L'eretica
eBook - ePub

L'eretica

Storia della crociata contro gli albigesi

  1. 382 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

L'eretica

Storia della crociata contro gli albigesi

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

«Allora li fece estrarre dal castello. Erano più di centoquaranta: camminavano verso il fuoco copioso, vi venivano gettati dentro. Anzi vi si precipitavano spontaneamente». Linguadoca, regno di Francia, inizio XIII secolo: eretici e santi, nobili e mercenari, un popolo senza nome, un giovane papa e un cavaliere ammantato di ferro.«Dobbiamo non solo amare Dio, ma anzi ardere e bruciare per il suo amore». Erano le parole di sempre della crociata, nata per liberare Gerusalemme; ma come spiegare che tutto ciò era vero anche per questa nuova e strana crociata? Non erano cristiani, gli abitanti delle 'terre albigesi'? No, erano eretici. Linguadoca, a cavallo tra XII e XIII secolo: catari e valdesi conquistano un numero crescente di fedeli e scuotono la Chiesa di Roma. Un papa trentottenne si erge a difesa del proprio ruolo di custode e pastore e mette mano alla dolcezza della predicazione e alla forza del diritto. Inutilmente parlerà e ammonirà, spiegherà e discuterà. Alla fine, malgrado tutto, scaglierà i suoi strali. Marco Meschini conduce il lettore tra le onde del conflitto: dal sorgere delle eresie nell'Europa del XII secolo all'avvento di Innocenzo III (1198-1216), che lancia la prima crociata albigese; dall'omicidio del legato pontificio Pietro di Castelnau (1208) ai roghi collettivi degli eretici; dalla strage di Béziers (1209) al leader militare dei crociati, Simone di Montfort, modello di cavaliere cristiano per gli uni e incubo demoniaco per gli altri. Un libro mai tentato prima, un ritmo serrato tra narrazione e analisi, lungo la traccia dolorosa della verità.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a L'eretica di Marco Meschini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Theology & Religion e History of Christianity. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858114452

VI. Il Monte Forte

Voglio vincere con i miei oppure morire con loro.
[Pietro di Vaux-de-Cernay, Storia albigese, § 271]
Le mura ombreggiano nette.
4 di agosto.
Caldo.
L’esercito crociato, accampato da qualche mattina intorno a Carcassonne, capitale dei Trencavel, ha già conquistato d’assalto il primo suburbio della città. Fidando sulla propria capacità di urto frontale, i crociati sono pronti ad attaccare il secondo sobborgo, protetto da mura e fossato; si levano le preghiere di monaci e sacerdoti: «Vieni, Santo Spirito!», cantano le loro voci angeliche. L’assalto viene dato, impetuoso, ma il visconte Raimondo Ruggero e gli altri assediati sono pronti alla difesa, riversano un nugolo di pietre sugli attaccanti. Questi si fermano, vacillano, sono costretti a indietreggiare. Un cavaliere crociato viene raggiunto da una pietra a una gamba, cade a terra. Su di lui si concentra il tiro dei difensori e dalle file dei suoi compagni d’arme gli sguardi che arrivano paiono dire la stessa cosa: è spacciato.
Poi, all’improvviso, un cavaliere si slancia verso il ferito. Lo segue di getto un unico sergente, sotto la pioggia d’armi dei nemici. Dardi, legni, pietre.
Lo scudo in alto, lo scatto in avanti, si muovono a scansare la morte, più veloci. Il ferito è raggiunto. Il cavaliere lo aiuta a rialzarsi, il sergente li difende e si ripara con lo scudo; insieme si proteggono, insieme indietreggiano. Intorno pietre, frecce, legni, piove la guerra. Infine, passo passo, sono fuori tiro.
Un urlo liberatorio si leva dalle gole dei crociati. Il nome dell’eroe passa di schiera in schiera: Simone di Montfort.
Egli darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutti i tuoi passi.
Sulle loro mani ti porteranno
perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
Oracolo del Signore.
Ne avranno parlato per giorni, la sera, durante le cene davanti ai fuochi e durante le veglie, piccolo evento dentro un uragano. Ma simbolo potente di lotta e di salvezza, e il simbolo è luce per le menti degli uomini.
* * *
La distruzione di Béziers aveva ottenebrato e rischiarato: non si trovò più nessuno disposto ad opporsi alla crociata per una cinquantina di miglia verso occidente, solo terra bruciata – case, città, castelli vuoti, mulini e forni distrutti – e sottomissioni tremanti. Tra la fine di luglio e i primi di agosto vengro a Carcassona, «arrivarono a Carcassonne», dove on era dins dolans per la mort de Bezers, «si era dentro dolenti per la morte di Béziers». Perché anche le città possono morire.
A guardarla arrivare, la crociata lasciava a bocca aperta. Il giovane Raimondo Ruggero correva sulle sue gambe di quindicenne lungo gli spalti e al riparo delle bertesche – aggettanti sovrastrutture lignee che permettevano di dominare le basi delle mura – e esgarda la ost, don es meravilhans, «e guardava l’esercito, e se ne meravigliava». Non è un gioco stupendo, la guerra? Non è bello vestire e impugnare il ferro lucente? E non è felicità pura galoppare in sella a un destriero percependone la forza, sentendo il suo e il proprio corpo rispondere ai comandi?
Il visconte chiamò i suoi uomini: «Signori, preparatevi tutti, prendete le armi, montate a cavallo, carichiamo con 400 dei nostri uomini migliori. Prima che faccia buio li metteremo in rotta!». Coraggio e follia, gioco e speranza, fiorente giovinezza di Raimondo Ruggero!
A rispondergli è Pietro Ruggero di Cabaret: «Per la mia fede, se volete seguire il mio consiglio non farete la sortita. Perché domattina dopo il pasto i francesi avanzeranno verso di noi, vicino ai fossati; cercheranno di toglierci l’accesso all’acqua dove noi tutti ci dissetiamo; allora vi saranno molti colpi dati e molti colpi ricevuti». Decisamente, i vassalli del visconte non erano ansiosi di battersi; altri avevano smaniato e ora non si agitavano più. Serviva prudenza, ora, tanto più che secondo la tradizione le mura di Carcassonne avevano resistito per sette anni all’assedio di Carlo Magno e dunque avrebbero potuto ben respingere anche la crociata1.
Il 3 agosto era cominciato l’assalto. Il primo sobborgo era caduto in un giorno ed era stato bruciato, morti e feriti avevano cominciato a contarsi da entrambe le parti. Dal giorno 4 gli attacchi si erano appuntati contro il secondo sobborgo, più vicino al quale scorreva il fiume Aube, riserva idrica della città; lo slancio non fu però sufficiente e si passò a erigere le macchine d’assedio.
Chi ha detto che la guerra è capace solo di distruggere? Sono così tanti i tecnici e gli ingegneri che le servono e la servono. Per esempio la guerra necessita della petraria e del manganum, di «mangano» e «petriera», ovvero le più diffuse macchine da lancio dell’epoca, per le quali il latino antico aveva forgiato una parola inequivoca: tormenta. Si trattava di macchine a trazione, costituite da un’asta imperniata su un supporto ligneo; a un’estremità vi era una sorta di sacca di corde destinata ad accogliere la pietra da lanciare; all’altra pendevano delle funi che, tirate dai serventi, imprimevano al braccio della leva un movimento rotatorio da cui derivava il lancio del proiettile. Le loro dimensioni erano relativamente contenute e la capacità di tiro generalmente ridotta, ma ciò non impediva che la paura accompagnasse il loro sorgere e il loro agire.
Il ritmo delle operazioni si rallentò fisiologicamente, seguendo i processi di costruzione, caricamento, getto, recupero ed eventuale riparazione delle macchine. Per otto giorni i crociati martellarono le mura, vanamente contrastati dai colpi dei balestrieri; infine l’acqua dell’Aube era conquistata, mentre i carcassonesi in ritirata davano fuoco al loro secondo sobborgo. Restavano circa 500 metri tra l’armata e le mura della città.
Con il suo passo lento e sovrano, il leone della crociata guatava la preda. Nessun corvo e nessun avvoltoio, nessun malaugurio incrociò il suo cielo. I viveri abbondavano e i crociati li scambiavano con l’estratto della salina dello stagno di Marseillette, requisito nel loro passaggio. Anche così, a ogni modo, ciascuno di loro spendeva somme importanti, perché la crociata è volontaria e autofinanziata, e raramente è un buon affare. Ma la preda era lì, bloccata.
* * *
Una nuvola di polvere si avvicinò da sud-ovest.
Sguardi dal campo crociato e dagli spalti, incertezza e speranza. Spuntarono bandiere gialle e rosse, la voce prese a girare: un sovrano giungeva al gran trotto, il re d’Aragona. Cento cavalieri lo seguivano: ben più di una scorta, erano un esercito personale e regale. Pietro II il suo nome.
Mise piede a terra davanti al padiglione di Raimondo VI di Tolosa sulla riva del fiume, di fianco ad un bosco frondoso. La frescura dell’acqua e della foglia, i saluti dei crociati: «Siate il benvenuto». Ma venuto perché?2
Il fatto era che né Carcassonne né Béziers stavano in terra di Francia. All’inizio del Duecento la viscontea Trencavel, benché attorniata tra occidente e settentrione dai territori del regno francese, dipendeva da un’altra corona, appunto quella di Aragona. Erano ormai passati trent’anni da quando nel 1179 re Alfonso II, padre di Pietro II, aveva ricevuto l’omaggio di Ruggero II, padre del giovinetto Raimondo Ruggero, per siglare un’alleanza in chiave anti-tolosana; e questa non faceva che rinforzare una situazione in essere già dall’XI secolo3.
Ciò significa che la crociata, lanciata per colpire un barone dipendente dal re di Francia – e appunto a Filippo II si era rivolto per primo e a più riprese Innocenzo III –, aveva finito con l’attaccare un vassallo di Pietro II. La guerra si dilatava, si internazionalizzava ancora di più. Intralci derivavano: perché si poteva trattare senza riguardi un visconte giovinetto, ma con un re la situazione era diversa. Era quanto pensava lo stesso Pietro II: avrebbe fatto pesare il suo ruolo e la sua persona sacrale. Lui, l’unto del Signore.
Mangiarono e bevvero, quindi Pietro montò sul suo palafreno – il cavallo elegante, per il viaggio e le parate – ed entrò in città, tra il silenzio delle armi crociate e i sussulti di gioia degli assediati. Corsero incontro alla sua persona – lui, il re – loro «che erano i suoi uomini e i suoi amici». Raimondo Ruggero raccontò la pena di Béziers e «il suo paese gastat e cofondut, guastato e distrutto». Che fare? «Baroni!» – disse il re – «non è colpa mia: io vi avevo invitato a cacciare gli eretici e lo avevo ordinato, ma in questa città si sono riunite molte assemblee di quel folle errore». Le sue parole non avrebbero forse potuto essere più dure e vere: a più riprese, nel 1194 e nel 1198, la corona di Aragona aveva legiferato contro l’eresia, persino ricorrendo al concetto di lesa maestà prima di Innocenzo III e della Vergentis in senium. Pietro II avallava così l’assunto fondamentale della crociata: i protettori degli eretici erano passibili di punizione, proprio come i biterresi, come i carcassonesi. Ma allora cosa era giunto a fare, il re? A far valere il suo peso politico. Pietro II chiese di poter trattare con i legati e i comandanti crociati a nome del visconte in quanto suo dominus principalis, «signore superiore». La città era sì forte, ma gravata da troppe bocche da sfamare tra donne e bambini, senza contare l’impressionante potenza della crociata: il re vi era passato dentro, fra le tende e i padiglioni, prima di entrare in città, sapeva di cosa parlava, né aveva con sé forze sufficienti anche solo per ipotizzare una qualche azione militare contraria alla crociata. Si doveva trattare. Raimondo Ruggero diede la sua acordansa, per sé e per i suoi baroni.
Pietro II raggiunse nuovamente il comando crociato e, quando arrivò Arnaldo Amalrico – «giacché senza il suo consiglio non si sarebbe fatto niente» –, trattò per i suoi vassalli. Parlò e spiegò, il re, intercedendo presso baroni a lui inferiori – l’unto del Signore davanti a semplici mortali – e presso il legato, l’alter ego del papa di Roma. Gli interpreti ebbero il loro daffare, quel giorno. E quando tutto fu spiegato e domandato, arrivò la risposta: per amor de lui – dunque proprio per via della sua persona regale – il legato e gli altri comandanti della crociata acconsentivano a che il visconte uscisse liberamente dalla città con undici uomini da lui scelti; avrebbero potuto portare via tutto ciò che avrebbero avuto indosso; e tot lo sobreplus a lor voler sera, «e tutto il resto sarebbe rimasto a discrezione dei crociati».
Figurarsi l’espressione del re, ora, non sarebbe impossibile, anche qualora non avessimo le parole di Guglielmo di Tudela che lo ritraggono felos e corrossos, «stizzito e corrucciato», e quella sua frase detta come un sibilo entre dens, «tra i denti»: Aiso s’acabara aisi tot co us azes sus el cel volara, «ciò avverrà quando un asino volerà in cielo». A questo aveva portato tutto il suo prestigio internazionale: ad una proposta inaccettabile, studiata apposta per impedire le trattative, un’offesa mascherata da offerta «politica». Iniziò in quel giorno lo strano rapporto tra i due, il re ed il legato, nemici in terra cristiana e alleati, un giorno non troppo lontano, in faccia alla minaccia musulmana.
Com’era ovvio, la «proposta» del legato venne rifiutata. Al re non restò che andarsene, corrosos e iratz, «corrucciato e adirato», con «un peso sul cuore» e «con gran dolore» perché non era riuscito a ottenere ciò che desiderava; la crociata si era fa...

Indice dei contenuti

  1. Prologo. Terradoca
  2. I. Sommo pontefice
  3. II. «Vindicta»
  4. III. Anime e corpi
  5. IV. «Terribilis»
  6. V. La radice d’amarezza
  7. VI. Il Monte Forte
  8. VII. «Dolosa»
  9. VIII. Il Raggio puro
  10. IX. Il giudizio di Dio
  11. Epilogo. I fantasmi e la speranza
  12. Nota dell’Autore
  13. Note
  14. Bibliografia
  15. Glossario
  16. Cartine