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Augusto, il fondatore
Augusto è un’icona, ed è facile capire perché. Poche figure storiche mostrano meglio di lui quel che occorre per vincere tutto. Pose fine a un secolo di rivoluzioni, abbatté la repubblica romana sostituendovi l’impero, che fu il primo a guidare. Ma Augusto rappresenta anche un mistero. Orfano di padre a soli quattro anni, a diciannove era già uno dei maggiori protagonisti della politica romana. Come vi riuscì, e come fece a realizzare tutto quello che ne seguì?
Come poté avere la meglio su un’opposizione guidata dalla più affascinante coppia della storia politica, Antonio e Cleopatra? Come poté un ragazzino delicato trasformarsi in un vittorioso signore della guerra, e poi diventare uno dei più famosi promotori di pace della storia? Come riuscì a trovare il perfetto numero due, un collaboratore che svolgesse per suo conto le funzioni di generale e amministratore senza insidiare il suo potere? In che modo riuscì a gestire uno dei matrimoni più produttivi ma complessi della storia, quello che lo legò alla brillante, talentuosa e astuta Livia? Come poté fondare una dinastia che durò un secolo e un impero che avrebbe segnato quelli successivi?
Verso la fine della sua lunga vita, Augusto rispose ad alcuni di questi interrogativi. Sulle colonne bronzee all’ingresso del suo mausoleo a Roma fece collocare un’iscrizione in cui si legge questa frase: «dopo aver estinto le guerre civili, avendo conseguito tutto il potere attraverso il consenso universale, trasferii il governo dello Stato dalla mia potestà al libero volere del Senato e del popolo romano. E per questo mio merito con decreto del Senato fui denominato Augusto»1.
Questa era la versione ufficiale. Ma quale fu la vera storia? Cominciamo da un bimbetto, e seguiamone l’ascesa.
Il figlio di azia
Era nato il 23 settembre del 63 a.C. Lo conosciamo come Augusto, ma si è soliti chiamarlo Ottaviano quando ci si riferisce ai suoi primi trentacinque anni di vita. Fu solo allora che assunse il nome di Augusto.
Suo padre, Gaio Ottavio, proveniva da una famiglia di una cittadina a sud di Roma che si era data molto da fare per affermarsi. Ottavio era ricco e nutriva ambizioni politiche, ma era privo di quell’ascendenza nobiliare che la maggior parte dei romani, ricchi o poveri che fossero, si aspettava dai propri capi. Col termine «nobiltà» i romani intendevano riferirsi a un gruppo di persone molto ristretto: i discendenti dei consoli, cioè dei due supremi magistrati del governo romano eletti annualmente2. Ottavio si sposò con una nobile, la figlia della sorella di Giulio Cesare, la quale aprì le porte del potere al marito e al loro giovane figlio: Azia3.
Il matrimonio di Azia cominciò bene, col trasferimento a Roma e l’ascesa di suo marito nei ranghi politici. Gaio Ottavio sembrava destinato al consolato, ma morì improvvisamente nel 58 a.C. mentre rientrava da un viaggio all’estero dopo un positivo periodo da governatore provinciale. Azia si ritrovò vedova con due figli: Ottaviano e la primogenita Ottavia.
A complicare ulteriormente i problemi del piccolo orfano Ottaviano concorse il fatto che almeno uno dei suoi tutori amministrò improvvidamente la sua eredità, o addirittura se ne appropriò. Tuttavia, il bambino non solo sopravvisse ma crebbe vigoroso. Tre cose lo sostenevano: sua madre, la sua famiglia e la sua stessa capacità di resistere.
Azia è una delle eroine non celebrate della storia, anche se è vero che non la conosciamo appieno: non sappiamo neppure che aspetto avesse, poiché non sembrano esserci rimaste sue immagini né sulle monete né in opere scultorie. Le Memorie oggi perdute di Augusto ne tracciano un ritratto che forse sopravvisse negli scritti successivi della tradizione romana: quello di una casta madre della vecchia scuola che applicava una rigorosa disciplina e controllava attentamente la crescita di suo figlio4. Le fonti ci consegnano l’immagine di una donna scaltra, pragmatica, politicamente abile e dedita a promuovere instancabilmente la carriera del figlio.
Le madri romane dovevano svolgere questo ruolo di promotrici. Spesso i mariti morivano prima di loro, lasciandole nella condizione di dover badare ai figli da sole. La storia romana è piena di energiche figure di madri impegnate a promuovere i propri figli. La letteratura latina offre l’esempio della dea Venere che sospinge il figlio Enea verso il suo destino divino: la fondazione di Roma5. Non c’è da stupirsi, quindi, che i romani riverissero le proprie madri.
Poco dopo essere rimasta vedova, Azia si risposò, stavolta con un’altra figura pubblica di primo piano: Lucio Marcio Filippo, che era stato console nel 56 a.C., un personaggio sfuggente che riuscì a rimanere fuori dagli schieramenti della guerra civile (49-45 a.C.), e tuttavia poté mantenere posizioni di vertice. Dal patrigno il giovane Ottaviano avrebbe potuto apprendere aspetti non secondari dell’arte dell’inganno, ma Azia affidò il piccolo alle cure di sua madre Giulia, che lo tenne con sé negli anni della formazione. Il fratello di Giulia, Giulio Cesare, stava a quel tempo conquistando la Gallia, ed era quindi avviato a diventare l’uomo più importante di Roma. Sicuramente Giulia gli scrisse parlandogli di quel giovanetto brillante e ambizioso di cui si prendeva cura, e di come costituisse un motivo di orgoglio per la famiglia.
Quando Giulia morì, nel 51 a.C., Ottaviano si trasferì in casa della madre e del patrigno, ma continuò a pensare al suo famoso prozio. Si dice che nel 46 a.C. fosse impaziente di raggiungere Cesare al fronte, ma Azia, preoccupata della salute del ragazzo, non glielo consentì6.
Mentre Ottaviano cresceva, Cesare stava rivoluzionando Roma, che era diventata una fiera repubblica indipendente. Il popolo e l’élite partecipavano alla gestione del potere mediante istituzioni quali assemblee, tribunali, funzionari elettivi e un Senato. Questo in teoria. Di fatto, la repubblica non fu in grado di reggere all’urto di un generale conquistatore come Cesare, forte di decine di migliaia di fedeli soldati.
Quando nel 49 a.C. Cesare varcò il Rubicone dopo essere partito con le sue forze dalla Gallia, inflisse la guerra civile a un paese che aveva già subìto un cinquantennio di conflitti civili intermittenti, le cui radici risalivano a una crisi iniziata due generazioni prima. Sembra che Roma fosse bloccata in un inestricabile groviglio di irrisolvibili questioni politiche, militari, sociali, economiche, culturali e amministrative.
Solo qualcuno che potesse domare sia la città di Roma sia il suo impero avrebbe potuto riportare la pace, l’ordine e la stabilità. Quell’uomo non era Cesare. Cesare era un conquistatore, non un costruttore. Ma se lui non era in grado di farlo, chi altri avrebbe potuto riuscirvi?
Cesare non aveva figli legittimi, anche se probabilmente dalla sua relazione extramatrimoniale con Cleopatra era nato un principe straniero, Cesarione. Ma quale proprio erede scelse un altro parente: tra i vari suoi nipoti e bisnipoti legittimi, fu Ottaviano a imporsi su tutti. Acceso dall’ambizione, Ottaviano era un politico naturale: intelligente, affascinante, comunicativo e bello7. Sebbene non fosse un soldato nato, era tenace, astuto e audace. Ed era dotato di una volontà di ferro. Dietro di lui, poi, c’era Azia, che sicuramente ...