1. Introduzione
La massima fondamentale di ogni polizia bene organizzata è necessariamente la seguente: quando sia necessario, ogni cittadino deve poter essere subito riconosciuto, dovunque, come questa o quella determinata persona.
Johann Gottlieb Fichte, Grundlage des Naturrechts, 1796
«L’identità è il nuovo denaro». Che significa? La mia tesi è che l’identità sta cambiando. Nella società postindustriale di oggi l’identità è molto cambiata rispetto a nozioni che ci sono più familiari, come la concezione burocratica dell’identità nata dalla società industriale otto-novecentesca e dall’anonimato delle città, o l’idea preindustriale di una identità incentrata sulla famiglia allargata e sul clan. Potremmo anche chiamarla «nuova identità», per sottolinearne la natura tecnologica.
L’idea di fondo di questo libro è che l’identità e il denaro stiano cambiando profondamente per effetto dei cambiamenti tecnologici, e che le loro traiettorie tendano a convergere. Tra non molto per eseguire una qualsiasi transazione ci basteranno le nostre identità. Il cambiamento tecnologico di cui parlo è imperniato sull’evoluzione dei social network e dei telefoni cellulari. Ciò consentirà di costruire una infrastruttura dell’identità in grado di accrescere sia la privacy sia la sicurezza, senza più essere costretti a scegliere tra l’una e l’altra.
Nel lungo periodo gli effetti di questi cambiamenti sono impossibili da prevedere, anche perché la loro forma futura dipenderà da come le aziende approfitteranno delle opportunità di fare business offrendo servizi di transazione. In ogni caso prevedo che il denaro contante ben presto sarà del tutto superfluo – il che è un bene –, mentre al suo posto ci sarà una proliferazione di nuove valute digitali.
Ripensare l’identità
Nel mondo delle nuove tecnologie il vecchio concetto d’identità si è spezzato. L’identità non è più unica né fissa, per quanto chi amministra possa trovare comodo crederlo. Alle persone sono associati, in realtà, tre tipi d’identità: l’identità personale o psicologica individuale, l’identità sociale e l’identità giuridica. L’identità individuale e l’identità sociale non sono fisse, ma evolvono e cambiano nel corso della vita, e non vanno confuse con l’identità giuridica, che invece non cambia e riguarda la possibilità d’identificare una persona. Nel mondo online abbiamo molteplici identità sociali, direttamente o indirettamente collegate alla nostra identità giuridica. Esistono poi diversi meccanismi per validare vari tipi di transazione e garantire sicurezza e privacy.
Una nuova visione dell’identità è assolutamente necessaria, e in ultima analisi inevitabile. Ma dipende dalla complessa coevoluzione di tecnologia e paradigmi. È estremamente difficile prevedere come avverrà questa coevoluzione, anche solo nei prossimi anni. I tecnologi (e io sono uno di loro) tendono a sopravvalutare la velocità di diffusione delle nuove tecnologie e a sottovalutare il loro impatto sociale nel lungo periodo. In altre parole, ci vorrà più tempo di quanto pensano quelli come me prima che le nuove forme d’identità trasformino i mercati di massa. Ma quando accadrà, le conseguenze sociali andranno molto al di là di un accesso più comodo al sito web del «Daily Telegraph». Resta il fatto che quando si cerca di allungare lo sguardo oltre l’orizzonte immediato, i cambiamenti sociali prodotti dalle nuove tecnologie diventano molto più difficili da prevedere.
È sempre stato così. Il 3 aprile 1988 il «Los Angeles Times Magazine» provò a immaginare come sarebbe stata la vita nella Los Angeles del 2013. La descrizione conteneva molte idee bizzarre, tra cui alcune inverosimili fantasticherie sull’uso diffuso di jet supersonici e su nuovi tipi di sigarette. Ma leggerle oggi è divertente. La mia raccomandazione, in linea con il vero spirito paleofuturista, è di non ridere su cosa era sbagliato in quelle previsioni, ma piuttosto di riflettere sul perché di quegli sbagli. Che cos’è che non va, ad esempio, in questo passo?
Bill è alla ricerca di sua moglie per avvertirla che avranno ospiti a cena. Non riesce a trovarla né a casa né in ufficio...
In realtà sono almeno dieci anni che mia moglie mi chiama a casa, in ufficio o in qualsiasi altro posto. Quando vuole parlarmi mi chiama, punto e basta: non ha bisogno di sapere dove sono in quel momento. La telefonia mobile ha influenzato non solo il business delle cabine telefoniche, ma lo stesso paradigma delle comunicazioni, lo schema mentale condiviso che è alla base della nostra idea del comunicare.
Mal distribuito
Al romanziere canadese William Gibson – autore di uno dei testi narrativi fondamentali sulla nuova economia, lo splendido romanzo Neuromante, e creatore del termine «cyberspazio» – dobbiamo anche la celebre osservazione secondo cui «il futuro è già qui, solo che è mal distribuito».
Ciò che Gibson vuol dire con questa frase è che le tecnologie che determineranno la forma della società in cui viviamo esistono già: solo che non ce ne siamo accorti. Uno degli elementi chiave che mancano in quella visione del mondo nel 2013 risalente a venticinque anni fa è il telefono cellulare: eppure esisteva già da dieci anni. Sono sicuro che alcuni di quei giornalisti lo avevano: ma non avevano capito in che direzione andavano i telefoni cellulari.
Penso che nei prossimi venticinque anni il futuro dell’identità, come il futuro di tanti altri strumenti quotidiani, sarà basato proprio sul congegno a suo tempo chiamato telefonino: su quello che Sam Lessin di Facebook ha definito il «superpotere» di comunicare con chiunque nel mondo, in qualsiasi momento, ovunque si trovi. Comprenderlo è fondamentale per individuare e prevedere il paradigma dell’identità esaminato nel capitolo 2. Al Digital Money Forum il futurologo Richard Watson, parlando del problema di fare previsioni che vadano oltre la propria generazione, ha spiegato che uno dei problemi di fondo è che le bolle digitali in cui viviamo producono una sorta di balcanizzazione del futuro. Per renderci conto di come la tecnologia possa essere utilizzata in modi che hanno conseguenze dirompenti sui modelli di business attuali, dobbiamo riuscire ad ampliare la visione in senso laterale: ma è difficile. Perciò, ispirandomi a William Gibson, non posso fare a meno di pensare che, così come i giornalisti del 1988 non si rendevano conto che la tecnologia dei telefonini, allora già vecchia di dieci anni, avrebbe cambiato il paradigma delle comunicazioni, probabilmente oggi esiste una tecnologia vecchia di dieci anni che tra una quindicina d’anni sarà ovunque e non avrà soltanto distrutto vecchi business creandone di nuovi, ma avrà anche radicalmente cambiato i nostri schemi mentali.
Qual è questa tecnologia?
Il nuovo paradigma è l’identità sociale
Secondo me è l’identità sociale. Evito volutamente di parlare di social media. Sì, è vero, i social media sono una nuova, straordinaria tecnologia. E sì, è vero, possiamo utilizzarli per fare tante cose nuove e interessantissime. Ma è soprattutto il modo in cui modificano l’identità a generare effetti dirompenti sul business, sui commerci e sul governo. Facebook, LinkedIn, Twitter, Tumblr e così via stanno già dimostrando ampiamente come cambia il nostro paradigma dell’identità. L’identità torna a essere un concetto basato sulle reti, anziché su schede ordinatamente conservate in un archivio cartaceo. Anch’io uso quelle reti quasi tutti i giorni, e come me un paio di miliardi di persone. In un arco di tempo relativamente breve questi strumenti hanno trasformato la società, e (come vedremo nel capitolo 3) continueranno a trasformarla ancora in modi difficili da immaginare.
Già oggi usiamo queste identità di social networking, sia pure in modi alquanto primitivi, per accedere a una serie di servizi e navigare sul web. E forse presto ci troveremo a utilizzarle anche per cose «serie». Perché non dovrei poter usare la mia identità Facebook per collegarmi alla previdenza sociale? Potrebbe essere molto comodo sia per me sia per l’amministrazione previdenziale, anche se quest’ultima al momento non è nemmeno sicura che io sia davvero io, visto che non ha modo di identificare online il mio «io legale» (e del resto, non ha nemmeno Facebook).
Ma le cose cambiano, e le tecnologie d’identificazione e autenticazione continuano a evolvere. Supponiamo che queste identità sociali diventino più sicure. A quel punto potremo iniziare a immaginare i modi in cui forme d’identità più sicure e sofisticate modificano l’equazione. Forse potrò usare il mio conto in banca per accedere a Facebook, che in tal modo potrà essere davvero certo che io sia «Dave Birch». Poi potrò usare il mio account Facebook per collegarmi alla previdenza sociale e chiedere il sussidio di disoccupazione. Ciò ci condurrebbe a un altro tipo di mondo online, a una diversa esperienza in cui la privacy diventa una componente attiva, e non più passiva, della vita.
Il nuovo denaro
L’altra area di profondo cambiamento trainato dalla tecnologia su cui intendo soffermarmi è il denaro. Per approfondire la questione dell’«identità come nuovo denaro» dobbiamo riflettere sul significato del termine «denaro». Uno dei problemi nel ragionare sul denaro è che questa parola della lingua inglese corrente per gli economisti e i tecnologi ha vari significati: secondo la definizione classica, il denaro è unità di conto, riserva di valore e mezzo di pagamento. Qui mi concentro sul denaro come mezzo di scambio generalizzato tra acquirente e venditore che abilita le transazioni, e sul denaro come quel sottoinsieme dei mezzi di pagamento che permette ...