Psicologia dinamica
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Psicologia dinamica

I modelli teorici a confronto

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Psicologia dinamica

I modelli teorici a confronto

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Una presentazione esaustiva dei modelli teorici della psicoanalisi classica e moderna, l'eredità dei padri fondatori e le trasformazioni della concezione della patologia mentale. La psicoanalisi delle origini; gli sviluppi della scuola britannica; la psicoanalisi statunitense; la ricerca empirica contemporanea: il testo prende in esame le linee di ricerca che hanno attraversato la psicologia dinamica dalle origini a oggi. Particolare attenzione viene riservata all'evoluzione delle categorie di 'inconscio', di 'mondo interno' e 'rappresentazione', al problema mente/corpo, al rapporto tra passato e presente nella psicopatologia. L'esposizione dei principali concetti della teoria, o del contributo specifico di un autore, parte da un ampio inquadramento del contesto storico e culturale in cui ciascun modello si è sviluppato e come esso abbia risolto i problemi via via indicati, discostandosi dalla tradizione precedente. Ogni capitolo del volume propone una sintetica introduzione storica alla nascita del modello o della teoria presentati, l'esposizione dei principali concetti che li contraddistinguono e una conclusione in cui si valutano le ricadute cliniche degli assiomi teorici.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858116685

1. Sigmund Freud: la «scoperta dell’inconscio» e la fondazione della teoria psicoanalitica

di Francesca Ortu
Questo capitolo ricostruisce la nascita della teoria psicoanalitica e ne presenta i principali concetti sottolineando il filo conduttore che in tutta l’elaborazione freudiana lega la clinica alla teoria. Alla lunga nota biografica è assegnato inoltre il compito di disegnare a grandi linee lo sfondo culturale e scientifico della nascita della psicoanalisi; di mettere in luce cioè quanto lo stesso Freud scriveva nel 1923: «la psicoanalisi è nata per così dire con il ventesimo secolo [...] com’è ovvio, però, la psicoanalisi non è balzata fuori dalla roccia, né è caduta dal cielo; essa si allaccia a concezioni più antiche che porta avanti, si diparte da sollecitazioni che sviluppa ed elabora» (1923a, p. 587).

1. Note biografiche

Sigmund Freud nasce il 6 maggio 1856 a Freiberg (Moravia), l’odierna Pribor, da una famiglia ebraica.
Dopo essersi rivelato un brillante studente con forti interessi nel campo della filosofia, della biologia e della letteratura, nel 1873 si iscrive alla facoltà di Medicina di Vienna, dove consegue la laurea. Nell’arco di alcuni anni, dopo una serie di tirocini all’Ospedale generale di Vienna che lo pongono per la prima volta in contatto con dei pazienti (ricordiamo i tirocini svolti nel reparto di Medicina interna e nel reparto di Psichiatria diretto da Theodor Meynert1, che si era occupato delle cause neurologiche dei disturbi psichiatrici) maturerà la decisione di lavorare come neurologo. Dopo aver conseguito la libera docenza in neuropatologia, ottiene, grazie a Brücke2, una borsa di studio che gli consente di recarsi per sei mesi a Parigi. Alla Salpêtrière segue le lezioni di Charcot3 sull’isteria e le malattie del sistema nervoso e ne rimane colpito. Dopo aver trascorso un breve periodo a Berlino, torna a Vienna, dove dirige per circa un anno (1886-87) il reparto di neurologia infantile della Clinica pediatrica universitaria. Nel settembre del 1886 si stabilisce definitivamente a Vienna.
I difficili rapporti con la Società di medicina e l’allontanamento dal laboratorio di Meynert lo inducono a rinunciare alla carriera accademica e a dedicarsi in maniera esclusiva all’attività privata.
Tra il 1886 e il 1891 si dedica alla neurologia clinica ricorrendo anche alla suggestione ipnotica nel trattamento dei suoi pazienti. Nel 1889, per perfezionare la sua tecnica ipnotica, trascorre alcune settimane a Nancy, assiste agli esperimenti di Bernheim4, che utilizzava la suggestione in stato di veglia per il trattamento di diversi pazienti. Mantiene intanto i suoi interessi scientifici pubblicando nel 1891 un saggio sulle Afasie5, dedicato a Joseph Breuer6. Con lo stesso Breuer nel 1892 pubblica un articolo sul Meccanismo psichico dei fenomeni isterici, che costituirà il primo capitolo degli Studi sull’isteria. Quest’opera, pubblicata nel 1895 quando la collaborazione scientifica e il rapporto personale tra Freud e Breuer sono ormai logorati, è considerata il punto di partenza della psicoanalisi.
Dopo la rottura del suo rapporto con Breuer, Freud inizia ad applicare ai propri sogni la tecnica delle libere associazioni per risolvere alcuni preoccupanti sintomi nevrotici insorti dopo la morte del padre, avvenuta nel 1896. Questo periodo di autoanalisi, di cui comunica i risultati all’amico e collega Wilhelm Fliess7, con cui intrattiene per circa dieci anni un fitto scambio epistolare, avrà un’importanza fondamentale nella costruzione della psicoanalisi e porterà Freud ad attribuire importanza crescente agli eventi del mondo interno. Dalla propria autoanalisi, oltre che dal lavoro clinico con i pazienti nevrotici, deriverà inoltre il materiale presentato nella Interpretazione dei sogni (1900), opera che Freud considererà sempre fondamentale.
Negli anni successivi, Freud dimostrerà la possibilità di estendere alla psicologia normale le ipotesi psicopatologiche elaborate per spiegare la formazione dei sintomi nevrotici (Psicopatologia della vita quotidiana, 1901), e dimostrerà in diversi lavori clinici la validità del suo nuovo metodo terapeutico e l’utilità dell’interpretazione dei sogni (Il metodo psicoanalitico, 1903, Frammento di un’analisi di isteria caso clinico di Dora, 1901, ma pubblicato nel 1905). Nel 1905, nei Tre saggi sulla teoria sessuale, riconsiderando nel loro complesso i suoi dati clinici, esplicita una serie di ipotesi che lo portano a individuare l’elemento basilare della motivazione umana nella sessualità e a identificare nella libido l’energia che sottende il funzionamento dell’apparato psichico.
Freud dunque, che nel 1902 aveva ottenuto la qualifica di professore straordinario titolare all’Università di Vienna, si dedica intensamente al lavoro clinico e inizia a organizzare nel suo studio incontri regolari con un piccolo gruppo di medici e intellettuali interessati alla discussione delle prospettive teoriche e cliniche della psicoanalisi. Partecipavano tra gli altri agli incontri Alfred Adler, che nel 1910 diventerà presidente della Società psicoanalitica di Vienna, Paul Federn, professore di medicina dell’Università di Vienna, Max Graf – il padre del «piccolo Hans» –, musicologo e scrittore, Max Kahane, medico, e Otto Rank, fino alla fine della prima guerra mondiale uno degli allievi prediletti di Freud. Questo primo gruppo informale, la «Società psicologica del mercoledì», a cui dopo il 1907 si uniranno tra gli altri anche Karl Abraham, Carl Gustav Jung, Eugen Bleuler, Sándor Ferenczi, Ludwig Binswanger, Ernest Jones, costituirà il nucleo del movimento psicoanalitico.
Da questo momento in poi le vicende della psicoanalisi si sovrappongono a quelle della vita personale di Freud, che impiega gran parte delle sue energie a governare le forti tensioni e i contrasti che accompagnano la nascita del movimento psicoanalitico e la diffusione della psicoanalisi. Nel 1908 si tiene a Salisburgo il primo convegno di psicoanalisi e viene pubblicato lo «Jahrbuch für psychanalytische und psychopathologische Forschungen», la prima rivista di psicoanalisi, la cui direzione verrà affidata a Freud e Bleuler e di cui Jung sarà il redattore capo. Nel 1909, rispondendo all’invito di Stanley Hall, si reca insieme a Jung e Ferenczi negli Stati Uniti, per tenere alcune conferenze sulla psicoanalisi presso la Clark University8. Nel 1910 a Norimberga, durante il secondo Congresso di psicoanalisi, si costituisce, su proposta di Sándor Ferenczi, la International Psychoanalytic Association (IPA) la cui presidenza viene affidata a Carl Gustav Jung.
All’interno della società psicoanalitica iniziano a verificarsi i primi dissensi e le prime rotture. Nel 1911 Alfred Adler, che attribuiva sempre meno importanza all’inconscio e alla sessualità mettendo in primo piano la pulsione di superiorità o padronanza e i complessi di inferiorità che potrebbero derivarne, abbandona la società psicoanalitica di Vienna e dà vita a un gruppo dissidente: la psicologia individuale. Nel 1913 Jung – che muove una serie di critiche alla teoria pulsionale, rifiutando in particolare l’origine sessuale della libido – si dimette da presidente dell’IPA e da tutti i suoi incarichi e fonda la psicologia analitica.
Freud, colpito anche a livello personale, reagisce a queste vicende istituzionali rafforzando la struttura organizzativa della Società psicoanalitica e dedicandosi alla stesura di diversi saggi in cui definisce e chiarisce le basi concettuali della psicoanalisi: ribadisce in particolare la centralità del concetto di inconscio e di pulsione nonché l’importanza fondamentale delle vicende edipiche; enuncia i principi della tecnica psicoanalitica – che trova nell’interpretazione del transfert il suo strumento fondamentale – e li esemplifica continuando a pubblicare il suo materiale clinico.
Nel 1908 si dedica alla redazione del Caso clinico del piccolo Hans, che verrà pubblicato nel 1909 con il titolo Analisi della fobia di un bambino di cinque anni. Nel 1909 dà alle stampe, con il titolo Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, il caso clinico dell’«uomo dei topi», in cui identifica nell’onnipotenza del pensiero e nell’ambivalenza emotiva le caratteristiche fondamentali della nevrosi ossessiva. Nel 1910 nel saggio dedicato al caso clinico del presidente Schreber (Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia [dementia paranoides] descritto autobiograficamente) affronta il problema dell’origine e della funzione del delirio, stabilendo un nesso tra delirio di persecuzione e omosessualità. Nel 1914 nel Caso clinico dell’uomo dei lupi, che verrà pubblicato nel 1918 con il titolo Dalla storia di una nevrosi infantile, sostiene, sulla base di un ricchissimo materiale clinico, la relazione fra nevrosi infantile e nevrosi adulta. La formulazione del concetto di narcisismo (1914) e la definizione della struttura teorica della psicoanalisi (Metapsicologia, 1915a-e) segnano una tappa ulteriore nello sviluppo della teoria freudiana.
Nel 1920 Freud è nominato professore ordinario dell’Università di Vienna e pubblica Al di là del principio di piacere, saggio in cui, introducendo il concetto di pulsione di morte, avvia un’ulteriore riformulazione della teoria psicoanalitica individuando il conflitto fondamentale della vita psichica nella tensione fra le pulsioni di vita (Eros) e di morte (Thanatos). Con la pubblicazione di questo saggio si chiude il periodo forse più creativo del suo pensiero.
Gli anni successivi, tuttavia, nonostante una serie di dolorosi eventi che segnano la sua vita personale (la perdita della figlia Sophie e di un nipotino a cui era particolarmente legato, le prime manifestazioni del cancro alla mascella che lo costringerà a ridurre sempre più la sua vita pubblica), vedono la pubblicazione di diversi saggi che completano e sistematizzano la svolta teorica del 1920: in L’Io e l’Es (1922) formula la teoria strutturale che identifica la base del funzionamento mentale nei rapporti fra le tre strutture psichiche Io, Es e Super-io. Nel 1925, nel saggio Inibizione, sintomo e angoscia, pone l’accento sulle funzioni adattative dell’Io e identifica nell’angoscia l’attivatore delle funzioni difensive dell’Io. Su queste basi, Freud introduce una nuova classificazione della psicopatologia in termini di meccanismi di difesa e di dinamiche conflittuali e apporta di conseguenza alcune modifiche sostanziali nella tecnica terapeutica il cui strumento fondamentale, l’interpretazione, deve permettere all’Io di reintegrare quelle funzioni della vita psichica che la rimozione ha reso non più disponibili. In questi anni, inoltre, Freud estenderà l’indagine psicoanalitica a realtà extracliniche: nel 1927 pubblica L’avvenire di una illusione e nel 1929 Il disagio della civiltà che, assieme a Totem e tabù (1912-13) e a Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), possono essere considerati come un tassello fondamentale nella costruzione della visione antropologica freudiana, visione essenzialmente pessimistica, centrata sull’ipotesi che una parziale rinuncia al soddisfacimento delle pulsioni «egoistiche» sia necessaria per la nascita della civiltà. Nel 1930 gli viene conferito il premio Goethe, per «lo slancio mefistofelico promosso dai [suoi] metodi di ricerca [...] per l’effetto sovvertitore [esercitato dalla psicoanalisi] non soltanto sulla scienza medica ma altresì sul mondo concettuale degli artisti, dei curatori d’anime, degli storici e degli educatori»9.
Nel 1932, in uno scambio epistolare con Albert Einstein (Perché la guerra?) ribadisce la propria visione pessimistica della natura umana e vede nel processo di «incivilimento» – che trova i suoi cardini nel «rafforzamento dell’intelletto» e nell’«interiorizzazione dell’aggressività» e che produce «modificazioni psichiche vistose e assolutamente inequivoche» (Freud, 1932b, p. 303) – l’unico antidoto alla guerra. Gli ultimi anni della vita di Freud sono dedicati a definire lo statuto epistemologico della psicoanalisi (Costruzioni nell’analisi, 1937; Analisi terminabile e interminabile, 1937). Nel 1938, in seguito all’Anschluss dell’Austria e all’applicazione delle leggi razziali naziste, è costretto a rifugiarsi a Londra con la famiglia. Poco prima della sua morte, avvenuta a Londra il 23 settembre 1939, viene eletto membro della Royal Society.

2. Verso la psicoanalisi: dall’ipnosi all’«analisi psichica»

«Non è facile sopravvalutare l’importanza dell’ipnotismo per la genesi della psicoanalisi»: con queste parole Freud sottolineava, ancora nel 1938, l’importanza del suo incontro con Charcot e con gli altri esponenti della scuola francese, a cui ricollegava l’inizio di quel processo di ricerca e di riflessione teorica che lo porterà alla costruzione della psicoanalisi.

2.1. L’isteria e la scissione psichica: il punto di vista della scuola francese

Nelle sue lezioni Charcot sosteneva in primo luogo che l’isteria doveva essere considerata una malattia «funzionale» del sistema nervoso che interessava entrambi i sessi, come alcuni casi di isteria traumatica maschile indicavano. Affermava anche che l’ipnosi rappresentava un utile strumento per la diagnosi differenziale tra isteria ed epilessia. I dati clinici permettevano, secondo Charcot, non solo di considerare l’ipnotizzabilità un indice di isteria, ma anche di attribuire la sintomatologia isterica all’azione di eventi o situazioni traumatiche. Nel trauma si poteva dunque individuare l’agente scatenante dell’isteria, capace di attualizzare, al pari delle manovre ipnotiche, una «predisposizione neuropatica aspecifica» e di esaltare l’«autosuggestionabilità del paziente». Le esperienze di suggestione post-ipnotica – nelle quali l’ipnotizzato, che non ricorda quanto accaduto durante la seduta ipnotica, offre delle spiegazioni per la propria condotta che nulla hanno a che fare con le cause che l’hanno determinata – permettevano inoltre di spiegare in parte il meccanismo di azione del trauma, dimostrando che pensieri e ricordi non consapevoli possono influenzare il comportamento.
Anche Pierre Janet10, pur continuando ad attribuire l’isteria a una «modificazione degenerativa del sistema nervoso che si manifesta attraverso una debolezza congenita della sintesi psichica», legava la tendenza alla dissociazione psichica – considerata la principale caratteristica della sintomatologia di questi pazienti – all’incapacità degli isterici di «tenere raccolti in unità i molteplici processi psichici». Ricorrendo all’ipnosi per correggere i ricordi del paziente smussandone la valenza traumatica, Janet contribuiva alla formulazione delle prime ipotesi «sull’importanza della scissione psichica e della disintegrazione della personalità» e a quello spostamento dal somatico allo psicologico, dal «cervello alla mente», che avrebbe portato alla formulazione di una «teoria puramente psicologica dell’isteria» (Freud, 1890, pp. 97-98).
Questa nuova teoria, tutta centrata sui processi affettivi, era costruita attorno a due nuove idee fondamentali, e cioè che per comprendere – e curare – l’isteria è necessario considerare la psicologia del paziente più che le caratteristiche del suo sistema nervoso e che contenuti della mente non presenti alla coscienza possono influenzare il pensiero e la condotta. La sintomatologia isterica sottolineava «nel rapporto di interazione tra il corpo e la psiche» l’importanza «dell’azione della psiche sul corpo», mettendo in crisi l’indirizzo unilaterale della medicina e individuando «nel mutato influsso della vita psichica sul corpo» la causa prima del disturbo.
I sintomi dell’isteria richiamavano cioè l’attenzione sulle emozioni, sottolineando che tutti i processi psichici, anche quelli che siamo abituati a considerare «processi di pensiero», nonché i «processi di volontà e di attenzione», sono in certa misura affettivi e come tali «sono in grado di influenzare i processi psichici e corporei e di avere parte notevole, come promotori o inibitori, nelle malattie somatiche» (ivi, p. 99).
Freud, che nel frattempo si era interessato alle tecniche terapeutiche basate sulla suggestione in stato di veglia utilizzate da Bernheim, che gli facevano ritenere sempre più probabile «l’esistenza di processi psichici possenti, che restano tuttavia celati alla coscienza degli uomini» (Freud, 1924b, p. 85), inizierà a utilizzare, come tecnica per rimuovere i sintomi dell’isteria, ma anche come strumento per indagarne l’origine, il metodo di Breuer.

2.2. La collaborazione con Breuer: gli avvenimenti traumatici e le emozioni negative

Breuer aveva utilizzato, nel trattamento di una giovane paziente isterica, presentata negli Studi sull’isteria sotto lo pseudonimo di Anna O. (come è ormai noto, si trattava in realtà di Berta Pappenheim, che divenne una figura di primo piano del movimento femminista), una variante dell’ipnosi. Sfruttando la tendenza della sua paziente a entrare in stati di «assenza, a...

Indice dei contenuti

  1. Presentazione
  2. Introduzione
  3. Parte prima. La psicoanalisi delle origini
  4. 1. Sigmund Freud: la «scoperta dell’inconscio» e la fondazione della teoria psicoanalitica
  5. 2. Sigmund Freud: i concetti fondamentali della psicoanalisi
  6. 3. Carl Gustav Jung: dall’analisi degli schizofrenici alla psicologia complessa
  7. 4. Anna Freud: il contributo dell’osservazione diretta alla teoria psicoanalitica dello sviluppo
  8. Parte seconda. Gli sviluppi della psicoanalisi nella scuola inglese
  9. 5. Melanie Klein: la relazione oggettuale
  10. 6. Gli indipendenti della psicoanalisi britannica: Ronald Fairbairn e Ignacio Matte Blanco
  11. 7. Donald W. Winnicott: la relazione madre-bambino e la psicoanalisi
  12. 8. Ronald David Laing e l’antipsichiatria
  13. 9. John Bowlby e la teoria dell’attaccamento
  14. Parte terza. La psicoanalisi statunitense
  15. 10. Harry Stack Sullivan e la psicoanalisi interpersonale
  16. 11. La prospettiva culturalista di Erich Fromm e Karen Horney: guarire la nevrosi della società
  17. 12. Hartmann, Kris e Loewenstein: la psicoanalisi come psicologia generale e come scienza
  18. 13. La teoria dello sviluppo di Margaret Mahler: la svolta americana verso le relazioni oggettuali
  19. 14. Edith Jacobson, Otto Kernberg e la psichiatria psicodinamica nord-americana
  20. 15. David Rapaport e la sua scuola: dalla sistematizzazione alla crisi della metapsicologia
  21. 16. Heinz Kohut e la psicologia del Sé
  22. 17. Stephen Mitchell e il modello relazionale
  23. 18. La prospettiva intersoggettiva in psicoanalisi
  24. Parte quarta. Psicoanalisi contemporanea e ricerca empirica
  25. 19. Psicoanalisi e «infant research»: dai contributi di Daniel Stern all’approccio sistemico di Beebe e Lachmann
  26. 20. Joseph Lichtenberg e i sistemi motivazionali:una nuova teoria psicoanalitica della motivazione
  27. 21. Drew Westen e la ricerca in psicoterapia: un sostegno empirico al lavoro psicoanalitico
  28. Conclusioni
  29. Bibliografia
  30. Gli autori