"La democrazia ha bisogno di Dio" Falso!
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"La democrazia ha bisogno di Dio" Falso!

Falso!

  1. 142 pagine
  2. Italian
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"La democrazia ha bisogno di Dio" Falso!

Falso!

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La religione deve essere messa al bando della vita pubblica. La fede resta un fatto di coscienza che ha diritto a manifestarsi in forma pubblica solo come culto. Quando pretende di partecipare al dibattito politico, condanna la discussione democratica a morire prima di cominciare. Il cittadino deve argomentare, utilizzando i soli strumenti che lo rendono con-cittadino: i fatti accertati, la logica, l'ethos repubblicano. E null'altro. Tutto il resto è manipolazione, vestibolo di prevaricazione, lusinga di dispotismo.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858110324
Argomento
Economics

Laici e credenti uniti nella lotta

Il 1° aprile 2005, mentre don Stanisław Dziwisz somministra l’estrema unzione a papa Wojtyła ormai al culmine dell’agonia, il cardinale Joseph Ratzinger tiene una conferenza1 il cui passaggio fondamentale recita: “Dovremmo capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse”. Quel discorso costituisce il vero e proprio “manifesto” anti-illuminista con cui Ratzinger, nel candidarsi alla successione di Giovanni Paolo II, formula un programma “secolare” ed “ecumenico” che si rivolge non solo al “gregge” cattolico ma anche al mondo dei non credenti e diversamente credenti.
Jürgen Habermas gli fa immediatamente da sponda. L’erede della scuola di Francoforte se la prende infatti con gli “intellettuali laicisti di stampo francese” e il loro “zelo militante a difesa della tradizione universalistica dell’illuminismo”, che avrebbe il torto di poggiare su un “postulato filosofico assai discutibile”, secondo cui “la religione dovrebbe ritirarsi dalla sfera pubblica politica e restringersi all’ambito privato”2. Tariq Ramadan, vezzeggiato come liberal da troppi media occidentali, ci va addirittura a nozze, e un suo sostenitore americano può così riassumerne la posizione: “il cristianesimo ha molto da imparare dall’esperienza moderna dell’islam e dalla sua resistenza feroce a certe forme di compromesso con la filosofia dei Lumi, come la riduzione della religione alla sfera privata e l’erezione di un muro a tenuta stagna tra la religione e lo Stato”3.
Anche Ratzinger chiede comunque il rovesciamento radicale della modernità e della laicità, cancellando oltre tre secoli di quel “disincantamento del mondo”4 che in ambito politico aveva trovato con Grozio la formulazione che ora si vuole ribaltare: nelle relazioni pubbliche agire “etsi Deus non daretur”, come se Dio non ci fosse.
A questo punto si impone un caveat di speranza: è possibile che il pontificato di Francesco segni un mutamento sostanziale in tema di laicità così come annuncia di fare – e già realizza simbolicamente – in tema di rapporti della Chiesa con il denaro. Nella sua prima enciclica, però, il papa che viene “dai confini del mondo” ribadisce, seppure in un contesto scevro dalla baldanza crociata di Benedetto XVI, la posizione del suo predecessore: “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno... Se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, si affievolirà la fiducia tra di noi, ci terremmo uniti soltanto per paura, e la stabilità sarebbe minacciata”5. Chi vivrà vedrà.
Torniamo a Ratzinger. Nella solenne cornice della basilica di San Pietro, due settimane e mezzo dopo la morte di Wojtyła, ribadiva e completava nell’omelia della messa “pro eligendo Romano Pontifice” il suo programma di restaurazione oscurantista, scagliando l’anatema contro la “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
L’islamico Tariq Ramadan vibra sulla stessa lunghezza d’onda, stigmatizzando “la libertà di fare le proprie scelte diventata talmente preponderante che, nel suo eccesso, ha finito per negare ogni punto di riferimento, trasformandosi in permissività morale”6, mentre il filosofo cantore del patriottismo costituzionale si spinge a catechizzare che solo le religioni, con le loro “possibilità espressive”, possono riscattare da “fallimento esistenziale, patologie sociali, naufragio di progetti individuali di vita, deformazione di contesti vitali falsati”7. Insomma: la modernità laica (o, per dirla con Habermas, il “‘deragliamento’ laicizzante della società nel suo complesso”8) è diffamata ormai in toto come terra desolata di abiezione morale, cui solo il ritorno a Dio sulla scena pubblica, consentito e anzi promosso anche da chi non crede, porterebbe balsamo.
Wojtyła li aveva preceduti. Si devono a lui le due formule della revanche contro i Lumi, che sembrano ormai sedurre la laicità in voluttà di autocritica.
Sulla “dittatura del relativismo”: nel § 101 dell’enciclica Veritatis splendor pontifica che, “dopo la caduta, in molti Paesi, delle ideologie che legavano la politica ad una concezione totalitaria del mondo”, non meno grave è ora “il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale”. Contro questo “relativismo che regna incontrastato” ribadirà il “vade retro” due anni più tardi nell’enciclica Evangelium vitae, e ne farà uno dei fili conduttori del suo intero magistero.
Su “etsi Deus non daretur”: in Memoria e identità, dopo aver bollato “quelle ideologie del male che furono il nazismo e il comunismo”, ne rende responsabile l’illuminismo, che indicando l’uomo come “creatore della propria storia e della propria civiltà” e “colui che decide di ciò che è buono e di ciò che è cattivo” lo riconosce ed esalta “come colui che esisterebbe ed opererebbe etsi Deus non daretur” (sott. mia)9.
L’illuminismo è dunque la superbia luciferina con cui Homo sapiens rinnova addirittura il peccato originale, l’agostiniano “amor sui usque ad contemptum Dei”10. All’intera cultura critica di stampo illuminista si chiede insomma una ritrattazione in piena regola, un’abiura in bella calligrafia. E la sventurata “rispose”11, come la monaca manzoniana, se Habermas ritiene preliminare nei rapporti con le religioni l’“esercizio di una frequentazione autoriflessiva dei limiti dell’Illuminismo” che concluda nel “superamento autoriflessivo di una nozione di sé laicisticamente sclerotizzata della modernità”12. Nessuna meraviglia, allora, se la cattedra di Pietro si impalca a maestra di razionalità, e imposta la faccenda come un sillogismo.
Sarebbe questo.
Premessa maggiore: l’illuministica sovranità della ragione che prelude alla sovranità politica, e la hybris del “darsi da sé la propria legge”, e la loro congiunzione con cui Homo sapiens entra nella modernità democratica, piombano in realtà l’umanità nell’anomia morale e scatenano nuove spaventose piaghe d’Egitto. Ascoltiamo la calamitosa diagnosi con le parole di Ratzinger: “L’uomo sa clonare uomini e perciò lo fa... sa usare uomini come ‘magazzino’ di organi per altri uomini e perciò lo fa... sa costruire bombe atomiche e perciò lo fa”; è dunque la stessa possibilità di “automanipolazione” dell’uomo che lo minaccia catastroficamente. Le conseguenze sono “i grandi problemi planetari: la diseguaglianza nella ripartizione dei beni della terra, la crescente povertà, anzi l’impoverimento, lo sfruttamento della terra e delle sue risorse, la fame, le malattie che minacciano tutto il mondo, lo scontro delle culture”13.
Premessa minore: senza una legge morale assolutamente vincolante la catastrofe del genere umano è solo questione di tempo. Ma tale legge è introvabile, se si rinuncia a riconoscerla come legge di Dio. Lo ha scolpito Dostoevskij nel dialogo tra i fratelli Karamazov: “‘Senza Dio, senza una vita futura? Allora tutto è permesso? Si può fare qualsiasi cosa?’. ‘E tu non lo sapevi?’ dice lui, e ride”14. Versione post-moderna di Ratzinger: “abb...

Indice dei contenuti

  1. Prologo
  2. Laici e credenti uniti nella lotta
  3. L’ateismo è una sciagura pubblica
  4. La democrazia da sola non regge
  5. Un Dio ci vuole
  6. Senza Dio vince il nichilismo
  7. Il rischio totalitario
  8. Dio è un buon argomento
  9. Offendere Dio non è libertà
  10. La scienza non basta
  11. Valori non negoziabili
  12. Libertà non è pornografia
  13. La vita è sacra
  14. I laici prevaricano
  15. L’abisso del relativismo
  16. Solo Dio ci può salvare
  17. Epilogo