Il re
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Il re

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La piramide sociale dell'umanità, nella concezione degli Egizi, culmina nel re. Egli è il più vicino agli dei, appartiene di fatto al loro mondo e da essi non è separabile. In casi particolari egli si presenta agli uomini come un dio, oggetto dunque di venerazione cultuale. Ma in primo luogo è lui stesso amministratore del culto e rappresentante dell'umanità di fronte agli dei. Le pareti, i pilastri e le colonne del tempio egizio sono completamente ricoperti da scene di culto, ove il re fa offerte e prega davanti alle divinità del Paese. Poiché egli non può essere presente in ogni tempio, deve delegare le funzioni cultuali ai sacerdoti; questi, attraverso le scene raffigurate, legittimano di fronte agli dei il loro ruolo di celebranti al posto del re. Nessun privato, ma unicamente il sovrano, può erigere, rinnovare o ampliare edifici di culto. Perciò, ancora nei templi dell'Egitto greco-romano si costruisce per ordine «del faraone», che ora è un Tolomeo o un imperatore romano. Qui sta il motivo della continuità di tale istituzione, che è sopravvissuta a numerose dominazioni straniere a partire da quella degli Hyksos. Solo con la vittoria del Cristianesimo il faraone «figlio di dio» sarà sostituito da un altro figlio divino, che sta al di sopra di ogni sovrano. Fino a quel momento per una durata di 3500 anni l'istituzione della regalità egizia non viene mai messa in discussione. Ha vissuto momenti di crisi, soprattutto dopo la fine dell'Antico Regno e nell'epoca amarniana, ma perfino gli odiati dominatori stranieri, come gli Hyksos e i Persiani, approfittarono del significato religioso che rendeva sacrosanta la persona del faraone. Mai una critica fu mossa a tale carica e giudizi sulla persona del sovrano furono espressi chiaramente solo in fonti tarde, come la Cronaca demotica; tuttavia, già negli scritti più antichi, alcuni re, come Cheope o Pepi II, sono caratterizzati piuttosto negativamente.Acquista l'ebook e continua a leggere!

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858107195
Argomento
Storia
Categoria
Storia antica

Il re

La piramide sociale dell’umanità, nella concezione degli Egizi, culmina nel re. Egli è il più vicino agli dei, appartiene di fatto al loro mondo e da essi non è separabile. In casi particolari egli si presenta agli uomini come un dio, oggetto dunque di venerazione cultuale. Ma in primo luogo è lui stesso amministratore del culto e rappresentante dell’umanità di fronte agli dei. Le pareti, i pilastri e le colonne del tempio egizio sono completamente ricoperti da scene di culto, ove il re fa offerte e prega davanti alle divinità del Paese. Poiché egli non può essere presente in ogni tempio, deve delegare le funzioni cultuali ai sacerdoti; questi, attraverso le scene raffigurate, legittimano di fronte agli dei il loro ruolo di celebranti al posto del re. Nessun privato, ma unicamente il sovrano, può erigere, rinnovare o ampliare edifici di culto. Perciò, ancora nei templi dell’Egitto greco-romano si costruisce per ordine «del faraone», che ora è un Tolomeo o un imperatore romano. Qui sta il motivo della continuità di tale istituzione, che è sopravvissuta a numerose dominazioni straniere a partire da quella degli Hyksos. Solo con la vittoria del Cristianesimo il faraone «figlio di dio» sarà sostituito da un altro figlio divino, che sta al di sopra di ogni sovrano. Fino a quel momento – per una durata di 3500 anni – l’istituzione della regalità egizia non viene mai messa in discussione. Ha vissuto momenti di crisi, soprattutto dopo la fine dell’Antico Regno e nell’epoca amarniana, ma perfino gli odiati dominatori stranieri, come gli Hyksos e i Persiani, approfittarono del significato religioso che rendeva sacrosanta la persona del faraone. Mai una critica fu mossa a tale carica e giudizi sulla persona del sovrano furono espressi chiaramente solo in fonti tarde, come la Cronaca demotica; tuttavia, già negli scritti più antichi, alcuni re, come Cheope o Pepi II, sono caratterizzati piuttosto negativamente.
La figura del faraone occupa una posizione centrale non soltanto nell’ambito della religione, ma anche in quello dell’arte e della storia dell’antico Egitto. Prima di Alessandro Magno noi parliamo di epoca faraonica e la nostra suddivisione della storia egizia si basa infatti su dinastie di sovrani. Anche l’arte e la letteratura assumono la regalità come punto di riferimento, operando su commissione statale. Se ci soffermiamo poi a osservare il mondo della «gente», gli strati sociali inferiori, anche qui, onnipresente sullo sfondo, troviamo la figura del faraone: per lui si lavora, da lui si ricevono i mezzi di sostentamento, su di lui poggiano tutte le speranze religiose. Questa è la realtà dell’Egitto fin dal primo delinearsi della storia dei faraoni.
Nei tempi più antichi la persona del re è totalmente assorbita dal suo ruolo e dal rituale in esso implicito. Già il nome individuale, che egli riceve alla nascita, ha spesso carattere programmatico, contiene cioè un programma politico-religioso; questo vale ad esempio per i nomi composti con Ra (il nome del dio del Sole) della IV dinastia, o con Ammone, della XII e XVIII dinastia (Amenemhat = «Ammone è al vertice», Amenhotep = «Ammone è contento»). Più tardi, nel Nuovo Regno, la nascita del re viene protetta dal velo del mito. Il dio Ammone in persona assume il ruolo di padre che genera, insieme alla regina, il futuro re. Cicli figurativi e testi (in particolare quelli di Hatshepsut a Deir el-Bahari e di Amenofi III nel tempio di Luqsor) descrivono l’avvenimento, la nascita del bimbo semidivino, la sua legittimazione da parte di Ammone e le cure prestate dalle nutrici celesti. Numerose iscrizioni informano che il re, già «nell’uovo», è chiamato alla regalità.
Al momento dell’incoronazione il nome del sovrano viene ampliato da una titolatura di cinque elementi, che durante l’Antico Regno si stabilizza in forma definitiva. Al vertice sta il nome di Horo, che compare già in epoca predinastica. Esso caratterizza il re come manifestazione terrena di Horo, il dio del cielo a forma di falco, configurato come «Horo nel Palazzo». Oltre al leone e al toro, il falco è l’animale con cui il faraone si identifica più spesso; nel Nuovo Regno egli si fa talora ritrarre come essere misto, con ali o anche con testa di falco. «Il falco è volato in cielo», è la formulazione che indica la morte del re.
Nel Nuovo Regno tutti i sovrani accompagnano al titolo «Horo» l’elemento «Toro Possente», riprendendo così quella sembianza arcaica che il re già rivestiva nella tavolozza di Narmer. In aspetto taurino si manifesta talvolta anche il dio Seth, l’altra potenza divina che s’identifica nel re; il faraone è «Horo e Seth», unifica nella propria persona i due fratelli in conflitto. Ma in questo antagonismo è Horo il vincitore e Seth non ha mai trovato un posto fisso nella titolatura reale, poiché, essendo una divinità violenta e l’assassino di Osiri, ha sempre svolto un ruolo negativo. Attraverso il mito di Osiri, dalla V dinastia l’aspetto del re legato a Horo viene ad ampliare il proprio significato: poiché ora egli è considerato il figlio di Osiri e ogni re, dopo la morte, diventava un «Osiri», anche l’Horo-re diventa il mitico figlio di suo padre.
Il secondo titolo reale è costruito con l’elemento Nebti, «le due Signore», che indica in concreto le due dee protettrici dell’Alto e del Basso Egitto: Nekhbet, dall’aspetto di avvoltoio, e Uto (Uadjit), la dea cobra. Che anche divinità femminili si incarnino nella persona maschile del re non è un fenomeno eccezionale; l’esempio più noto è il dualismo di Sekhmet e Bastet, l’aspetto terribile e quello misericordioso della divinità, che il re raccorda in sé, così come nella sua persona giungono ad un accordo i due fratelli avversari Horo e Seth. L’Egiziano ama le dualità, che solo insieme formano il tutto, e il re riunisce anzitutto la dualità delle due meta del Paese, l’Alto e il Basso Egitto.
Il terzo titolo è indicato come «nome d’oro» anticamente anche come «nome dell’Horo d’oro»). Anch’esso indica la natura di falco del re, ma l’oro rappresenta simbolicamente la materia di cui sono fatti gli dei e le loro immagini. Il significato di questo titolo in particolare è ancora oscuro.
Il cosiddetto «nome del trono», che a partire dal Medio Regno include sempre il nome del dio solare Ra, è legato al quarto titolo: Nesut-biti, «Re dell’Alto e del Basso Egitto», dunque re dell’intero Paese, la cui unificazione segna per gli Egiziani l’inizio della storia. Tale nome è inoltre racchiuso in un «cartiglio», un ovale che rappresenta un amuleto intrecciato che, a scopo protettivo, circonda da ogni parte il nome del re. Nelle iscrizioni geroglifiche, i cartigli con i nomi reali spiccano chiaramente all’interno del testo e hanno dato un contributo fondamentale per la decifrazione della scrittura.
In un secondo cartiglio è incluso il nome di nascita del re, mantenuto anche dopo l’incoronazione. Dalla IV dinastia esso viene legato al titolo di «Figlio di Ra». Nei suoi appellativi il sovrano è definito «figlio» di molte altre divinità, ma solo il riferimento al dio solare viene riportato dalla titolatura ufficiale; allo stesso tempo la ricorrente definizione del faraone quale «immagine» di Ra resta limitata all’ambito degli appellativi. Nell’abbondanza di epiteti che circondano il re come una nube luminosa e mutano da iscrizione a iscrizione, si possono cogliere i diversi toni che ogni epoca, nella propria concezione della regalità, ha voluto accentuare. Epiteti come «Colui che conquista ogni Paese con la sua forza vigorosa» o «Colui che fa vivere la verità e distrugge la menzogna» oppure «il Nilo dell’Egitto, che inonda il Paese con la sua perfezione», mostrano cosa ci si aspetta e si spera dal faraone, ma nulla esprimono della personalità individuale del sovrano.
Oltre alle componenti «ufficiali» della titolatura e agli appellativi variabili, le iscrizioni reali ricorrono ad una ricca serie di titoli ed attributi per designare il sovrano. Egli è «Signore delle Due Terre», «Signore delle corone» e «Signore del culto», ma anche «dio buono». La definizione di «Faraone», riportata dall’Antico Testamento e ancora nei testi copti dell’E...

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  1. Il re