Iperdemocrazia
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Iperdemocrazia

Come cambia la sovranità democratica con il web

  1. 34 pagine
  2. Italian
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Come cambia la sovranità democratica con il web

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«Se si vuol discutere seriamente di tecnologia e democrazia, allora, bisogna evitare una versione riduttiva dell'una e dell'altra. Gli strumenti resi disponibili dalle diverse tecnologie dell'informazione non debbono essere considerati soltanto come mezzi che rendono possibile un voto sempre più facile, rapido, frequente.»«Si può sfuggire a questa impostazione dei rapporti tra tecnologia e democrazia? Per farlo, è necessario andar oltre l'identificazione della democrazia elettronica con una logica di tipo referendario e analizzare le molteplici dimensioni del problema, che riguardano gli effetti delle tecnologie dell'informazione sulle libertà individuali e collettive; i rapporti tra amministrazione pubblica e amministrati; le forme dell'organizzazione collettiva dei cittadini; le modalità di partecipazione dei cittadini alle diverse procedure di decisione pubblica; i tipi di consultazione dei cittadini; i caratteri e la struttura del voto.»

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858109502

Vicende della sovranità

1. La frammentazione del sovrano

Una rappresentazione di maniera, mai abbastanza criticata, propone un’idea di sviluppo lineare della democrazia, che troverebbe il suo compimento proprio grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di sottoporre ogni decisione al voto dei cittadini. La parola chiave, quindi, diventa ‘televoto’, indicato come il punto d’arrivo d’una evoluzione partita da un sistema di rappresentanza limitata, che avrebbe poi attraversato le tappe di un sistema di rappresentanza estesa, di un sistema rappresentativo con elementi di partecipazione e di un sistema partecipativo con elementi di rappresentanza, per approdare infine ad un sistema di piena partecipazione1.
Si devono sempre considerare con grande prudenza le associazioni troppo strette tra progetti politici e possibilità tecnologiche. È indubbio, però, che siamo di fronte ad una vera crisi delle forme tradizionali della democrazia rappresentativa, che può tradursi (o già si traduce) nel rifiuto delle istituzioni da parte di molti cittadini. Poiché una possibile via d’uscita viene indicata in una integrazione tra forme della democrazia rappresentativa e forme della democrazia diretta, diventa giusto chiedersi se le tecnologie dell’informazione – rendendo tecnicamente possibile una associazione più immediata dei cittadini alle fasi della proposta, della decisione e del controllo – possano aiutarci ad inventare la democrazia del XXI secolo.
Se si vuol discutere seriamente di tecnologia e democrazia, allora, bisogna evitare una versione riduttiva dell’una e dell’altra. Gli strumenti resi disponibili dalle diverse tecnologie dell’informazione non debbono essere considerati soltanto come mezzi che rendono possibile un voto sempre più facile, rapido, frequente. Così verrebbe accolta una visione ristretta della democrazia, vista non come un processo di partecipazione dei cittadini, ma solo come una procedura di ratifica, come un perpetuo gioco del sì e del no, giocato da cittadini che tuttavia rimangono estranei alla fase preparatoria della decisione, alla formulazione delle domande alle quali dovranno rispondere. Il mutamento concettuale e politico è evidente. La democrazia diretta diventa soltanto democrazia referendaria e, all’orizzonte, compare piuttosto la democrazia plebiscitaria.
Si può sfuggire a questa impostazione dei rapporti tra tecnologia e democrazia? Per farlo, è necessario andar oltre l’identificazione della democrazia elettronica con una logica di tipo referendario e analizzare le molteplici dimensioni del problema, che riguardano gli effetti delle tecnologie dell’informazione sulle libertà individuali e collettive; i rapporti tra amministrazione pubblica e amministrati; le forme dell’organizzazione collettiva dei cittadini; le modalità di partecipazione dei cittadini alle diverse procedure di decisione pubblica; i tipi di consultazione dei cittadini; i caratteri e la struttura del voto. Queste, però, non sono questioni separate, ma sfaccettature d’un unico tema, che può essere meglio compreso nella sua dimensione complessiva se, ad esempio, si considerano gli effetti sul sistema politico delle diverse tecnologie dell’informazione dal punto di vista della sovranità.
Il fenomeno della ‘frammentazione del sovrano’ può essere colto considerando quelle forme di comunicazione politica che vengono sintetizzate con formule come ‘teledemocrazia’, ‘videocrazia’, ‘videopolitica’, alle quali si aggiunge la dimensione della ‘sondocrazia’. Il mezzo televisivo e la tecnica dei sondaggi, infatti, modificano il senso di tutte le presenze nella ‘piazza elettronica’, rafforzando la dimensione personale della politica sia sul versante dei suoi protagonisti, sia per quanto riguarda la platea dei cittadini.
Si è detto molte volte che la televisione tende a divenire non solo un mezzo che esalta il momento personalistico della politica, ma il luogo della stessa selezione del personale politico, che si svolge con modalità e tecniche non comparabili con quelle del passato. La televisione, soprattutto se associata ad altre tecnologie dell’informazione (banche dati, numeri telefonici a chiamata gratuita, ecc.), consente una sostituzione globale di tutti gli altri canali d’accesso alla politica, permettendo la creazione ‘dal nulla’ di una figura pubblica in grado di competere immediatamente con i già collaudati protagonisti della politica. I dati nuovi da considerare sono rappresentati, per un verso, dalla rapidità con cui può avvenire questa apparizione sulla scena pubblica; e, per un altro, dal suo realizzarsi esclusivamente nella dimensione della comunicazione, cancellando radicalmente tutte le tradizionali forme di apprendistato politico (appartenenza ad un partito, attività in organizzazioni sociali, e via dicendo).
Osservando una significativa esperienza statunitense, si può mettere in evidenza come, nel caso di Perot, l’alto gradimento ottenuto grazie ai sondaggi abbia di colpo fatto di questo sconosciuto imprenditore un candidato di rango pari a quello di Clinton o Bush, superando anche la necessità di istituzioni come le primarie e rendendo del tutto superfluo l’apparato di partito. Di fronte al ruolo così assunto dalle nuove forme della comunicazione politica si potrebbe essere tentati di riproporre una vecchia domanda, tante volte sollecitata dal potere dei giornalisti: «chi ha eletto la stampa»? Ma, nei casi qui considerati, l’apparente oggettività dei processi fa apparire impropria la domanda, perché siamo di fronte a tecnologie che si legittimano per il solo fatto di esserci.
Al caso di Ross Perot se ne può aggiungere uno italiano. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, tra la fine del 1990 e la primavera del 1992, costruì una posizione politica attraverso una presenza massiccia e continua nei programmi televisivi, con una forza che derivava anche dall’aggressività del linguaggio e dall’assoluta impossibilità di replica da parte di chi sosteneva posizioni diverse.
Quest’ultimo esempio enfatizza il carattere di comunicazione verticale tipico della tradizionale comunicazione televisiva. Si può aggiungere che, insieme al caso Perot, pone il problema di una sorta di congenialità tra questa forma di comunicazione ed una visione populista della politica, non tanto per la semplificazione del messaggio che ordinariamente l’accompagna, ma perché si risolve in un messaggio diretto immediatamente ai cittadini, saltando del tutto il circuito delle istituzioni rappresentative.
Ma, considerazioni a parte sugli eventuali caratteri populisti del sistema politico, è certo che tutte le forme di comunicazione verticale determinano una ricezione passiva, sia pure temperata dalle strategie di difesa che gli utenti pongono in essere. A ciò si deve aggiungere che la comunicazione televisiva ha come effetto il formarsi delle opinioni dei destinatari del messaggio fuori dei luoghi di tipo comunitario e senza le possibilità di un immediato confronto. L’insieme dei cittadini – il ‘sovrano’ – viene così segmentato, tendenzialmente ridotto ad una molteplicità di individui non comunicanti.
È in questa prospettiva che si può meglio valutare la dissoluzione delle forme di organizzazione del sovrano tipiche della fase storica più recente, in primo luogo dei partiti e dei sindacati. Al di là di altre funzioni, il partito politico, nell’era pretelevisiva, si presentava anche come il protagonista di una comunicazione politica diretta (assemblee pubbliche, comizi, contatti continui dei membri del partito con i cittadini) e soprattutto corale e, quindi, in certa misura spersonalizzata. Il partito politico, infatti, aveva bisogno di stabilire una molteplicità di contatti nello spazio e nel tempo e doveva per ciò mettere in campo un vero esercito di ‘comunicatori’. Il suo rapporto con i cittadini, dunque, era di tipo corale: anche quando il partito si identificava con una personalità particolarmente forte, il contatto con i cittadini richiedeva la necessaria mediazione di una miriade di altre persone, quasi sempre più vicine e visibili dell’uomo politico lontano e inafferrabile.
Le molteplici tecniche oggi al servizio della politica, e più precisamente delle persone che l’incarnano, modificano radicalmente il panorama appena descritto. Il politico, candidato ad elezioni o interessato comunque ad ...

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  1. Vicende della sovranità
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