roger Chartier nell’introduzione alla loro Storia della lettura:
Contro la rappresentazione, elaborata dalla letteratura stessa e ripresa dalla più quantitativa delle storie del libro, secondo la quale il testo esiste di per sé, svincolato da ogni materialità, bisogna ricordare che non vi è testo senza il supporto che lo offre alla lettura (o all’ascolto), senza la circostanza in cui esso viene letto (o ascoltato). Gli autori non scrivono libri: essi scrivono testi che diventano oggetti scritti – manoscritti, incisi, stampati, e, oggi, informatizzati – maneggiati in maniere diverse da lettori in carne ed ossa le cui modalità di lettura variano secondo i tempi, i luoghi, i contesti6.
E il supporto non è neutrale, non si limita a veicolare indifferentemente qualunque contenuto e qualunque forma di organizzazione testuale. Al contrario, le caratteristiche del supporto, e più in generale gli strumenti e il contesto materiale della lettura, costituiscono l’orizzonte al cui interno certe forme di testualità e certe tipologie di lettura risultano possibili e più o meno facili. Discutere delle caratteristiche e dell’evoluzione delle interfacce di lettura vuol dire discutere anche di quali tipologie di testi leggeremo in futuro, e di come li leggeremo.
Proprio per questi motivi, dedicherò attenzione anche ad aspetti che potrebbero sembrare strettamente tecnologici, come l’evoluzione dei dispositivi di lettura e dei loro schermi. Nel farlo, però, cercherò di evitare per quanto possibile tecnicismi, e di spiegare in maniera accessibile i concetti e gli strumenti di cui si parla. In generale, il mio obiettivo è di rendere questo libro il più possibile semplice e comprensibile. Non vorrei infatti rivolgermi solo agli ‘addetti ai lavori’ e agli esperti di nuovi media: credo che il tema dell’evoluzione del libro e dei dispositivi di lettura possa e debba interessare un pubblico assai più ampio, quello dei lettori, di chi ama i libri e considera la lettura come, insieme, un piacere e una necessità.
Anche per questo, ho cercato di limitare per quanto possibile l’apparato ‘accademico’ del testo. Senza farlo scomparire, perché fornire rimandi, citazioni, indicazioni per approfondimenti è parte del compito non solo di un testo strettamente di ricerca, ma anche di un buon lavoro di divulgazione (il confine fra queste due tipologie è del resto spesso esile: il tentativo di sistematizzare e fornire uno sguardo coerente e d’insieme obbliga spesso a un lavoro di ricerca e interpretazione più impegnativo di quello richiesto da un’indagine settoriale e specifica). Ho tuttavia cercato di tener presente che una quantità eccessiva di note e rimandi può appesantire non...

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