L'Italia e le migrazioni
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L'Italia e le migrazioni

  1. 200 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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L'Italia e le migrazioni

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Per la sua posizione nel Mediterraneo, l'Italia non è soltanto un passaggio obbligato per gli scambi nord-sud ed est-ovest, ma è da sempre un importante crocevia migratorio. La configurazione delle sue frontiere naturali e la sua posizione strategica nel contesto geografico europeo hanno reso costanti i processi di emigrazione e immigrazione della penisola. La stessa mobilità interna ha costituito un fattore centrale della sua storia rurale e urbana nel corso dei secoli. Di qui l'importanza di studiare la storia italiana come una continua vicenda di migrazioni successive.

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858103944
Argomento
Storia

VI.
Vecchie e nuove mobilità dal 1945 ad oggi

1. I percorsi all’estero e in Italia: le migrazioni italiane dal secondo dopoguerra al nuovo millennio

Tra le migrazioni che ebbero un consistente sviluppo dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, quelle per motivi economici subirono una decisa accelerazione già a partire dal 1945. Verso la fine della guerra, come era accaduto dopo il primo conflitto mondiale, furono risollevate questioni importanti relative alla disciplina dei movimenti migratori. A conclusione del 1945, ma in realtà già nel biennio precedente, il governo italiano avviò precoci accordi con Francia e Belgio per il reclutamento di lavoratori. La stagione d’oro degli accordi bilaterali fu tra il 1946 e il 1948, quando l’Italia firmò intese con Francia, Belgio, Gran Bretagna, Svizzera, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Cecoslovacchia e Argentina. Questi trattati furono poi progressivamente modificati e aggiornati e si chiusero di fatto nel 1955, quando fu firmato l’ultimo scambio tra Italia e Germania Federale[421].
Sulla debolezza contrattuale dell’Italia nei confronti dei propri partner e sulla mancanza di un’effettiva tutela degli italiani nell’ambito degli accordi bilaterali sono state scritte di recente pagine ben documentate. Da queste sono emersi i molti limiti della gestione politica dell’emigrazione da parte dei governi italiani postbellici e le deplorevoli concessioni che questi fecero agli imprenditori e alle grandi compagnie dei paesi di immigrazione. Tali colpevoli ambiguità furono all’origine delle accese conflittualità sociali scoppiate tra gli italiani, i lavoratori autoctoni e talora gli stessi sindacati, come accadde in particolare con le Trade Unions britanniche. Le stesse ambiguità comportarono scelte ancora più estreme da parte di altri emigranti lasciati allo sbaraglio dalla mancanza di tutela all’estero[422]. Il risultato di tutto ciò fu la situazione di clandestinità nella quale molti vennero a trovarsi per la concomitante azione delle restrittive normative vigenti, dell’illegale reclutamento adottato da molti imprenditori stranieri e dell’abbandono di contratti collettivi rivelatisi punitivi. Quanto accadde agli italiani in Francia, dove dalle miniere del Nord passarono all’arruolamento nelle fila della legione straniera e ai cruenti combattimenti durante la guerra di decolonizzazione in Indocina, si può considerare la pagina più eloquente della poco conosciuta storia dei clandestini italiani[423]. Mentre la tragedia di Marcinelle, che nel 1956 provocò la morte di 136 italiani in uno dei famigerati bacini minerari del Belgio[424], è diventato il simbolo della situazione di pericolosità alla quale furono esposti i lavoratori immigrati in seguito a trattati bilaterali capestro, come quello siglato con lo stesso Belgio nel 1946. Tali accordi in modo del tutto esplicito ponevano sullo stesso piano l’acquisto di una materia prima essenziale, come il carbone, e i lavoratori trasferiti all’estero per garantirne l’estrazione[425].
Ma questi, e gli altri numerosi episodi che in diversi paesi portarono gli italiani alla disoccupazione, alla fuga o al rimpatrio forzato, appartengono alla prima fase delle migrazioni postbelliche, il decennio 1945-1955, durante il quale gli itinerari seguiti dagli emigranti non furono solo europei. Se nel triennio 1946-1948 prevalsero infatti le partenze per i paesi dell’Europa occidentale e la Cecoslovacchia, tra il 1949 e il 1950 furono più seguite le mete transoceaniche, mentre le rotte europee si imposero di nuovo tra il 1951 e il 1955. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, e soprattutto dopo la firma del trattato di Roma del 1957, prese l’avvio un nuovo capitolo, quell...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. I. Mobilità umana dalla preistoria alla Roma imperiale
  3. II. Un’età «mobile»: l’Italia medievale tra migrazioni, immigrazioni e migrazioni interne
  4. III. Migrazioni e diaspore nell’antico regime
  5. IV. Italiani all’estero e stranieri in Italia tra XIX e XX secolo
  6. V. Esilio, migrazioni e mobilità interne tra le due guerre
  7. VI. Vecchie e nuove mobilità dal 1945 ad oggi