Cerro Torre

L'impresa impossibile

Marco Albino Ferrari

• Editore: Editori Laterza
• Anno: 2015
• ISBN:
  9788858123546
• Argomento: Social Sciences
• Categoria: Popular Culture

"Montagna impossibile", "grido di pietra", "enigma": sono alcuni degli appellativi dati al punto più inaccessibile di tutta la Terra. In un racconto dal ritmo incalzante, Marco Albino Ferrari ci porta sui vertiginosi pendii del Cerro Torre, in Patagonia, seguendo le orme degli alpinisti italiani che fin dagli anni '50 tentarono la scalata impossibile, tra misteri, successi e drammi.

Cerro Torre.
L’impresa impossibile

Risulta difficile da credere, ma nel 1952, quando la spedizione francese salì il Fitz Roy seguendo le orme lasciate da Castiglioni e compagni fino alla Brecha de los Italianos, solo poche montagne qua intorno avevano un toponimo. Una delle prime a riceverne uno fu un satellite del Fitz, che diventò Aguja Poincenot, dal compagno di Guido Magnone e Lionel Terray morto guadando il Río Fitz Roy, proprio dove sorge il ponte di cui mi aveva parlato Susana. Esiste anche un’altra versione della storia, però, secondo cui il bel Jacques Poincenot venne ucciso per mano di un estanciero locale che lo sospettava di avergli corteggiato la moglie.

Una mattina, osservando le acque cariche di limo glaciale del Río Fitz Roy, pensavo proprio a quella morte misteriosa che fa parte ormai delle leggende del luogo. Morire in un fiume, o per amore, dall’altra parte del mondo, e ritrovarsi eternato nel nome di una montagna.

Era una mattina di buon’ora, con un cielo sconvolto da tempeste e squarci d’azzurro. Presi a camminare in una nuvola di polvere che avvolgeva via Alberto Maria De Agostini, fino al punto dove il salesiano è glorificato nel bronzo di un medaglione. Sul lato opposto della strada, sotto la bandiera bianca e azzurra dell’Argentina perfettamente tesa contro il cielo, mi fermai di fronte alla costruzione del leggendario bar The Wall, luogo di storici incontri prima e dopo le salite verso le cumbres, le vette, nel quale vincitori e sconfitti si scambiavano racconti e birra, intrecciando lingue diverse.

Girai in via San Martín, proseguii verso le alture che dominano l’abitato e iniziai a salire lungo il sentiero. Grossi massi giallo-oro punteggiavano il versante brullo e polveroso. Mentre più su, oltre la prima fascia di colline, si spalancava la foresta magellanica di lengas contorti e piegati dai venti dominanti. Mi ero proposto di raggiungere un luogo speciale, ai piedi del cerro più spettacolare della Patagonia. Volevo passare dal Mirador Laguna Torre e poi, se il tempo avesse tenuto, sarei arrivato al Campamento De Agostini, dove si trova la vecchia capanna di tronchi intrecciati costruita mezzo secolo prima dalle guide di Courmayeur al comando del salesiano. Forse il gioco dei venti mi avrebbe lasciato intravedere la montagna almeno per qualche minuto. Camminavo e speravo, sapendo bene che dovevo tenere gli occhi fissi in quella direzione, sempre in quella direzione. E, prima o poi, il velo di nubi si sarebbe probabilmente sollevato.

Dopo una mezz’ora di cammino notai che più mi avvicinavo alla montagna, più le nuvole si diradavano per poi richiudersi all’improvviso, si allungavano e si addensavano ancora fino a delimitare del tutto la vista. Il cielo era un insieme mobile, ingombro di volumi che si contraevano e si dilatavano. I venti umidi provenienti dall’Oceano Pacifico, raffr...

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