IV.
Ammiragli e regime: la politica navale
(1926-1933)
La penetrazione del fascismo negli ambienti della marina dipendeva dalla possibilità di realizzare un progetto geopolitico, alla cui base stava la realizzazione di una flotta capace di dare una posizione egemonica all’Italia nel Mediterraneo e nel Mar Rosso. Gli anni successivi al compromesso del 1926 servirono a creare le basi per costruirla. Lo sviluppo della flotta però risentì della situazione politica del regime, caratterizzandosi per precisi limiti strutturali che emersero precocemente, a causa delle esigenze di politica estera del fascismo, che prepose una politica estera di prestigio, attraverso la ricerca dalla parità con la Francia, alle necessità militari della flotta. Parallelamente emerse un altro problema, intimamente connesso alla struttura politica del regime: la rivalità interforze con l’aeronautica, che impedì lo sviluppo di un’adeguata capacità aeronavale con gravi ripercussioni a lungo termine sull’efficienza della marina. Agli inizi degli anni Trenta, alcuni ammiragli invocarono un cambio di rotta, ma si scontrarono con le scelte di Mussolini, sempre più deciso ad una svolta totalitaria che avrebbe ridotto al minimo gli spazi di discussione nel paese e nelle forze armate.
Negli anni 1926-1933 il regime era ormai avviato alla sua totalitarizzazione, a causa della quale i vecchi rapporti di potere dello Stato liberale furono scardinati. Ma i vari compromessi stretti da Mussolini con le forze tradizionali logoravano e complicavano la deriva totalitaria del fascismo. Il regime rafforzò la sua egemonia sulla società italiana e nel 1929, prima con il concordato con il Vaticano e poi con il plebiscito elettorale, che portò alla formazione di una camera interamente fascista, completò la sua «conquista del potere». Sino al marzo 1933, in politica estera, l’Italia era ancora l’unica grande potenza europea revisionista e Mussolini si adattò alla situazione, continuando in apparenza la politica del «peso determinante» e affidandone l’attuazione a Dino Grandi, ministro degli Esteri dal 1929 al 1932. Nel frattempo, si convinse con sempre maggiore risolutezza che senza forzare l’equilibrio esistente, anche con l’utilizzo delle armi, non sarebbe approdato a nulla.
Il dittatore credette che a partire dalla metà degli anni Trenta in Europa avrebbe potuto esplodere un conflitto di grandi proporzioni del quale l’Italia fascista avrebbe dovuto approfittare per saziare le proprie ambizioni, preparando le forze armate alla guerra. Doveva però tenere conto delle limitate risorse del paese, nonostante la propaganda di regime. Così, esercito e aeronautica continuarono ad ampliarsi: furono però costretti a rivedere al ribasso i propri sogni. Infatti, il primo incrementò il suo sviluppo in continuità con l’ordinamento Badoglio-Cavallero del 1926, portando le divisioni da 40 a 48, ma fu costretto a mantenere l’impostazione per la guerra sulle Alpi. L’aeronautica, sotto guida di Balbo, avviò una fase di espansione che avrebbe dovuto portare gli organici a 100 squadriglie, ma a causa delle restrizioni di bilancio e del rapido invecchiamento del materiale fu impossibile realizzare gli obiettivi preposti. Come vedremo, la marina invece provò una strada qualitativa per poi essere forzata ad una svolta quantitativa. Questa diversità lascia intendere quanto fosse disarmonica la preparazione delle tre forze armate, influenzata dall’alto grado di autonomia reciproca che mantennero.
Agli osservatori più attenti, le conseguenze della politica mussoliniana non sfuggirono e così si esprimeva nel 1931 il capo di stato maggiore imperiale britannico:
In conclusione, ho pochi dubbi che l’obiettivo ultimo della politica italiana è l’espansione, sia attraverso mezzi pacifici che di guerra, in prospettiva verso la formazione di un impero italiano [...] L’Italia è certamente fiduciosa che presto o tardi una distribuzione dei territori del mondo è imminente; e ha compreso che, quando il momento arriverà, un’Italia preparata sarà certamente meglio di un’Italia impreparata. Al tempo stesso, le sue simpatie e i suoi interessi sono chiaramente collegati a quegli stati che basano le loro aspirazioni future sulla revisione dei trattati di pace; e queste speranze ella solertemente stimola e porta avanti, mentre mantiene la propria casa in ordine aspettando il giorno quando potrà intervenire con vantaggio in una guerra che essa probabilmente esiterebbe a cominciare.
Dietro questa facciata di preparazione stavano però i limiti strutturali del regime e del paese. Il primo era che l...